Atto secondo

 
Appare una piazza d'una torre rotonda, nelle case dei Malatesti.

 Q 

Due scale laterali di dieci gradini salgono dalla piazza al battuto della torre: una terza scala fra le due, scende ai sottoposti solai, passando per una botola. Si scorgono i merli quadri di parte guelfa muniti di bertesche e di piombatoie. Un mangano poderoso leva la testa dalla sua stanga e allarga il suo telaio di canapi attorti. Balestre grosse a bolzoni e verrettoni a quadrelli, baliste, arcubaliste e altre artiglierie di corda sono postate in giro con lor martinetti girelle torni arganelli lieve. La cima della torre malatestiana irta di macchine e d'armi campeggia nell'aria torbida dominando la città di Rimino donde spuntano soli in lontananza i merli a coda di rondine che coronano la più alta torre ghibellina. Alla parete destra è una porta; alla sinistra una stretta finestra imbertescata che guarda l'Adriatico.
 

Scena prima

Si vede nell'andito il Torrigiano, occupato ad attizzare le legna sotto una caldaia fumante. Egli ha ordinato contro la muraglia le cerbottane, i sifoni, le aste delle rocche a fuoco e delle falariche e accumulato intorno ogni sorta di fuochi lavorati. Sulla torre, presso il mangano, un giovane Balestriere sta alle vedette.

Il torrigiano, Balestriere

 

IL TORRIGIANO

È ancora sgombro il campo del comune?  

BALESTRIERE

Pulito come il mio targone.

IL TORRIGIANO

Ancora

nessun si mostra!

 

Scena seconda

Francesca entra dalla porta destra e s'avanza lungo la parete fino al pilastro che regge l'arco.

<- Francesca

 

FRANCESCA

Berlingerio!  

IL TORRIGIANO

(sobbalzando)

Chi

chiama? Oh madonna Francesca!

Il balestriere ammutolisce e resta attonito a guardarla, poggiato al mangano.

FRANCESCA

È salito

alla mastra messer Giovanni?

IL TORRIGIANO

No,

non ancora, madonna. L'aspettiamo.

FRANCESCA

(accostandosi)

E nessun altro?

IL TORRIGIANO

Nessun altro, madonna.

FRANCESCA

E tu che fai?

IL TORRIGIANO

Preparo fuoco greco,

rocche, rocchette, pentole e diverse

altre carezze per i Parcitadi.

FRANCESCA

(guardando con meraviglia la materia che bolle nella caldaia)

Il fuoco greco! Chi si salva? Non

l'avevo mai veduto. È vero che

non si conosce alla battaglia strazio

più terribile? È vero

che arde nel mare,

arde nei fiumi,

brucia le navi,

brucia le torri,

soffoca, ammorba

secca repente il sangue

dell'uomo, fa

delle carni e dell'ossa

una cenere nera,

trae dallo strazio

dell'uomo urli di belva

che impazzano i cavalli

e impietrano i più prodi?

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IL TORRIGIANO

Morde e divora

ogni genia di cose vive e morte.

FRANCESCA

Ma come siete voi

osi di maneggiarlo?

IL TORRIGIANO

Noi n'avemmo licenza

da Belzebù che è il prencipe del demoni

e viene parteggiando

pe' i Malatesti.

FRANCESCA

(si avvicina alla botola in cui scende la scala della torre, e ascolta vigile)

Qualcuno sale per la scala. Chi

è che sale?

IL TORRIGIANO

Madonna,

forse è messer Giovanni.

FRANCESCA

(china verso la cateratta)

Chi sei tu?

Chi sei tu?

PAOLO
(voce)

Paolo!

 
Francesca s'ammutolisce indietreggiando.
 

Scena terza

Paolo sale i gradini rapidamente e si volge alla Cognata che s'è ritratta verso la muraglia. Il Balestriere torna alla vedetta.

<- Paolo

 

PAOLO

Francesca!  

FRANCESCA

Date il segno, Paolo, date

il segno. Non temete

di me, Paolo. Lasciate ch'io rimanga

a udir lo scocco

delle balestre.

Donarmi un bello elmetto

voi dovreste, signore mio cognato.

PAOLO

Ve 'l donerò.

