Atto primo

 

Scena prima

Reggia.
Penelope, Ericlea.

 Q 

Penelope, Ericlea

 

PENELOPE

Di misera regina    

non terminati mai dolenti affanni.

L'aspettato non giunge

e pur fuggono gli anni;

la serie del penar è lunga, ahi, troppo,

a chi vive in angosce il tempo è zoppo.

Fallacissima speme,

speranze non più verdi ma canute,

all'invecchiato male

non promette più pace o salute.

Scorsero quattro lustri

dal memorabil giorno

in cui con sue rapine

il superbo troiano

chiamò l'altra sua patria alle ruine.

A ragion arse Troia,

poiché l'amore impuro,

ch'è un delitto di foco,

si purga con le fiamme;

ma ben contro ragione per l'altrui fallo

condannata innocente

dall'altrui colpe io sono

l'afflitta penitente.

Ulisse accorto e saggio,

tu che punir gli adulteri ti vanti,

aguzzi l'armi e susciti le fiamme

per vendicar gli errori

d'una profuga greca, e intanto lasci

la tua casta consorte

fra nemici rivali

in dubbio dell'onore, in forse a morte.

Ogni partenza attende

desiato ritorno:

tu sol del tuo tornar perdesti il giorno.

S

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ERICLEA

Infelice Ericlea,

nutrice sconsolata,

compiangi il duol della regina amata.

PENELOPE

Non è dunque per me varia la sorte?

Cangiò forse fortuna

la volubil ruota in stabil seggio?

E la sua pronta vela

ch'ogni uman caso porta

fra l'incostanza a volo,

sol per me non raccoglie un fiato solo.

Cangian per altri pur aspetto in cielo

le stelle erranti e fisse.

Torna, deh torna Ulisse!

Penelope t'aspetta,

l'innocente sospira,

piange l'offesa e contro

il tenace offensor né pur s'adira.

All'anima affannata

porto le sue discolpe

acciò non resti

di crudeltà macchiato,

ma fabbro de' miei danni incolpo il fato.

Così per tua difesa

col destino, col cielo

fomento guerre e stabilisco risse.

Torna, deh, torna Ulisse!

ERICLEA

Partir senza ritorno

non può stella influir.

Non è partir, non è

ahi, che non è partir.

PENELOPE

Torna il tranquillo al mare,

torna il zeffiro al prato,

l'aurora mentre al sol fa dolce invito

a un ritorno del dì che è pria partito.

Tornan le brine in terra,

tornano al centro i sassi,

e con lubrici passi,

torna all'oceano il rivo.

L'uomo qua giù ch'è vivo

lunge da' suoi principi

porta un'alma celeste e un corpo frale;

tosto more il mortale

e torna l'alma in cielo

e torna il corpo in polve

dopo breve soggiorno;

tu sol del tuo tornar perdesti il giorno.

Torna, ché mentre porti empie dimore

al mio fiero dolore,

veggio del mio morir l'ore prefisse.

Torna, deh torna Ulisse.

Penelope, Ericlea ->

 
Sinfonia
 

Scena seconda

Melanto, Eurimaco.

<- Melanto, Eurimaco

 

MELANTO

Duri e penosi  

son gli amorosi

fieri desir;

ma alfin son cari,

se prima amari,

gli aspri martir.

Ché s'arde un cor è d'allegrezza un foco,

né mai perde in amor chi compie il gioco.

 
Sinfonia
 

 

Chi pria s'accende

procelle attende

da un bianco sen,

ma corseggiando

trova in amando

porto seren.

Si piange pria, ma alfin la gioia ha loco,

né mai perde in amor chi compie il gioco.

EURIMACO

Bella Melanto mia,

graziosa Melanto,

il tuo canto è incanto,

il tuo volto è magia.

È tutto laccio in te ciò ch'altri ammaga;

ciò che laccio non è fa tutto piaga.

MELANTO

Vezzoso garruletto,

o come ben tu sai

ingemmar le bellezze,

illustrar a tuo pro d'un volto i rai.

Lieto vezzeggia pur le glorie mie

con tue dolci bugie.

EURIMACO

Bugia sarebbe s'io

lodando non t'amassi;

ché il negar d'adorar

confessata deità

è bugia d'empietà.

MELANTO E EURIMACO

De' nostri amor concordi

sia pur la fiamma accesa,

ch'amato il non amar arreca offesa.

 

EURIMACO

Né con ragion s'offende  

colui che per offese amor ti rende.

MELANTO

S'io non t'amo, cor mio, che sia di gelo

l'alma ch'ho in seno a tuoi begli occhi avante.

