Atto primo

 

Scena prima

Tevere con il ponte Sublicio.
Melvio. Orazio Cocle sul ponte combattendo. Publicola. Esercito di romani, e Guastatori, che tagliano il ponte da una parte. Porsenna. Tarquinio Superbo, ed Esercito di toscani dall'altra.

Immagine d'epoca ()

 Q 

Melvio, Orazio, Publicola, Porsenna, Tarquinio, soldati romani, guastatori, soldati toscani

 

MELVIO

Si rompa, si franga,    

reciso dall'onda

all'oste, ch'inonda

il varco rimanga.

S

 

CORO

Si rompa, si franga.

 
Qui sarà tagliato il ponte.
 

ORAZIO

Così allor, ch'è di giusti  

preservator il fato

contrasta un ferro solo a un regno armato.

(Orazio si getta nel fiume, e va a nuoto tra i suoi)
 

PORSENNA

Anzi quindi preveggo  

le romane cadute: e sarà questo

luminoso fulgore

d'una spada latina

sforzo di face al suo morir vicina.

PUBLICOLA

Sarà luce di lampo,

ch'il fulgore precede.

TARQUINIO

E questo poi

sol le cime dei boschi, e i monti fere.

PUBLICOLA

Così il valor latin le teste altere.

CORO

Tornate addietro o vilipese schiere.

 
 

Scena seconda

Foro romano.
Clodio. Floro.

 Q 

Clodio, Floro

 

CLODIO

Quando il mondo in giro accolse  

chi dal niente lo formò

fors'a noi dettar risolse,

che giammai fermar si può.

FLORO

Come in sferica figura

permanenza non si dà,

così un punto è la misura

di mortal felicità.

 

CLODIO

Già più angusti di Roma  

i confini son resi. Etrusca preda

il Gianicolo è fatto, e 'l Tebro stesso

già par, che paventi

ceppi di ferro ai fuggitivi argenti.

FLORO

Stringe nodo servile

del console la figlia.

CLODIO

(Il mio tesoro.)

Preziosissima spoglia.

FLORO

(Il bel, ch'adoro.)

CLODIO

E forse 'l vago labbro

tenta di profanar con sozzi baci

il predator lascivo.

FLORO

Ed io di duol non moro!

CLODIO

(Ed io pur vivo!)

FLORO

Così mesce, e confonde

sempre volubil sorte

gioie un dì, l'altro pene, e 'l terzo morte.

 

Scena terza

Melvio. Publicola. Orazio. Coro di Soldati. Clodio. Floro. Popolo.

<- Melvio, Publicola, Orazio, soldati, popolo

 

MELVIO

Allori, e trofei  

a te si denno alzar,

ch'il nume tutelar

di Roma sei.

 

CORO

Allori, e trofei.

 

Melvio, soldati, popolo ->

ORAZIO

Infausto trofeo,  

vittoria infelice,

se perder mi tocca,

qual miser'Orfeo

la cara Euridice;

infausto trofeo

vittoria infelice!

 

 

Io de' patrii Penati  

la libertà difendo, e ciel maligno,

rubandomi la moglie,

con empio guiderdon l'alma mi toglie!

PUBLICOLA

S'a te l'impeto ostile

rapisce la consorte, a me pur anco

la dolce prole invola,

con le perdite mie le tue consola.

ORAZIO

Sangue, che stilli dall'altrui ferite

le mie non disacerba.

PUBLICOLA

Quella sventura è men dell'altre acerba

che per la patria viene; e ingiurioso

quel destin non si rende,

che circonda di gloria allor, ch'offende.

 

Scena quarta

Muzio Scevola. Publicola. Orazio. Clodio. Floro.

<- Muzio

 

MUZIO

Signor, o sia del fato,  

ch'al mio fine mi trae, feroce impulso,

o d'amico destino,

che mi scorge ai trofei forza soave

m'arde 'l seno un desire

o d'uccider Porsenna, o di morire.

PUBLICOLA

Generoso desio,

ma di tentar l'impresa

con qual mezzo presumi?

MUZIO

Con il favor de' numi.

ORAZIO

Stimolati dall'opre

si muovono gli dèi: tu che farai?

MUZIO

Nulla determinai,

farò ciò, che potranno

dettar a un cor guerrier forza, od inganno.

PUBLICOLA

Ardua Muzio è l'impresa.

MUZIO

Facile ogn'opra a un risoluto è resa.

PUBLICOLA

Il troppo ardir sovente

concepisce speranze insufficienti,

ma partorisce alfine

aborti di cadute, e di rovine.

MUZIO

Passerò tra i nemici

armato ad uso loro

(e vedrò, se non altro, il sol, ch'adoro),

mi sarà forse amico

il cielo, e quand'ancor cader dovessi,

avrò tolto all'oblio

con eroico ardimento il nome mio.

ORAZIO

Muzio un desio conforme al tuo nel core

m'hai svegliato, e riscosso.

CLODIO

Ed io restar non deggio.

FLORO

Ed io non posso.

ORAZIO

Me chiaman sovra ogn'altro

là dai nodi servili,

e la consorte, e l'innocente prole.

CLODIO

(E me 'l mio ben cattivo.)

FLORO

(E me 'l mio sole.)

PUBLICOLA

E lasciar vacillante

la patria non vi pesa?