FRANCESCA

Tornato di Cesena

siete?

PAOLO

Tornato di Cesena oggi.

FRANCESCA

Smagrato siete un poco e impallidito

anche un poco, mi sembra.

PAOLO

Medicina non chiedo, erba non cerco

per sanarmi, sorella.

FRANCESCA

Un'erba, un'erba io m'avea, per sanare,

in quel giardino dove entraste un giorno

vestito d'una veste che si chiama

frode nel dolce mondo.

PAOLO

Non la vidi,

né seppi dov'io fossi

né chi mi conducesse in quel cammino,

ma sol vidi una rosa

che mi si offerse più viva che il labbro

d'una fresca ferita, e un canto giovine

udii nell'aria.

FRANCESCA

Videro

gli occhi miei l'alba,

la videro i miei occhi

sopra di me con l'onta

e con l'orrore.

PAOLO

Onta et orrore sopra

di me! La luce

non mi trovò dormente.

La pace era fuggita

dall'anima di Paolo Malatesta

e tornata non è, né tornerà

più mai, più mai.

Come debbo io morire?

FRANCESCA

Come lo schiavo al remo

nella galea che ha nome Disperata,

così dovete voi morire.

 
S'odono i tocchi della campana di Santa Colomba. Entrambi gli immemori trasalgono.
 

FRANCESCA

Ah dove siamo noi? Chi chiama? Paolo,  

che fate?

(il Torrigiano e il Balestriere, intenti a caricare le balestre e a incoccare le aste dei fuochi lavorati, balzano al suono)

IL TORRIGIANO

Il segno! Il segno!

È la campana di Santa Colomba!

BALESTRIERE

A fuoco! A fuoco! Viva Malatesta!

 
Egli accende una falarica e la scaglia verso la città. Dalla botola sale gridando a furia uno stuolo di Balestrieri; occupa la piazza della torre e dà mano alle armi e alle macchine.

<- stuolo di balestrieri

 

I BALESTRIERI

Viva messer Malatesta e la parte  

guelfa! Mora messer Parcitade, e

i ghibellini!

 
Dai merli è un grande saettare di fuochi che infiammano l'aria caliginosa. Paolo Malatesta si toglie dal capo l'elmetto e lo dà alla cognata.
 

PAOLO

Ecco l'elmetto che io vi dono.

FRANCESCA

Paolo!

 
Paolo sale di corsa alla torre. La sua testa chiomata soverchia la Gente d'arme che travaglia. Francesca gittato il dono, lo insegue chiamandolo tra lo scocco e il clamore.
 

PAOLO

Datemi una balestra!

FRANCESCA

Paolo! Paolo!

PAOLO

Una balestra! Un arco!

FRANCESCA

Paolo! Paolo!

 
Un Balestriere stramazza con la gola forata da un quadrello avverso.
 

IL TORRIGIANO

Madonna, ritraetevi, per dio,

che si comincia a mordere il battuto

qui. Qui si muore.

 
Alcuni Balestrieri alzano i vasti pavesi dipinti e fanno impedimento alla Donna che vuol raggiungere Paolo.
 

I BALESTRIERI

Viva! La torre Galassa risponde.

Viva messer Malatesta e la parte

guelfa! Verucchio!

Verucchio!

 
Francesca tenta di respingere i Balestrieri che le impediscono il passo. Paolo avendo tolto una balestra, ritto sul murello, saetta a furia, esposto ai colpi avversi, come un forsennato.
 

FRANCESCA

Paolo!

 
Paolo si volge al grido e scorge la Donna fra il vampeggiare dei fuochi. Toglie il pavese d'un Balestriere e la copre.
 

PAOLO

Ah, Francesca, scendete! Che demenza

è questa?

 
Egli la spinge giù da una delle scale laterali. Ella, di sotto al pavese dipinto, guata la faccia del cognato furente e bella.
 

FRANCESCA

Voi demente! Voi demente!

PAOLO

E non debbo io morire?

(egli getta il pavese e tiene la balestra)

FRANCESCA

Non è l'ora,

non è venuta l'ora.

 
I balestrieri scendono per la scala laterale sinistra e postano le balestre ai pertugi della muraglia. Le campane suonano a stormo. S'odono squilli di trombe lontane.
 