EURIMACO

Se in adorarti cor non ho costante,

non mi sia stanza il mondo, o tetto il cielo.

 

MELANTO E EURIMACO

Dolce mia vita sei,  

lieto mio ben sarai,

nodo sì bel non si disciolga mai.

 

MELANTO

Come il desio m'invoglia,  

Eurimaco, mia vita,

senza fren, senza morso

dar nel tuo sen alle mie gioie il corso.

EURIMACO

O come volentieri

cangerei questa reggia in un deserto

ove occhio curioso

a veder non giungesse i nostri errori.

 

MELANTO E EURIMACO

Ché ad un focoso petto  

il rispetto è dispetto.

 

EURIMACO

Se Penelope bella  

non si piega alle voglie

de' rivali amatori,

mal sicuri staranno

i nostri occulti amori.

Tu dunque t'affatica,

suscita in lei la fiamma.

MELANTO

Ritenterò quell'alma

pertinace ostinata,

ritoccherò quel core

ch'indiamanta l'onore.

 

MELANTO E EURIMACO

Dolce mia vita sei,  

lieto mio ben sarai,

nodo sì bel non si disciolga mai.

Melanto, Eurimaco ->

 
 

Scena terza

Marittima.
Coro di Nereidi e Sirene.

 Q 

nereidi, sirene

 
[Questa scena manca dallo spartito.]
 

NEREIDI

Fermino i sibili,  

sibili e fremiti

i venti e il mar.

SIRENE

Aura, tranquillati;

bell'onda, calmati.

L'addormentato

deh, non svegliar.

NEREIDI

Tacete, Sirene,

se tace Nettuno.

SIRENE

Nereidi, tacete

se tace l'irato.

NEREIDI, SIRENE

Tacete, venti,

silenzio o mar.

Ulisse dorme:

non lo destar.

 

Scena quarta

I Feaci attraversano il mare con le loro barche, sbarcano con Ulisse che dorme e lo lasciano all'entrata della grotta delle Naiadi con il suo tesoro.

<- feaci, Ulisse

 
Questa scena è muta ed accompagnata da una sinfonia.

nereidi, sirene, feaci ->

 

Scena quinta

Nettuno sorge dal mare, poi Giove.

<- Nettuno

 

NETTUNO

Superbo è l'uom ed è del suo peccato  

cagion, benché lontana; il ciel cortese

facile ahi troppo in perdonar l'offese.

Fa guerra col destin, pugna col fato,

tutt'osa, tutt'ardisce

l'umana libertate,

indomita si rende,

a l'arbitrio de l'uom col ciel contende.

Ma se Giove benigno

i trascorsi de l'uom troppo perdona,

tenga, egli a voglia sua nella gran destra

il fulmine ozioso.

Tengalo invendicato,

ma non soffra Nettuno

col proprio disonor l'uman peccato.

 
Sinfonia
 

<- Giove

GIOVE

Gran dio de' salsi flutti,  

che mormori e vaneggi

contro l'alta bontà del dio sovrano?

Mi stabilì per Giove

la mente mia pietosa

più ch'armata la mano.

Questo fulmine atterra,

la pietà persuade,

fa adorar la pietade,

ma non adora più che cade a terra.

Ma qual giusto desio d'aspra vendetta

furioso ti move

ad accusar l'alta bontà di Giove?

NETTUNO

Hanno i feaci arditi

contro l'alto voler del mio decreto

han Ulisse condotto

in Itaca sua patria, onde rimane

e l'umano ardimento

de l'offesa deitade

ingannato l'intento.

Vergogna e non pietade

comanda il perdonar fatti sì rei.

Così di nome solo

son divini gli dèi.

GIOVE

Non sien discare al ciel le tue vendette,

ché comune ragion ci tiene uniti,

puoi da te stesso castigar gli arditi.

NETTUNO

Or già che non dissente

il tuo divin volere,

darò castigo al temerario orgoglio;

la nave loro andante

farò immobile scoglio.

GIOVE

Facciasi il tuo comando,

veggansi l'alte prove

abbian l'onde il suo Giove;

e chi andando peccò pera restando.

Giove, Nettuno ->

 

Scena sesta

Coro di Feaci in mare, poi Nettuno.

<- feaci

 

FEACI

In questo basso mondo  

l'uomo puol

quanto vuol.

Tutto fa, tutto fa,

ché 'l ciel del nostro oprar pensier non ha.

 

<- Nettuno

NETTUNO

Ricche d'un nuovo scoglio  

sien quest'onde fugaci.

