Atto terzo

 

Scena prima

Gauno, Ismano, coro d'Unni.

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Bozzetti

 Q 

Gauno, Ismano, unni

 

GAUNO

Questi son dunque i temerari vanti?  

Questi i superbi voti?

Così mi prometteste,

di catena servil cinto la fronte,

condur dal proprio fonte

il Tebro a riverir l'alta Meoti?

Ed ora, un debil muro,

un debil muro affrena

l'esercito, terror dell'occidente?

Ite mal nata gente,

lasciate della guerra il nobil uso

e tra femmine vili

la man volgete alla conocchia, e al fuso.

ISMANO

Signor, non diffidar de' servi tuoi:

sforzo di nuova guerra,

farà cader l'avverse mura a terra.

Ma, vedi fuor del tempio

d'altissimi pensier carco la fronte

il tuo sacro Oronteo, che a te se n' viene.

 

Scena seconda

Oronteo, Gauno, Furia infernale, coro d'Unni.

<- Oronteo

 

ORONTEO

Non uccisi destrier, non preghi, o voti  

oggi gradisce Marte: odi, o gran rege

udite, o voi di Scizia eroi più chiari,

quanto celeste voce

imposto m'ha da riveriti altari,

ch'io faccia a voi palese.

GAUNO

Tosto il divin volere a noi dispiega:

dinne perché vittoria

all'invincibil unno oggi si nega.

ORONTEO

Orsola, di re figlia,

di sacrileghe donne insieme unita

numerosa falange,

trionfatrice ardita,

or per l'onde trascorre, or per la terra,

e d'ogni nostro nume

danna gl'antichi riti, e i tempi atterra.

Marte vendicatore a questo fiume,

dalle paterne rive oggi l'ha scorta,

acciò con l'empia setta,

sia dal tuo campo, e violata, e morta.

Or non sperar già mai

vittoria, o re, da queste squadre ardite,

se queste tu non dai

vittime a Marte, e a Citerea gradite.

Ma quale il tempio scuote

improvviso tremore?

Odi, invitto signore,

dell'adorato nume odi le note.

 

<- Furia infernale

FURIA INFERNALE

Contro nemica al ciel schiera proterva,  

o degl'Unni gran re, movi veloce:

ed io placato al sacrifizio atroce,

Europa ti darò domata, e serva.

GAUNO

Sacro, potente nume,

quanto nel campo mio sei riverito,

sarai tanto obbedito.

Guerrieri, in quella parte

dispiegate l'insegne,

pronti gl'imperi ad eseguir di Marte.

 

CORO D'UNNI

Pera l'iniqua setta:  

vendetta, omai vendetta.

Gauno, Oronteo, Ismano, unni, Furia infernale ->

 

Scena terza

Lucifero, coro di Demoni, Asmodeo, San Michele, coro d'Angeli.

<- Lucifero

 

LUCIFERO

Venite infernal numi:  

quanti albergate giù nell'arsa Dite,

i passi miei seguite.

 

<- Asmodeo, demoni

CORO DI DEMONI

Tutte l'orride schiere,  

tutti i numi d'Averno

son pronti al tuo volere.

 

ASMODEO

Prendi rettor della perduta gente,  

prendi la face in mano

degl'impuri diletti:

spira questa degl'Unni agl'empi petti,

acciò che quel crudel più non si vanti,

pure le membra aver di caste amanti.

LUCIFERO

Crudo ciel, fiere stelle,

farò pur la vendetta

nelle tanto gradite a voi donzelle.

 

<- San Michele

SAN MICHELE

Spegni ribelle a dio tartareo mostro  

quella face infernale:

vedi l'asta immortale,

per cui cadesti al tormentato chiostro,

pronta a ferirti ancor sull'empia fronte.

Vuol quei, che all'alto impera,

vuol per tuo maggior duolo,

pura per te quella diletta schiera:

or vanne, e vibra solo

interna serpe d'infernal disdegno.

Vanne in quel campo, e quanta chiudi al core,

diffondi in questo dì rabbia, e furore.

LUCIFERO

O detestato duce

dell'angeliche menti:

conosco la cagione, onde mi sforzi

a far incrudelir le perfid'alme

nelle schiere innocenti.

Vuoi, ch'i martiri lor sien tante palme,

vuoi, ch'io ministro sia de' propri mali.

Se così chiede incontrastabil legge,

svello questo dal seno atro serpente,

e tra l'iniqua gente,

tutto rabbia, e furor dispiego l'ali.

SAN MICHELE

Moviamo abitator del regno eterno,

moviamo a rimirar su quella riva,

da schiera femminil vinto l'inferno.

 

<- angeli

CORO D'ANGELI

Aprite, o sfere il grembo,  

raddoppiate la luce, o stelle, o sole:

il castissimo sangue,

ch'oggi bagna la terra,

dia nuovi gigli al ciel, nuove viole.

