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Parte prima. | |
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Appare una sala ottagona, di pietra bigia, con cinque de' suoi lati in prospetto. In alto, sulla nudità della pietra, ricorre un fregio di liocorni in campo d'oro. Nella parete di fondo è un finestrone invetriato che guarda le montagne, fornito di sedili nello strombo. Nella parete che con quella fa angolo obliquo, a destra, è un usciolo ferrato per dove si discende alle prigioni sotterranee. Contro la corrispondente parete, a sinistra, è una panca con alta spalliera, dinanzi a cui sta una tavola lunga e stretta, apparecchiata di cibi e di vini. In ciascuna delle altre due pareti a rimpetto è un uscio; il sinistro, prossimo alla mensa, conduce alle camere di Francesca; il destro, ai corridoi e alle scale. Torno torno sono distribuiti torcieri di ferro; ai beccatelli sono appesi budrieri corregge turcassi, pezzi d'armatura diverse, e poggiate armi in asta: picche bigordi spuntoni verruti mannaie mazzafrusti. | Q 
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Scena prima |
Si vede Francesca seduta nel vano del finestrone, e Malatestino dall'occhio in piedi davanti a lei. |
Francesca, Malatestino
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FRANCESCA |
Perché tanto sei strano?
Avido d'ogni sangue
tu sei, sempre in agguato,
nemico a tutti. In ogni tua parola
è una minaccia oscura.
Dove nascesti? Non ti diede latte
la tua madre? E così giovine sei!
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MALATESTINO |
(con subito impeto)
Tu m'aizzi. Il pensiero
di te m'aizza l'animo, continuamente.
Sei l'ira mia.
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| Francesca si leva ed esce. Dal vano della finestra come per sfuggire ad un'insidia. Ella rimane presso il muro, ove brillano le armi in asta, ordinate. | |
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(incalzandola)
Ti stringerò, ti stringerò alfine!
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| Francesca, ritraendosi lungo il muro giunge all'usciolo ferrato cui dà le spalle. | |
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FRANCESCA |
Non mi toccare, forsennato, o chiamo
il tuo fratello. Vattene! Ho pietà
di te. Sei un fanciullo
perverso.
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MALATESTINO |
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FRANCESCA |
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MALATESTINO |
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FRANCESCA |
(sussulta, udendo giungere dal profondo un grido attraverso la porta ov'ella è addossata)
Chi grida? Hai udito?
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MALATESTINO |
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FRANCESCA |
Ah, non posso più udirlo! Anche la notte
urla, urla come un lupo;
e giunge l'urlo fino alla mia stanza.
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MALATESTINO |
Ascolta me! Giovanni
parte a vespro per la podesteria
di Pesaro. Tu gli hai apparecchiato
il viatico. Ascolta. Io posso dargli
un ben altro viatico...
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FRANCESCA |
Che intendi?
Che intendi? Tu mi fai minaccia? O trami
un tradimento contro il tuo fratello?
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MALATESTINO |
Tradimento! Io credea,
mia cognata, che tal parola ardesse
le vostre labbra; e veggo
le vostre labbra immuni,
ma un poco smorte. Il mio giudizio errò...
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| S'ode di nuovo l'urlo del prigioniero. | |
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FRANCESCA |
(tremante d'orrore)
Ah, come urla! Come urla!
Chi lo tormenta? Quale strazio nuovo
hai trovato per lui?
Toglilo dal tormento!
Non voglio udirlo più.
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MALATESTINO |
Ecco, vado. Farò che voi abbiate
una notte tranquilla, il più profondo
sonno, senza terrore,
poi che stanotte dormirete sola...
(egli si accosta alla parete e sceglie tra le armi ordinate una mannaia)
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FRANCESCA |
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MALATESTINO |
Giustiziere mi faccio,
per vostra volontà,
mia cognata.
(esamina il filo dell'acciaro; poi apre la porta ferrata il cui vano appare nero di tenebra)
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FRANCESCA |
Tu vai
per ucciderlo? Troppo
ti pare aver dimorato, ah feroce!
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MALATESTINO |
Francesca, ascolta,
ascolta! Che la tua mano mi tocchi,
che i tuoi capelli si pieghino ancora
sulla mia febbre, e...