MUZIO

È un custodirla, il prevenir l'offesa.

PUBLICOLA

Ma 'l provocarla è rischio.

ORAZIO

E l'aspettarla

è una viltà, che nuoce!

PUBLICOLA

Ma 'l periglio?

CLODIO

No 'l teme un cor feroce.

PUBLICOLA

La speme è incerta.

FLORO

È nobile il desire.

PUBLICOLA

Ma s'avverso è 'l destin?

MUZIO

Gloria è 'l morir.

PUBLICOLA

Arridano le stelle al vostro ardire.

 
 

Scena quinta

Luogo nel Trastevere, dove li Toscani fanno piazza d'armi con padiglioni.
Elisa. Vitellia. Guardie. Ismeno.

 Q 

Elisa, Vitellia, guardie toscane, Ismeno

 

ELISA

Amara servitù,  

ch'allontanar mi fai

da chi mia gioia fu,

amara servitù!

Soave libertà,

quando ritornerai

a consolarmi più?

Amara servitù!

 

 

Ed è pur vero, o stelle,  

ch'è mio solo conforto

aver meco nel mal la dolce prole!

Così delle sue pene,

fatta per troppo amor empia, e crudele,

son costretta a gioire,

e numerar per gioia anco 'l martire.

ISMENO

Olà, dall'altre prede

perché t'allontanasti?

Vieni, che tosto al re, che t'avvicina

dovrò condurti.

ELISA

Oh dèi!

La libertà del duolo anco perdei.

Elisa, Vitellia, Ismeno ->

 

Scena sesta

Porsenna. Tarquinio.

<- Porsenna, Tarquinio

 

PORSENNA

Fortuna.  

TARQUINIO

Ostinata.

PORSENNA E TARQUINIO

Si vince sprezzando.

TARQUINIO

Fortuna.

PORSENNA

Sdegnata.

Si placa pregando,

e spesso lusingata il crin ci stende.

TARQUINIO

Ma chi adopra l'ardire anco lo prende.

 

PORSENNA

Non volle ai nostri sforzi  

assentir il destino.

TARQUINIO

Egli si rise

dell'infamia d'un solo: ed ebbe a sdegno

macchiar col di lui sangue i nostri acciari.

PORSENNA

Ma non per tanto avari

ci furo i numi. Roma

a sé stessa decresce

per tornarti soggetta.

TARQUINIO

Io dello scettro

toltomi ingiustamente ornar la destra

giustamente ritento:

e 'l ciel, che mi girò torbidi nembi,

par, che mi torni a riguardar sereno.

PORSENNA

Ecco se n' viene con le spoglie Ismeno.

 

Scena settima

Valeria. Elisa. Vitellia. Ismeno.
Coro di Schiavi, e di Servi, che portano molte spoglie.

<- Valeria, Elisa, Vitellia, Ismeno, schiavi, servi

 

VALERIA

Né fastosa allor che ride...  

ELISA

Né dolente allor che freme...

VALERIA E ELISA

Varia sorte mi vedrà.

ELISA

Né superba, se m'arride...

VALERIA

Né avvilita, se mi preme...

VALERIA E ELISA

Il destin mi troverà.

 

ISMENO

Del Trastevere omai  

piegan signor le trionfate turbe

l'ostinate cervici al nostro giogo.

E mentre vincitrice

il Gianicolo aprico Etruria doma,

i sette colli suoi non trova Roma.

Varie, molte, pompose

furo le nostre prede:

di fulgido metallo

masse doviziose, ostri di Tiro,

adamanti, rubini, e lunghe fila

di rugiade, indurate

nelle conche eritree, qui troverai:

ma queste, che rimiri

bellezze preziose,

animati tesori

son d'ogn'altro tesor gioie migliori.

PORSENNA

(Abbagliato son io da quei splendori.)

Dell'esser vostro, o belle,

le notizie scoprite.

VALERIA

Siam romane.

PORSENNA

Seguite

se non v'è grave 'l favellar.

VALERIA

Che giova

ridir le sorti andate?

PORSENNA

Di placar stelle irate

ha talvolta virtute.

VALERIA

Non son più mie le qualità perdute.

TARQUINIO

Se resistono ai preghi, ubbidienti

dai tormenti sian rese.

VALERIA

Tiranno discortese; a guerra ingiusta

aver indotto un re poco ti fora,

s'all'empietà non l'invitassi ancora?

PORSENNA

(Che amabile fierezza!)

ELISA

E perché l'alterezza,

ch'odioso lo rende a Roma, ai cieli,

più rinfacciar gli possa,

lascia, ch'io gli riveli

l'esser nostro Valeria. Ella è Valeria

del console la figlia. E di colui,

che sul ponte Sublicio,

solo contese al furor vostro il varco

quest'è prole. Io son moglie.

ISMENO

Pregiatissime spoglie!

ELISA

No, no non tornerai

a violar la libertà latina,

con tiranna insolenza.

TARQUINIO

Donisi al vostro duol questa licenza.

PORSENNA

Della vostra sventura

san gli dèi, se mi duol, ma se di Marte

così voglion le leggi,

che far poss'io? Valeria

meco rimanga; Ismeno

l'altre ritenga; e da Tarquinio poi,

conforme a' suoi voleri,

sian divise le spoglie a miei guerrieri.