Ecco l'alme corone,

ecco il premi immortal di mortal guerra:

gloria nell'alto a dio,

all'esercito pio vittoria in terra.

Asmodeo, demoni, Lucifero, San Michele, angeli ->

 

Scena quarta

Ireo, coro di Cristiani, Orebo.

<- Ireo, cristiani

 

IREO

Vedeste in quanta fretta  

l'esercito crudel si volse al fiume?

Sentiste poi che formidabil grido

fe' risonare il lido?

Non so fedeli amici,

quel che pensar mi deggia;

ma tra fiere tempeste il core ondeggia.

CORO DI CRISTIANI

Tutto dolente in viso

Orebo a te ritorna:

deh qual n'apporterà sinistro avviso?

 

<- Orebo

OREBO

Fuggi dall'alto cielo, o della luce  

sempiterno rettore, e 'n mar ti serra,

sin che sostien la terra

queste in sembiante uman Furie infernali.

Stelle vendicatrici i raggi vostri

cangiate in tanti strali,

e dal ciel fulminate i fieri mostri.

IREO

Orebo: io nel tuo volto

leggo le mie sventure, e l'altrui morte:

o misere donzelle, o mia consorte.

OREBO

Signor (ahi che l'orror nell'alma accolto

di voce ancor mi priva,)

come credesti appunto

trovai, signor, che alla dolente riva,

l'esercito era giunto

delle vergin britanne: o qual sembianza

agl'occhi miei s'offerse?

Sparse per l'ampia arena

le guerriere di Cristo,

or carissimi baci,

or puri abbracciamenti,

alternavan ridenti.

Cinta di bianca, e di purpurea veste

la magnanima duce,

e sparsa al tergo il coronato crine,

saettava dal volto

raggi di maggior luce:

e somigliante all'anime divine,

per lo diletto esercito scorrea.

Deposto in terra avea

l'aureo scettro reale,

e 'n sua voce reggea,

assiso in croce il suo bramato amore.

Rammentava, or le piaghe, ed or lo zelo

del trafitto signore:

or promettendo guiderdone in cielo

le caste amate schiere,

contro il popolo rio

di fede armava, e di speranza in dio.

Ecco il perfido re, com'Austro suole,

cinto d'orridi lampi,

venir dell'aria a infuriar ne' campi,

cinto dall'empie squadre,

viensene ratto a quel funesto lido.

Alzano allora un grido

l'umili verginelle,

e quel nome chiamato,

dalle stelle adorato, e dagl'abissi

tutte prostrate a terra,

tutte, tenendo i lumi al cielo affissi,

attendon liete la spietata guerra.

O divino stupore, al santo nome

ne' barbarici cori in tutto spento

di libidin'infame il rio talento,

gridan di rabbia pieni,

pera chi Cristo adora:

e tratti all'istess'ora

gli scellerati ferri

corron' a lacerar, i casti seni.

IREO

Oh dio, che sento? Oh dio?

Così cadesti estinta

dolcissima cagion del viver mio?

OREBO

Signor la tua regina,

a tutte l'altre innante,

più, che mortal ne' detti, e nel sembiante,

dicea, ferite, o dispietata gente,

ferite questo core:

al mio sposo, o signore,

portin le piaghe mie l'alma innocente:

ma, tal di quel bel volto

la maestà splendea,

che 'l ferro in lei rivolto

in mezzo al suo rigor, d'amore ardea.

Morte, morte chiedea

la sprezzatrice vergine animosa:

ma la ritenne a suo malgrado in vita

l'istessa crudeltà fatta pietosa.

IREO

Dispietata pietade!

Per uccidermi il cor con doppia morte,

concedi vita alla real beltade.

OREBO

Fuor, che la tua consorte,

troncate i sacri busti, aperte il seno,

o dolore, o pietade,

nell'orribil terreno

tutte l'altre cader dall'empie spade.

Ma deh, perché mi doglio,

o martiri beate al morir vostro,

se questi lumi han visto

trionfarvi lassù nel divin soglio,

e corone portar del sol più belle?

Bramo le palme vostre

nuovi pregi del ciel pure donzelle:

per sì giocondo acquisto,

bramo, bramo ancor io morir per Cristo.

IREO

Lasso, ma dove resta,

se pur è ver, che viva

la mia terrena diva?

OREBO

Del superbo tiranno

la divina beltà preda è rimasta.

Egli avvampa per lei d'immenso foco:

ed ha pur ora imposto

a' suoi più chiari duci,

ch'a quell'anima casta

movan'assalto di lusinghe, e preghi:

e stassi il fiero core in sé disposto,

o ch'ella mora, o al suo voler si pieghi.

IREO

Quando, già mai si vide,

quando, misero me, già mai s'udio

tenor di fiera stella eguale al mio?

Non ti bastò privarmi

implacabil destin del patrio regno?

