Scena prima |
Oronteo, Peraspe, coro di Sacerdoti di Marte, Ismano. |
(♦) Oronteo, Peraspe, sacerdoti di Marte, Ismano |
ORONTEO |
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PERASPE |
Qual dunque omai presume Colonia ritrovar difesa, o scampo, se tu guerriero nume scendi per gl'unni a guerreggiar nel campo? | |
CORO DI SACERDOTI DI MARTE | ||
ISMANO |
indarno assale ancor la rea cittade: nembi di strali, e fulminar di spade, dal Tebro ivi venuta, sprezza difenditrice ardita schiera: ond'egli al coro vostro sacri ministri, impera, che innanzi al fiero altar del dio dell'armi, cadan vittime cento del bellicoso armento, e plachin l'ira sua devoti carmi. | |
ORONTEO |
E vittime e preghiere tante daransi al bellicoso dio, che vincitrici sien le nostre schiere. | |
ISMANO |
Restate dunque intenti a' vostri sacri affari: ed io, là sotto alle nemiche porte, ritorno ad incontrar vittoria, o morte. | |
Ismano -> | ||
ORONTEO |
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CORO DI SACERDOTI DI MARTE | ||
sacerdoti di Marte -> | ||
ORONTEO |
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PERASPE |
Prendi l'asta, e quelle mura fa' crollare, cada omai l'avversa terra, e vedrami in vista oscura, qui svenare l'altro avanzo della guerra. | |
CORO DI SACERDOTI DI MARTE | ||
ORONTEO |
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PERASPE |
Vieni, o Marte, e rio flagello su que' tetti scuota l'orrida Bellona, il furor di lei fratello là t'affretti, là nell'armi orribil tuona. | |
CORO DI SACERDOTI DI MARTE Alla tua terribil ara fiero Marte, quest'armento cada esangue: poscia vittima più cara giuro darte di Colonia uccisa il sangue. | ||
ORONTEO |
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PERASPE |
Doma tu, gente proterva, i tuoi cari alzi al ciel l'altrui ruina: tremi Italia, e d'esser serva Roma impari, se del mondo fu regina. | |
CORO DI SACERDOTI DI MARTE Alla tua terribil ara fiero Marte, quest'armento cada esangue: poscia vittima più cara giuro darte di Colonia uccisa il sangue. | ||
ORONTEO |
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<- sacerdoti di Marte | ||
CORO DI SACERDOTI DI MARTE | sacerdoti di Marte, Oronteo, Peraspe -> | |
Scena seconda |
Coro di Sante vergini, Sant'Orsola, Cordula. |
<- sante vergini, Sant'Orsola, Cordula |
CORO DI SANTE VERGINI | ||
SANT'ORSOLA |
Serve del re del cielo, e fide scorte dell'esercito mio: ecco il promesso giorno, omai presente, che noi per man di scellerata gente cadremo in questo suol vittime a dio. A così dolce effetto, sinora ho differito col principe degl'Angli altere nozze, e le prore ho drizzate a questo lito. Pegno della certissima novella ammi pur or portato, scesa di paradiso anima bella. O care, o fide amiche, in celeste parlare, ella m'ha detto, ch'empie squadre nemiche degl'Unni micidiali, col darne oggi qui morte, ne faranno lassù dive immortali. Su dunque, or voi, che siete belle duci dell'altre, ite, scorrete voi, di schiera, in schiera, portando il lieto avviso: sappia ogni fida mia casta guerriera, ch'oggi trionferemo in paradiso. | |
CORO DI SANTE VERGINI | ||
SANT'ORSOLA |
O cara, o dolce, o sospirata terra, porto del mio desire, principio al mio gioire: o cara, o dolce terra, il teatro sarai del mio trionfo, e 'l fin della mia guerra, per così caro bene, tanti baci ti porgo, quant'hai nel grembo arene, e voi, voi lieta abbraccio aure care, e ridenti, voi tra 'l sangue, e i tormenti, visto spezzato il mio caduco laccio, aure prendendo in voi lo spirto mio, datelo puro a dio. | |
CORO DI SANTE VERGINI | ||
SANT'ORSOLA |
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CORDULA |
Regina, io non pavento qualunque oggi m'avvenga, per la fé del mio dio, fiero tormento. | |
SANT'ORSOLA |