I BALESTRIERI

Verucchio! Viva Malatesta viva  

la parte guelfa!

PAOLO

Sì, questa è l'ora, se voi mi guardate

spirare, se mi sollevate il capo

da terra con le vostre mani.

(on un gesto impetuoso egli trae la donna verso la finestra imbertescata e le porge la funicella che pende dalla cateratta)

Alzate

la bertesca.

 
Paolo raccoglie un fascio di dardi e lo getta ai piedi di Francesca. Poi carica la balestra. Francesca solleva con la fune la bertesca, e per il varco appare il gran mare splendente dell'ultima luce. Paolo pone la balestra a mira e scocca.
 

FRANCESCA

Né più l'abbasserò.

Questo cimento

è il giudizio di dio per la saetta.

Fratello in dio, la macchia della frode

che hai sull'anima tua,

perdonata ti sia con grande amore.

 
Tenendo nelle mani tesa la fune, ella s'inginocchia e fa preghiera, con le pupille sbarrate e fisse al capo inerme di Paolo. La bertesca alzata lascia vedere il mare splendente. Il saettatore carica l'arme e scocca, senza tregua. Di tratto in tratto le verrette ghibelline entrano per la finestra e battono nel muro di contro e cadono sul pavimento senza ferire. La crudeltà dell'ambascia sconvolge il viso della pregante. Le sillabe muovono appena le sue labbra trascolorate.

Padre nostro  

che sei nei cieli,

santificato sia

il nome tuo,

avvenga il regno tuo,

tua volontà si faccia

in cielo come in terra.

Padre dà oggi a noi

il pane nostro

cotidiano.

E a noi perdona i nostri

peccati come noi

perdoniamo ad altrui;

e non c'indurre

nella tentazione

ma guardaci dal male.

E così sia.

 
Paolo avendo scagliato alcuni dardi, prende la mira con più acuta volontà come per far colpo maestro; e scocca. S'ode il clamore ostile.
 

PAOLO

(con atroce gioia)  

Ah, Ugolino, in mal luogo t'ho colto!

 
Grande intanto sulla torre è la gazzarra dei Balestrieri. Taluni trasportano a braccia giù per la botola gli uccisi e i feriti.
 

I BALESTRIERI

Ah! messer Ugolino

Cignatta è stramazzato da cavallo,

è morto! È morto!

Vittoria a Malatesta!

 
Un dardo rasenta il capo di Paolo Malatesta, passandogli attraverso la chioma. Francesca getta un grido, abbandonando la fune; e balza in piedi, prende fra le mani il capo del cognato credendolo trafitto, gli cerca tra i capelli la ferita. Più la sbigottisce il pallore mortale che si sparge sul volto di lui in quell'atto. La balestra cade a terra.
 

FRANCESCA

Paolo! Paolo!

(ella si guarda le mani per vedere se il sangue le tinge. Sono bianche. Di nuovo cerca, con grande affanno)

Che mai è questo, o dio?

Paolo! Paolo! Non sanguini, non hai

stilla di sangue sul tuo capo, e sembra

che tu ti muoia! Paolo!

PAOLO

(soffocatamente)

Ah non mi muoio!

Francesca. Ferro

non m'ha toccato!

FRANCESCA

Salvo, salvo e puro!

Inginocchiati.

PAOLO

Ma le vostre mani

toccato m'hanno, e l'anima disfatta

m'è dentro il cuore, e forza

più non ho d'esser vivo.

FRANCESCA

Inginocchiati!

PAOLO

Dopo che ho vissuto

di sì veloce forza,

FRANCESCA

Pe 'l tuo capo inginocchiati! Inginocchiati,

e rendi grazie a dio!

PAOLO

Tutto raccolto intorno

al mio cuor furibondo il mio coraggio

e tutta dentro chiusa

la potenza del mio malvagio amore.

FRANCESCA

Perduto! Sei perduto!

Di' che sei folle! Pe 'l tuo capo, di'

che sei folle e che l'anima tua misera

non udì la parola della tua

bocca.

I BALESTRIERI

Vittoria!

Viva messer Giovanni Malatesta!

