Atto terzo

 

Scena prima

Piazza in Pompei; da un lato la casa d'Arbace dinanzi al cui maestoso vestibolo si levano due enormi sfingi: attiguo alla medesima, il tempio d'Iside.
È notte; il cielo sereno e stellato; il mercato è ancora popolato e vivace.
Sotto piccole tende stanno i Venditori di pesce e di frutta, le di cui voci si alternano a quelle delle Fioraie.

 Q 

venditori, fioraie

 

CORO

~ Chi vuol pistacchi e datteri!...  

aranci chi ne vuole!... ~

~ Garofani, viole,

rose, chi vuol comprar. ~

~ D'ogni gusto, d'ogni odor,

qui son frutta, qui son fior. ~

~ Murene di vivaio,

ostriche di scogliera! ~

~ Tarda si fa la sera...

presto... chi vuol comprar. ~

~ N'ho di lago, n'ho di mar...

chi il mio pesce vuol comprar!

Sfondo schermo () ()

 
(il cielo si oscura: rumore sotterraneo)
 

 

Come l'aria sa di zolfo!...  

II°

È presagio di sventura.

Par che s'alzi là dal golfo

una nebbia scura, scura.

Da tre giorni, o molto, o poco,

il Vesuvio manda foco...

II°

Sedici anni restò zitto...

che si desti è da temer.

 
Nell'anno 63 un terribile terremoto scosse il suolo della Campania, e Pompei molto ne fu danneggiato.
 

 

Una scossa s'è sentita...

ahi spavento!... un'altra ancora...

È in pericolo la vita...

via di qua senza dimora.

È castigo degli dèi

pei delitti di Pompei...

Il gran mago dell'Egitto

di salvarci avrà poter.

(si disperdono)

 

Scena seconda

Arbace esce dalla propria casa. Un Sacerdote d'Iside che lo ha seguìto, si trattiene in disparte in attitudine rispettosa.

<- Arbace, sacerdote d'Iside

 

ARBACE

Inutil peso della terra, umane  

larve cui basta un fremito di vento

a sgominar, dinanzi a me che siete? ~

Su voi, schernendo, il saggio

dominator procede, e col suo raggio

vi dà luce e v'accieca... ~ Invano il fato

a me di Nino contendeva il trono...

più possente d'un re fors'io non sono?

 

Della corona egizia  

Roma s'ornò fastosa;

balda sulle piramidi

or l'aquila si posa:

ma se degli anni il turbine

quella corona ha sperso,

per tutto l'universo

sudditi Arbace avrà.

Cadon cittadi e popoli,

ma il saggio regna e sta.

(momento di pausa)

Sinistro è il ciel: malefici

astri sol veggo... Il mio

luce ha di sangue! prossimo

forse a morir son io?...

Sia pur: tramonto splendido

l'astro d'Arbace avrà.

(al Sacerdote che s'inchina e tosto parte)

Presso è l'istante... affrettati...

tutto disponi... va'!

D'amor piena ed ineffabile

sia la gioia a me largita,

e nel lampo di quell'estasi

si dilegui la mia vita.

Oh se fervide le impronte

d'un suo bacio io recherò,

alle rive d'Acheronte,

ombra lieta scenderò!

(entra nel palazzo la cui porta si chiude dietro a lui)

Brano musicale ()

sacerdote d'Iside ->

Arbace ->

 

Scena terza

Jone e Nidia.

<- Jone, Nidia

 

JONE

Ecco la sua magion.  

(porgendo la mano a Nidia)

Addio: di gelo

è la tua man... tremi per me?

NIDIA

(La voce

mi manca...)

JONE

Addio... veglia su lui... Dal core

perché no 'l posso cancellar?... O amore!

 

 

Possente diva, tu di quest'alma  

l'atroce affanno tutto comprendi:

come a sicuro porto di calma,

diva possente, mi volgo a te.

O del mio core ~ lui degno rendi,

o quest'amore ~ distruggi in me!

 
Sale al vestibolo; la porta si apre dinanzi ad essa, che, abbracciata Nidia, entra nel palazzo.

Jone ->

Nidia, rimasta sola, trasalisce: e quasi forsennata si slancia alla porta sforzandosi inutilmente dì riaprirla.
 

NIDIA

Jone!... non m'ode... Ell'è perduta! ed io  

trarla poteva dall'abisso!... complice

mi farò d'un misfatto?... Ah no... si salvi!

