Scena prima |
Generale de' romani, Tribuno, coro di Soldati romani. |
(♦) Generale, Tribuno, soldati romani |
GENERALE |
O della bella Italia, o del gran Tebro invitti figli: al valor nostro è poco difeso aver quel loco, contro furor d'innumerabil campo: da più degna vittoria. Attendete guerrier più degna gloria. Poscia che da barbarica fierezza sospinto il fier tiranno, fe' profondi torrenti correr del femminil sangue britanno; acceso all'ammirabile bellezza della regina loro, cerca sol come possa quel magnanimo cor rivolto a Dio, volger al proprio suo folle desio. Quindi in riva del Reno, ad empi sacrifici, e a vani amori intento ebbro vaneggia, e 'l guerreggiar non cura: io dalle chiuse mura nell'aperte campagne ora vi guido, acciò sovra quel lido tutta per le man vostre oppressa reste l'abominata peste, ch'ingombra di Germania i nobil regni. Romani, or di voi degni veggiansi i fatti: onde l'avversa gente dall'armi vostre doma, con suo gran danno impari a riverire il sacro impero, e Roma. | |
TRIBUNO |
Alla natia palude, o vinto tornerassi il re superbo, o sotto giogo acerbo incatenato al trionfal tuo soglio, fia spettacol' altero al Campidoglio. | |
GENERALE |
Spieghisi dunque in alto la sacrosanta croce, e 'l regio augello: dien di battaglia il segno ardite trombe in bellicosi carmi: guerrieri all'armi, all'armi. | |
CORO |
All'armi, all'armi. | Generale, Tribuno, soldati romani -> |
Scena seconda |
Cordula, coro di Cristiani. |
<- Cordula, cristiani |
CORDULA |
In qual antro mi celo agl'occhi de' mortali. Al sole, al cielo? Qual cerco inabitata aspra pendice? Ah, che dovunque io movo il mesto piede, la tradita regina, e Dio mi vede. Così Cordula vile, così lasci l'insegna di tua schiera gentile? O troppo, troppo indegna alla donna real d'esser compagna, dal suo beato coro qual sì basso timore, ahi, chi ti scompagna? | |
CORO |
Donzella, il passo arresta. Qui vedi amica gente non meno afflitta, e mesta: dinne, per qual tua sorte ti sottraesti al micidial furore? | |
CORDULA |
Per viltà, per timore. Non fui degna di morte: ma, lassa or c'ho veduta in quel fiero terreno, la diletta regina da spietata saetta aperta il seno, più non temo il morire, anzi lo bramo, e morte, morte ad alte grida io chiamo. | |
CORO |
O spietata fierezza: il fior delle regine, il sol della bellezza, la fenice d'Europa ebbe tal fine? | |
CORDULA |
Amici, ah non piangete l'estrema sua magnanima partita: piuttosto vi dolete, che fra tanta viltade io resti in vita. | |
CORO |
Fu divino volere, che sola tu non rimanessi estinta, per far a noi palese, quanto soffrì tra dispietata gente, per la fé del suo dio donna innocente. | |
CORDULA |
Il generoso ardire, l'invincibil costanza, e la sua fede, son contenta narrarvi, e poi morire. | |
CORO |
Vedi come ciascuno con lacrimose ciglia a te lo chiede. | |
CORDULA |
In solitaria parte stavami ascosa, e 'l vergognoso scampo semiviva attendeva; quando mirai di nuovo il fiero campo tornar con alti gridi d'una folle letizia, agl'empi lidi. Venia la mia regina tra l'orgogliosa gente, sì nel volto ridente, che ben esser parea a dio vicina: nulla l'anima bella movean lusinghe, o preghi, o di certo morir fiera novella. | |
CORO |
O come, o come è vero, che chi ben ama dio di nulla teme. | |
CORDULA |
Giunto il fiero tiranno ove si scorge eretto a forza dea profano altare, ivi qual è costume della barbara Scizia, ebro guidò carole al simulacro dell'infame nume, e profane cantò folli parole. Finito il sacrifizio, e l'empia danza baldanzoso si mosse, ove rivolto al cielo, il core, e 'l volto la vergine real languiva in dio: al tartareo desio sciolse poi tanto il freno, ch'a quel pudico seno corse per avventar l'impure braccia: parve ch'allor dalla divina faccia saettasse per lei sdegnato il cielo folgor di riverenza, e di timore: dal celeste splendore atterrito quell'empio si trasse addietro, e in lei lo sguardo affiso, che tutta ardendo in volto di nobil'ira in guisa tal gli disse. Stanne da me lontano barbaro scellerato, e non osar la temeraria mano stender in questo corpo a dio sacrato. Serva son io di Cristo, e sua consorte: ti basti a darmi morte, a mandarmi contenta al mio bel coro, ch'i falsi dèi disprezzo, e Cristo adoro. | |