 

Scena quarta

Lo Sciancato è apparso per la botola, sulla scala della torre mastra, tutto in arme, con una verga sardesca nella mano. Egli sale i gradini zoppicando e, com'è sulla cima, leva in alto quel suo terribile spiedo, mentre l'aspra sua voce fende il clamore.

<- Gianciotto

 

GIANCIOTTO

Per dio, gente poltrona,  

razzaccia sgherra,

io son capace

di manganarvi tutti giù nell'Ausa

come carogne.

FRANCESCA

Il tuo fratello!

Paolo raccatta la balestra.

GIANCIOTTO

Più presti siete

a far gazzarra

che a travagliar le cuoia ghibelline.

Chi era alla finestra imbertescata?

I BALESTRIERI

Viva messer Giovanni Malatesta!

Viva messer Giovanni lo Scontento!

 
Paolo raccatta il suo elmetto, e, copertosi il capo, va verso la torre. Francesca trapassa verso la porta onde venne, l'apre e si chiude nel vano a parlare.
 

GIANCIOTTO
(ai balestrieri)

Tacete, che la lingua vi si secchi!

Non amo la gazzarra. Orsù, bisogna

manganare una botte grande. Di'

Berlingerio, dov'è

il mio fratello Paolo?

 
Smaragdi appare all'uscio; poi udito un ordine sommesso della sua signora, dispare. Francesca rimane alla soglia.

<- Smaragdi

Smaragdi ->

 

PAOLO

Eccomi. Sono qui, Giovanni. Io era  

quelli della finestra imbertescata.

GIANCIOTTO

(si volge alla gente d'arme)

Tal colpo esser dovea

di man d'un Malatesta,

balestratori di millanterie.

 
La schiava ricompare con un'anguistara e una coppa. Francesca ritorna verso il marito per mostrarsi. Gianciotto scende verso il fratello.

<- Smaragdi

 

GIANCIOTTO

Paolo, buone novelle  

io ti reco.

(egli scorge la sua donna. Subito la sua voce trova un accento più dolce)

Francesca!

FRANCESCA

Salute a voi, signore, che recate

la vittoria.

GIANCIOTTO

(le va incontro e l'abbraccia)

Mia cara donna, come

ora vi ritrovate in questo luogo?

FRANCESCA

(ella repugna all'abbraccio)

Gran sete voi dovete avere.

GIANCIOTTO

Sì,

ho gran sete.

FRANCESCA

Smaragdi, porta il vino.

(la schiava si appressa con l'anguistara e la coppa)

GIANCIOTTO

(con attonita gioia)

E come, donna, aveste voi pensiero

della mia sete? Cara donna mia!

(Francesca versa il vino e porge la coppa al marito. Paolo è in disparte, silenzioso, a vigilare la gente che appresta la botte incendiaria)

FRANCESCA

Ecco, bevete. È vino

di Scio.

GIANCIOTTO

Prima bevete, in grazia, un sorso.

(Francesca accosta le labbra alla coppa)

È dolce cosa

rivedere la vostra faccia, dopo

la battaglia, e da voi avere offerta

una coppa di vin possente, e beverla

d'un fiato,

(egli vuota la coppa)

così. Tutto si rallegra

il cuore. E Paolo?

Paolo, vieni. Non hai tu sete? Lascia

il fuoco greco per il vino greco.

Donna, versategli una piena coppa

e bevetene un sorso anco, per fargli

onore, e salutatelo, il perfetto

saettatore.

FRANCESCA

Salutato già

io l'avea.

GIANCIOTTO

Quando?

FRANCESCA

Quando saettava.

Bevete, mio cognato, nella coppa

dove ha bevuto il fratel vostro. E buona

ventura iddio vi dia,

all'uno come all'altro, et anche a me!

(Paolo beve guardando Francesca nelle pupille)

GIANCIOTTO

Buona ventura! Paolo

già te lo dissi e poi non seguitai:

lieta novella ti do. Sono giunti

in ora di vittoria

al magnifico nostro padre i messi

fiorentini che te dicono eletto

capitano del popolo

e del comune di Firenze.

PAOLO

Sono

giunti i messi!

GIANCIOTTO

Son giunti. Te ne duoli?

