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Appare una corte, nelle case dei Polentani, contigua a un giardino che brilla di là da una chiusura di marmi traforati in guisa di transenne. Ricorre per l'alto una loggia che a destra corrisponde con le camere gentilesche e di fronte, aerata sulle sue colonnette, mostra avere una duplice veduta. Ne discende, a manca, una scala leggera. Una grande porta è a destra, e una bassa finestra ferrata; pe' cui vani si scopre una fuga di arcate che circondano un'altra corte più vasta. Presso la scala è un'arca bizantina, senza coperchio, riempita di terra come un testo, dove fiorisce un rosaio vermiglio. | Q
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Scena prima |
Si vedono le Donne protendersi dalla loggia e discendere giù per la scala, curiose accennando verso il Giullare che porta appesa sul fianco la sua viola e in mano una gonnella vecchia. |
Garsenda, Biancofiore, Altichiara, Donella
<- Il giullare
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GARSENDA |
O Donella, Donella, c'è il Giullare
in corte! Biancofiore,
c'è il Giullare! È venuto!
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BIANCOFIORE |
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ALTICHIARA |
Ohé, sei tu quel Gianni...
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IL GIULLARE |
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ALTICHIARA |
Sei tu quel Gianni che dovea venire
di Bologna? Gian Figo?
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GARSENDA |
Sei Gordello che vieni di Ferrara?
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IL GIULLARE |
Donne mie belle, avreste voi un poco...
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GARSENDA |
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IL GIULLARE |
Avreste voi un poco di scarlatto?
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DONELLA |
Sei tu per motteggiare? Stiamo accorte.
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BIANCOFIORE |
Ma tu chi sei? Quel Gianni...
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ALTICHIARA |
O Biancofiore, guardalo in che panni!
Il farsetto s'azzuffa co' calzari.
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GARSENDA |
Oh, guardalo, Donella: egli è scampato
solo in panni di gamba.
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BIANCOFIORE |
Guarda, guarda, Altichiara,
quel che ha per mano.
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ALTICHIARA |
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GARSENDA |
Ma no, che è una gonnella romagnuola.
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ALTICHIARA |
Tu sei dunque Gordello e non Gian Figo.
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DONELLA |
Ma no, ch'egli è un giudeo.
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ALTICHIARA |
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DONELLA |
Di': che ci porti? Stracci o sirventesi?
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BIANCOFIORE |
Lascia tu star la baia, mona Berta!
Or si parrà s'egli saprà cantare.
Su via, giullare
cantaci dunque una bella canzone.
Ne sa madonna Francesca una bella
che incomincia: «Meravigliosamente
un amor mi distringe». Tu la sai?
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IL GIULLARE |
Sì, la dirò, se avete
un poco di scarlatto.
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ALTICHIARA |
Ma che vuoi tu con questo tuo scarlatto?
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DONELLA |
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IL GIULLARE |
Io vorrei volentieri
che voi mi rappezzaste
questa gonnella.
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ALTICHIARA |
O che buona ventura!
Or vuoi tu ripezzare il romagnuolo
con lo scarlatto?
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IL GIULLARE |
Se voi l'avete, fatemi di grazia
questo servigio! Una rottura in petto
ed un'altra sul gomito: ecco qua.
Avete due pezzuole?
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ALTICHIARA |
Eh, n'abbiam bene; e ti s'acconcerà
se tu ci canterai.
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IL GIULLARE |
So le storie di tutti i cavalieri
e di tutte le gran cavallarie
che furon fatte al tempo
del re Artù, e spezialmente so
di messer Tristano e di messere
Lancilotto del Lago e di messere
Prizivalle il Gallese che gustò
il sangue del signor nostro Gesù;
e so di Galeasso, di Galvano,
e d'altri e d'altri. So tutti i romanzi.
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DONELLA |
Oh la tua buona sorte!
Noi lo diremo a Madonna Francesca,
che tanto se n' diletta: et ella certo
ti donerà, giullare, grandemente.
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IL GIULLARE |
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GARSENDA |
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IL GIULLARE |
L'avanzo
di quelle due pezzuole di scarlatto.
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DONELLA |
Ben altro avrai tu: grandissimi doni.
Sta' lieto, ch'ella è sposa,
messer Guido la sposa a un Malatesta.
