Delucidazione della favola

Rosinda principessa di Corinto, avvezza all'armi, e per prove famosa, errando, com'era l'uso in quei tempi de' cavalieri a difesa de gl'impotenti, e per sradicare dal mondo i malvagi; giunse con Clitofonte, erede dello scettro di Creta, in Scithia, ambo là tratti dalla fama d'una difficile impresa; beverono dentro una selva dell'acque di certa fonte, che con occulta qualità smorzava le fiamme attuali d'Amore, e n'accendeva di nuove. Rosinda in pochi sorsi, lavata dal cor l'immagine di Thisandro, il più valoroso principe di quel secolo, s'innamorò del guerriero presente, e Clitofonte, spento quel foco, che per Nerea, regina di Corcira, l'ardeva, all'improvviso sospirò per Rosinda: Nerea istrutta nelle magiche discipline da Meandro il balio famosissimo mago, gettate l'arti, intese le spurie svisceratezze del suo caro, onde fattolo rapire da un turbine, mentre lusingava l'amata guerriera, in un delizioso loco di Corcira incantollo, spendendo però invano ogni allettamento per recuperare dall'ammaliato le perdute dolcezze. Meandro, tormentato nelle fredde impotenze dell'età da acuti stimoli amorosi per l'allieva, non potendo più vivere taciturno, scoprì il suo male alla bella regina. Le rigorose repulse, ch'ebbe, destarono lo sdegno nel savio vecchio, quale ritrovata Rosinda, che lacrimava le perdite del nuovo amante, con il dono d'una spada incantata, inviolla sopra d'una nave in forma di spaventevole serpe alla liberazione del sospirato. Dissipò l'innamorata con la virtù del ferro ogn'incanto, e sprigionate le sue viscere, ritornò al serpentino vascello, che raccolti gl'amanti, battendo l'ali per l'acque, si volse verso le Strofadi, dove disperato dimorava il principe d'Argo, Thisandro. Questi navigando il Ionio per andarsene a Corinto, desideroso d'aver nuove della sua bella, approdata la nave a Zacinto, ritrovò su la spiaggia Rudione, scudiero di Rosinda, dal quale intese la infedeltà della principessa, ed i suoi recenti amori con Clitofonte. Tramortì al funesto di quei ragguagli Thisandro, e giunta la notte, abbandonati nelle tende i sergenti, montò sopra d'un pallaschermo, e si diede all'arbitrio del mare, che gettollo alle deserte arene d'una delle Strofadi. Scese su l'incoltivato sasso il dolente, e stabilito di morire, tradito d'Amore, su quel deserto, separato da' vivi, si spogliò l'armi, ed appesele in forma di trofeo ad una quercia, intagliò nel tronco della pianta caratteri di disperazione con i quali esprimeva la cagione della sua morte.

Impose Meandro a quelle intelligenze, ch'invisibili reggevano il natante serpente, che lo facessero arrivare a quei lidi, acciocché Thisandro, conosciuto l'emulo, l'uccidesse, per addolorare con la strage del suo adorato, Nerea. Ella avvedutasi della fuga di Clitofonte, addoppiata la verga, e mormorati i carmi infruttuosamente per ritenerlo, superata dalli studi del balio, convoca orrendo concilio di maghe amiche su la solitudine a un scoglio a Corcira vicino, sperando, sconsigliata, di ritrovare in quella dieta, consiglio, e rimedio all'acerbità de' suoi casi.

Spettatore Delucidazione della favola
Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

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