PAOLO

No, partirò.

 
Francesca volge la faccia nell'ombra e muove qualche passo verso la torre. La schiava si trae in disparte e resta immobile.
 

FRANCESCA
(dal fondo)

Sciagura,

sciagura! Non vedete? Non vedete

Malatestino, là, Malatestino

portato a braccia dagli uomini d'arme,

con le fiaccole? Ucciso l'hanno al padre!

 
Malatestino ferito viene portato su a braccia per la scala della torre tra fiaccole accese, in sembiante di cadavere. L'ombra si fa più folta.
 

Scena quinta

Francesca accorre verso la compagnia che discende per una delle scale laterali passando tra i balestrieri, i quali tralasciano l'opera e fanno ala silenziosi. Gianciotto e Paolo accorrono. Due arcieri portano di peso il giovinetto sanguinoso. Quattro arcieri dai lunghi turcassi l'accompagnano con le fiaccole.

<- sei arcieri, Malatestino

 

FRANCESCA

(chinandosi sul giovinetto)  

Malatestino! Oh dio,

egli ha l'occhio crepato,

tutto nero di sangue...

 
I Portatori adagiano il corpo di Malatestino sopra un fascio di corde.
Gianciotto palpa il corpo del giovine Fratello e gli ascolta il cuore.
 

GIANCIOTTO

Francesca, no, non è morto! Respira

e il cuore ancora gli batte. Vedete?

Riviene. Il colpo tramortito l'ha

un poco; ma rinviene.

(osservando la ferita)

Pietra scagliata a mano, non da fionda.

Via, non è nulla.

(lo bacia in fronte)

Malatestino!

 
Il giovinetto si riscuote, riprende gli spiriti.
 

 

Bevi, Malatestino!

 
Francesca versa tra le labbra del Giovinetto qualche stilla di vino. Paolo segue con gli occhi avidi tutti i gesti di lei. Malatestino scrolla il capo; e, al dolore, fa l'atto di alzare verso il sinistro occhio ferito la mano ancora chiusa nella manopola. La Cognata gli ferma il gesto.
 

MALATESTINO

(come uno che si svegli di subito, con violenza)

Fuggirà, fuggirà... Non è sicura

la prigione... Io vi dico ch'ei saprà

fuggire... Padre, datemi licenza

ch'io gli tagli la gola! Io ve l'ho preso.

GIANCIOTTO

Malatestino, non mi riconosci?

Montagna è in buoni artigli. Sta' sicuro

che non ci sfuggirà.

MALATESTINO

Giovanni, dove

sono? Oh, cognata, e voi?

(egli leva ancora la mano all'occhio percosso)

Che m'ho nell'occhio?

GIANCIOTTO

Un buon colpo di pietra

t'hanno accoccato.

FRANCESCA

Senti gran dolore?

MALATESTINO

(si alza in piedi e scrolla il capo)

Sassate di saccardi ghibellini

non hanno da dolere.

Mettetemi una fascia

e datemi da bere:

e a cavallo, a cavallo!

 
Francesca si toglie la benda che le chiude le gote e gli fascia l'occhio.
 

GIANCIOTTO

Ci vedi?

MALATESTINO

Uno mi basta.

I BALESTRIERI

(eccitati dal coraggio del giovinetto)

Viva, viva

messer Malatestino Malatesta!

MALATESTINO

A cavallo, a cavallo!

 
Esce correndo seguito dagli arcieri con le torce.

Malatestino, sei arcieri ->

 

GIANCIOTTO

(volgendosi ai balestrieri)

Su! La botte! La botte!

È pronto il tutto?

 
Egli va verso la torre, a guidare l'operazione del mangano. S'ode il grido gutturale con cui gli Uomini accompagnano lo sforzo del sollevare la botte incendiaria e del caricare il mangano. Di sopra i merli, la vampa delle arsioni si spande nel cielo e cresce. Le campane suonano a stormo. S'odono squilli di trombe.
 

GIANCIOTTO

(sulla torre)  

Pronto? Scarica! Scarica!

 
S'ode lo strepito del mangano che scaglia a distanza la botte provvista della miccia accesa.
 