ISMENO

Grazie ti rendo.

TARQUINIO

Andiamo.

ELISA

Empio, superbo,

Giove ti pagherà l'insidie ingiuste

con infocati teli.

VALERIA

Crudel, crudel ti puniranno i cieli.

Elisa, Vitellia, Ismeno, Tarquinio, schiavi, servi ->

 

Scena ottava

Porsenna. Valeria.

 

PORSENNA

Valeria, io non pretendo  

con rigorose leggi

di servitù noiosa,

oscurar il fulgor de' merti tuoi.

VALERIA

Siami pur qual tu vuoi,

ponmi o in reggia superba, o mi condanna

a bosco ombroso, o pur a colle aprico,

esser peggio non puoi, che mio nemico.

PORSENNA

Dunque con alma indifferente accetti

e gli scherni, e i favori?

VALERIA

E che poss'io

dar legge al destin mio?

PORSENNA

Sta in mia man la tua sorte.

VALERIA

E che mi giova?

PORSENNA

Puoi placarla co' preghi.

VALERIA

Anima vile

a un nemico si pieghi.

PORSENNA

E se crudele

teco sarò?

VALERIA

D'alpestre cor, di fiero,

d'animo di macigno il biasmo avrai.

PORSENNA

E se placidi rai

ti volgerò cortese?

VALERIA

Fanno i favor dimenticar l'offese.

PORSENNA

E l'offese obliate,

può concepirsi amor?

VALERIA

No, tra nemici.

PORSENNA

Dunque dell'ire ultrici

mai non cessa la fiamma? E nobil petto

mai non lascia i rigori?

VALERIA

Sì: ma sì tosto non principia amori.

 

Scena nona

Porfiria. Valeria. Porsenna.

<- Porfiria

 

PORFIRIA

A Porfiria vecchiarella,  

che fu bella,

or soggiace degl'anni all'aspra pena:

signor deh fate dar una catena.

PORSENNA

Chi sei tu, che ricerchi

ciò, cui ciascun contrasta?

La catena del tempo a te non basta?

PORFIRIA

A Valeria bambina

diedi le poppe; e sì teneramente

l'amo, che dal seguir ogni sua sorte

sol mi disgiungerà falce di morte.

PORSENNA

I sensi di costei

grati, o bella ti sono?

VALERIA

No 'l nego.

PORSENNA

A te la dono.

VALERIA

Piuttosto di', che ciò, ch'è mio mi rendi.

PORSENNA

(O ch'implacabil alma!) Olà, sia scorta

alla reggia Valeria. A cenni tuoi

servi, e donzelle avrai.

VALERIA

Non li chiedo.

PORSENNA

Vivrai

sciolta da' ferri.

VALERIA

O rigido, o soave

il voler del destin, niente m'è grave.

PORSENNA

(O che rigido cor!) Addio. Rifletti,

ch'in un'alma cortese

fanno i favor dimenticar l'offese.

(Di che altera bellezza amor m'accese!)

 

Porsenna, guardie toscane ->

PORFIRIA

S'io non erro, Porsenna,  

per te languisce. Amore

frangerà l'ire sue.

VALERIA

Porfiria, ho core

ad ogni duol bastante:

no 'l chiedo amico, e non lo voglio amante.

 

Volga rapida, e leggera    

la fortuna più incostante

la volubile sua sfera.

Quanto sa mi turbi, e mova,

ch'a scuoter il mio cor niente li giova.

Tolga rigida, e fugace

il crin d'oro alla mia mano

calva dèa cieca, e rapace;

più che tenta d'abbassarmi,

con magnanimo cor saprò innalzarmi.

S

Sfondo schermo () ()

 

Scena decima

Clodio. Floro. Valeria. Porfiria.

<- Clodio, Floro

 

CLODIO E FLORO

Valeria.  

FLORO

Clodio amico.

CLODIO

Amico Floro.

FLORO

Veggio, o bella, i tuoi nodi,

con pena immensa...

CLODIO

Ed io con duolo estremo.

FLORO

(Emulo lo cred'io.)

CLODIO

(Rival lo temo.)

VALERIA

In alma generosa

il duolo è men possente:

tant'è fiero 'l martir, quant'altri 'l sente.

CLODIO

Così mai non arrivi ombra di doglia

a turbar il sereno

del bel sembiante.

FLORO

O de' bei rai la luce.

CLODIO

(M'insospettisce.)

FLORO

(A gelosia m'induce.)

VALERIA

Ma voi per qual destino

varcaste 'l Tebro ondoso?

CLODIO

A picciol pino.

FLORO

A lieve abete.

CLODIO

M'affidai...

FLORO

Mi diedi...

CLODIO

Qua venni.

FLORO

Qua son giunto.

CLODIO

Ignoto.

FLORO

Occulto.

CLODIO

E se ti val...

CLODIO E FLORO

Se giova...

FLORO

Pronto a recarti aita,

per la tua libertà darò la vita

CLODIO

Lascia garrulo Floro

di mescer le tue voci ai detti miei.

FLORO

Quel, che turbi il mio dir anzi tu sei.

VALERIA

Molto vi deggio in ver, ma nulla chiedo.

Contro il voler del fato

né v'è giusta speranza,

né rimedio miglior, che la costanza.