Non ti bastò legarmi

alle piante real servil catena,

che per maggior mia pena,

innanzi agl'occhi miei,

vuoi, ch'io veggia colei,

colei, ch'è la mia vita,

da barbaro spietato

esser a me rapita?

Deh pria, che questo veggia, o cielo, o fato,

di sì misera vista, il pensier solo

ancida il cuor di duolo.

 

CORO DI CRISTIANI

Alle donzelle,  

pur or estinte,

cedete vinte

notturne stelle:

più numerose di voi trascendono,

nell'alto splendono

di voi più belle:

cedete vinte

notturne stelle.

Quanti splendete,

per gl'alti cori

celesti amori

l'ali movete:

al cantar vostro

lassù festeggino,

al sol lampeggino,

che le fa liete:

celesti amori

l'ali movete.

 

O fortezza d'onore inclita prole,  

d'insuperabil cor nobil trofeo:

ben sovente ti pasce

d'animose parole

la loquace accademia, ed il liceo:

ma se uopo talor nel mondo nasce

di tua nobil corona,

o come spesso avviene,

che te, per vil timor l'alma abbandona.

Un Codro ammira Atene.

Tre Decii, un sol Attilio, e un Curzio noma

tra tanti figli suoi l'invitta Roma.

Io non parlo di voi, cui spinse a morte,

o tema, o sdegno, o fervida cagione

d'ambiziosa brama:

te dal nome di forte

esclude il saggio, o rigido Catone.

Era vieppiù dovuto alla tua fama,

a Roma in quell'affanno

seguir di dar aita,

che per non rimirar Cesar tiranno

col ferro uscir di vita.

Lode viè più, che libero morire,

e per la patria vivere, e soffrire.

Molto minor tra la femminea schiera

de' forti petti il numero rimiro.

Te Lucrezia pudica,

e te consorte altera

del magnanimo Bruto io ben' ammiro.

Ma, benché generosa, e al ciel nemica

vostra morte immatura.

Vuol, chi la vita regge,

che cediamo a suo tempo alla natura.

Voi lungi all'alma legge

viver sdegnando ingloriose, e serve,

foste crude a voi stesse, e al ciel proterve.

Ma nelle scole altissime di Cristo

qualor insegna sacrosanta fede

di morir per il cielo,

con numeroso acquisto

vera fortezza trionfar si vede.

Ecco ch'ardon non sol, d'invitto zelo

viril petti robusti,

e gloriose palme

han dalla rabbia di tiranni ingiusti;

ma frali, e timid'alme

del più debole sesso, io vedo audaci

sprezzar croci, flagelli, e rote, e faci.

Lascio te, che sul Tebro a dio fedele

sì tenera cadesti Agnese bella:

e te, cui tolse al seno

barbara man crudele

l'un, E l'altra purissima mammella.

Lascio te, che sul Nil venisti meno

real germe d'Egitto:

e te, ch'in ree faville

trasse nobil'ardor d'animo invitto.

Da palme a mille a mille,

oggi di Cristo diletta arena,

e più di sangue, e di trionfi è piena.

Volgiamo il guardo al Reno: appena tante

s'unir del Termodonte in sulla foce,

quante spiegonne in campo

Orsola trionfante

contro il profano esercito feroce.

O sacro lido, o sacrosanto campo:

puro teatro, e pio,

ove palme sì belle

riportaro l'amazzoni di dio.

Lascia al cielo le stelle,

lascia le gemme alla bell'India, e l'oro:

Germania serba in te sì bel tesoro.

 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo di Marte, e dall'altra un bastione, che si sporge in fuora dal resto delle mura: nella lontananza apparisce la città di Colonia, il fiume Reno, e più oltre la campagna dove sono attendati gl'unni.

Gauno, Ismano, unni
 

Questi son dunque i temerari vanti?

Gauno, Ismano, unni
<- Oronteo

Non uccisi destrier, non preghi, o voti

Gauno, Ismano, unni, Oronteo
<- Furia infernale

Contro nemica al ciel schiera proterva

Gauno, Oronteo, Ismano, unni, Furia infernale ->
<- Lucifero

Venite infernal numi

Lucifero
<- Asmodeo, demoni

Prendi rettor della perduta gente

Lucifero, Asmodeo, demoni
<- San Michele

Spegni ribelle a dio tartareo mostro

Lucifero, Asmodeo, demoni, San Michele
<- angeli
Asmodeo, demoni, Lucifero, San Michele, angeli ->
<- Ireo, cristiani

Vedeste in quanta fretta

Ireo, cristiani
<- Orebo

Fuggi dall'alto cielo, o della luce

Coro di cristiani
Alle donzelle
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta
Prospettiva di Firenze. Apresi una voragine, dove si vede un lago di fiamme. La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... La scena si rappresenta appresso le mura di Colonia Agrippina: vedesi da una parte un tempio con l'idolo... Bellissimo paradiso, trionfo.
Prologo Atto primo Atto secondo Atto quarto Atto quinto

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