CORO |
Generoso ardimento, e di te degno purissima donzella, fatta regina omai d'eterno regno. | |
CORDULA |
A' magnanimi detti l'orgoglioso tiranno accolse in seno tutta l'ira d'Averno, e delle furie la spietata rabbia: gonfiò l'orrida labbia, spirò da fieri lumi atro veleno in sembiante feroce curvando poscia l'arco, parve il cielo atterrir con l'empia voce. Or va', femmina vile, or va', le disse, l'amor nostro disprezza, oltraggia i nostri numi, e Cristo adora. Amici udissi allora sonar l'orribil arco, e per l'aria volar l'acuto strale, che sulle rapid'ale giunto al candido seno, ivi s'immerse, e 'l puro cor aperse. | |
CORO |
Crudeltade infinita: o mansueta agnella, quando cadde giammai vittima al re del cielo così gradita. | |
CORDULA |
Cade la verginella sovr'il suol genuflessa: sparge il pudico sangue, e come rosa langue, da troppo ardore, o troppa pioggia oppressa. Fur delle caste labbra il nome di Gesù gl'estremi accenti: i bei lumi ridenti, si chiuser poscia: e dal beato velo volò la nobil alma di mortal guerra a trionfar nel cielo. | |
CORO |
Felice lei, che seppe cangiar lo scettro in sempiterna palma. | |
CORDULA |
Ahi, che mi par vedere, che dall'eterna soglia di me cercando, il divin guardo giri; e se doler si puote, ora si doglia, che me nel suo trionfo ella non miri, o regina, o signora attendi, attendi ancora la tua Cordula amata, riserba ancora a me la palma mia: per l'istessa tua via già ti seguo veloce, già volo pronta alle celesti porte. Alla morte, alla morte. | |
Cordula -> | ||
CORO |
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Scena terza |
Orebo, coro di Cristiani. |
<- Orebo |
OREBO |
Compagni udite, e date lodi a dio: mentre ch'inerme, e solo il vostro, il mio signore, animato dall'ira, e trafitto dal duolo, là se ne giva, ove credeva innanti al superbo tiranno viva trovar la gloriosa duce; ecco ch'in un istante l'alma di lei beata, allor disciolta dal mortal suo velo, vibrando lampi d'infinita luce, gli rifulse dal cielo: e con amabil volto, e soave parlar di paradiso, tutt'il cor gl'ingombrò di santo zelo. Egli, venuto degno di mirar l'ineffabile beltade fatta beata nell'eterna gioia, ogni affetto mortale ha preso a sdegno: arde solo nel cielo, e brama sol potere per la gloria di dio, cader trafitto in mezzo all'empie schiere. Ma vedete, ch'appunto egli di qua se n' viene, forse per dar a voi l'ultimo addio. | |
Scena quarta |
Ireo, Orebo, coro di Cristiani. |
<- Ireo |
IREO |
anzi è luce novella al più bel ciel salita. Pur or la rimirai tra le vaghe carole di giovinetti alati, vieppiù bella del sole ascendere gl'immortal seggi beati. Udii pur ora il suono di sua dolce favella biasmar dal cielo i miei terreni amori, ed infonderm'al cor celesti ardori. Degno solo di dio eri, o beato volto, e tropp'offesi io, pura celeste stella, ne' miei bassi pensieri in terra involto. Perdona anima bella se troppo amai la tua caduca spoglia: perdona a' folli detti, che sciolse il cor per disperata doglia: or di più bel desio avvampando nell'alma, nella celeste tua cangiata forma adoro solo il tuo fattore, e mio. Sì, che seguir' io voglio quell'istesse bell'orme, che tu pur or segnasti: sì, che nel divin soglio vo' portar quella palma, che tu pur or portasti: o cara: o beat'alma se non sdegnasti in vita consolarmi talor di tue parole, or dall'eterno sole mandami un raggio di celeste aita, onde da questa notte a te me n' vole. O cara, o beat'alma ecco com'io conforme al tuo volere il santo nome a confessar di Cristo vo tra l'inique schiere. Passi a me questo core quella man dispietata, che ti trafisse il seno: beato venir meno, dolce sorte beata, s'avverrà, che per merto del tuo pudico sangue, gradisca il re del cielo il morir mio. O padre, o regno addio. Addio fedeli amici: non sia di voi chi vieti al suo caro signore opra sì pia, che 'l vietarmi il morire con ingiusta pietade, sarebbe tormi un immortal gioire. Voi, (se mai libertade da squadre avrete di pietà rubelle) là nel paterno lido, dite al mio genitor, che più bel regno m'han donato le stelle, e ch'in soglio di gloria ivi m'affido. Io, qui vi lascio amici, e seguo, ove mi chiama, ardente zelo: vivete voi felici, né piangete per me, ch'io volo in cielo. | |
