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Scena prima |
Rosinda. |
Q 
Rosinda
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Onde partii ritorno.
Qual di questo soggiorno
latebra, a me ti cela
o codardo ladrone?
Timido, la tenzone
con disarmata vergine paventi?
Senti il mio grido, senti.
Mi caverò l'usbergo,
mi trarrò l'elmo getterò lo scudo,
e con il corpo ignudo,
coperto sol quanto onestà richiede,
in singolar steccato
entrerò teco, esci pur, esci armato.
Anco non vieni, e temi
vilissimo assassino? O che morrai
nelle tane profonde
ove viltà ti asconde,
o ch'io ti sbranerò. Sì vasta mole
piena di codardia tolgasi al sole.
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Scena seconda |
Thisandro, Rosinda. |
<- Thisandro
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THISANDRO |
Rosinda l'incostante, ohimè Rosinda.
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ROSINDA |
Oh della vita mia immortale.
Ti fe' la mia tardanza
temer d'infausto evento,
onde, dolce tormento,
seguisti addolorato
l'orme del piede amato.
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THISANDRO |
Clitofonte mi crede,
l'incanto la delude.
O bellezze mie crude
dov'è l'antica fede?
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ROSINDA |
Non può chi si nasconde
inciampar nella morte,
sì trionfa del forte.
Fugace, e sbigottita
sempre da me seguita
fu quella belva umana.
Entrò qui, né so dove ella s'intana.
Ma tu lo spirto lasso
con la gemina stella
a ristorar ne vieni anima bella.
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THISANDRO |
Già, ch'a Thisandro, amore,
con barbaro rigore
fuggitivo li rende il suo piacere
vuol come Clitofonte almen godere.
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Non potea,
vaga dèa,
il mio core
star disgiunto
dal suo centro, e dal suo punto.
Disse Amore,
che là solo
pien di duolo
mi scorge
che fai qui? Segui il mio piè.
Così scorto io vengo a te.
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ROSINDA
Mio bel fato
sospirato
caro arrivi.
Co' tuoi soli
mi rallegri, e mi consoli.
Sempre vivi
scintillanti
e brillanti
sien per me
quei splendori, e di mia fé
le delizie, e la mercé.
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Scena terza |
Clitofonte, Rosinda, Thisandro. |
<- Clitofonte
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CLITOFONTE |
Non cadi Clitofonte?
L'angoscia non t'uccide?
Le tue bellezze infide
abbraccian lusinghiere, e lusingate,
il tuo rivale? Ah traditrici ingrate.
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ROSINDA |
Ecco il gigante indegno, ecco il rapace.
Ladron sì tardi audace?
Così di pigro ardire
armi quel petto infame?
Preparati alla pugna, ed al morire.
Dov'è la tua rapina?
Ov'è il mio scudiero
uomo non già, ma femmina assassina?
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THISANDRO |
Di novo delirante
le sembra Clitofonte
il cercato gigante.
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CLITOFONTE |
Ah Rosinda, Rosinda,
qual, qual tartareo oblio
la conoscenza mia ti sommerge?
La memoria dov'è
de' nostri dolci amori idolo mio?
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ROSINDA |
Dallo sdegno costui mi tragge il riso.
Chi sei tu?
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CLITOFONTE |
Clitofonte,
colui che mai te parte indiviso.
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ROSINDA |
Ah, ah, ah, ah; si finge
te mio foco il fellone,
conoscer non ti dée, perché la pena
non mandi il ferro a far grondar la vena.
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THISANDRO |
Lasciam questo codardo.
Non si lordi la mano
di sangue sì villano.
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ROSINDA |
No, no, non fuggirai
per mentir personaggio estremi i guai.
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CLITOFONTE |
Eccomi genuflesso
tua crudeltate appaga.
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THISANDRO |
Il vuoi più vile? Andiamo.
Libero colà parmi
Rudione veder.
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ROSINDA |
Sì sì partiamo.