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BIANCOFIORE |
Racconta intanto a noi! Siam tutte orecchi.
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| Tutte si adunano e si protendono verso il giullare che si dispone a dire l'argomento. | |
IL GIULLARE |
Come Morgana manda al re Artù
lo scudo che predice il grande amore
del buon Tristano e Isotta fiorita.
E come Isotta beve con Tristano
il beveraggio, che sua madre Lotta
ha destinato a lei ed al re Marco,
e come il beveraggio è sì perfetto
che gli amanti induce ad una morte.
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| Le donne stanno in ascolto. Il giullare fa una ricercata sulla viola e canta. | |
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«Or venuta che fue l'alba del giorno,
re Marco e il buon Tristano si levaro...»
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OSTASIO (voce dalla corte interna) |
Dite al pugliese ladro,
ditegli ch'io mi laverò le mani
e i piedi nel suo sangue!
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ALTICHIARA |
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GARSENDA |
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| Il gruppo delle ascoltanti subito si scioglie. Elle fuggono su per la scala, con risa e strilli; trascorrono per la loggia; scompaiono. | Garsenda, Biancofiore, Donella ->
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IL GIULLARE |
La mia gonnella!
V'accomando la mia gonnella buona,
e lo scarlatto.
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ALTICHIARA |
(sporgendosi dall'alto della loggia)
Ritorna a mezza nona,
che sarà fatto.
(esce)
| Altichiara ->
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Scena seconda |
Entra Ostasio da Polenta, per la grande porta del cortile, in compagnia di ser Toldo Berardengo. |
<- Ostasio, Ser Toldo
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OSTASIO |
(afferrando il Giullare sbigottito)
Che fai qui, manigoldo?
Con chi parlavi? Con le donne? Come
sei venuto? Rispondimi! Sei tu
di messer Paolo Malatesta? Su,
rispondi.
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IL GIULLARE |
Signor mio, voi mi serrate
troppo. Ahi!
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OSTASIO |
Venuto sei con messer Paolo?
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IL GIULLARE |
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OSTASIO |
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IL GIULLARE |
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OSTASIO |
Parlavi con le donne.
E che dicevi tu? Parlavi certo
di messer Paolo... Che dicevi?
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IL GIULLARE |
No,
no, signor mio; ma di messer Tristano.
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OSTASIO |
Fosti tu mai dai Malatesta, a Rimino?
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IL GIULLARE |
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OSTASIO |
Dunque
tu non conosci messer Paolo, il bello.
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IL GIULLARE |
Per mala sorte mai non lo conobbi.
(esce)
| Il giullare ->
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Scena terza |
Iroso e sospettoso il figlio di Guido trae il Notaro verso l'arca. |
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OSTASIO |
Questi giullari et uomini di corte
sono la peste di Romagna, peggio
che la canaglia imperiale. Lingue
di femminelle, tutto sanno, tutto
dicono; van pe 'l mondo
a spargere novelle e novellette.
S'egli fosse un giullare
dei Malatesti,
già le donne saprebbero di Paolo
ogni novella, e vano
sarebbe ormai l'artifizio che voi,
ser Toldo, consigliaste
da quel gran savio che voi siete.
| (♦)
(♦)
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SER TOLDO |
Egli era
sì povero ad arnese
che non mi dà sospetto ch'egli segua
sì grazioso cavaliere, quale
è Paolo, che per uso
largheggia con tal gente.
Ma ben faceste a mettergli il bavaglio.
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OSTASIO |
Certo non ci daremo pace, avanti
che il matrimonio sia perfetto. E temo,
ser Toldo, che ce ne potrà seguire
scandalo.
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SER TOLDO |
Voi dovete pur sapere
chi è vostra sorella
e quant'ell'è d'altiero
animo. E s'ella vede quel Gianciotto,
così sciancato e rozzo e con quegli occhi
di dimòne furente,
avanti che il contratto
delle sue sposalizie sia rogato,
non il padre, né voi, né altri certo
potrà mai fare
ch'ella lo voglia per marito.
Dunque se veramente
vi cale questo parentado,
mi parrebbe non esservi altro modo
da tenere, che quello che s'è detto.
