Atto primo

 

Scena prima

Anticamera con cembalo.
Lamberto contrastando con Lauretta.

 Q 

Lamberto, Lauretta

 

LAMBERTO

Oh che sproposito!  

Che mellonagine!

A che proposito?

Questa è seccagine.

Non annoiarmi:

non irritarmi:

taci, non più.

 

LAMBERTO

Al studio, baroncella.  

LAURETTA

Volea dicere...

LAMBERTO

E ancora

stai a intronarmi il capo

con coteste girandole,

Biandoluccia, che se'?

LAURETTA

Scompimmola; ca gia ve ncepollite.

LAMBERTO

Andiamo.

 
(Lamberto siede al cembalo, e suona, e Lauretta canta prendendo lezione)
 

LAURETTA

Maramene, e'ccomme site!

Tra gli scogli, e la procella

agitata navicella.

LAMBERTO

Dolce.

LAURETTA

Agitata navicella.

LAMBERTO

Più,

più dolce.

LAURETTA

Agitata navicella.

LAMBERTO

Staccato llà, llà, llar.

LAURETTA

Senza porto, e senza lido

il furor del vento infido.

LAMBERTO

Meglio quelle biscrome.

LAURETTA

Il furor del vento infido.

LAMBERTO

Ah non so, quel che sai, canta le note.

LAURETTA

Mi, sol, fà, mi, re, là.

LAMBERTO

Mi, sol, fà, mi, re, la.

LAURETTA

Mi, sol, fà, mi, re, la.

(con caricatura contraffacendo Lamberto)

LAMBERTO

Ah ah, avanti avanti.

LAURETTA

È costretta a seguitar.

LAMBERTO

Appresso, e dica bene,

ch'egli è un cantar da cieco.

LAURETTA

Tra gli scogli, e la procella

agitata navicella.

LAMBERTO

E viva; basta questo per adesso.

(alzandosi dal cembalo)

Va', chiama Giacomina.

LAURETTA

Gnorsì, chessa

ve mporta a buje. Tutto lo studio vuosto

sta ncuollo a

Giacomina, ed a Laurella

niente. Avite ragione, ch'è cchiù bella.

LAMBERTO

Tu ti becchi il cervello allo sproposito.

LAURETTA

E perché Giacomina

vuje mo volite fa ja rrecetare,

e à mme no?

LAMBERTO

Perché tu non ancora

sei atta a ciò.

LAURETTA

Volite pazzejare?

Oje tanta peo de mene

gnorante, senza voce, e sgraziate

cantano, e so piaciute a li teatre.

LAMBERTO

Ciò provien d'altro, che 'l tacere bello,

ivi le protezion vagliono molto...

Non voglio mormorar. Tu studia intanto,

pensa d'esser gradita sol col canto.

LAURETTA

Comme volite vuje.

LAMBERTO

Giacomina in quest'anno anderà in Napoli

a recitar, poiché si aspetta in brieve

un impresario da colà, chiamato

il signor Colagianni a tale effetto;

tu resterai soletta:

e tutta allor mia cura

sarà, di farti musica perfetta.

LAURETTA

E quanno sarà chesso?

LAMBERTO

Col tempo, e colla paglia

si maturan le nespola.

LAURETTA

S'io mo' ve spapurasse lo golio,

ch'aggio, de comparé incoppa na scena,

sio masto mio, lo ccredarrisse appena.

 

No gusto ha da stordire  

chi canta a no triato,

da llà no Cicisbeo

sospira, e tene mente.

Da ccà se sente dire

da qualche ncappatiello:

bravo! Sso poco è bello

e sente ppo da tutte

le mmano schiaffeà.

Ma pe contrario pò,

uh! poverella chella,

quanno da vascio sente

da quacche Calimeo:

sta bestia mm'ha nfettato,

sentire non se po',

me fa piglià li butte,

vi quanno se nne và.

 

Lauretta ->

 

Scena seconda

Lamberto.

 

 

Costei troppo è vezzosa, e, s'io non fossi  

della scuola socratica,

forse m'impanierei

ne' vezzi suoi, e diverreine amante.

Or che diranno questi maestruzzi,

che si vogliono mettere a dozzina,

come le stringhe rotte

vedendo mie scolare così dotte?

E più si affibiaranno la giornea,

allor ch'io stamperò le mie cantate;

onde si vederà la vera norma

del contropunto, e come

io sia non men maestro di Cappella,

che buono matematico:

a differenza di color, che appena

apparar sul melone

do, re, mi, fa, sol, la,

che boriosi al cembalo

siedono con tremenda maestà.

 

Come scoglio in mezzo all'onde:  

come l'onda in mezzo ai venti:

come vento in sulle sponde:

come sponda in sui torrenti:

come fiume in sulla via;

come, come, come, come

il malan, che il ciel gli dia.

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Scena terza

Lauretta, e Lamberto, poi Giacomina; indi Leandro.

<- Lauretta

 

LAURETTA

Sio masto, into la sala

nc'è no milordo, e ddice ca se chiamma

lo si Leandro, e bo parlà co buje.