A sì lieta novella ti stringo il caro seno, bacio la cara fronte: quant'è dolce sorella, quant'è dolce per Cristo il venir meno. Sposo dell'alma mia, se nulla oprai, che fosse a te gradito, o quando il soglio di real marito per tua gloria sprezzai, o quando lungi dalla regia fede, con tante prese all'infernal tiranno, dilettissime prede, verginella trascorsi il mar britanno; per sì grate memoria, e per quel sangue, ch'a diffonder per te già pronta sono, fa' mio signore, e dio, che del mio casto coro, segua ciascuna il bel trionfo mio; ed io contenta moro. | |
CORO DI SANTE VERGINI | ||
SANT'ORSOLA |
schiere d'umili agnelle, in preda a' micidial lupi voraci: deh se cieco desio, negl'empi petti impuro foco spira; nell'alme a te rubelle estingui tu l'abominate faci, e fa', ch'ardano sol d'orgoglio, e d'ira. Pur che l'anime belle tornin, qual le creasti, al patrio cielo: ogni più fiero scempio faccia del mortal velo, congiurato furor di popolo empio. | |
CORO DI SANTE VERGINI | ||
SANT'ORSOLA |
Sant'Orsola, Cordula, sante vergini -> | |
Scena terza |
Ireo, Orebo. |
<- Ireo, Orebo |
IREO |
Orebo: alto timor m'ingombra il petto. Tu pur or mi dicesti, che con purpuree vele scorreva il vicin mar l'alma mia diva, or del color istesso adornate l'antenne, vedi novelli legni al Reno in riva: ohimè, l'empia mia sorte, il mio fiero destino, ohimè non voglia, ch'ad avverar la minacciata morte ella col suo bel coro ivi m'accoglia. | |
OREBO |
Deh non immaginar sì rea sventura: le navi, che tu vedi forse è novella armata, dal tiranno degl'Unni fatta venir contro l'avverse mura. Né t'inganni il color, che là rimiri: fors'il barbaro rio, com'egli accenne, che d'orribile sangue vuol inondarla combattuta terra. Il vermiglio colore, per funesto terrore, spiega colà sulle superbe antenne: ma per torti dall'alma mia ogni sospetto, andronne in riva al fiume, e d'appresso vedrò, se d'infedele, o d'esercito pio son quelle vele. | |
IREO |
Vanne, e tosto mi porta, o morte, o vita. | |
OREBO |
Lasso me, che purtroppo, mentre gl'altri assicuro, tremo in me stesso, e immenso danno auguro. | |
IREO |
O, se come indovina, l'agitato pensiero anima mia sia vero, che tue sien quelle navi: a qual ruina ti veggio giunta? A qual insidie esposta la real onestade, e la tua vita? Tua pietade infinita opri signor del cielo, ch'a quelle mura appresso, pria, che farne sentir l'estremo danno, dal latin ferro oppresso, cada col popol rio l'empio tiranno. | Orebo, Ireo -> |
Scena quarta |
Arimalto, Gauno, Ismano, Tribuno de' romani dalle mura, coro d'Unni. |
<- Arimalto, Gauno, Ismano, unni |
ARIMALTO |
nel dato assalto alle nemiche torri, là respiran' in parte dal faticoso Marte; questo nobil drappello d'invitti cavalier, fulmin di guerra, ti supplica signore, poter quinci chiamare a fier duello altrettanti guerrier di quella terra. Sdegna il lor nobile core comun con la turba, aver di guerra i vanti: e di più chiaro onore brama illustrarsi al suo signore innanti. | |
GAUNO |
Ardimento sì degno tempra dal vano assalto il concepito in me giusto disdegno. Fortissimi guerrieri s'altrettanti il mio campo nutrisse a voi simili, arditi petti, già mirerei per terra quegl'odiosi tetti, e 'l cor d'Italia premerei col piede. Ite: pugnate, ed al valor eguale attendete mercede. Tu, sotto il vicin muro porta l'alta disfida, o forte Ismano: di', che 'l campo assicuro al nemico romano, e che per Giove altissimo lo giuro. | |
ISMANO |
Grazie signor ti rendo, e sotto il forte gl'inimici chiamo. | |
Disfida degl'unni a' romani. | ||