E poiché Paolo Malatesta è giunto
come procuratore di Gianciotto
qui, con pieno mandato
a disposare madonna Francesca,
mi parrebbe doversi
procedere alle nozze senz'alcuna
dimora, se volete darvi pace.
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OSTASIO |
Voi avete ragione,
ser Toldo: ci conviene
troncar gli indugi. Questa sera torna
mio padre da Valdoppio; e noi faremo
che domani sia pronto il tutto.
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SER TOLDO |
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OSTASIO |
Or su, venite meco,
ser Toldo. Paolo Malatesta attende.
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| (escono entrambi) | Ostasio, Ser Toldo ->
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Scena quarta |
S'ode venire dalle stanze alte il canto delle Donne. |
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CORO DELLE DONNE |
Ohimè che adesso io provo
che cosa è troppo amore. Ohimè.
Ohimè ch'egli è un ardore
che al cor mi coce. Ohimè.
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| Si vedono uscire dalle stanze e passare per la loggia Francesca e Samaritana, l'una a fianco dell'altra, l'una all'altra cingendo la cintura col braccio. | <- Francesca, Samaritana
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FRANCESCA |
(sulla scala soffermandosi)
Amor le fa cantare!
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| Ella abbandona un poco il capo indietro come per cedere al vento della melodia, leggera, e palpitante. | |
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CORO DELLE DONNE |
Ohimè penare atroce
ch'al tristo cor si serba. Ohimè.
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| Francesca ritrae dalla cintura della sorella il suo braccio, e si discosta alquanto come per disciogliersi, arrestandosi mentre quella discende il gradino. | |
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Ohimè che doglia acerba
alla mia vita. Ohimè.
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FRANCESCA |
(assorta)
Come l'acqua corrente
che va che va, e l'occhio non s'avvede,
così l'anima mia...
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SAMARITANA |
(con uno sgomento improvviso stringendosi alla sorella)
Francesca, dove andrai? Chi mi ti toglie?
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FRANCESCA |
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SAMARITANA |
O sorella, sorella,
odimi: resta ancora con me! Resta
con me, dove nascemmo!
Non te n'andare! Non m'abbandonare!
Ch'io faccia ancora
il mio piccolo letto accanto al tuo!
Che la notte io ti senta!
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FRANCESCA |
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SAMARITANA |
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FRANCESCA |
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SAMARITANA |
È senza nome e senza volto. Mai
non lo vedemmo.
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FRANCESCA |
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SAMARITANA |
Tu? Quando?
Non mi son mai divisa
da te, dal tuo respiro.
La mia vita non s'ebbe che i tuoi occhi.
Dove potesti
tu vederlo senza di me?
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FRANCESCA |
Anima cara, piccola colomba,
perché sei tanto sbigottita? Pace,
datti pace! Verrà
in breve anche il tuo giorno,
e te n'andrai dal nostro nido; e mai
più nell'alba il mio sogno
t'udrà correre scalza alla finestra,
mai più ti vedrà bianca a piedi nudi
correre verso la finestra, o piccola
colomba, e dire non t'udrà più mai:
«Francesca, è nata la stella Diana
e vannosene via le Gallinelle».
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| Biancofiore, Garsenda, Donella e Altichiara escono dalle stanze e si arrestano sulla loggia luminosa guardando il giardino che si stende di là, in atto di spiare. | <- Biancofiore, Garsenda, Donella, Altichiara
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SAMARITANA |
E si vivrà, ohimè,
si vivrà tuttavia!
E il tempo fuggirà,
fuggirà sempre!
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FRANCESCA |
E si morrà, ohimè,
si morrà tuttavia!
E il tempo fuggirà,
fuggirà sempre!
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SAMARITANA |
O Francesca, mi fai dolere il cuore
e tutta, guarda
tutta mi fai tremare di spavento.
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BIANCOFIORE |
(dalla loggia)
O madonna Francesca!
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DONELLA |
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FRANCESCA |
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DONELLA |
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ALTICHIARA |
Su, su, madonna Francesca, venite
a vedere!
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DONELLA |
Correte! Passa il vostro
sposo!
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BIANCOFIORE |
Eccolo che passa per la corte
con il vostro fratello.
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ALTICHIARA |
Su, su, madonna Francesca! Correte!
È quelli, è quelli!