LAMBERTO

Ah sì, questo è colui,

che apparar vuole in musica; entri pure.

 

<- Giacomina

GIACOMINA

Signor Lamberto, un gentiluom vi chiede  

all'altro piano, ed un abbate.

LAMBERTO

Adesso

sarò da lor... Oh mio padrone.

 
(qui viene Leandro, e mentre saluta Lamberto, s'incontra cogl'occhi di Giacomina, e restano l'uno guardandosi coll'altro, conoscendosi, e Lamberto anche lui resta guardando l'uno, e l'altro con meraviglia)

<- Leandro

 

GIACOMINA

(Chi vedo?)  

LAURETTA

(Oddio! Chi è quella?)

GIACOMINA

(Egli è Orazio!)

LEANDRO

(È Ginevra!)

GIACOMINA

(Come qui?)

LEANDRO

(Come qui?)

LAMBERTO

Oh questa è bella!

Quali sospensioni? Signor mio,

non favellate?

LEANDRO

(a Lamberto)

Attendo

i suoi favori.

GIACOMINA

(a Lamberto)

Ed io

vi ricordo, che siete

chiesto di là.

LAMBERTO

(a Giacomina)

Sì, sì.

(a Leandro)

Mi compatisca

quel signor, seda un poco, e qui m'attenda,

ch'or, or sarò da lei,

e parleremo con più agio.

LEANDRO

Vadi.

 

Lamberto, Lauretta ->

GIACOMINA

(È desso, non v'ha dubbio.) Orazio mio,

Orazio, e sia pur ver, che dopo sette

anni di amara lontananza, alfine

pur ti riveggo... Ma tu taci.

 
(Leandro non risponde)
 

LEANDRO

(Certo

ne son io già. Mi giovi

occultarmi a costei, finché non fia

di sua vita informato, e come in questa

casa dimori, e a che. Mille sospetti

mi si destan nell'alma. Il tempo, il luogo

i disagi, ed il fiero

malor, che guari pur non ha, mi afflisse

m'han transformato in qualche parte; ond'io

potrò liberamente

negar, d'essere Orazio.)

GIACOMINA

Tu mi guardi,

in guisa d'uom, che meraviglie vede.

Non è tanto diverso il mio sembiante

da quel primier, che non ravvisi in quello

chi tanto amasti un tempo,

e chi tanto ti amò; sì, Orazio mio,

Orazio, vita mia...

LEANDRO

Gentil donzella,

veda, che non s'inganni. Il nome mio,

è Leandro, non sono

quel, che voi già credete.

GIACOMINA

Come: oddio!

Non sei Orazio?

LEANDRO

No.

GIACOMINA

(Folle son io!

Ahi mi deluse Amor!) Signor, condona,

vostre fattezze simili al sembiante

d'un giovine a me caro,

benché diverse in poca parte, furo

cagion del preso errore:

l'inchino dunque. (Ah m'ingannasti Amore!)

(entra)

Giacomina ->

 

LEANDRO

Orazio, e quando mai creduto avresti,  

dopo sì lungo tempo,

qui ritrovar la tua Ginevra, ancora.

Amorosa, e gentile,

come ti fu, quando per te 'n non cale

pose patria, e parenti, anzi sé stessa?

Ginevra mia, perdona,

se a te mi celo, n'è cagion quel lieve

sospetto, ch'esser suole

compagno indivisibile d'Amore;

non ch'io della tua fede

abbia alcun dubbio. Del tuo cor le tempre

note mi sono appien; dal tuo bel volto.

Dalle parole tue spirar mi sento

nuovo nell'alma insolito contento.

 

Cara, da te mi viene  

aura di dolce speme,

che mi solleva il core,

ristora le mie pene,

e respirar mi fa.

E sebben l'alma teme

di sorte rea gli eventi,

effetto è sol d'Amore,

che mai li suoi contenti

senza timor non dà.

 

Leandro ->

 

Scena quarta

Lamberto, Colagianni, e Mariuccio.

<- Lamberto, Colagianni, Mariuccio

 

LAMBERTO

Sedano pure; ebbene?  

Quando qui siete giunti?

COLAGIANNI

Mò, e adesso.

LAMBERTO

(Mo, e adesso!

Che modo di parlare!)

COLAGIANNI

Pe sservirla.

LAMBERTO

Di grazia.

COLAGIANNI

Lo mpresario

dello treato nuovo io so dde Napole.

LAMBERTO

Già me l'avete detto.

COLAGIANNI

Da llà so asciuto apposta

pe ffa na bona scevota

di viziosi.

LAMBERTO

Che? Di virtuosi

volete dir?

COLAGIANNI

Gnorsì; pegliaje a Brescia

na Romana pe pparte de servetta.

LAMBERTO

Com'ella ha buona voce?

COLAGIANNI

Canta com'una luna in quintadecima.

LAMBERTO

(Oh, oh, che farfallon.)