Glauco dai suo delirio

rinvenne già... tutto egli sappia!... o dèi,

pietà, pietà!... Glauco salvate in lei!

(parte precipitosa)

Nidia ->

 
 

Scena quarta

Magnifica sala nella casa d'Arbace. Alcune lampade di stupendo lavoro pendenti dal soffitto, mandano una luce pallida e misteriosa. Preziosi dipinti ne adornano le pareti, e greche sculture stanno disposte all'ingiro su piedestalli di granito. Nel fondo il simulacro d'Iside, dietro al quale si distende una cortina di porpora. Porte laterali.
Arbace solo, indi lo Schiavo etiope e Jone.

 Q 

Arbace

 

ARBACE

Come mi balza impaziente il core!  

(lo schiavo etiope si presenta ad una delle porte, e si ritira ad un cenno d'Arbace)

<- schiavo etiope

schiavo etiope ->

 

Ah!... venga.

(va incontro a Jone che conduce per mano sul dinanzi della scena)

<- Jone

 

A che lo sguardo  

abbassi al suol?... del tuo secondo padre

temi il volto fissar?

JONE

Di riverenza

compresa io son.

ARBACE

La prima volta è questa

che tu d'Arbace il tetto onori.

JONE

(osservando con meraviglia all'intorno)

Quante

dovizie d'arte e di natura!

ARBACE

Oh, tutte

fonderle potess'io per farne un serto

al tuo fronte di neve!

JONE

Io sol la pace

cerco del cor.

ARBACE

Interrogar ti piace

l'onniveggente dèa?

JONE

Lo bramo, e il temo.

ARBACE

Sicura il puoi: ridenti

a te destini la tua stella adduce...

 
(la scena s'abbuia: il simulacro della dèa sembra animarsi, e i suoi occhi brillano d'una fiamma turchina e scintillante)
 

JONE

Che fu?...

ARBACE

Fra poco tornerà la luce.

 

VOCI
(di sotterra)

A que' fiori, o giovinetta,  

la tua man non appressar;

il profumo che t'alletta,

in velen si può cangiar:

sotto il verde delle fronde

il serpente si nasconde.

ARBACE
(marcato)

Odi e apprendi!

JONE

Sventurata!...

ARBACE

Ti rincuora, o Jone... vedi!

Or di luce circondata,

gigli spuntano a' tuoi piedi.

JONE

Quale incanto!... in un'arcana

voluttà mi sento avvolta.

Di melòde non umana

odo il suono a me venir...

ARBACE

O mia Jone, esulta... e ascolta...

a te s'apre l'avvenir.

 
 
Una luce improvvisa e vivissima avrà rischiarata la scena; la cortina sparisce e lascia scorgere un ridente giardino, chiuso nel fondo da elegante tempietto. Gli alberi sparsi qua e là saranno congiunti da festoni di fiori. Giovani Ninfe intrecciano allegre danze al suono di musica voluttuosa. Voci dall'alto intonano il seguente:

 Q 

Arbace, Jone, ninfe, fantasma

 

Un core per comprenderti  

cerca, fanciulla, ed ama:

o vaga fra le vergini,

tutto ad amar ti chiama.

Di gemme, a te conserto

offre il destino un serto...

fugge la vita rapida,

l'ara d'Imen t'attende...

l'uom che la man ti stende,

sol di te degno egli è.

 
Verso la fine del coro si sarà schiuso il tempietto nel cui mezzo sta un'ara adorna di rose. Da un lato dell'ara appare una figura di donna che ha le sembianze di Jone: dall'altro lato un Fantasma, coperto dalla testa ai piedi d'un manto di porpora, sta genuflesso dinanzi ad essa, in atto di presentarle una regale corona.
 

JONE

(Dèi! che sarà!...)  

ARBACE

(Qual l'agita

or tema ed or speranza!)

JONE

No, gli occhi non m'ingannano...

quella è la mia sembianza.

ARBACE

Svelar a' sguardi tuoi

posso quel uom, se 'l vuoi.

JONE

Ah, sì!... lo bramo.

ARBACE

Miralo!

(egli solleva una mano, cade il manto che nascondeva le forme del fantasma e Jone mette un grido riconoscendo in esso le sembianze dell'egiziano)

JONE

Sogno, delirio è il mio?...

ARBACE

Diva del cor... son io...

ch'ardo d'amor per te.

Sì, d'amor sublime, ardente

t'amo, o Jone!...

JONE

Dèi, che ascolto!