CLODIO

Deh ferma.

FLORO

Ascolta.

PORFIRIA

Cheti, cheti al Tebro

voi ritornar potete,

e darvi a picciol pino, a lieve abete.

 

Valeria, Porfiria ->

CLODIO

Anco Floro si turba.  

FLORO

Anch'ei s'impallidisce.

CLODIO E FLORO

È certo amante.

CLODIO

Volgo muto le piante.

FLORO

Labbro ver lui non movo.

CLODIO E FLORO

Acciò s'avveda

ch'è forza ch'ei mi fugga, o che mi ceda.

 

CLODIO

Al rigor di due tiranni    

sta soggetto un cor geloso:

vuol ciascun, che ei si condanni

al tormento più penoso:

ma non so, se peggio sia

o la face di Cupido,

o il flagel di gelosia.

Due contrari gelo, e foco

stando insieme in un sol core

van facendo a poco, a poco

di due pene un sol dolore,

onde avvien, che sempre stia

con la face di Cupido

il rigor di gelosia.

S

Sfondo schermo () ()

Clodio, Floro ->

 

Scena undicesima

Orazio Cocle. Milo.

<- Orazio, Milo

 

ORAZIO

Se il mio mal da voi dipende  

perché, o dèi, non l'impedite?

O se pur altri m'offende,

dunque mal mi custodite.

Deh se al mondo presiedete

perché meglio no 'l guardate?

E se più far non sapete

dunque il ciel non usurpate.

 

MILO

Signor, signor non t'aggravar del cielo,  

che un gran peso ti toglie:

non v'è intrico peggior quanto aver moglie.

ORAZIO

Così parla la plebe:

ma nobil alma non detesta mai

ciò. Che un giorno approvò.

MILO

Non sono eguali

a quel giorno i seguenti.

ORAZIO

A chi muta parer son differenti.

MILO

Perché Imeneo tien le catene in mano?

ORAZIO

Perché son gli sponsali

un vincolo d'amori,

un gruppo d'alme, un union di cuori.

MILO

No, no: tu non lo sai

perché l'uom, che s'ammoglia

pazzo appunto diviene,

Imeneo per legarlo ha le catene.

Ma vedi Elisa.

ORAZIO

E seco

la mia tenera prole.

Ritiriamci; nascosto

voglio udir del destin come si duole.

 

Scena dodicesima

Elisa. Vitellia. Milo. Orazio.

<- Elisa, Vitellia

 

ELISA

Se nel ben sempre incostante  

fortuna vagante

di farsi stabile

uso non ha,

anco mutabile

nel mal sarà.

ORAZIO

(Alma più nobile

chi troverà?)

ELISA

Se non può d'astro inclemente

pupilla dolente

lo sdegno frangere

né il ciel mutar

non giova piangere,

né sospirar.

ORAZIO

(Dunque d'affliggermi

poss'io cessar.)

 

 

(esce)  

Elisa?

ELISA

Orazio?

VITELLIA

Genitor?

ORAZIO

O cara

dolce mia prole.

ELISA

Oh dio

giunge il nemico: parti.

MILO

O me infelice.

ELISA

Fuggi il rischio imminente

di servitù spietata.

ORAZIO

Fier destin!

ELISA

Sorte rea!

VITELLIA

Fortuna ingrata!

MILO

Non te 'l diss'io signore.

(inciampa, e cade)

Ahimè: cieco m'ha reso il gran timore.

Orazio ->

 

Scena tredicesima

Ismeno. Milo. Vitellia. Elisa.

<- Ismeno

 

ISMENO

Perché fuggi? Chi sei?  

MILO

(Che deggio dir, oh dèi!)

ISMENO

Rispondi?

ELISA

Egli è latino,

e fuggia dai miei sdegni; onde traesti

così folle ardimento?

MILO

(Con chi favella!)

ISMENO

In che t'offese?

ELISA

L'empio

poiché dal re partimmo,

udite (e non so come)

le tue lascivie, e le ripulse mie,

fattosi tuo fautore

or per te mi chiedea d'indegno amore.

MILO

Misero me!

ISMENO

Costui? Di', che t'ha mosso?

ELISA

Quel genio, che proclive

tengono al mal oprar l'anime vili.

MILO

(Che farò mai?)

ISMENO

Tu tremi, e ancor non parli?

ELISA
(piano a Milo)

Afferma quant'io dico.

MILO

(Son pur nel grand'intrico.)

ISMENO

Che dici?

MILO

Incerto ancora,

se ciò signor t'aggradi, o pur t'irriti

ho gli spirti smarriti.

ISMENO

Se l'oprar fu sincero

tutto m'è grato.

MILO

Dunque tutto è vero.

ISMENO

Avrai mercé maggior di quanto speri.

ELISA

(Secondaro le stelle i miei pensieri.)

MILO

(Tremo ancor di timore.)

ELISA

(Così non favellò del mio signore.)

ISMENO

Tanto o bella, aborrisci

chi ti parla d'amarmi?

ELISA

T'amerò quando senso avranno i marmi.

ISMENO

Ciò che neghi agli affetti,

cederai allo sdegno.

ELISA

Al soffio irato

di crudo Borea, d'Aquilon malvagio

anzi il gel più s'indura.