COLAGIANNI

Aggio pigliato

a Padova na parte de soprana,

che canta di contralto, come il cancaro!

LAMBERTO

(Ohimè costui infastella più spropositi

che parole.)

COLAGIANNI

Cche dice?

LAMBERTO

Chi è costei?

COLAGIANNI

Chella, ch'a lo treato a lo Cocummaro

mo fa ll'anno a sciorenza

fece da primma donna.

LAMBERTO

Chi, la paduanina?

COLAGIANNI

Appunto.

LAMBERTO

E questa

fè' poca riuscita.

COLAGIANNI

Oscia mme scusa,

ch'è non spavento proprio:

decea nfra ll'auto no terziglio a dduje:

chiagnenno col prim'omo, che facette

crepà de riso tutta chell'audienza.

LAMBERTO

(Cotesta è da legnaja.)

COLAGIANNI

A Bologna pegliaje chisto fegliulo,

il qual recitarà d'omo secondo.

MARIUCCIO

Discepolo di lei.

LAMBERTO

(a Mariuccio)

Oh!

(a Colagianni)

Ma è troppo ragazzo.

COLAGIANNI

No mme mporta;

pocca a cchille treate so ntrodotte

le pparte de paggiotte, e chisso lloco

nc'ave na bona posposizione.

LAMBERTO

(Un diavolo!)

COLAGIANNI

Gnò?

LAMBERTO

Disposizione

voi dite?

COLAGIANNI

Signorsì.

LAMBERTO

Ora a che debbo

servirla?

COLAGIANNI

Anz'io so cca pe comannateve.

Vorria la sia Giacomina vosta

pe pprimma parte a lo triato mio,

conforme v'avisaje già da sciorenza.

LAMBERTO

Io ne sarei contento,

andando ella in città così cospicua,

qual è Napoli: ma

la difficoltà sta, ch'io non vorrei

avvilirla al principio

in un teatro piccolo.

COLAGIANNI

Oscia mm'abburla? Li treate llà

se songo mise tutte in nobirtà

d'abiti spaventosi,

di gran mutazioni, e scelta musica,

ed opire all'eroina.

LAMBERTO

All'eroica (in malora,

non ne dice pur una.)

COLAGIANNI

Tanto cchiù. Che 'l buon gusto

de li Napolitane s'è affinato.

LAMBERTO

Anzi volete dir, che in quel paese

trovano il pel nell'uovo.

COLAGIANNI

Pilo nell'uovo! Ajebò.

Senta: li virtuosi in quel paese

son tenuti in concerto, e compatisceno

chi è principiante.

LAMBERTO

Quando è bella.

Or via, dunque volete

per il teatro vostro Giacomina?

COLAGIANNI

Cierto.

LAMBERTO

La vuol sentir?

COLAGIANNI

Mi favorisce.

LAMBERTO

Entra qui, Giacomina, Giacomina.

 

Scena quinta

Giacomina, e detti.

<- Giacomina

 

GIACOMINA

Signor maestro?  

LAMBERTO

Eccola qui.

COLAGIANNI

Signora,

addio.

GIACOMINA

Li sono serva.

MARIUCCIO

Anch'io le inchino.

GIACOMINA

Serva sua.

COLAGIANNI

(a Mariuccio)

Bella vita,

bel personaggio! Che ti pare?

MARIUCCIO

È buona.

LAMBERTO

Siedi là, Giacomina.

(le accenna al cembalo)

GIACOMINA

(siede)

Vi ubbidisco.

(Che sarà!)

LAMBERTO

(a Giacomina)

Canta, e suona

un po'. Senta omai, ser Colagianni,

come sia virtuosa

non meno di cantare,

che di sonar costei.

COLAGIANNI

Orazio crescit:

gran fortuna farrà questa ragazza.

GIACOMINA

Tanto della sua Dorì

Tirsi afflitto seguia le schive piante

al prato, all'antro, al monte,

ch'al fin vicino al fonte

pur incontrolla il mal gradito amante;

e sebben gli occhi amati

vidde pietosi per temprar suo affanno,

pur riconobbe in lor non so che inganno;

onde colmo d'amore

così a lei disse il misero pastore:

 

Specchi dell'alma,  

lumi fallaci,

io ben conosco, che m'ingannate;

ma di lascirvi mi toglie Amor.

Benché più chiare sian vostre faci;

non mi rendete però la calma,

né mi temprate

l'aspro dolor.

 

COLAGIANNI

È biva a meraviglia.

MARIUCCIO

Da maestra.

LAMBERTO

(a Giacomina)

Alzatevi dal cembalo;

coll'azion vogliate replicare

la prima parte almeno,

come se aveste in scena a recitare.

 
(Giacomina s'alza)
 

GIACOMINA

Specchi dell'alma,  

lumi fallaci,

io ben conosco, che m'ingannate;

ma di lascirvi mi toglie Amor.

Benché più chiare sian vostre faci;

non mi rendete però la calma,

né mi temprate

l'aspro dolor.