Imparino i feaci in questo giorno

che l'umano viaggio

quand'ha contrario il ciel non ha ritorno.

feaci, Nettuno ->

 

Scena settima

Ulisse si sveglia dal sonno.

 
Sinfonia di viole
 

ULISSE

Dormo ancora o son desto?  

Che contrade rimiro?

Qual aria vi respiro?

E che terren calpesto?

Chi fece in me, chi fece

il sempre dolce e lusinghevol sonno

ministro de' tormenti,

chi cangiò il mio riposo in ria sventura?

Qual deità de' dormienti ha cura?

O sonno, o mortal sonno!

Fratello della morte altri ti chiama.

Solingo trasportato,

deluso ed ingannato,

ti conosco ben io, padre d'errori.

Pur degli errori miei son io la colpa.

Ché se l'ombra è del sonno

sorella o pur compagna,

chi si confida all'ombra

perduto alfin contro ragion si lagna.

O dèi sempre sdegnati,

numi non mai placati,

contro Ulisse che dorme anco severi,

vostri divini imperi

contro l'uman voler sien fermi e forti,

ma non tolgano, ahimè, la pace ai morti.

Feaci ingannatori,

voi pur mi prometteste

di ricondurmi salvo

in Itaca mia patria

con le ricchezze mie, co' miei tesori.

Feaci mancatori,

or non so com'ingrati mi lasciaste

in questa riva aperta,

su spiaggia erma e deserta,

misero, abbandonato;

e vi porta fastosi

e per l'aure e per l'onde

così enorme peccato!

Se puniti non son sì gravi errori,

lascia, Giove, deh, lascia

de' fulmini la cura,

ché la legge del caso è più sicura.

Sia delle vostre vele,

falsissimi feaci,

sempre Borea inimico,

e sian qual piuma al vento o scoglio in mare

le vostre infide navi:

leggere agli aquiloni, all'aure gravi.

 

Scena ottava

Minerva in abito da pastorello, Ulisse.

<- Minerva

 
Sinfonia
 

MINERVA

(in abito da pastorello)  

Cara e lieta gioventù

che disprezza empio desir,

non dà a lei noia o martir

ciò che viene e ciò che fu.

 
Ritornello
 

ULISSE

(fra sé parla e dice)  

(Sempre l'uman bisogno il ciel soccorre.

Quel giovinetto tenero negli anni,

mal pratico d'inganni,

forse che 'l mio pensier farà contento:

ché non ha frode in seno

chi non ha pelo al mento.)

 

MINERVA

Giovinezza è un bel tesor  

che fa ricco in gioia un sen.

Per lei zoppo il tempo vien,

per lei vola alato Amor.

 

ULISSE

Vezzoso pastorello,  

deh sovvieni un perduto

di consiglio e d'aiuto, e dimmi pria

di questa spiaggia e questo porto il nome.

MINERVA

Itaca è questa in sen di questo mare,

porto famoso e spiaggia

felice avventurata.

Faccia gioconda e grata

a sì bel nome fai.

Ma tu come venisti e dove vai?

ULISSE

Io greco sono ed or di Creta io vengo

per fuggir il castigo

d'omicidio eseguito;

m'accolsero i feaci e m'han promesso

in Elide condurmi,

ma dal cruccioso mar dal vento infido

fummo a forza cacciati in questo lido.

Sin qui, pastor, ebbi nemico il caso.

Ma sbarcato al riposo,

per veder quieto il mar secondo i venti,

colà m'addormentai sì dolcemente,

ch'io non udii né vidi

de' feaci crudeli

la furtiva partenza, ond'io rimasi

con le mie spoglie in su l'arena ignuda

isconosciuto e solo,

e 'l sonno che partì lasciommi il duolo.

MINERVA

Ben lungamente addormentato fosti

ch'ancor ombra racconti e sogni narri.

È ben accorto Ulisse,

ma più saggia è Minerva.

Tu dunque, Ulisse, i miei precetti osserva.

 

ULISSE

Chi crederebbe mai  

le deità vestite in uman velo!

Si fanno queste mascherate in cielo?

Grazie ti rendo, o protettrice dèa:

ben so che per tuo amore

furon senza periglio i miei pensieri.

Or consigliato seguo

i tuoi saggi consigli.

MINERVA

Incognito sarai,

non conosciuto andrai sinché tu vegga

dei Proci tuoi rivali

la sfacciata baldanza.

ULISSE

O fortunato Ulisse!

MINERVA

Di Penelope casta

l'immutabil costanza.

ULISSE

O fortunato Ulisse!