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Udite, o voi, che non osando in campo venir col nostro esercito a battaglia, entro chiusa muraglia cercate, anime vili, indegno scampo; udite la magnanima disfida, onde schiera degl'Unni la romana viltà rampogna, e sgrida. O femmine romane: stan le timide fiere ascose entro le tane: ma l'anime guerriere escono in campo ad affrontar le schiere. Romani sol di nome: se v'è petto tra voi, in cui regni d'onor brama gentile, da quel chiuso ovile, oggi contro di noi, a battaglia mortale esca tosto di voi numero eguale. Libero a tutti il campo il mio signor concede: e per Marte, e per Giove egli vi giura salda la regia fede. Codardi, uscite omai da quelle mura, e per legge di guerra i vinti cavalieri de' vincitor sien prede. Io dell'offerta pugna, ecco per segno l'alte merlate cime, questo mando a ferir dardo sublime. | |
Risposta alla disfida. | <- Tribuno | |
TRIBUNO |
Vilissimi ladroni, arpie de' regni, a suo tempo vedrete, non ignobili fiere, ma leoni, e pantere, da questi cari alberghi usciti fuore, venirvi a disbranar le membra, e 'l core. Tosto v'accorgerete alla prova dell'armi, se siam' petti virili, o femminelle vili. Diranvi le nostr'opre, e 'l sangue vostro, diranvi, se di noi ciascun si noma degno figlio di Roma. Verremo, e diece, e diece, e cento, e cento, fuori del chiuso muro: poco, o nulla ne cale, che sia fido il re vostro, o sia spergiuro: ad ogni rischio il nostro duce intento, del perfido tiranno poco stima la forza, e men l'inganno. Su dalle porte uscite valorosi compagni, e gl'insolenti barbari assalite. | |
Si fa la battaglia di tanti per parte, perdono gl'Unni, il Re mancando di fede, spinge l'Esercito contro i Romani vincitori, per entrar con essi loro nella città. | <- soldati romani | |
GAUNO |
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CORO D'UNNI |
Guerra, guerra, furore, incendio, e morte. | |
CORO DI CRISTIANI da quelle mura il re fierissimo, che 'l ciel non cura. Di fulmini cadan tempeste, che tutte abbattano l'inique teste. Disserrisi l'infernal chiostro e 'l mondo liberi, dal crudo mostro. Ondeggino di sangue i campi, del crudo esercito non sia chi scampi. Aitane celeste padre, al giogo togline dell'empie squadre. | ||
Padre eterno del ciel, che d'aurei lampi vesti il sole, e le stelle; so ben, che tu ne' tormentati campi hai per l'alme rubelle di fiamme punitrici orrendi laghi. Hai pitoni, e chimere, e portentosi draghi, e mille orride furie, e mille fiere: ma s'anco in vita fere tua destra onnipotente, anima rea s'induce il mondo a più temere Astrea. Qual mostra esempio il regnator d'Egitto a' superbi tiranni? Ei, nel vermiglio mar, da te trafitto trasse Israel d'affanni: così spada del ciel dimostra agl'empi, ch'in terra ancora arriva. Ma deh, novelli esempi ricerchiamo del Tebro in sulla riva: ivi, mentre infieriva più l'orgoglioso cor, tra l'atre spume, Massenzio rio precipitò nel fiume. Mira, giusto signor, l'unno rapace, qual sotto Tebe antica il fulminato assalitore audace, di quella terra amica premer' i tetti, e minacciare il cielo. Scenda divina piaga di fulminante telo: o sovra l'empio capo il Reno allaga. Signore, il mondo appaga di sì bramata vista, e sì gradita, che la morte dell'empio al giusto è vita. Signor, a te, noi miserabil' alme, mesta turba piangente, alziam le voci, e percottam' le palme: mira tua fida gente, col volto afflitto, e le ginocchia a terra sparger di polve il crine, e della lunga guerra battendo i petti, supplicare il fine. S'alle piagge divine giusto prego mortale, oggi se n' vola, signor, doma quest'empio, e noi consola. | ||
La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo di Marte, e dall'altra un bastione, che si sporge in fuora dal resto delle mura: nella lontananza apparisce la città di Colonia, il fiume Reno, e più oltre la campagna dove sono attendati gl'unni.
Ministri: altri di voi nel sacro tempio
Vieni, o Marte: a te la chioma
Serve del re del cielo, e fide scorte
O cara, o dolce, o sospirata terra
Orebo: alto timor m'ingombra il petto
Vilissimi ladroni, arpie de' regni
(battaglia di tanti per parte, perdono gl'unni, il re mancando di fede, spinge l'esercito contro i vincitori, per entrar con essi loro nella città)