 

Giacomina ->

 

Scena sesta

Lamberto, Colagianni, Mariuccio, e poi Lauretta.

 

LAMBERTO

(a Colagianni)  

Che vi pare?

COLAGIANNI

Bravissima.

Non ce vol'autro, hà da venire a Nnapole.

Che ccosa nne volite

per l'onerario sujo?

LAMBERTO

Di ciò più adagio

ne parlaremo: in tanto

può riposarsi. Olà Lauretta.

 

<- Lauretta

LAURETTA

Gnore?

COLAGIANNI

(Che quatro liscio!)

LAMBERTO

Adesso si prepari

di tutto quanto il quarto

di là.

LAURETTA

E'llesto.

(entra)

Lauretta ->

 

COLAGIANNI

(E pare paesana.)

Chi è cchessa sì Lammierto?

LAMBERTO

Nna napoletana da sei mesi

venuta in mio potere.

Io l'insegno di musica, e sebbene

principiante, mostra gran talento.

COLAGIANNI

Saria bona pe ffà na servetella

napolitana, e cierto,

ca volentieri me l'affittarei.

LAMBERTO

Ma d'infelice evento io temerei.

COLAGIANNI

Perché?

LAMBERTO

Perché nemmeno

sa solfeggiar.

COLAGIANNI

Ma è muto graziosa,

ha bona mutria, de queste

riescono a i treate d'oggidì.

LAMBERTO

Ne avete sperienza?

COLAGIANNI

Signorsì.

 

Na cantarina,  

quann'è matina

allegrolella,

graziosella,

si be n'ha vvocem si be no ntona,

è ssempe bona pe li treate.

E l'impressari po fà arrecchì.

Ch'ammorra ammorra li nnammorate,

p'avé vigliette, p'avé barchette,

sulo pe cchella vide venì.

 

Colagianni ->

 

Scena settima

Lamberto, e Mariuccio.

 

LAMBERTO

È molto allegro questo  

ser Colagianni.

MARIUCCIO

Ed ha tratti cortesi.

LAMBERTO

Un sol difetto io ci conosco.

MARIUCCIO

Ed è?

LAMBERTO

Par, che presuma troppo, e niente sappia.

MARIUCCIO

Questo è vizio commune

degl'impresari.

LAMBERTO

Basta; tu li sei

però molto obbligato.

MARIUCCIO

È ver, no 'l niego:

per lui la prima volta

vado in scena, ove spero,

farci molto profitto, a dirvi il vero.

 

Spero, con recitare,  

di farmi ricco appieno,

e aver da questo, e quello

regali in quantità.

Che, se non so cantare,

son spiritoso almeno,

e mi vo lusingando,

ch'ogn'un m'applaudirà.

 

Mariuccio ->

 

Scena ottava

Lamberto, e Giacomina.

<- Giacomina

 

GIACOMINA

Signor Lamberto?  

LAMBERTO

Giacomina.

GIACOMINA

Siete

disposto dunque, di mandarmi in Napoli?

LAMBERTO

Certo.

GIACOMINA

Ohimè.

LAMBERTO

Tu sospiri?

GIACOMINA

E vi dà l'animo?

Di mandarmi colà, d'allontanarmi

da voi, che qual mio padre per affetto

io vi tenea?

LAMBERTO

Anzi, perché t'ho amata,

procuro, che ti avanzi.

GIACOMINA

E quale avanzo

potrò sperar da sì 'nfelice stato,

in cui voi mi sponete?

LAMBERTO

Stato infelice chiami tu cantare?

GIACOMINA

Infelice non sol, ma periglioso,

nel quale il meno, che si acquista, è il biasmo

di libertà di vita, e 'l nome infame

di vagabonda, lascio

che diviene l'oggetto

dell'altrui lingue, e delle beffe altrui.

Vedete omai di grazia,

s'una fanciulla nobile, e ben nata

accomodar si puote a simil vita?

LAMBERTO

Sciocca, se tu gustassi

la millesima parte de' piaceri

c'hanno le virtuose,

non diresti così. Servite, amate,

caregiate, onorate, regalate,

lodate, desiate,

raccomandate...

GIACOMINA

Altra, di me più avvezza

a ciò l'abbia, io per me l'aborro, e schivo.

LAMBERTO

Ti ci avvezzi tu ancor, non dubitare,

e muterai favella,

quando, calcando i più famosi palchi

d'Italia, e fuori, leggerai il tuo nome

sui drammi scritto: Semira reina

di Babilonia, moglie

di Nino: la signora Giacomina,

virtuoso del mogol.

GIACOMINA

Ma io vi torno a dire...

LAMBERTO

Non più repliche, olà, così vogl'io.

GIACOMINA

(Ed ecco il colmo d'ogni danno mio!)

(entra)

Giacomina ->

 

Scena nona

Lamberto, e poi Lauretta.

 

LAMBERTO

Mi par mill'anni che se n' vadi via  

costei, per star soletto

con Laura in casa, e allor... e allora che?

Non ci va il decoro mio;

no, no, no, no...