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| (s'ode più lungo l'urlo di sotterra) | |
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FRANCESCA |
Orrore! Orrore!
(si ritrae nel vano della finestra, si siede, e poggiati i cubiti sulle ginocchia, pone la testa fra le palme, fissa)
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MALATESTINO |
(bieco)
Tal sia di voi.
(strappa da un torciere la torcia. Posa la mannaia a terra, prende l'acciarino, lo batte e accende la torcia)
O cognata, buon vespro!
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| La donna resta immobile, come se non udisse. Egli raccatta l'arme ed entra nel buio, col suo tacito passo felino, tenendo nella sinistra mano la torcia ardente. Scompare. La piccola porta rimane aperta. Francesca si leva e guarda per entro al vano dileguarsi il bagliore. Subitamente corre alla soglia e chiude rabbrividendo. L'uscio ferrato stride, nel silenzio. Ella si volge e dà qualche passo lento, a capo chino, come gravata da un grave peso. | Malatestino ->
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FRANCESCA |
(sommessamente entro di sé)
Il più profondo sonno.
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Scena seconda |
Lo sciancato entra tutto in arme. Scorge la sua Donna, e va a lei. |
<- Gianciotto
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GIANCIOTTO |
Mia cara donna, voi m'attendevate?
Perché tremate e siete così smorta?
(egli le prende le mani)
Gelida siete come di paura.
Perché?
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FRANCESCA |
Malatestino
era da poco entrato quando udì
gridare il prigioniero;
e, nel vedermi sbigottita,
fu preso d'ira e si precipitò
per quella porta alla prigione, armato
d'una mannaia, risoluto ad ucciderlo. Feroce
egli è, quel fratel vostro, mio signore,
e non m'ama.
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GIANCIOTTO |
Perché
or dite che non v'ama?
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FRANCESCA |
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GIANCIOTTO |
Forse
vi dimostrò mal animo?
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FRANCESCA |
Egli è un fanciullo; e come
il giovine mastino,
ha bisogno di mordere... Venite,
signore, a ristorarvi
prima di mettervi a cavallo.
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GIANCIOTTO |
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FRANCESCA |
Via, perché pensate
a quel che dissi
leggermente? Venite a ristorarvi.
Prendete la via della marina?
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| Gianciotto è pensieroso, mentre segue Francesca verso la tavola apparecchiata. Si toglie il bacinetto, si sfibbia la gorgiera, e dà gli arnesi alla Donna che li depone su una scranna con atti di subitanea grazia favellando. | |
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FRANCESCA |
Cavalcherete sotto la frescura.
Innanzi mezzanotte nascerà
la luna. Quando giungerete a Pesaro,
messere il podestà?
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GIANCIOTTO |
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| Egli si sfibbia il cingolo che sostiene lo stocco, e la donna lo riceve. | |
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FRANCESCA |
E gran tempo dimorerete, senza
tornare?
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| S'ode il grido terribile di Montagna salire di sotterra. Francesca trasale e lascia cadere lo stocco, che esce dalla guaina. | |
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GIANCIOTTO |
È fatto. Non vi sbigottite,
donna. Il silenzio viene.
Dio si prenda così
tutte le teste dei nemici nostri.
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| S'ode battere alla piccola porta ferrata. Francesca balza in piedi, getta lo stocco sulla mensa, e si volge per uscire. | |
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FRANCESCA |
Torna Malatestino.
Io non voglio vederlo.
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MALATESTINO (voce) |
Chi ha chiuso?
Cognata, siete là? M'avete chiuso?
(batte più forte col piede)
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GIANCIOTTO |
Aspetta, aspetta, che t'apro.
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MALATESTINO (voce) |
Ah, Giovanni!
Aprimi, che ti porto
un buon frutto maturo
pe 'l tuo viatico,
un fico settembrino.
E come pesa!