ISMENO

Ma percosso si frange,

e la durezza sua non l'assicura.

Ciò, che donar ricusi

rapir saprò.

ELISA

Tiranno

ferma.

ISMENO

Sei mia...

ELISA

Nemica.

ISMENO

Serva.

VITELLIA

Lascia crudele

di molestar la genitrice mia.

ISMENO

Eh che sì sfacciatella.

ELISA

Nulla, nulla farai.

ISMENO

Tosto ti pentirai: olà, costei

stanchi dura fatica,

e sotto il peso di percosse acerbe

germano il genio altero,

e i pensier contumaci,

merta i flagelli chi rifiuta i baci.

 

Ismeno ->

ELISA

Siati nemico il fato.  

VITELLIA

Ti fulmini dal ciel Giove adirato.

MILO

Quanto, misero me, son imbrogliato!

 

ELISA

Fermo scoglio è la mia fede,  

agitata,

flagellata

dal furor d'onda spumante

più costante

nulla cede:

fermo scoglio è la mia fede.

Vivo alloro è la mia fede,

ch'il suo verde

mai non perde

d'Aquilon al fiato acuto,

né canuto mai si vede

vivo alloro è la mia fede.

Elisa, Vitellia, Milo ->

 

Scena quattordicesima

Porfiria. Valeria. Poi Clodio, e Floro.

<- Porfiria, Valeria

 

PORFIRIA

Mi seppi anch'io vantar  

di pura fedeltà

nella mia bella età.

Ma non mi feci odiar,

e con ingegno scaltro

scherzai con uno, e fui fedel con l'altro.

Mantenni a un sol la fé,

ma non mostrai rigor

a chi mi chiese amor;

così d'aver mercé

nell'amoroso duolo

speravan mille, e conseguiva un solo.

 

VALERIA

Io l'opre mie non reggo  

con gli altri sensi. Muzio solo adoro.

PORFIRIA

Ma qui da lui lontana

d'una speranza vana

non fai nutrir Porsenna.

VALERIA

A Clizia ogni altro lume,

che quel di Febo è ignoto,

né sa dal polo amato

calamita fedel torcer il moto.

 
Vien Clodio.

<- Clodio

 

CLODIO

Bellissima se t'amo,  

e tacer no 'l poss'io senza morire.

Scusa d'un disperato

il necessario ardire.

 
Vien Floro.

<- Floro

 

FLORO

Ei mi prevenne.  

CLODIO

Ecco 'l rival.

FLORO

Non cederò.

VALERIA

Che vuoi?

FLORO

Escon Valeria dalle tue pupille

sì cocenti faville,

che ben giurar poss'io,

che per arder un'alma

di Radamanto a scherno

desta beltà di ciel fiamma d'inferno.

CLODIO

Ardisci troppo o Floro.

FLORO

Io l'amo.

CLODIO

Ed io l'adoro.

FLORO

La fiamma estingui.

CLODIO

Ammorza tu la face.

FLORO

Arder m'è caro.

CLODIO

Incenerir mi piace.

FLORO

M'avrai nemico.

PORFIRIA

Vien il re, tacete,

s'ei vi scopre latini,

altre catene, che d'amor avrete.

 

Scena quindicesima

Porsenna. Valeria. Clodio. Floro. Porfiria.

<- Porsenna

 

PORSENNA

Che si contende qui? Chi siete?  

VALERIA

Sire

io ti dirò: né poco

ascolterai d'infamia, a senso mio.

Sono dei tuoi guerrieri: e delle gemme

depredate ai Latini una tra l'altre

par ch'ad ambi gradisca, e a queste gare

per il di lei possesso erano giunti;

e pur certi non son s'ad essi, o ad altri

dall'incerto avvenir prescritta sia

ora di' non è questa una follia?

CLODIO

(Crudo favor!)

FLORO

(Acerba cortesia!)

PORSENNA

Giunge a tanto dell'oro

l'avidità esecranda,

che con iniqua usanza

si pretende rubar sin la speranza.

VALERIA

So, che di rado il cielo

seconda i sensi umani, e giurerei,

che la gemma pretesa

non sia, che a voi fortifica: onde potete

per far pago il desio, che il cor v'ingombra

divider l'aria, e compartirvi l'ombra.

CLODIO

Ben udii.

FLORO

Ben intesi.

(partono)

Clodio, Floro ->

 

VALERIA

(Gli ho scherniti ad un tempo, e gli ho difesi.)  

 

Scena sedicesima

Porsenna. Valeria. Porfiria.

 

PORSENNA

Bella cessaro ancora i primi impulsi  

dell'alma conturbata?

VALERIA

Contro i nemici miei son sempre irata.

PORFIRIA

Alfin preda infelice

non sei di crudo scita,

di trace infido, o di numida avaro.

Di rugginoso acciaro

non t'aggravai le piante, e non ti diedi

di balza alpestre in un confin remoto

per pena il tempo, e per tormento il moto.

VALERIA

Or che vorresti?

PORFIRIA

Amore.

VALERIA

Dunque il non esser empi

vendono i regi? La speranza accorta

di pretesa mercede

il favor concesse?

E non fu la virtù, ma l'interesse?

PORFIRIA

Dimmi Valeria, forse

la speranza è peccato?

Enormità 'l desio?

