La favola d'amore su cui si appoggia principalmente il noto romanzo di Bulwer: Gli ultimi giorni di Pompei, mi ha suggerita l'idea del presente dramma lirico.
Ne conservai i personaggi più importanti e, per quanto mi fu possibile, la loro fisonomia caratteristica; fatta eccezione a quello di Nidia, il quale, sebbene eminentemente poetico e interessantissimo nel romanzo, pure, riprodotto tal quale, mi sembrava poco opportuno o almeno troppo pericoloso in un dramma per musica. Lasciato da parte ogni episodio che sarebbe stalo d'inciampo allo sviluppo di un'azione, ristretta in così angusti confini, e che d'altronde nel romanzo si lega ed unifica al soggetto principale, mi trovai nella necessità di discostarmi dall'autore inglese nei vari incidenti che formano l'orditura dell'azione medesima. All'impronta moderna che ho creduto dare ad un argomento di genere classico, mi sieno di giustificazione lo stesso Bulwer, di cui ho seguìto l'esempio, e Gualtiero Scott, il quale nella prefazione all'Ivanhoe, scriveva che: per destare un interesse qualunque, è d'uopo che il soggetto trascelto venga, per così dire, tradotto nelle costumanze, del pari che nella lingua, del secolo io cui viviamo.
L'Autore.