(vedendo venir Lauretta)

Oh mio decoro, addio.

 

<- Lauretta

LAURETTA

Sio masto, so benute  

li forastiere all'auto quarto.

LAMBERTO

Vado.

(mentre vuol partire si volta a Lauretta con occhio appassionato)

LAURETTA

Che nc'è?

LAMBERTO

Sai?

LAURETTA

Che?

LAMBERTO

Che Giacomina

già va in Napoli.

LAURETTA

Saccio.

(va per partire, e si volta alla detta, come sopra)

LAMBERTO

Bene bene.

LAURETTA

Gnò?

LAMBERTO

E sai, che tu resti soletta in questa casa?

LAURETTA

Saccio.

LAMBERTO

Bene bene.

(come sopra, va per partire)

LAURETTA

Ah?

LAMBERTO

E sai,

che io...

LAURETTA

Vuje che?

LAMBERTO

Che io

ti...

LAURETTA

Che? Mi?

LAMBERTO

Che io ti, ti, ti, ti...

LAURETTA

Che cosa mi, mi, mi, mi?

LAMBERTO

Ti a a a...

LAURETTA

Che?

LAMBERTO

Niente. (Oh maladetta gravità.)

 

Qual foco mi scotta?  

Qual neve mi agghiaccia?

Il petto, ed il core,

le gambe, e le braccia

mi sento brugiare!

Mi sento tremare!

Furbotta, furbotta.

Tu sai, che cos'è?

Qual miele? Qual tosco?

Mi è grato? M'infetta?

Mi uccide? Mi alletta?

(Il vedo, il conosco,

è amore, è amore,

ah misero me!)

 

Lamberto ->

LAURETTA

Sò cchiacchiare, nuje femmene facimmo  

mmertecà le ccolonne: e no le serve

a nullo essere addotto, e faccentone.

Ecco lo masto mio, che de li maste

facea lo capatano,

mo se nne và venenno chiano, chiano.

 

Lauretta ->

 

Scena decima

Leandro, e Giacomina.

<- Leandro, Giacomina

 

GIACOMINA

Intendesti, a qual danno  

vicina io sono?

LEANDRO

Intesi, ma bisogna

obbedire al maestro.

GIACOMINA

Tu ancor mi persuadi

che io per Napoli parta? Adesso vedo,

che Orazio tu non sei, poiché se 'l fossi,

non diresti così.

LEANDRO

Né Orazio sono,

né so chi sia; pur d'uom così a te caro,

e a me simil, che mi ricordi tanto,

è lecito, ch'io sappia

l'intera storia?

GIACOMINA

Aiuto, e segretezza

se mi prometti, io la dirò.

LEANDRO

Prometto

segretezza, ed aiuto

col consiglio, e coll'opra.

GIACOMINA

In Genoa patria mia

mi accesi, or compie il settim'anno appunto,

di quell'Orazio, ch'io ti dico, il quale

arse per me di pari ardor; ma i crudi

nostri parenti, fra di lor nemici,

negaro ad ambo il desiato nodo;

tal che, nascostamente resi sposi,

ne fuggimmo di là. Ma fummo in mare

preda de' mori, e questi

nell'onde di Sicilia fur in parte

delle galee viniziane preda,

nella quale fui io;

e la migliore, dov'era Orazio mio

salva in Africa andò. Fra tai vicende

di schiavitù di libertade, io venni

in poter di Lamberto: con quai pene,

con quai sollecitudini, tu il sai,

se mai provasti amor. Sperai, pregai

il ciel, che mi facesse

dopo sì reo martire

rivedere il mio Orazio, e poi morire.

LEANDRO

(Orazio, e che più prova

della costanza di costei tu brami?)

GIACOMINA

Tu taci, e non rispondi?

Ti aggiri, e ti confondi?

Ah già ritorna il dubbio nel mio core,

Leandro, Orazio sei?

LEANDRO

No, che no 'l sono.

Ma secondo il racconto,

che mi hai fatto, il conobbi, e fu mio amico.

GIACOMINA

E dove il conoscesti? E come? Oddio!

LEANDRO

Preda de' Mori anch'io

un tempo fui con questo Orazio, il quale

solea sovente di Ginestra il nome

pietoso rammentar fra le catene.

GIACOMINA

Questo è il mio nome appunto.

LEANDRO

Da un gentiluom d'Ancona

poiriscattati fummo. Io qui ne venni.

GIACOMINA

E 'l mio Orazio?

LEANDRO

In Ancona restar volle.

GIACOMINA

E sai, se si ricorda

di me?

LEANDRO

Ben mille, e mille volte il giorno,

replicando il tuo nome, egli dicea,

o Ginevra: Ginevra, anima mia,

mio bene, idolo mio, mio spirto, e vita.

GIACOMINA

Olà Leandro, che favelli? E a chi?

LEANDRO

Tra lacci Orazio tuo dicea così.

GIACOMINA

Ah Orazio, ah caro Orazio,

tua fui, tua sono, e tua sarò per sempre.