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| Lo Sciancato va ad aprire. Francesca segue con gli occhi per qualche attimo il passo di lui claudicante; poi si ritrae verso la porta che conduce alle sue stanze. Exit. | Francesca ->
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MALATESTINO (voce) |
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GIANCIOTTO |
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Scena terza |
Gianciotto apre; ed appare sulla soglia angusta Malatestino tenendo nella sinistra mano la torcia accesa e reggendo, per il cappio di una legatura di corda, la testa di Montagna avviluppata in un drappo. |
<- Malatestino
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MALATESTINO |
(porgendo la torcia al fratello)
Tieni, fratello: spegnila.
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| Gianciotto spegne la fiamma stridula soffocandola sotto la pianta del piede. | |
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GIANCIOTTO (rudemente) |
Era meco.
Che vuoi da lei?
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MALATESTINO |
Tu sai dunque che sia
questo frutto ch'io porto alla tua mensa...
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GIANCIOTTO |
Non hai temuto di disobbedire
al padre?
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MALATESTINO |
Senti come pesa! Senti!
(egli porge il cappio allo Sciancato; il quale lo prende a prova, e poi lascia cadere il viluppo che fa un tonfo sordo sul pavimento)
Ah, fa caldo!
(si asciuga la fronte sudata. Gianciotto è di nuovo seduto a mensa)
Su, dammi
da bere.
(egli tracanna una coppa che è già piena. Gianciotto è cupo in sembiante e mastica in silenzio, a capo chino, senza inghiottire il boccone, muovendo le mascelle come il bue che ruguma. L'uccisore di Montagna si siede là dov'era seduta Francesca, Il viluppo sanguinoso è immobile sul pavimento. Pe 'l finestrone si vede il sole calare sopra l'Appennino affocando le vette e le nuvole)
Sei crucciato?
Non ti crucciare meco,
Giovanni. Io ti son fido.
Tu ti chiami Gian Ciotto
et io son quel dall'occhio...
(si tace un istante, perfidamente)
Ma Paolo è il bello!
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| Gianciotto leva il capo e fissa gli occhi in faccia al giovinetto. Nel silenzio s'ode lo sperone al piede ch'egli agita sul pavimento. | |
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GIANCIOTTO |
Ciarliero sei divenuto anche tu.
(Malatestino fa l'atto di versarsi altro vino. Il fratello gli trattiene il polso)
Non bere. Ma rispondimi: Che cosa
hai tu fatto a Francesca?
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MALATESTINO |
Io? Che ti disse mai
ella?
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GIANCIOTTO |
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MALATESTINO |
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GIANCIOTTO |
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MALATESTINO |
(simulando di smarrirsi)
Io non posso risponderti.
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GIANCIOTTO |
Bada, Malatestino!
Guai a chi tocca la mia donna! Bada!
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MALATESTINO |
(con voce sorda e ciglio basso)
E se il fratello vede che taluno
tocca la donna del fratello, e n'ha
sdegno, e s'adopra perché l'onta cessi,
dimmi, pecca egli?
E se, per questo, accusato è d'avere
contro la donna mal animo, dimmi:
giusta è l'accusa?
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| Gianciotto sobbalza terribile, ed alza i pugni come per schiacciare il giovinetto. Ma si contiene: le braccia gli ricadono. | |
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GIANCIOTTO |
Malatestino, castigo d'inferno,
se non vuoi ch'io ti strappi
l'altr'occhio per cui l'anima tua bieca
offende il mondo, parla!
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| Malatestino s'alza e va, col sua tacito passo felino alla porta che è presso la tavola. Sta in ascolto per alcuni attimi; poi apre l'uscio repentinamente, con un gesto rapidissimo, e guata. Non scopre nessuno. Torna a porsi di contro al fratello. | |
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GIANCIOTTO |
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MALATESTINO |
Non ti stupisti
quando taluno, che partitosi era
in dicembre, improvviso abbandonò
l'ufficio del comune
et a febbraio era già di ritorno?
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| S'ode scricchiolare una delle coppe d'argento che si schiaccia nel pugno dello Sciancato. | |
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GIANCIOTTO |
Paolo? No, no! Non è.
(si leva in piedi, si toglie dalla tavola ed erra per la stanza, torvo con lo sguardo annebbiato. Urla a caso contro il viluppo funebre. Va verso il finestrone le cui vetrate lampeggiano nel tramonto afoso. Si siede sul sedile e si prende la testa fra le mani come per raccogliere il pensiero in un punto. Malatestino intanto gioca con lo stocco, sguainando a mezzo, e ringuainando)
Malatestino. Vieni.
