A chi legge

Non ti persuadere, o amico lettore, di poter ammirar nell'imperfezion di questo mio parto, i voli d'una penna sublime, poiché lo studio della poesia, sì come quello, che richiede la cognizione delle scienze più gravi, è troppo alto oggetto all'imbecillità del mio basso ingegno; né sentendo in me punto di quel poetico furore, e di quel divino spirito, che vuol Platone, esser tanto necessario a chi desidera d'oltrarsi negl'affari poetici, non ardisco né meno di picchiar all'uscio delle Muse, sapendo di non portar meco, né il merito, né la fortuna da poterne ottener l'ingresso.

Il mio poetare non si stende più oltre, che nel formar qualche soggetto appartenente alla musica, e ciò più per uso de' miei propri componimenti, che de gl'altrui, più per mancanza de' poeti, che per professione. E se i sovrani comandi de' serenissimi padroni, non mi avessero mosso l'ingegno, sarebbe rimasto in questa opportunità, sì come in molt'altre, nella contemplazion de' suoi soliti silenzi; poiché, dove non può incamminarsi col merito, non è dovere ch'aspiri, né men col desiderio, non che procuri di giunger col volo, mentre incapace dell'ale di Dedalo, s'accerta di dover precipitar con Icaro, nel mar delle proprie debolezze.

La materia di quest'opera, che comprende parte dell'istorie troiane, ed è divisa in cinque atti, il primode' quali contiene le nozze di Teti, con la contesa delle tre dee, il secondo, il giudicio di Paride, il terzo, la partenza di Paride da Enone, il quarto, l'arrivo di Paride nella corte di Elena, l'innamoramento e la rapina, il quinto l'ingresso di Elena, nella corte di Priamo, con Paride; quantunque, in diverse maniere, sia stata tante, e tante volte rappresentata su le scene, non ti faccia maraviglia, se per fare acquisto di nuovi splendori, dalla presenza di tanta luce, e fra le pompe ammirabili di sì famosi spettacoli, sia nata anche dalle tenebre del mio ingegno: poiché aggirandosi tutti i miei pensieri, nella sola soddisfazione de' serenissimi padroni, ho impresso l'orme della mia devozione in que' sentieri, che mi furon prescritti dall'osservanza de' loro comandi, per contribuire con gl'ossequi della penna, i debiti del cuore.

Alcuni lisci poetici, (se pur tali sono) da' quali, con lunga serie di versi, si cagiona la prolissità de' recitativi, che mi costituisce parziale, più della poesia, che della musica, son nati e dalla brevità della tessitura, per la disunione degl'atti, e perché, avendo dovuta esser tradotta in lingua tedesca, per intendimento di quei, che non hanno cognizione della favella italiana, è da credere, che la lettura abbia da essere il principale oggetto: massimamente dove simili componimenti, non hanno fatto ancora spettacolo di sé stessi, fra i luminosi splendori del teatro. Onde ne viene in conseguenza, che quest'opera, non avrà tessiture artificiose, accidenti improvvisi, varietà di metri, frequenza d'invenzioni, brevità di recitativi, spessezza di canzonette, inganni, viluppi, discioglimenti, sottigliezze, capricci, motti, allegorie, metafore, sentenze, traslati, e finalmente tutti quegli abbellimenti, che debbono avere i drammi musicali, composti per allettare ed adulare il genio del secolo; non avrà ne meno spettatori nauseati, come altrove, dalla frequenza di tante, e tante opere che s'ascoltino.

Ma rivolgendo nella mente la materia, e la forma di quest'opera, differente da quante mai n'abbia, o ascoltate, o lette, o praticate, sotto il cielo de' più famosi teatri d'Italia: ed impiegando tutta la forza del mio debole intelletto, per trovar qualche differenza, o generica, o specifica, che la riduca sotto un nome, non dissentaneo dalla qualità che contiene: temo, non abbia la mia penna partorito il mostro d'Orazio, poiché, considerandola, dividendola, sottalternandola a parte, a parte, non so ridurla né a genere, né a specie alcuna.

È divisa in cinque atti: ma il primo non comincia, né la materia, né l'argomento, il secondo, non riduce le cose in atto, il terzo, non porta gl'impedimenti, il quarto, non mostra la via di risolvere, il quinto, non risolve artificiosamente.

Non v'ha prologo, che faccia la solita orazione a gli spettatori. Non v'ha protasi, che narri la somma delle cose. Non v'ha epitasi, che cominci a confonder la tessitura. Non v'ha catastasi, che dimostri il colmo più confuso di quella. Né v'ha catastrofe, che finalmente la riduca in tranquillità non aspettata.

Non è commedia; poiché la materia, che contiene, non è tratta da azioni civili, e private. Non è tragedia; poiché non esprime, né conclude casi atroci, e miserabili. Non è tragicommedia; poiché non partecipa, né della commedia, né della tragedia. Dovrebbe esser dramma; ma la qualità del soggetto, e della tessitura, non ammette ragionevolmente l'imposizion di questo nome.

Sarei per nominarla erotopegnio musicale (ερωτοπαίγνιον musicum; quod est ludus de Amore, ad musicam pertinens) ma per esser nome inusitato, quantunque fondato su la ragione; non so se sia (lettore) per soddisfarti.

Se ti par convenevole; concorro anch'io a riconoscerla, benché fuori d'usanza, con questo nome. Se non ti pare; già che non è, né dramma, né tragicommedia, né tragedia, né commedia: eccoti dunque l'argomento, il quale, mostrandoti gl'oggetti della sua quiddità, ti porgerà occasione d'attribuirle, e quel titolo, e quel nome, che più ti parrà proporzionato. Ed io, già che la capacità del mio debole ingegno, non è bastevole ad esprimer l'essenza de' suoi propri parti, nascondendo i difetti della mia penna, sotto l'eloquenza del tuo giudizio, mi chiamerò contento, d'aderire alla tua opinione, e di sottoscrivermi alla tua sentenza. Vivi lieto.

Serenissime altezze A chi legge
Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

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