LEANDRO

A chi, Ginevra, a chi

tante bele promesse in un confonde?

GIACOMINA

Ginevra a Orazio suo così risponde.

 

Come si lagna  

mesto usignolo,

se i figli al nido più non rimira,

così sospira quest'alma ancor.

Lontana (oddio)

dall'idolo mio

tormento, e pena

sol prova il cor.

 

Giacomina ->

 

Scena undicesima

Leandro.

 

 

Ginevra, o se potessi  

penetrare il mio cor, quanto contento

ben, che n'averesti; a me non parve

tempo opportun di palesarmi, prima

starò a veder, se si conchiude in tanto

la sua partenza, e poi,

a lei nel maggior uopo

mi scoprirò. Gioisci o cor; scorgesti

la di lei fedeltà. Vedrà pur quella

a suo tempo, ch'io fui,

e tale ancor sarò fra le vicende

di sorte iniqua, e rea, sempre costante,

fido, leale, e sviscerato amante.

 

Contro i venti mai non cede  

salda rupe, e fermo scoglio;

idol mio, così mia fede

sempre stabile sarà.

Sia benigno, o m'usi orgoglio

l'implacabile mio fato,

questo core innamorato

tempre mai non cangerà.

 

Leandro ->

 

Scena dodicesima

Lamberto, Elisa, Bettina, Colagianni, e Mariuccio.

<- Lamberto, Elisa, Bettina, Colagianni, Mariuccio

 

LAMBERTO

Queste ragazze hanno due brave voci,  

e quel giovine ancora,

faran portenti ne' teatri.

ELISA

Spero,

che sarò compatita.

BETTINA

Ed io m'ingegnerò, far quanto posso.

MARIUCCIO

Io farò la mia parte.

COLAGIANNI

Co cchisse treje, e la sia Giacomina

spero de la ngarrà, si non la sgarto.

LAMBERTO

Vedo, signora Elisa,

nel suo soggetto ogni disposizione.

ELISA

Grazie, che mi dispenza

il mio signor maestro.

LAMBERTO

Fo giustizia

al merito; vo' dir, che aveano il torto,

di prendervi in Firenze a noja tanto:

venne sin qui l'avviso,

che non foste gradita in quel teatro.

ELISA

Perché non fui cortese

al mastro di cappella,

costui ni fe' una musica

nella mia parte assai spiacevolissima.

LAMBERTO

E per questo apprendete scempiarelle,

a non esser superbe

colle persone, che vi posson nuocere.

BETTINA

Io per me sarò sempre umile a tutti,

né vo' irritarmi alcuno.

COLAGIANNI

Adaggio adaggio

ai mali passi solea dire Biaggio.

MARIUCCIO

Per me non sono competenze, e impegni

perché non sono donna.

LAMBERTO

Voi potrete

bel preparato quarto

riposarviper ora. Il dopo pranzo

faremo un'accademia virtuosa,

indi andremo alla maschera, e stasera

ci vogliam divertir con un festino.

COLAGIANNI

Viva lo sio Lammierto.

ELISA

Io me l'inchino.

Signor maestro, priego, che mi ponga

in grazia all'impresario,

e a lui mi raccomandi.

LAMBERTO

Non credo, che con voi

questo bisognerà.

COLAGIANNI

La signora con me vo pazzeà?

ELISA

(Oh se potessi scaltra

l'impresario adescar nella mia rete,

buon per me.)

COLAGIANNI

(Ssa trottata

tira de mme ncappà, ma ll'ha sgarrata.)

ELISA

In paese straniero

povera forastiera sì soletta

spera da voi, signor, d'esser protetta.

 

Raminga in folta selva  

timida pastorella

crede, ch'allor la belva

la venghi ad assalir.

Ma se poi trova quella

l'amato suo pastore,

richiama i spirti al core,

e sol penza a gioir.

 

Elisa ->

 

Scena tredicesima

Lamberto, Colagianni, Bettina, e Mariuccio.

 

BETTINA

Per me non ho timore; anzi ho uno spirto,  

che mill'anni mi pare,

calcare il palco di notturna scena,

per voler mio talento dimostrare.

COLAGIANNI

Se vede a lo pparlà, ca nce rejesce.

LAMBERTO

Dalla mattina si conosce il giorno.

COLAGIANNI

Fatte note, e considera

le spese stravaganti, che ffacimmo

nuje povere mpresarie,

per fare riuscì le male dramme.

LAMBERTO

Melodrame.

COLAGIANNI

Gnorsine, e nc'appogiammo

ncoppa a buje.

BETTINA

Ho speranza,

benché sia ragazzina, esser gradita,

o almeno compatita.

 

Se non canto a meraviglia,  

tale quale almeno io canto:

se non sono bella figlia,

non son anche brutta tanto:

son fanciulla, graziosa,

avvenente, spiritosa,

piacerò, credete a me.

La mia mente m'indovina,

che io farò del bene molto,

ella dice, io ben l'ascolto,

che fra poco canterina

diverrò perfetta affé.