Ah, ah, la codardia
tiene in quel seno il trono,
e spiega le sue insegne. A lei lo dono.
| Thisandro, Rosinda ->
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Scena quarta |
Clitofonte. |
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Ove vai? Torna, senti,
magica verga, bella mia, t'accieca.
Fantasmi fraudolenti
ti mutano gli oggetti.
I sviscerati affetti
ch'amano Clitofonte
son fa larve ingannati
voi, voi cieli, voi fati
queste degl'empi abissi
scelleraggini enormi acconsentite?
Fiera Nerea ti eclissi,
astro vendicativo, ogni contento,
e come martirizzi il mio diletto
con le ceraste sue ti sferzi Aletto.
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Scena quinta |
Nerea, Clitofonte, Cillena. |
<- Nerea, Cillena
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NEREA |
Dettami le parole
amorosa facondia, onde poss'io
del ribellante mio
stemprar nel cor ferino,
con la lingua di foco, il ghiaccio alpino.
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CLITOFONTE |
Vedila Clitofonte.
Fuggi le sue lusinghe, ed i suoi vezzi
dispera con i sprezzi.
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NEREA |
Ferma, arresta quel piede
o nobile macigno,
volubile tu l'hai come la fede.
Non partirai crudele,
pria che di mie querele
non odi il suon dolente, e che non senti
l'aspra tua ferità ne' miei lamenti.
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CILLENA |
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CLITOFONTE |
Che dirai, sempre infesta alla mia pace?
Arsi un tempo per te, smorzai la face,
l'accesi ad altro foco, e te lasciai.
Questi sono i tuoi lai.
Odimi, quel tuo pianto
non può risuscitar fiamma, ch'è spenta,
né il mormorato incanto
può dar la vita ad un estinto ardore,
saggia, chiudi la piaga, e sana il core.
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CILLENA |
Raddoppia la meschina
le calde lagrimatte.
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NEREA |
Ch'io non t'ami spietato?
La ragion non ha fiato
per smorzar quell'incendio aspro, e vorace.
Che nel mio petto infuso
per le vene mi serpe. Egra, ricuso
la sanità. Piuttosto,
che abbandonarti, o disperata speme
voglio amarti nell'odio, e nelle pene.
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Vieni, vieni in questo seno,
che sereno
già t'accolse entro il suo latte.
Le sue, caro,
mamme intatte,
se già manna a te stillaro,
da quei fini
loro rubini.
Vo', ch'ambrosia or ti zampillino.
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NEREA |
Sii tranquillino
mio placato, e bel Polluce,
le mie sorti alla tua luce.
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CLITOFONTE |
Lusinghevol sirena
credi indarno allettarmi,
molli verran pria, che mi adeschi, i marmi.
| Clitofonte ->
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Scena sesta |
Cillena, Nerea. |
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NEREA |
Così parti sprezzante?
Il fulmine ti segua;
scaglialo dal tuo soglio, o gran tonante.
Lassa, lassa, chi nuoco?
Il castigo di foco
trattien, trattien signore.
L'amato traditore
m'offenda pure ardito,
inoffeso se n' vada, ed impunito.
Amor fulmina, amor del suo misfatto
è consigliero, e sprone:
sia l'iniquo garzone
confinato a girarsi eternamente
sull'orbe d'Ision tristo, e dolente.
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CILLENA |
Non ti smarrir reina
tra le repulse, ho speme
di vederti a gioir l'alma, che geme.
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Scena settima |
Meandro, Nerea, Cillena. |
<- Meandro
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MEANDRO |
Penitente offensore,
rubello supplicante
vedi al tuo piè prostrato, alta regnante.
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CILLENA |
Quest'è Meandro il saggio.
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MEANDRO |
A medicar l'oltraggio
con salubre licore a te ne vegno;
dall'amoroso regno
fuggito, e della fiamma,
che tra le brine dell'etade, il seno
m'ardea per te libero, e sano appieno.
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NEREA |
La reale indulgenza
ti cancella l'offese,
si dimentica i torti.
Ma qual rimedio al mio languire apporti?
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MEANDRO |
Rosinda, e Clitofonte
della scitica fonte
smorzar, libate l'acque, il foco antico,
e suscitaro in loro altro desio.