Ireo -> | ||
CORO |
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OREBO |
Ohimè, ch'il fier tiranno, il crudo mostro nuda tenendo in man la fiera spada se n' vien da questa parte: ohimè, ch'appunto incontra il signor nostro: ahi con quanto furore verso di lui si move? | |
CORO |
Vedete come le ginocchia a terra posto il real garzone, con magnanima voce si palesa di Cristo, esser vero seguace. | |
OREBO |
Oh dio, di quanta rabbia freme quel crudo all'odiato nome? Ah, che sovra gli corre: ah, che per l'auree chiome prende il bel giovinetto, e la spada crudel gli passa il petto. | |
CORO |
Questo novello scempio ancor sopporti, o terra, e non tranghiotti l'empio? | |
OREBO |
O spettacolo atroce, vedete come calca quella rabbiosa fiera il regio volto: eccolo a noi rivolto: compagni, armiam di fede, armiam di fede il seno: incontriamo ogni sorte di tormento, e di morte, che vive eterno chi per dio vien meno. | |
Scena quinta |
Gauno, Orebo, coro di Cristiani. |
<- Gauno |
GAUNO |
segue di Cristo il detestato nome: vada come quel folle, che giace là dal ferro mio trafitto: ma dove, o Gauno invitto, dove son le tue tante armate genti? Dov'il campo infinito, onde pur ora minacciavi le stelle, e gl'elementi? Ah, che mentre tu feri femmina vile, ed uomo inerme, e solo, l'orgoglioso nemico, i tuoi guerrieri, t'ancide a stuolo, a stuolo. Trionfa nazareno, hai vinto, hai vinto: sovra quel lido estinto tutto giace il mio campo: ed io che volger feci a tutt'Europa il tergo, io con indegna fuga da' feroci romani appena scampo. Ahi, che serpi, che furie al cor mi sento? Qual fiamma mi circonda? Chi mi sgrida dal ciel, chi mi flagella? Sei tu cruda donzella: Orsola certo sei, che lo stral che t'ancise, mostri di fulminare agl'occhi miei. Or contr'a me discendi, venga meco a battaglia il tuo Cristo, il tuo dio, e vegga chi più vaglia, l'odiata sua croce, o 'l ferro mio. | |
Qui per l'orrenda bestemmia cade un fulmine sopra il Re, e la terra l'inghiotte, cade ancora fulminato il tempio di Marte, e l'idolo va in pezzi. | Gauno -> | |
OREBO |
scesa sull'empia fronte giustissima saetta, di natura, e del ciel vendicò l'onte. Dov'è l'iniquo corpo? Ah che la terra, a quel fiero rimbombo il grembo aperto l'ha tranghiottito entro gl'orrendi abissi. Purgasti pur il sole d'oggetto tanto immondo: sgravasti pur la terra di sì noioso affanno, scellerato tiranno, peste della natura, odio del mondo. Va' nella reggia eletta a' tuoi misfatti atroci: va' da dio maledetta nel più profondo centro anima infida! Ivi durino tanto i dovuti tormenti, e le tue strida, quanto d'Orsola in ciel la gioia, e 'l canto. | |
Scena sesta |
Centurione romano, Orebo, coro di Cristiani. |
<- Centurione |
CENTURIONE |
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CORO |
Verrà, verrà quel giorno cari paterni tetti, che noi liete facciamo a voi ritorno? Quando vi mireremo amati porti? Quando vi stringerem figli, e consorti? | |
OREBO |
Ecco le squadre amiche: altri dietro si trae le vinte insegne, altri porta in trionfo elmi, e loriche. Vedete il nobil duce ornato il crin di meritato alloro, altero fiammeggiar tra l'ostro, e l'oro. | |
CORO |
Ecco dall'altra parte: e d'olivo, e di fior cinti la fronte incontro a' vincitori da Colonia venire allegri cori, e risonar vittoria il lido, e 'l monte. | |
Scena settima |
Coro di Soldati romani, coro di Nobili di Colonia, Generale de' romani. |
<- soldati romani, nobili di Colonia, Generale |
CORO DI SOLDATI ROMANI | ||
CORO DI NOBILI DI COLONIA Piango Meoti d'ogni suo figli i lidi voti: tutto vermiglio al mare in seno trascorre il Reno. | ||