MINERVA

Or t'adacqua la fronte

nella vicina fonte,

ch'anderai sconosciuto

in sembiante canuto.

ULISSE

Ad obbedirti vado, indi ritorno.

 

Ulisse ->

MINERVA

Io vidi per vendetta  

incenerirsi Troia, ora mi resta

Ulisse ricondur in patria in regno;

d'un'oltraggiata dèa questo è lo sdegno.

Quinci imparate voi stolti mortali,

al litigio divin non poner bocca;

il giudizio del ciel a voi non tocca,

ché son di terra i vostri tribunali.

 

<- Ulisse

ULISSE

Eccomi, saggia dèa,  

questi peli che guardi

sono di mia vecchiaia

testimoni bugiardi.

MINERVA

Or poniamo in sicuro

queste tue spoglie amate

dentro quell'antro oscuro

delle Naiadi, ninfe al ciel sacrate.

 

MINERVA E ULISSE

Ninfe serbate    

le gemme e gl'ori,

spoglie e tesori,

tutto serbate,

ninfe sacrate.

S

 

Scena nona

Coro di Naiadi, Minerva, Ulisse.

<- naiadi

 

CORO DI NAIADI

Bella diva, eccoci pronte  

al tuo cenno, al tuo voler;

e quest'antro, e quella fonte

spruzza e s'apre a tuo piacer.

Itaca lieta si mostra, sì,

al bel ristoro d'Ulisse un dì!

naiadi ->

 

MINERVA

Tu d'Aretusa al fonte intanto vanne  

ove il pastor Eumete,

tuo fido antico servo,

custodisce la gregge: ivi m'attendi

in sin che pria di Sparta io ti conduca

Telemaco tuo figlio;

poi d'eseguir t'appresta il mio consiglio.

 

ULISSE

O fortunato Ulisse,  

fuggi del tuo dolor l'antico error!

Lascia il pianto,

dolce canto

dal tuo cor lieto disserra.

Non si disperi più mortale in terra.

O fortunato Ulisse!

Cara vicenda

si può soffrir,

or diletto, or martir, or pace, or guerra.

Non si disperi più mortale in terra.

Ulisse, Minerva ->

 

Fine (Atto primo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Reggia.

Penelope, Ericlea
 

Di misera regina

Penelope, Ericlea ->
<- Melanto, Eurimaco
Melanto e Eurimaco
Duri e penosi

Né con ragion s'offende

Melanto e Eurimaco
Dolce mia vita sei

Come il desio m'invoglia

Melanto e Eurimaco
Ché ad un focoso petto

Se Penelope bella

Melanto e Eurimaco
Dolce mia vita sei
Melanto, Eurimaco ->

Marittima.

nereidi, sirene
 
Nereidi, Sirene
Fermino i sibili
nereidi, sirene
<- feaci, Ulisse

(i feaci attraversano il mare con le loro barche, sbarcano con Ulisse che dorme e lo lasciano all'entrata della grotta delle Naiadi con il suo tesoro; questa scena è muta ed accompagnata da una sinfonia)

Ulisse
nereidi, sirene, feaci ->

(Nettuno sorge dal mare)

Ulisse
<- Nettuno

Superbo è l'uom ed è del suo peccato

Ulisse, Nettuno
<- Giove

Gran dio de' salsi flutti

Ulisse
Giove, Nettuno ->

(Feaci su nave in mare)

Ulisse
<- feaci
Ulisse, feaci
<- Nettuno

Ricche d'un nuovo scoglio

(la nave dei Feaci è trasformata in scoglio)

Ulisse
feaci, Nettuno ->

(Ulisse si sveglia dal sonno)

Dormo ancora o son desto?

Ulisse
<- Minerva

(Minerva in abito da pastorello)

Sempre l'uman bisogno il ciel soccorre

Vezzoso pastorello

(Minerva si rivela)

Chi crederebbe mai

Minerva
Ulisse ->

Io vidi per vendetta

Minerva
<- Ulisse

(Ulisse ha le sembianze di un vecchio)

Eccomi, saggia dèa

Minerva e Ulisse
Ninfe serbate
Minerva, Ulisse
<- naiadi

(le naiadi trasportano nell'antro il tesoro di Ulisse)

Minerva, Ulisse
naiadi ->

Tu d'Aretusa al fonte intanto vanne

Ulisse, Minerva ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona
Cielo. Reggia. Marittima. Reggia. Boscareccia. Reggia. Boscareccia. Reggia. Deserto. Reggia. Marittima. Reggia.
Prologo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

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