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| La figlia di Guido sale di volo per la scala. Samaritana fa l'atto di seguirla, ma s'arresta, senza forze, soffocata. | |
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GARSENDA |
(mostrando l'uomo a Francesca che si china a guatare)
Oh avventurata,
avventurata!
Egli è il più bello cavalier del mondo.
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DONELLA |
È grande! È snello! È la camminatura
alla reale!
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BIANCOFIORE |
E come bianchi i denti!
Non avete veduto? Non avete
veduto?
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GARSENDA |
Oh avventurata colei che
gli bacerà la bocca.
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FRANCESCA |
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ALTICHIARA |
Se ne va. Passa pe 'l portico.
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FRANCESCA |
Ah tacete, tacete!
(si volge, si copre la faccia con ambo le mani: poi si discopre e appare trasfigurata. Discende i primi gradini lentamente, poi con rapidità repentina per gettarsi nelle braccia della sorella che l'attende a piè della scala)
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| Le donne si dispongono in corona sulla loggia. | |
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CORO DELLE DONNE |
O dattero fronzuto,
o gentil mio amore,
or che ti par di fare?
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| Francesca, stretta nelle braccia della sorella, d'improvviso dà in un pianto. Le donne s'interrompono dal cantare. | |
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ALTICHIARA |
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DONELLA |
Oh, piange! Perché piange?
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BIANCOFIORE |
Perché il cuore le duole d'allegrezza.
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GARSENDA |
Dentro nel cuore
subito la ferì. Ah, s'ella è bella,
egli è pur bello, il Malatesta!
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| Le donne si spargono per la loggia. Taluna rientra nelle stanze, poi n'esce nuovamente. Tal'altra si pone in vedetta. E favellano a mezza voce, e i loro passi sono senza rumore. Francesca ha levato il volto lagrimoso illuminando d'un riso repentino le sue lacrime. | Biancofiore, Garsenda, Donella, Altichiara ->
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SAMARITANA |
O Francesca, Francesca, anima mia,
chi hai veduto? Chi hai tu veduto?
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FRANCESCA |
Chi ho veduto?
Ah tu ora, tu ora
pigliami, cara sorella, tu ora
pigliami, e me con te!
Portami nella stanza
e chiudi la finestra,
e dammi un poco d'ombra,
e dammi un sorso d'acqua,
e ponimi sul tuo piccolo letto,
e con un velo ricoprimi, e fa
tacere queste grida, fa tacere
queste grida e il tumulto
che ho nell'anima mia!
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GARSENDA |
(irrompendo sulla loggia precipitosamente)
Viene! Viene! Madonna
Francesca, ecco che viene dalla parte
del giardino.
| <- Garsenda
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| Biancofiore, Donella, Altichiara ed altre donne sopraggiungono, curiose e giulive; e tutte hanno intorno al capo ghirlanda per allegrezza; e traggono seco inghirlandati tre donzelli Sonatori di liuto di violetta e di piffero. | <- Biancofiore, Donella, Altichiara, donne, tre suonatori
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FRANCESCA |
(pallida di spavento e agitata, come fuor di sé)
No, no! Correte, donne,
correte, ch'ei non venga! No! Correte,
donne, andategli incontro!
Andategli incontro, e
ditegli ch'io lo saluto!
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LE DONNE |
Eccolo! Eccolo!
È qui presso, è qui presso.
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| Sospinta dalla sorella, Francesca fa per salire la scala; ma ecco ch'ella vede da presso, di là della chiusura, apparire Paolo Malatesta. Ella rimane immobile ed egli si ferma tra gli arbusti; e stanno l'uno di contro l'altro, divisi dal cancello, guardandosi senza parola e senza gesto. I Sonatori sui loro strumenti intonano. Le Donne scendono nella corte e si dispongono in corona dietro a Francesca. | <- Paolo
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CORO DELLE DONNE |
Per la terra di maggio
l'arcadore in gualdana
va caendo vivanda.
A convito selvaggio
in contrada lontana
un cor si domanda...
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| Francesca si separa dalla sorella e va lentamente verso l'arca. Coglie una grande rosa vermiglia, poi si rivolge; e, di sopra alla chiusura, la offre a Paolo Malatesta. Samaritana a capo chino se ne va su per la scala piangendo. Le donne inghirlandate seguono il canto. | |
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