VALERIA

È vano lo sperar l'affetto mio.

PORFIRIA

Che peggio far potresti,

s'io ti fossi inumano?

VALERIA

Detestar l'empietà del cor villano.

PORFIRIA

E l'esser pio, che rende?

VALERIA

Inimico non è chi non offende.

PORSENNA

E 'l cessar dall'offese

può partorir amor?

VALERIA

No, perché avanza

dell'incendio primier la rimembranza.

PORSENNA

Se dunque con amore

Amor non si risveglia, almen di Marte

non si rompan le leggi. Il crin reciso,

incatenata il piede,

cinta di rozze lane

vivrai schernita, e vilipesa ancella.

(Oh dio così favella

innamorato cor!) Tolgan le stelle

ch'io ti molesti, ancor ch'ingrata. Amore

di vincitor, che fui vinto mi rende.

Inimico non è chi non offende.

Porsenna ->

 

PORFIRIA

Così ognor tollerante  

Porsenna non sarà, Valeria mia.

VALERIA

Qualunque ei vuol pur sia

nell'ombre sue pavento,

né m'alletta il suo lume,

vittima già son fatta ad altro nume.

 

La fiamma, che amore  

nel core m'accese

per altra beltà

sì viva s'apprese,

che mai cesserà.

Sì fiero fu il dardo,

che un guardo lucente

nel sen mi vibrò,

che stral più pungente

ferir non mi può.

Valeria ->

 

Scena diciassettesima

Milo. Porfiria.

<- Milo

 

MILO

Numi rei dell'atra Dite,  

dite dite,

se sì dà flagel peggiore

d'un orribile timore.

Ma che veggio!

PORFIRIA

Costui quanto m'osserva.

MILO

Bizzarro adornamento

dell'etrusche contrade

dai deserti arenosi

della Libia cocente

condur le mummie ad ingannar la gente?

PORFIRIA

Certo infiammar di me costui si sente.

MILO

Si move? Brutto clima,

dove nel mezzogiorno

vanno i fantasmi intorno!

PORFIRIA

Va contemplando il mio sembiante adorno;

amico!

MILO

Oh quest'è brutta?

Che paesi infelici,

dove i fantasmi van cercando amici.

PORFIRIA

Odi.

MILO

Non è già spirto.

PORFIRIA

Che fai?

MILO

Lascia ch'io tocchi

affé sei corpo al tatto, e non agli occhi.

PORFIRIA

Fermati!

MILO

Non vogl'altro.

Donna crespa e canuta,

a cui l'effige umana il tempo invola

sazia ogni senso in un'occhiata sola.

Milo ->

 

PORFIRIA

Benché il tempo, che fuggì,  

la bellezza gli involò,

il desio dei più bei dì

donna mai lasciar non può.

La speranza di gioir

con i giorni può cessar

ma la forza del desir

mai non usa abbandonar.

Porfiria ->

 

Scena diciottesima

Muzio. Tarquinio. Valeria.

<- Muzio, Valeria

 

MUZIO

Prima essenza increata,  

che, senza tempo, e moto,

e del tempo, e del moto il fonte sei,

se son giusti seconda i voti miei.

Tu, ch'immenso, incompreso

il tutto in te comprendi,

movi non mosso, e non creato crei,

se son giusti seconda i voti miei.

 
Vien Tarquinio.

<- Tarquinio

 

VALERIA

Muzio?  

MUZIO

Valeria?

VALERIA

Oh dio!

TARQUINIO

Tu qui?

MUZIO

Io qui signore,

ad inchinar fedele

la fronte anco real senza il diadema;

ad unir co' suoi ferri

questo, ch'al fianco mio non vil si cinge.

(Contro i nemici suoi saggio è chi finge.)

VALERIA

Infelice che sento!

TARQUINIO

Non leggero contento

mi reca 'l tuo valor: ma che t'induce

a differir dall'empietà latina?

MUZIO

Genio, che non inclina

a star fra gl'empi involto.

TARQUINIO

Come amico ti stringo.

VALERIA

(Oh dèi ch'ascolto.)

Tu fellon? Tu ribelle?

Tu alla patria nemico?

MUZIO

Chi discaccia 'l suo re fellon io dico.

VALERIA

Dunque al nome di Muzio

per fregio aggiungerà la dèa loquace

de' tarquini seguace?

MUZIO

Sì.

VALERIA

Contro 'l Lazio adunque

la spada impugnerai?

MUZIO

Per il mio rege

a guerreggiar m'accingo.

(Come poss'io farli saper che fingo?)

VALERIA

Così degl'avi illustri

la memoria deformi? Il nome oscuri?

E dall'ingiurie tue

fin nelle tombe lor non son sicuri?

MUZIO

Agl'estinti non penso.

VALERIA

I patri numi

così difendi?

MUZIO

Di mortal difesa

han di mestier gli dèi?

VALERIA

Avrai l'odio di Roma.

MUZIO

Ma non lo curo.

VALERIA

Degl'amici.

MUZIO

Pazienza.

VALERIA

Del mondo.

MUZIO

Non intiero.

VALERIA

Del cielo.

MUZIO

Indifferente

a tutti è Giove.

VALERIA

Io stessa,

se con quest'ombre i tuoi splendori eclissi

t'aborrirò.