 

Bettina ->

 

Scena quattordicesima

Lamberto, Colagianni, Mariuccio.

 

LAMBERTO

Costei sa molto, e non anco ha calcata  

la polve de' teatri.

COLAGIANNI

Si Lammierto,

che ddice oscia, volimmo

concrudere l'appardo

della sia Giacomina?

LAMBERTO

Io già vi ho detto.

COLAGIANNI

Quattrocento zecchini.

LAMBERTO

Appunto, ed anco

presa, e rimessa, gli abiti da scena,

nastri, spille, calzette, scarpe, e sopra

tutto la prima donna.

COLAGIANNI

Se nce ntenne.

LAMBERTO

E nella prima recita

il titolo del libro.

COLAGIANNI

Chesso spetta al poeta.

LAMBERTO

Ed al poeta

ci parlerete voi.

COLAGIANNI

Eh, ca vuje non sapite

che rrobba so chille poviete; quanno

anno compuosto, pe llevà na virgola

se mostrano cchiù dduri di Lucigni.

LAMBERTO

Ma l'ostinazione

figlia è dell'ignoranza.

COLAGIANNI

Io mperrò ve mprometto,

quanno farrò il mio libro, dare il titolo

o la sia Giacomina, e ve contento.

LAMBERTO

Voi fate il libro?

COLAGIANNI

Io:

non sapete, che io sono

mezzo poeta, e mezzo

maestro di cappella?

LAMBERTO

(È tutto bestia.

Povero bietolone!)

COLAGIANNI

Che ddecite?

LAMBERTO

Ser Colagianni mio, va riposatevi,

che dopo pranzo poi

finiremo il discorso,

or datemi licenza.

(Veh, se spacciar, si vuol dotto a credenza.)

(parte)

Lamberto ->

 

COLAGIANNI

Ah ah, lo si Lammierto  

se credea de parlà co quacche racchio;

è restato.

MARIUCCIO

Per certo; ma qua viene

quell'altra giovinetta,

che del maestro in casa

dimora.

COLAGIANNI

Chi?

MARIUCCIO

Lauretta.

COLAGIANNI

Ah sì la paesanella,

retirate, ca voglio

parlarle.

MARIUCCIO

Io mi ritiro.

(parte)

Mariuccio ->

 

COLAGIANNI

Oh potta! È bella.

 

Scena quindicesima

Lauretta, e Colagianni.

<- Lauretta

 

COLAGIANNI

Servo, donna Lauretta.  

LAURETTA

Serva del mio signor don Colajanne.

(parte)

COLAGIANNI

Oscia è napolitana?

LAURETTA

Sì segnore.

COLAGIANNI

E comme ve trovate a sti paise?

Si licet.

LAURETTA

Era patremo scrivano:

pe no cierto dellitto, da tre anne

se nne soie da Napole; e cod'isso

me nne portaje a Benezia, po' morette

salute a buje, ed io

venette mmano a cchist'ommo da bene

de Lammierto, che comm'a ffiglia soja

mm'ave nzi a mmò trattata,

e dde cchiù mm'ha de museca mparata.

COLAGIANNI

(Chesta mme ncappa.)

LAURETTA

Gnò. Che avite ditto?

COLAGIANNI

Dico se vuoje venire

a rrecetare a Napole?

LAURETTA

Io venarria, ma dice

lo masto, ca n'ancora

sò bona.

COLAGIANNI

Non si bona? Potta d'oje!

È lo vero ca si prencipiante,

ma pe ppassare nnante,

non ce vò niente, abbasta,

ch'aje no poco de grazia,

ca se si fusse n'asena vestuta,

tu si pportata nnanze, e sostenuta.

LAURETTA

E chi vo sostenere

a mme pover'affritta?

COLAGIANNI

Lo mpresario.

 

Scena sedicesima

Lamberto, che osserva, e detti.

<- Lamberto

 

LAMBERTO

(Laura coll'impresario  

a stretto cicaleccio, osserviam pure.)

COLAGIANNI

Che ddice? Vuò venì?

LAURETTA

Comme facimmo

ca lo masto non vole?

COLAGIANNI

E perché?

LAURETTA

Che nne saccio. Io vao penzanno,

che sia de me ncappato.

LAMBERTO

(Finta, birba, bugiarda,

ammazzar la vorrei.)

COLAGIANNI

Ma dimme a mmene:

tu a cchi vorrisse bene?

LAURETTA

Io vorria bene,

mo nce vò, me piglio

scuorno, de ve lo ddi.

LAMBERTO

(Non posso contenermi, adesso crepo.)

COLAGIANNI

Spapura, vance mo, simmo paesane:

può ave stà confedenzia, e po', po'.

(Mo faccio tutt'a monte.)

LAURETTA

Se io ve dico chi è, l'avite a gusto?

COLAGIANNI

Certo.

LAMBERTO

(O smanie! O rabbie!

O donna perfidissima.)