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| Il giovinetto si accosta, leggero e presto, senza alcun strepito, quasi abbia i piedi fasciati di feltro. Gianciotto lo avviluppa con le braccia, lo serra fra le sue ginocchia armate, gli parla con l'alito contro l'alito. | |
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GIANCIOTTO |
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MALATESTINO |
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GIANCIOTTO |
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MALATESTINO |
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GIANCIOTTO |
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MALATESTINO |
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GIANCIOTTO |
E poi? Non basta. Egli è
cognato. Intrattenersi può.
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MALATESTINO |
Di notte.
Non mi far male, per dio! Non mi stringere
così! Lasciami!
(si divincola, pieghevole)
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GIANCIOTTO |
Ho udito bene?
Tu hai detto... Ripeti!
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MALATESTINO |
Sì, di notte, di notte
l'ho veduto.
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GIANCIOTTO |
Ti fiacco
le reni, se tu menti.
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MALATESTINO |
Di notte entrare, all'alba escire.
Vuoi tu vedere e toccare?
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GIANCIOTTO |
Bisogna,
se ami scampare alla mia tenaglia
mortale.
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MALATESTINO |
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GIANCIOTTO |
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Parte seconda. | |
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Riappare la camera adorna, con il letto incortinato, con la tribuna dei musici, col leggio che regge il libro chiuso. Quattro torchi di cera ardono su uno dei candelieri di ferro; due doppieri ardono sul deschetto. Le vetrate della finestra sono aperte alla notte serena. Sul davanzale è il testo del basilico; e accanto è un piatto dorato, pieno di grappoli d'uva novella. | Q 
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Scena prima |
Si vede Francesca, per mezzo alle cortine disgiunte, supina sul letto ove s'è distesa senza spogliarsi. Le Donne, biancovestite, avvolte il viso di leggere bende bianche, sono sedute sulle predelle basse; e parlano sommessamente per non destare la dama. Presso di loro, su uno scannello, sono posate quattro lampadette d'argento spente. |
Francesca, Donella, Biancofiore, Altichiara, Garsenda
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DONELLA |
L'ha colta il sonno. Dorme.
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| Biancofiore si leva e va presso il letto pianamente. Spia: poi si volge, e torna alla sua predella. | |
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BIANCOFIORE |
Sì, dorme. Ah com'è bella! Questa notte
madonna non ci fa cantare.
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ALTICHIARA |
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BIANCOFIORE |
Il prigioniero
non urla più.
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GARSENDA |
Messer Malatestino gli ha tagliata
la testa.
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ALTICHIARA |
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GARSENDA |
Sì, oggi, innanzi il vespro.
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ALTICHIARA |
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GARSENDA |
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BIANCOFIORE |
Ora cavalcano
per la marina,
sotto le stelle,
con quella testa
mozza!
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GARSENDA |
Ah si respira
in questa casa,
ora che se ne sono
iti lo zoppo e l'orbo!
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Scena seconda |
Francesca getta un grido di spavento, balza dal letto e fa atto di fuggire come inseguita selvaggiamente, agitando le mani sui fianchi come per liberarsi dalla presa. |
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FRANCESCA |
No, no! Non sono io! Non sono io!
Ahi! Ahi! M'azzannano... Aiuto! Mi strappano
il cuore... Aiutami,
Paolo!
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| Ella sussulta, s'arresta e torna in sé, pallida affannata, mentre le donne le sono intorno sbigottite a confortarla. | |
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GARSENDA |
Madonna, madonna, noi siamo
qui. Vedete, madonna, siamo noi.
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ALTICHIARA |
Non vi prendete spavento.
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DONELLA |
Non c'è
nessuno. Siamo noi
qui. Nessuno vi fa male, madonna.
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FRANCESCA |
(trasognata)
Che ho detto? Ho chiamato?
Che ho fatto, mio dio?
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BIANCOFIORE |
Avete fatto qualche sogno tristo,
madonna.
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GARSENDA |
Ora è finito. Siamo noi
qui. Tutto è in pace.