Tra i Garamanti è un rio,
che con contrari effetti
ravviva i spenti affetti.
L'onda, ch'è qui racchiusa
là, per giovarti io colsi, e a te la porto,
vedrai sorgente il tuo piacer, ch'è morto.
Torna Rosinda al seno
riverita mia figlia,
e vedrai meraviglia.
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NEREA
Letizia, e giubilo,
cessate gl'impeti,
non uccidetemi,
il cor, che debole
non può resistere.
Lagrime torbide,
sospiri languidi,
io vi licenzio:
non più di assenzio
beverò i calici,
che del mio strazio
amore è sazio.
| Meandro, Nerea ->
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Scena ottava |
Cillena. |
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Gioirà la reina, io penerò,
mi saranno amarezze
le tue care dolcezze,
oggetti tormentosi ognor vedrò.
Ma no, di che m'affanno?
Clitofonte, e Nerea pacificati
i scogli lasceranno.
Io rivedrò la reggia, antico nido
de' miei dolci piaceri,
ove passo le notti, e i giorni interi
con più d'un mio Cupido
in lascive assemblee. Non più timore
ritorneremo a nostri lussi, o core.
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Bellezze incoltivate
il vostro vago ornate,
accrescete con l'arte i vostri lampi,
chi vi rimira avvampi.
Giunte nella città
incatenate, ardete,
la mia necessità voi, voi sapete.
Affamata digiuno,
il sole è per me bruno
amor di gelo, e l'uomo sparito, e morto,
rendetemi il conforto.
Giunte nella città
incatenate, ardete,
la mia necessità voi, voi sapete.
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Scena nona |
Cortile del sopraddetto palazzo. Rudione. |
Q 
Rudione
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Lodato il mio Vafrillo ho empito il ventre.
Felici queste bande,
che vino, che vivande.
Mai più di qua mi parto. Addio Rosinda.
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Non voglio più seguirti
fatto gioco de' spirti
al sole, ed alla neve:
qui si mangia, e si beve
in ozio, alla reale.
Ma Venere m'assale,
Bacco col suo calore
m'accende il pizzicore.
Quest'è un altro appetito,
che sopraggiunto m'ha,
e non trovar pavento
chi a questo incitamento
facea la carità.
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Scena decima |
Aurilla, Rudione. |
<- Aurilla
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AURILLA
Del mio petto
con le nevi accendo i cori
del diletto
dispensiera, e degli amori
fo beato
tra le braccia il vago amato.
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RUDIONE |
Uh, che bella fanciulla
piena di leggiadria.
Amor sa 'l mio bisogno, e qui l'invia.
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AURILLA |
Il mio bello ritroso
impetrò la mercé de' vanti arditi,
e confessò tra dolci abbracciamenti,
che gl'uomini, di noi
son schiavi impotenti.
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RUDIONE |
Ohimè l'ho perso, ohimè
nel petto egli non v'è.
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AURILLA |
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RUDIONE |
Il core.
Tu, tu me l'hai rubato,
qui venni in mia mal'ora
per restar sviscerato.
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AURILLA |
Povero sfortunato.
A dirtela, il tuo core
non lo rubai, nel petto mi saltò.
È vero sì, sì l'ho.
Ma pietosa al tuo caso atroce, e rio
farò un cambio, se vuoi, ti darò il mio.
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RUDIONE |
Volentieri lo torrò.
Così, così mio ben
con un core nel sen viver potrò.
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Scena undicesima |
Vafrillo, Aurilla, Rudione. |
<- Vafrillo
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VAFRILLO |
Aurilla, Aurilla mia
da tue bellezze rare
lontan star non poss'io.
Convien, che come il rio ritorni al mare.
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AURILLA |
Di te, di te più bello
ritrovato ho un amante,
vedilo, quest'è quello.
Vafrillo si dileggi
l'innamorato mostro, e si beffeggi.
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VAFRILLO |
Sì, sì. Se tu mi lasci
prezioso tesoro
perdo l'anima, e moro.