LAURETTA

Mmirate a chillo specchio e bbedarrite

llà ddinto chillo, ch'è lo core mio.

COLAGIANNI

(Chisto lloco song'io, o che forture.)

(addita uno specchio)

LAMBERTO

(Chi un capestro mi dà? Voglio appiccarmi!)

LAURETTA

Voglio accossì ncapparlo a lo ciammiello.

COLAGIANNI

Vago a mmirarme?

 
(Colagianni si rimira nello specchio e nell'istesso tempo Lamberto si rimira anche lui da dietro a Colagianni nell'istesso specchio il quale avvedendosene si volta, e restano così muti per un poco)
 

LAMBERTO

(Ed ancor io.)

LAURETTA

(Mannaggia!

Lo masto.)

COLAGIANNI

(Scazza!) Signor mio?

LAMBERTO

Padrone?

LAURETTA

(Scajenza!)

LAMBERTO

(Un granchio a secco egli ha pescato.)

COLAGIANNI

(Co na vranca de mosche so restato.)

 
(il seguente si dirà da ciascuno da parte)
 

COLAGIANNI

(Comm'acchi joca a le ppalle,  

ch'a lo mierco va becino:

lo contrario meno, e ddalle

nne lo trucca nietto nietto

e se mette isso là.)

LAURETTA

(Comm'a cchella, ch'enchie ll'acqua

a na fresca fontanella,

no tentillo la langella

và, e le rompe; fredda fredda

a non pizzo affritta stà.)

Insieme

LAMBERTO

(Qual chi uccella, e una beccaccia

preso ha dentro il trapolino,

il villan, che vien da caccia,

ne lo rubba zitto zitto,

guasta il tutto, e via se n' và.)

 

COLAGIANNI

(Accossì è ssocciesso a mme.)

Insieme

LAURETTA E LAMBERTO

(Or così è successo a me.)

 

COLAGIANNI

(A lo mierco stea vecino.)

LAMBERTO

(Avea preso una beccaccia.)

LAURETTA

(Avea chiena la langella.)

COLAGIANNI

(Sto bonora mm'ha troccato,

sconcecato mm'ha daccà.)

(parte)

Colagianni ->

 

LAMBERTO

(Quel baron me l'ha rubata,

rovinato il tutto m'ha.)

(parte)

Lamberto ->

 

LAURETTA

(Chillo pesta mmertecata

tutta ll'acqua mm'ave già.)

(parte)

Lauretta ->

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Anticamera con cembalo.

Lamberto, Lauretta
 

Al studio, baroncella

Lamberto
Lauretta ->

Costei troppo è vezzosa, e, s'io non fossi

Lamberto
<- Lauretta
Lamberto, Lauretta
<- Giacomina

Signor Lamberto, un gentiluom vi chiede

Lamberto, Lauretta, Giacomina
<- Leandro

Chi vedo? / Oddio! Chi è quella?

Giacomina, Leandro
Lamberto, Lauretta ->

Leandro
Giacomina ->

Orazio, e quando mai creduto avresti

Leandro ->
<- Lamberto, Colagianni, Mariuccio

Sedano pure; ebbene?

Lamberto, Colagianni, Mariuccio
<- Giacomina

Signor maestro? / Eccola qui / Signora

Lamberto, Colagianni, Mariuccio
Giacomina ->

Che vi pare? / Bravissima

Lamberto, Colagianni, Mariuccio
<- Lauretta

Lamberto, Colagianni, Mariuccio
Lauretta ->

Colagianni
Na cantarina
Lamberto, Mariuccio
Colagianni ->

È molto allegro questo

Lamberto
Mariuccio ->
Lamberto
<- Giacomina

Signor Lamberto? / Giacomina / Sete

Lamberto
Giacomina ->

Mi par mill'anni che se n' vadi via

Lamberto
<- Lauretta

Sio masto, so benute

Lauretta
Lamberto ->

Sò cchiacchiare, nuje femmene facimmo

Lauretta ->
<- Leandro, Giacomina

Intendesti, a qual danno

Giacomina
Come si lagna
Leandro
Giacomina ->

Ginevra, o se potessi

Leandro ->
<- Lamberto, Elisa, Bettina, Colagianni, Mariuccio

Queste ragazze hanno due brave voci

Lamberto, Bettina, Colagianni, Mariuccio
Elisa ->

Per me non ho timore; anzi ho uno spirto

Lamberto, Colagianni, Mariuccio
Bettina ->

Costei sa molto, e non anco ha calcata

Colagianni, Mariuccio
Lamberto ->

Ah ah lo si Lammierto

Colagianni
Mariuccio ->

Colagianni
<- Lauretta

Servo, donna Lauretta

Colagianni, Lauretta
<- Lamberto

Laura coll'impresario

Colagianni, Lamberto e Lauretta
Comm'acchi joca a le ppalle
Lauretta, Lamberto
Colagianni ->
 
Lauretta
Lamberto ->
 
Lauretta ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima
Anticamera con cembalo. Giardino. Gabinetto.
Atto secondo Atto terzo

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