MUZIO

Ch'importa! (Ahimè che dissi!)

VALERIA

Resta perfido. (Oh dio

s'un traditor adoro

son traditrice a mio dispetto anch'io.)

Valeria ->

 

TARQUINIO

Andran.  

MILO

Dove?

TARQUINIO

A Porsenna.

MILO

A tutti ignoto.

Lasciami, fin che teco

i ripari, le forze, i fini, e l'opre

de' Lazio i rubelli

partecipi, e ti scopra un mio pensiero

onde vittorioso

potrai del Tebro ricalcar l'impero.

TARQUINIO

Farò quanto t'aggrada. Eccolo appunto.

MUZIO

Mi disgiungo da te. Giove, che libri

il premio ai buoni, ed i flagelli ai rei,

se son giusti seconda i voti miei.

 

Scena diciannovesima

Porsenna. Publio suo capitano. Muzio. Tarquinio. Soldati, Servi.

<- Porsenna, Publio, soldati, servi

 

PORSENNA

Se un crin d'oro m'incatena,  

il volante pargoletto

anco a Giove accese il petto.

Se a un bel ciglio non resisto,

all'ignudo alato arciero

anco cesse il dio guerriero.

 

 

Publio, sarà tua cura  

condur col nuovo dì le squadre al Tebro,

mentre 'l sol dorma ancora,

e prevenir la sonnacchiosa aurora.

MUZIO

(A che fo più dimora?)

PORSENNA

L'isola tiberina

assalirò impensato.

MUZIO

(Qui sarò più celato.)

PORSENNA

Così sia, ch'il Tarpeio, e l'Aventino

maggiormente si stringa.

MUZIO

(È più vicino.)

TARQUINIO

Animo coraggioso

nell'oprar non è tardo.

MUZIO

(Numi scorgete voi questo mio dardo.)

 
Muzio ferisce Publio, che stava al fianco del re.

Muzio ->

 

PUBLIO E MILITARI

Ahimè!  

PORSENNA

Che veggio!

TARQUINIO

Da mortal

langue trafitto!

PORSENNA

Fin del regio lato

il rispetto s'ardisce

di violar!

TARQUINIO

S'arresti

colui, che fugge. Al certo

Muzio, un latin, ch'offerse, o almen infinse,

di seguir le mie parti

il reo sarà.

PORSENNA

D'aspre catene cinto

mi si conduca. E tu, Porsenna ignaro,

nemici accogli?

soldati ->

TARQUINIO

Appena  

mi favellò, l'avrei

condotto a' piedi tuoi.

PORSENNA

Basta: tanto non prenda

d'ardire ne' regni altrui chi perse i suoi.

TARQUINIO

Forse de' miei dal cielo

disoccupato fui

perch'aiutassi a sostener gl'altrui.

 
 

Scena ventesima

Tempio di Giano in Roma.
Publicola. Melvio. Sacerdoti. Soldati. Servi. Popolo.

 Q 

Publicola, Melvio, sacerdoti, soldati, servi, popolo

 

PUBLICOLA

Non si move.  

MELVIO

Non sussurra.

PUBLICOLA

Onda in fiume.

MELVIO

Erbetta in prato.

PUBLICOLA

S'il ciel non vuol.

MELVIO

Se non l'impone il fato.

PUBLICOLA

Mai non spira.

MELVIO

Mai non soffia

aura dolce.

PUBLICOLA

Euro adirato.

MELVIO

S'il ciel non vuol.

PUBLICOLA

Se non l'impone il fato.

 

 

Dunque del chiuso Giano  

perché prospero a noi rende il destino

s'aprano l'are.

MELVIO

I cardini stridenti

volgan le ferree porte:

veggansi i sacri chiostri,

e la faccia bifronte a noi si mostri.

 
Qui sarà aperto un luogo dov'è la Statua di Giano con altre otto.

 Q 

<- Statua di Giano, otto statue

 

PUBLICOLA

Fa' che Roma trionfi, o dio, che tieni  

il duplicato volto,

ed al passato, e all'avvenir rivolto.

Arder farò, se vincitor io torno,

innanti ai doppi lumi

arabi incensi, e nabatei profumi.

MELVIO

Ma di qual nova, inusitata luce

sfavilla il tempio? Mira

sovra nube di foco

pugna d'armati, e un rapido momento

tutto involò.

PUBLICOLA

Così m'avviso appunto,

che cessar tosto deggia

il bellicoso ardor, che Roma accende.

PUBLICOLA E MELVIO

Così favella il ciel a chi l'intende.

(partono)

Publicola, Melvio, sacerdoti, soldati, servi, popolo ->

 
Si vedono Spiriti infernali dietro le statue. Poi la Statua di Giano.

<- Spiriti infernali

 

STATUA DI GIANO

Ah, ah, ah, ah, eppur è vero, che pensa  

l'ingannato Romano

alla superna mente

erger altari, e tempii

ed adora qui dentro

i neri spirti dell'acceso centro.

Noi pur nell'alta sfera

già pretendemmo egualità con dio,

pugnammo: ma prevalse

la sua fortuna, e 'l cavernoso fondo

a noi rimase del diviso mondo.