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RUDIONE |
Ospite mio gentile
se la tua cortesia già m'obbligò,
e se risuscitò
Rudione per te morto di fame
alle mie nove brame
concedi l'esca, e insin c'abito qua
rinunziami, ti prego,
questa, questa beltà.
Sana il mal, che mi festi:
col tuo lauto convito
fosti, fosti cagion del mio prurito.
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AURILLA |
Che licenza pretendi?
Non ha, non ha ragione
alcun sopra di me, libera io sono,
di novo mi ti dono.
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VAFRILLO |
Già, già che così vuole il mio destino,
al mio male acconsento.
Ti concedo il favore,
e voglio per tu' amore
soggettarmi al tormento.
Ma pregasi Cupido,
ch'assista a' tuoi diletti amico, e fido.
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AURILLA |
Cantiam, cantiam a tre
«amor di nostra fé».
La sai?
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VAFRILLO |
| |
RUDIONE |
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AURILLA, VAFRILLO E RUDIONE
Amor di nostra fé
stringi, deh stringi i nodi,
e faccia tua mercé,
ch'il cor le tue dolcezze, e gusti, e godi:
proteggi i nostri ardori,
spargi, spargi il tuo mel sui nostri amori.
| S
(♦)
(♦)
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RUDIONE |
Così, così partite?
Così, voi mi schernite?
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AURILLA
Bel sembiante,
bell'amante
da baciar le verginelle.
Dove siete,
qui correte,
per baciarlo, o donne belle.
Bel sembiante,
bell'amante
da baciar le verginelle.
Vago labbro
di cinabro
da dar baci in dolci amplessi.
S'io 'l toccassi,
se 'l baciassi
sputerei sin che vivessi.
Vago labbro
di cinabro
da dar baci in dolci amplessi.
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| Aurilla, Vafrillo ->
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RUDIONE |
Senso mio torna, torna
a tuoi sonni primieri,
né mai più ti destar su questo scoglio.
Esser da te non voglio
tormentato co' stimoli, e pensieri.
Non vuol questa villana in sé raccormi.
Senso mio dormi, dormi.
| Rudione ->
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Scena dodicesima |
Rosinda, Clitofonte. |
<- Rosinda, Clitofonte
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ROSINDA |
Strane cose mi narri.
Maledetti deliri
voi m'arrecaste in sen l'odiato pondo
seno impuro, ed immondo,
contaminato, e infetto
dagl'aborriti amplessi,
della tua viva fiamma unito al petto
purga le sordidezze.
Perdonate all'offese, o mie bellezze.
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CLITOFONTE |
Ohimè di gioia io moro.
Congiunto a questo seno
dolce, grato veleno
con qualità di foco
m'uccide a poco, a poco.
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ROSINDA |
Quai svenimenti, o fido
mi ti rendono esangue, e semivivo?
Vipera non son io.
Apri gl'occhi ben mio.
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CLITOFONTE |
Abbandonati i sensi,
vicina alla tua bocca, uscir volea
l'anima dalla mia per cangiar nido;
s'interpose Cupido
e ritornar la fece a' primi offici
negl'elisi felici
del tuo petto bramava
passar beata l'ore
della carcere sua, caro il mio core.
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Scena tredicesima |
Meandro, Rosinda, Clitofonte. |
<- Meandro
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MEANDRO |
Amanti, intempestivi
sono gli scherzi, e gl'amori.
Uscir da questi errori
tosto conviene a voi. Nerea sdegnosa
vi prepara prigion tetra, e penosa.
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ROSINDA |
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CLITOFONTE |
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MEANDRO |
Turbe di Flegetonte in mille forme
custodiscon l'uscita. Onda v'arreco,
che bevuta da voi farà, che cieco
divenga ogni custode, e ne' lor sibili
deluse l'empie guardie,
verrete agl'invisibili invisibili.
Ma per fuggir, sinché la fuga ha il varco,
dall'incantata rete,
ecco l'acqua bevete.
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ROSINDA |
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CLITOFONTE |
Pronto la prendo, e bevo.