CORO DI SOLDATI ROMANI Su figli spenti svellan la chioma madri dolenti: festeggi Roma, e 'l Tebro suone palme, e corone. | ||
GENERALE |
Fortissimi guerrier, s'in quella riva da così poche squadre esercito infinito oggi cadeo, vostra pietade ascriva alle sante donzelle là per Cristo trafitte, ogni nostra vittoria, ogni trofeo. Io stesso, io stesso vidi su ne' campi immortali schierate le castissime guerriere, dalle gole innocenti trarsi gl'acuti strali, e quelli riversar sull'empie genti. Questo che 'l crin mi cinge altero alloro, io da te riconosco bella duce immortal del casto coro. Grato a tanta mercé, dell'alte spoglie da' miei forti romani al popol' empio ritolte in nobil guerra, a te giuro sacrar sublime tempio, e 'l tuo nome adorar prostrato a terra. | |
CORO DI SOLDATI ROMANI Viva il Tebro, Italia viva: del mio duce il chiaro nome voli, omai di riva, in riva. | ||
CORO DI NOBILI DI COLONIA Cinga la pace il crin di lieta oliva. | ||
GENERALE |
Ite, voi che in Colonia albergo avete popoli liberati: ite, e fia vostra cura ornare i patrii tempi degli sparsi cadaveri beati. Riposi il mortal vostro sacrosante donzelle in quelle mura: ivi, tra gl'odorati arabi fiumi, e tra divine lodi, ardan' a' vostri altari eterne faci, e siate contr'a' barbari rapaci dell'imperio roman fide custodi. | |
CORO DI SOLDATI ROMANI Viva il Tebro, Italia viva: del mio duce il chiaro nome voli, omai di riva, in riva. | ||
CORO DI NOBILI DI COLONIA Cinga la pace il crin di lieta oliva. | Orebo, cristiani -> | |
Qui per applauso della vittoria fu ballato da nobilissimi cavalieri della corte di Toscana, rappresentando parte di loro, Soldati Romani, e parte, Nobili di Colonia. Cangiossi di poi la scena in un bellissimo paradiso, dove in mezzo alle sue sante vergini, e tra cori di santi martiri fu vista trionfar Sant'Orsola. |
sante vergini, santi martiri, Sant'Orsola | |
Trionfo di Sant'Orsola in cielo, Coro di Santi Martiri, Sant'Orsola. | ||
CORO |
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SANT'ORSOLA |
O bei campi delle stelle ingemmati di zaffiro, a voi vengo, e tra voi spiro luminose anime belle. Deh quai festeggiano schiere divine? Deh quai lampeggiano raggi al mio crine? | |
CORO |
Vieni alle piagge immortalmente belle, o sol di castitade intorno cinto di pudiche stelle. | |
SANT'ORSOLA |
Sommo bene, eterno dio, in qual gloria ora mi veggio? Pur ti godo, e ti vagheggio dolce fin del mio desio. Deh qual circondami beato lume? Deh qual inondami di gioia fiume? | |
CORO |
Vieni, o bramata dagli eterni amanti, e nel divino amore appaga il guardo, e fa' beato il core. | |
SANT'ORSOLA |
Qual tu sei senz'alcun velo puro sol di paradiso ti contemplo, e in te m'affiso alma luce, amor del cielo. Deh sempre accendimi mio divo amore? Deh sempre splendimi sol del mio core. | |
CORO |
Vieni alle piagge immortalmente belle, o sol di castitade intorno cinto di pudiche stelle. | |
SANT'ORSOLA |
Piaghe mie, beate piaghe, pegni eterni di mia fede, qual si porge a voi mercede piaghe mie del sol più vaghe? O morte amabile, o mio cordoglio, per voi mirabile nel cielo ho soglio. | |
CORO |
Vieni, bramata dagl'eterni amanti, e nel divino amore appaga il guardo, e fa' beato il core. | |
La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo di Marte, e dall'altra un bastione, che si sporge in fuora dal resto delle mura: nella lontananza apparisce la città di Colonia, il fiume Reno, e più oltre la campagna dove sono attendati gl'unni.
O della bella Italia, o del gran Tebro
Alle perfide squadre ella se n' riede
Compagni udite, e date lodi a dio
(cade un fulmine sopra il re, e la terra l'inghiotte, cade ancora fulminato il tempio di Marte, e l'idolo va in pezzi)
Libertà, libertà, misere genti
Fortissimi guerrier, s'in quella riva
Ite, voi che in Colonia albergo avete
(qui fu ballato da nobilissimi cavalieri della corte di Toscana, rappresentando parte di loro soldati romani, e parte nobili di Colonia)
Bellissimo paradiso, trionfo.