Or, se pur anco, in onta

del ciel vittorioso,

cieco 'l Roman ci adora,

miei seguaci gioite,

e dando moto ai delusori sassi,

sciogliete a liete danze i duri passi.

 
Le Statue partono dal loro sito: fanno un ballo, gettando fiamme dalla bocca, e poi tornano al luogo di prima.
 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Tevere con il ponte Sublicio.

Melvio, Orazio, Publicola, Porsenna, Tarquinio, soldati romani, guastatori, soldati toscani
 

(combattimento sul ponte fra romani e toscani)

(qui sarà tagliato il ponte)

Così allor, ch'è di giusti

(Orazio si getta nel fiume)

Anzi quindi preveggo

Foro romano.

Clodio, Floro
 

Già più angusti di Roma

Clodio, Floro
<- Melvio, Publicola, Orazio, soldati, popolo
Melvio, Coro
Allori, e trofei
Clodio, Floro, Publicola, Orazio
Melvio, soldati, popolo ->

Io de' patrii Penati

Clodio, Floro, Publicola, Orazio
<- Muzio

Signor, o sia del fato

Trastevere, piazza d'armi con padiglioni.

Elisa, Vitellia, guardie toscane, Ismeno
 

Ed è pur vero, o stelle

guardie toscane
Elisa, Vitellia, Ismeno ->
guardie toscane
<- Porsenna, Tarquinio
Porsenna e Tarquinio
Fortuna / Ostinata

Non volle ai nostri sforzi

guardie toscane, Porsenna, Tarquinio
<- Valeria, Elisa, Vitellia, Ismeno, schiavi, servi

Del Trastevere omai

guardie toscane, Porsenna, Valeria
Elisa, Vitellia, Ismeno, Tarquinio, schiavi, servi ->

Valeria, io non pretendo

guardie toscane, Porsenna, Valeria
<- Porfiria

A Porfiria vecchiarella

Valeria, Porfiria
Porsenna, guardie toscane ->

S'io non erro, Porsenna

Valeria, Porfiria
<- Clodio, Floro

Valeria / Clodio amico / Amico Floro

Clodio, Floro
Valeria, Porfiria ->

Anco Floro si turba

Clodio, Floro ->
<- Orazio, Milo

Signor, signor non t'aggravar del cielo

(Orazio e Milo nascosti)

Orazio, Milo
<- Elisa, Vitellia

(Orazio e Milo si rivelano)

Elisa? / Orazio? / Genitor?

Milo, Elisa, Vitellia
Orazio ->
Milo, Elisa, Vitellia
<- Ismeno

Perché fuggi? Chi sei?

Milo, Elisa, Vitellia
Ismeno ->

Siati nemico il fato

Elisa, Vitellia, Milo ->
<- Porfiria, Valeria

Io l'opre mie non reggo

Porfiria, Valeria
<- Clodio

Bellissima se t'amo

Porfiria, Valeria, Clodio
<- Floro

Ei mi prevenne

Porfiria, Valeria, Clodio, Floro
<- Porsenna

Che si contende qui? Chi siete?

Porfiria, Valeria, Porsenna
Clodio, Floro ->

Gli ho scherniti ad un tempo

Bella cessaro ancora i primi impulsi

Porfiria, Valeria
Porsenna ->

Così ognor tollerante

Porfiria
Valeria ->
Porfiria
<- Milo

Numi rei dell'atra Dite

Porfiria
Milo ->
Porfiria ->
<- Muzio, Valeria
Muzio, Valeria
<- Tarquinio

Muzio? / Valeria? / Oh dio!

Muzio, Tarquinio
Valeria ->

Andran / Dove? / A Porsenna

Muzio, Tarquinio
<- Porsenna, Publio, soldati, servi

(Muzio celato)

Publio, sarà tua cura

(Muzio ferisce Publio)

Tarquinio, Porsenna, Publio, soldati, servi
Muzio ->

Ahimè! / Che veggio!

Tarquinio, Porsenna, Publio, servi
soldati ->

Appena mi favellò

Tempio di Giano in Roma.

Publicola, Melvio, sacerdoti, soldati, servi, popolo
 
Publicola e Melvio
Non si move / Non sussurra

Dunque del chiuso Giano

Qui sarà aperto un luogo dov'è la statua di Giano con altre otto.

Publicola, Melvio, sacerdoti, soldati, servi, popolo
<- Statua di Giano, otto statue

Fa' che Roma trionfi, o dio

Statua di Giano, otto statue
Publicola, Melvio, sacerdoti, soldati, servi, popolo ->
Statua di Giano, otto statue
<- Spiriti infernali

Ah, eppur è vero, che pensa

(le statue partono dal loro sito: fanno un ballo, gettando fiamme dalla bocca, e poi tornano al luogo di prima)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima
Tevere con il ponte Sublicio. Foro romano. Trastevere, piazza d'armi con padiglioni. Tempio di Giano in Roma. Qui sarà aperto un luogo dov'è la statua di Giano con altre otto. Giardino nel Trastevere. Sala con trono regale nel Trastevere. Luogo solitario sul Trastevere. Campidoglio in quella parte dove si trova il tempio della dèa Vesta. Stanze in un palazzo nel Trastevere. Quartieri di soldati nel Trastevere. Logge deliziose, con stanze nel Trastevere. Sala reale in Roma.
Atto secondo Atto terzo

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