ARBACE

Questa fiamma onnipotente

lungo tempo ho in cor sepolto...

JONE

Tu deliri!

ARBACE

Agli occhi miei

nume, eliso è il tuo sembiante.

Io che il mondo al piè vorrei,

io mi prostro a te dinante.

Un accento, un guardo solo

di speranza almen mi dona...

Spoglierò di gemme il suolo

onde farne a te corona;

un altar siccome a diva

d'oro e luce io t'alzerò.

JONE

(Lassa! e fede in lui nutriva?...)

ARBACE

Cedi, cedi!

JONE

Ah pria morrò.

 
(svincolandosi dalle braccia di Arbace corre al simulacro d'Iside quasi per farsene scudo)
 

ARBACE

Fuggi invano... tu se' mia!...

JONE

No, giammai!... ti scosta!...

ARBACE

Audace!

Né mortal, né un dio potria

or contenderti ad Arbace.

 

Scena quinta

Glauco seguìto da Nidia e da alcuni suoi amici, fra' quali Sallustio, Dirce e Schiave di Jone, Sacerdoti, Schiavi di Arbace fra i quali l'Etiope, Burbo e detti.

<- Glauco, amici di Glauco, Nidia, Sallustio, Dirce, schiave, schiavi, schiavo etiope, Burbo

 

GLAUCO

(irrompendo con impeto in iscena, si presenta minaccioso a fronte di Arbace)

Io lo posso.  

JONE
(con gioia e sorpresa)

Glauco!

ARBACE

Insano!

Osi tu?... ~ Ministri... olà!...

(escono dalla cortina i Sacerdoti d'Iside, mentre dalle porte irrompono gli schiavi armati)

<- sacerdoti d'Iside

 

La sacrilega tua mano

su costei non s'alzerà.

 

GLAUCO

Tu sol, tu sol sacrilega

su lei la man levasti,

tu che quel fior sì candido

contaminar tentasti.

Dell'are vituperio

e non ministro sei...

renderla a me tu déi,

sacra al mio cor ell'è.

ARBACE

Egli bestemmia!... uditelo...

ebro di Bacco è desso.

Di sue nequizie al cumulo

nuovo ora aggiunge eccesso.

ARBACE E SACERDOTI
(a Glauco)

Empio, t'arresta: ad Iside

rapirla invan presumi...

profanator de' numi,

anatema su te!

JONE

Qual nera benda orribile

si toglie agli occhi miei!

Un dio ti guida, o Glauco;

mio salvator tu sei.

La fronte tua sorridermi

non vidi mai più pura,

egida in te sicura

il mio candor avrà.

NIDIA

(Salva... e per me!... più libero

batter mi sento il core...

fonte mi sia di lagrime,

non di rimorsi, amore.

Se eternamente misera

vuole il destin ch'io sia,

della sventura mia

non ei soffrir dovrà.)

GLAUCO
(a Jone)

L'ansia deh frena e i palpiti,

non paventar periglio

presso io ti sono: incolume

è tua purezza, o giglio.

Di sua tremenda folgore

m'armò la destra un dio...

del tuo soffrir, del mio

vendicator qui sto.

BURBO

(Fu passegger delirio

che gli turbò la mente,

sol di gelose furie

or l'anima ha fremente:

quale, in vederlo, insolito

senso nel cor m'è corso?...

Che sia pietà?... rimorso?...

crederlo a me non so.)

SCHIAVI DI ARBACE

Da queste sacre soglie

noi scaccerem l'audace:

parla, e se il brami, esanime

per nostra man cadrà.

DIRCE, SCHIAVE E AMICI DI GLAUCO

(A lei sì turpe insidia

tramar poteva Arbace?

D'un'innocente vittima,

ti prenda, o dèa, pietà.)

 

ARBACE

Forsennato, allontanati... o trema!...

Vedi!...

(in atto di ferire Jone)

GLAUCO

Infame, a te prima... a te morte!

(cieco dall'ira, sguainato il pugnale, si scaglia su Arbace, ma è trattenuto dagli schiavi che lo disarmano)

JONE

Ah!...

NIDIA E BURBO

Che festi?...

SACERDOTI

Anatema, anatema!

GLAUCO

(Rabbia!)

ARBACE

I numi son egida a me. ~

Testimoni del turpe misfatto

foste tutti...

SACERDOTI E SCHIAVI

Alle belve sia tratto!

JONE

Pietà!!...

GLAUCO

Jone, non pianger... sii forte!