I BALESTRIERI

Vittoria a Malatesta!

Viva la parte guelfa! Mora, mora

il Parcitade con i ghibellini!

 
Paolo va verso la torre ov'è ricominciato il getto delle rocche e delle falariche. Francesca, rimasta sola nell'ombra si fa il segno della croce, cadendo sui ginocchi e prostrandosi fino a terra. In fondo, un chiarore più violento illumina il cielo.
 

 

A fuoco! A fuoco! Mora il Parcitade!

A fuoco! Mora il Ghibellino! Viva

la parte guelfa! Viva Malatesta!

 
Le saette incendiarie partono a volo tra i merli. Le campane suonano a stormo. Le trombe squillano tra la gazzarra nelle vie della città arsa e insanguinata.
 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

Appare una piazza d'una torre rotonda, nelle case dei Malatesti; due scale laterali di dieci gradini salgono dalla piazza al battuto della torre: una terza scala fra le due, scende ai sottoposti solai, passando per una botola; si scorgono i merli quadri di parte guelfa muniti di bertesche e di piombatoie; un mangano poderoso leva la testa dalla sua stanga e allarga il suo telaio di canapi attorti; balestre grosse a bolzoni e verrettoni a quadrelli, baliste, arcubaliste e altre artiglierie di corda sono postate in giro con lor martinetti girelle torni arganelli lieve; la cima della torre malatestiana irta di macchine e d'armi campeggia nell'aria torbida dominando la città di Rimini donde spuntano soli in lontananza i merli a coda di rondine che coronano la più alta torre ghibellina; alla parete destra è una porta; alla sinistra una stretta finestra imbertescata che guarda l'Adriatico.

Il torrigiano, Balestriere
 

È ancora sgombro il campo del comune?

Il torrigiano, Balestriere
<- Francesca

Berlingerio! / Chi

Il torrigiano, Balestriere, Francesca
<- Paolo

Francesca! / Date il segno, Paolo, date

(s'odono i tocchi di una campana)

Ah dove siamo noi? Chi chiama? Paolo

(si accende una falarica e la si scaglia verso la città)

Il torrigiano, Balestriere, Francesca, Paolo
<- stuolo di balestrieri

Viva messer Malatesta e la parte

(le campane suonano a stormo; s'odono squilli di trombe lontane)

Verucchio! Viva Malatesta viva

Francesca
Padre nostro

Ah, Ugolino, in mal luogo t'ho colto!

Il torrigiano, Balestriere, Francesca, Paolo, stuolo di balestrieri
<- Gianciotto

Per dio, gente poltrona

Il torrigiano, Balestriere, Francesca, Paolo, stuolo di balestrieri, Gianciotto
<- Smaragdi
Il torrigiano, Balestriere, Francesca, Paolo, stuolo di balestrieri, Gianciotto
Smaragdi ->

Eccomi. Sono qui, Giovanni. Io era

Il torrigiano, Balestriere, Francesca, Paolo, stuolo di balestrieri, Gianciotto
<- Smaragdi

Paolo, buone novelle

Il torrigiano, Balestriere, Francesca, Paolo, stuolo di balestrieri, Gianciotto, Smaragdi
<- sei arcieri, Malatestino

Malatestino! Oh dio

Il torrigiano, Balestriere, Francesca, Paolo, stuolo di balestrieri, Gianciotto, Smaragdi
Malatestino, sei arcieri ->

(di sopra i merli, la vampa delle arsioni si spande nel cielo; le campane suonano a stormo; s'odono squilli di trombe)

Pronto? Scarica! Scarica!

(le campane suonano a stormo; le trombe squillano)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta
Una corte, nelle case dei Polentani, contigua a un giardino che brilla di là da una chiusura... Appare una piazza d'una torre rotonda, nelle case dei Malatesti; due scale laterali di dieci gradini salgono... Camera adorna, vagamente scompartita da formelle che portano istoriette del romanzo di Tristano, tra uccelli... Sala ottagona, di pietra bigia, con cinque de' suoi lati in prospetto; in alto, sulla nudità della pietra,... Camera adorna, con il letto incortinato, con la tribuna dei musici, col leggio che regge...
Atto primo Atto terzo Atto quarto

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