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FRANCESCA |
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GARSENDA |
Saranno forse quattr'ore di notte.
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DONELLA |
Non volete, madonna, ch'io v'acconci
il capo per la notte?
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FRANCESCA |
No, non ho
più sonno. Aspetterò.
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DONELLA |
Sciogliervi i calzaretti non volete?
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BIANCOFIORE |
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FRANCESCA |
No, voglio rimaner così. Non ho
più sonno. Andate, andate.
Intanto io leggerò. Togli un doppiere,
Garsenda.
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| |
| Garsenda toglie un doppiere di sul deschetto e lo porta al leggio che ha il foro per sostenerlo a capo del libro. | |
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FRANCESCA |
Andate. Tutte bianche siete!
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| Francesca apre il libro. Ciascuna delle bianco vestite toglie la sua lampadetta d'argento sospesa a uno stelo uncinato. Donella per la prima va verso l'alto candeliere e sollevandosi sulla punta dei piedi, accende il lucignolo a uno dei torchi. S'inchina ed esce, mentre Francesca la segue con gli occhi. | |
| |
| Garsenda fa il medesimo atto. Altichiara fa il medesimo. Escono tutte. Ultima resta Biancofiore; ed ella fa anche l'atto d'accendere la sua lampada; ma com'è più piccola delle altre, non giunge alla fiammmella del torchio. | Donella, Garsenda, Altichiara ->
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FRANCESCA |
O Biancofiore, piccola tu sei!
Non arrivi ad accendere la tua
lampadetta. Tu sei
la più tenera, piccola colomba.
(Biancofiore si volge sorridente)
Vieni.
(la giovine si appressa. Francesca le accarezza i capelli)
Come sei bionda!
Tu somigli la mia Samaritana,
un poco... Ti ricordi
tu di Samaritana?
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BIANCOFIORE |
Sì, madonna.
La sua dolcezza non s'oblia. Nel cuore
serbata io l'ho, con gli angeli.
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FRANCESCA |
Era dolce
la mia sorella, è vero, Biancofiore?
Ah, s'io l'avessi meco, se stanotte
ella facesse il suo piccolo letto
accanto al mio. Se ancora
una volta io potessi riudirla
correre scalza alla finestra e dire:
«Francesca, è nata la stella Diana
e vannosene via le Gallinelle.»
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BIANCOFIORE |
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FRANCESCA |
Subito sbigottiva anch'ella, e udivo
batterle il cuore. E diceva: «O sorella,
odimi: resta ancora con me! Resta
con me, dove nascemmo!
Non te n'andare!»
| |
BIANCOFIORE |
O madonna, madonna,
il cuore mi passate.
Quale malinconia
vi tiene?
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FRANCESCA |
Va', non piangere!
Tenera sei. Accendi la tua lampada
e vattene con dio.
(Biancofiore accende il lucignolo al doppiere, e si china a baciare le mani di Francesca)
Via, non piangere. Passano i pensieri
tristi. Tu canterai domani. Va'.
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BIANCOFIORE |
(si volge verso la porta e cammina lentamente)
Dio vi guardi, madonna!
(ultima esce)
| Biancofiore ->
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Scena terza |
S'ode il rumore dell'uscio che si richiude. Francesca, rimasta sola, muove qualche passo verso la portiera: si sofferma in ascolto |
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FRANCESCA |
E così vada s'è pur mio destino!
(trasale udendo battere leggermente alla porta. Spegne col soffio il doppiero; va anelante; chiama sommessa)
O Smaragdi! Smaragdi!
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PAOLO (voce) |
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| Ella apre con un gesto veemente. | |
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Scena quarta |
Con l'anelito della sete ella si getta nelle braccia dell'amante. |
<- Paolo
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FRANCESCA |
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PAOLO |
O mia vita, non fu mai tanto folle
il desiderio mio di te. Sentivo
già venir meno
dentro al core gli spiriti
che vivono degli occhi tuoi. La forza
mi si perdeva nella notte, uscitami
dal petto, come un fiume
terribile di sangue, fragorosa;
e paura n'avea l'anima mia.
| |
| |
| Più e più volte lei reclinata bacia sui capelli appassionatamente. | |
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FRANCESCA |
Perdonami, perdonami!