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MEANDRO |
Beuta la salute
con l'onde avete, e risanati i cori
delle piaghe mal nate.
Omai vi ravvivate
dell'antiche faville o spenti ardori.
Già già scopro animarvi estinti affetti
onde prendo congedo,
e de' miei studi a tetti,
lieto alle vostre vite, io me ne riedo.
| Meandro ->
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Scena quattordicesima |
Rosinda, Clitofonte. |
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ROSINDA |
Thisandro il core invoca,
e l'anima le dice
ch'è morto l'infelice.
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CLITOFONTE |
Nerea, questo sospiro
per messagger ti manda
delle sue conversioni il convertito.
Ei se ne viene ardito
a te sua dolce, e riaccesa face,
sperando d'ottener perdono, e pace.
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ROSINDA |
Tu, tu morte li desti
crudel, cangiando ardore.
Nella tua colpa infida
per vendetta t'uccida
l'affanno, o traditore.
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CLITOFONTE
Dove sei? Vieni, vieni
mio ravvivato ardore
a rallegrarmi il core
delle bellezze tue con i baleni.
Dove sei? Vieni, vieni.
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Scena quindicesima |
Nerea, Clitofonte, Cillena, Rosinda. |
<- Nerea, Cillena
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NEREA |
Ancor sei tu satollo
di flagellarmi, o bello
mio tiran, mio rubello?
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CLITOFONTE |
Testimoni veraci
del mio cangiato intento
questi umori ti sien del pentimento,
che parti rugiadosi
il lume figlia, e stilla,
meta de' miei riposi,
calma del mio penar vaga, e tranquilla.
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NEREA |
Oh pentito adorato,
s'il ben era insperato
morta mi avrebbe il repentin piacere.
Grazie al bendato arciere
ritorni pur, ritorni
ricuperata speme
di queste braccia mie tra le catene.
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CLITOFONTE |
Delle tue gioie nove,
rinnovata reina,
son stata indovina.
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ROSINDA |
Mi son gl'altrui contenti
spine acute, e pungenti.
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CLITOFONTE |
Non vo', non vo' perdono,
punisci il delinquente.
Ribellante nocente
volontario mi rendo, e m'imprigiono.
Non vo', non vo' perdono,
punisci il delinquente.
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NEREA |
Punir ti vo' ben sì,
ma sieno i tuoi castighi
mirati dalla notte, e non dal dì.
Punir ti vo' ben sì.
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ROSINDA |
Io merto ogni tormento,
ch'il mio guerrier ho spento.
Sveni la vostra fede un'incostante,
esempio ad ogni amante
volubile, e leggera.
Pera la rea d'infedeltade, pera,
sveni la vostra fede un'incostante.
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Scena ultima |
Thisandro, Nerea, Rosinda, Clitofonte, Cillena, Rudione. |
<- Thisandro, Rudione
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THISANDRO |
Della mia vaneggiante
traccio l'orme smarrite,
da quei vezzi ingannato
vago d'aver ferite.
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NEREA |
La tua fama, o guerriero, omai ritorni
a tralasciati voli
con le penne d'amore
prove del tuo valore
porti di novo all'occidente all'orto
valorosa Rosinda ecco il tuo morto.
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ROSINDA |
Vive Thisandro, vive? Ed io non spiro
nel vederti spirante
traditrice, spergiura, infida amante?
Non so come abbracciarti:
nella colpa avvilito
non osa rimirarti,
conscio de' suoi misfatti,
l'occhio ch'ad altro oggetto
sovvertì il core a consacrar l'affetto.
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THISANDRO |
Ti rimetto il delitto
bella mia lagrimosa.
In questo petto afflitto
riedi, corri, riposa.
Oh dio son tutto ghiaccio,
e pur stringo la fiamma, e 'l sole abbraccio.
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CLITOFONTE
Resti il nostro furore
da quei nodi sì stretti incatenato,
e l'odio esanimato
cada tra quelle paci.
Al suon de' nostri baci
fugga la gelosia.
Raddoppiamo gl'amplessi anima mia.
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