JONE, NIDIA, BURBO, SCHIAVE E AMICI DI GLAUCO

Infelice, l'amor lo perdé!

 
Glauco è trascinato a forza dagli Schiavi fuori del tempio, mentre Arbace e i Sacerdoti scagliano nuovamente su di lui il grido di anatema: Jone, in preda alla sua disperazione si getta fra le braccia di Nidia, circondata dalle Schiave.

Glauco, schiavi ->

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

Piazza in Pompei; da un lato la casa d'Arbace dinanzi al cui maestoso vestibolo si levano due enormi sfingi: attiguo alla medesima, il tempio d'Iside; è notte; il cielo sereno e stellato; nel mercato sotto piccole tende stanno i banchi del pesce e di frutta.

venditori, fioraie
 

(il cielo si oscura: rumore sotterraneo)

venditori, fioraie
<- Arbace, sacerdote d'Iside

Inutil peso della terra, umane

venditori, fioraie, Arbace
sacerdote d'Iside ->
 
venditori, fioraie
Arbace ->
venditori, fioraie
<- Jone, Nidia

Ecco la sua magion

venditori, fioraie, Nidia
Jone ->

Jone!... non m'ode... Ell'è perduta!

venditori, fioraie
Nidia ->

Sala nella casa d'Arbace; alcune lampade di stupendo lavoro pendenti dal soffitto, mandano una luce pallida e misteriosa; preziosi dipinti ne adornano le pareti, e greche sculture stanno disposte all'ingiro su piedestalli di granito; nel fondo il simulacro d'Iside, dietro al quale si distende una cortina di porpora; porte laterali.

Arbace
 

Come mi balza impazïente il core!

Arbace
<- schiavo etiope
Arbace
schiavo etiope ->

Arbace
<- Jone

A che lo sguardo abbassi al suol?

(la scena s'abbuia: il simulacro della dèa sembra animarsi, e i suoi occhi brillano d'una fiamma turchina e scintillante)

Voci di sotterra, Arbace, Jone
A que' fiori, o giovinetta

Una luce improvvisa e vivissima rischiara la scena; la cortina sparisce e lascia scorgere un ridente giardino; chiuso nel fondo da elegante tempietto; gli alberi sparsi saranno congiunti da festoni di fiori.

Arbace, Jone, ninfe, fantasma
 

(le giovani ninfe intrecciano allegre danze)

(si schiude il tempietto nel cui mezzo sta un'ara adorna di rose; da un lato dell'ara appare una figura di donna che ha le sembianze di Jone: dall'altro lato un fantasma, coperto dalla testa ai piedi d'un manto di porpora, sta genuflesso dinanzi ad essa, in atto di presentarle una regale corona)

Arbace, Jone, ninfe, fantasma
<- Glauco, amici di Glauco, Nidia, Sallustio, Dirce, schiave, schiavi, schiavo etiope, Burbo
Glauco, Jone e Arbace, poi Tutti
Io lo posso / Glauco! / Insano!
Arbace, Jone, ninfe, fantasma, Glauco, amici di Glauco, Nidia, Sallustio, Dirce, schiave, schiavi, schiavo etiope, Burbo
<- sacerdoti d'Iside
 

(Glauco, sguainato il pugnale, si scaglia su Arbace, ma è trattenuto dagli schiavi che lo disarmano)

 
Arbace, Jone, ninfe, fantasma, amici di Glauco, Nidia, Sallustio, Dirce, schiave, schiavo etiope, Burbo, sacerdoti d'Iside
Glauco, schiavi ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta
Taverna di Burbo; da un'asse confitta nel muro, pendono orci d'olio ed anfore di vino: altre anfore sparse... Stanza di Jone riccamente addobbata; le porte son chiuse da cortine di porpora e le pareti adorne di dipinti. Porticato della casa di Jone; nel centro del giardino, un'elegante fontana, e qua e là bizzarramente... Piazza in Pompei; da un lato la casa d'Arbace dinanzi al cui maestoso vestibolo si levano due enormi sfingi:... Sala nella casa d'Arbace; alcune lampade di stupendo lavoro pendenti dal soffitto, mandano una... Una luce improvvisa e vivissima rischiara la scena; la cortina sparisce e lascia scorgere un ridente... Ampia strada di Pompei: da un lato l'esterno dell'anfiteatro, le di cui porte sono aperte: dall'altro,...
Atto primo Atto secondo Atto quarto

• • •

Testo PDF Ridotto