Un sonno duro più d'una percossa
mi spezzò l'anima
come uno stelo e parvemi giacere
sulle pietre perduta.
Perdonami, perdonami,
amico dolce! Risvegliata m'hai,
liberata da ogni
angoscia. E non è l'alba;
le stelle non tramontano sul mare;
la state non è morta; e tu sei mio,
et io son tutta tua,
e la gioia perfetta
è nell'ardore della nostra vita.
| |
| |
| L'amante la bacia e ribacia insaziabile. | |
| |
PAOLO |
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FRANCESCA |
Aperta
è la porta, e vi passa
l'alito della notte. Non lo senti?
Chiudi la porta.
| |
| |
| Paolo chiude la porta. | |
| |
PAOLO |
Vieni, vieni, Francesca! Ore di gaudii
lunghe ci son davanti.
Ti trarrò, ti trarrò dov'è l'oblio.
E la notte et il dì saran commisti
sopra la terra come un solo
origliere. Più non avrà potere
sul desiderio il tempo
fatto schiavo.
| (♦)
(♦)
|
| |
| Egli trae Francesca verso i cuscini di sciamito, presso il davanzale. | |
| |
FRANCESCA |
Baciami gli occhi, baciami le tempie
e le guance e la gola...
tieni, e i polsi e le dita...
così... prendimi l'anima e riversala.
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PAOLO |
Dammi la bocca. Ancora! Ancora! Ancora!
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| |
| La donna è abbandonata sui guanciali immemore, vinta. A un tratto, nell'alto silenzio un urto violento scuote l'uscio, come se taluno vi dia di petto per abbatterlo. Sbigottiti, gli amanti sobbalzano e si levano. | |
| |
GIANCIOTTO (voce) |
Francesca, apri! Francesca!
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| |
| La donna è impietrata da terrore. Palo cerca con gli occhi intorno, tenendo la mano al pugnale. Lo sguardo va al maniglio della cateratta. | |
| |
PAOLO (a bassa voce) |
Fa' cuore! Fa' cuore! Io mi getto giù
per quella cateratta,
e tu vai ad aprirgli.
Ma non tremare!
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| |
| Egli apre la cateratta. L'uscio sembra schiantarsi agli urti iterati. Paolo fa per gettarsi giù, mentre la donna gli obbedisce e va ad aprire vacillando. | |
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GIANCIOTTO (voce) |
Apri, Francesca, pe 'l tuo capo! Apri!
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Scena ultima |
Aperto l'uscio, Gianciotto tutto in arme e coperto di polvere, si precipita nella camera furibondo, cercando con gli occhi il fratello. Subito s'accorge che Paolo, stando fuori del pavimento con il capo e le spalle, si divincola ritenuto per la falda della sopravvesta a un ferro della cateratta. Francesca, a quella vista inattesa, getta un grido acutissimo, mentre lo Sciancato si fa sopra l'adultero e lo afferra per i capelli forzandolo a risalire. La Donna gli s'avventa al viso minacciosa. |
<- Gianciotto
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FRANCESCA |
Lascialo! Me, me prendi! Eccomi!
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| Il marito lascia la presa. Paolo balza dall'altra parte della cateratta e snuda il pugnale. Lo sciancato indietreggia, sguaina lo stocco e gli si avventa addosso con impeto terribile. Francesca in un baleno si getta di tramezzo ai due; ma, come il marito tutto si grava sopra il colpo e non può ritenerlo, ella ha il petto trapassato dal ferro, barcolla, gira su sé stessa volgendosi a Paolo che lascia cadere il pugnale e la riceve tra le braccia. | |
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FRANCESCA |
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| Lo sciancato per un attimo s'arresta. Vede la donna stretta al cuore dell'amante che con le sue labbra le suggella le labbra spiranti. Folle di dolore e di furore, vibra al fianco del fratello un altro colpo mortale. I due corpi allacciati vacillano accennando di cadere; non danno un gemito; senza sciogliersi, piombano sul pavimento. Lo sciancato si curva in silenzio, piega con pena uno de' ginocchi; sull'altro spezza lo stocco sanguinoso. | |
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