Del sig. Gabriello Chiabrera

I nostri grandi, a cui rifulge in fronte

or di diadema egregio

soleano i cigni del Castalio fonte

aver quagiuso in pregio

quanto sentiasi ornar dal nobil canto

lor proprio nome, o de grandi avi il vanto.

Da l'altra parte il popolar diletto

a Clio solo permise

chioma d'oro cantar, che l'altrui petto

legasse in varie guise,

o chiaro sguardo, che vibrasse ardori,

o man di neve, che rapisse i cori.

Scemo Parnaso, or al gran re superbo

non hassi a dar sua gloria?

E de lo stato de' beati eterno

non si dée far memoria?

Non celebrargli a le devote genti?

Non mostrar su la scena i lor tormenti?

Muse al fallir, che trapassava il segno

dite voi, chi s'oppose?

Certo fu Cosmo, al cui reale ingegno

nulla virtù s'ascose;

di cui l'altiera fama in guardia avete,

e per cui non s'addensa ombra di Lete.

Poi la gentil, cui par non vede il sole

donna, che l'Arno affrena,

e sen va cinta d'ammirabil prole

Bercintia terrena

spose a' teatri l'alta Istoria; e quivi

fu trionfato de coturni argivi.

Or siasi in fondo, favoloso esempio,

col caro Admeto Alceste,

siasi di Filomena il grave scempio,

siasi non men Tieste;

chi di cantata vanità s'avanza?

Verità bella ha di giovar possanza.

Al sereniss. ed invittiss. All'istesso sereniss. ed invittiss. principe Del sig. abate Agnolo Capponi all'autore Dell'istesso signor abate Del sig. Gabriello Chiabrera Argomento
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