Atto secondo

 

Scena prima

Leandro, e Giacomina.

 Q 

Leandro, Giacomina

 

GIACOMINA

Leandro, o chi tu sei, se non m'aiti  

nell'iminenente irreparabil danno,

io son perduta.

LEANDRO

E che fu mai?

GIACOMINA

Lamberto

ha conchiuso l'appaldo

con quel napoletano.

LEANDRO

E 'l sai di certo?

GIACOMINA

La scritta io stessa ho letta

poc'anzi.

LEANDRO

(Ohimè!)

GIACOMINA

Ti prego,

se sei Orazio, per la dolce, e cara

memoria dell'antico nostro amore,

e se no 'l sei, per l'amistà di Orazio,

e per quelle leggiadre

amabili fattezze,

ch'hai con quello sembianti,

a non abbandonarmi in si grand'uopo.

LEANDRO

(M'intenerisce!)

GIACOMINA

Or che pensi?

LEANDRO

Ginevra,

sta' pur sicura: in Napoli

non anderai, a costo

della mia vita.

GIACOMINA

Dunque?

LEANDRO

Ti ritira.

Veggo il Napoletano

venirne qui da quelle logge. A questo

vo' prima favellar, e dar principio

a 'nviluppar questo contratto.

GIACOMINA

Tutta

in te riposo.

LEANDRO

Spera pure.

GIACOMINA

Addio,

Leandro. (Ahi fui per dire Orazio mio!)

(entra)

Giacomina ->

 

Scena seconda

Colagianni, e Leandro.

<- Colagianni

 

COLAGIANNI

La mia contadinetta  

nella sua trappoletta

ha preso un beccafico,

che ghiotto del panico

calossi al suon del fischio,

e 'mpaniato al vischio

il cattivello restò.

 

 

Quanto face a pproposeto pe mmene  

sta canzoncella, che mparaje nfiorenza,

se tratta, ca Laurella

mm'ave ncappato de manera tale,

che non pozzo scappà. Ma ccà so gente.

LEANDRO

Addio, quel gentiluomo.

COLAGIANNI

Mio signore.

LEANDRO

Ell'è per avventura

il signor Colagianni?

COLAGIANNI

Pe sservirla. (Chi è sto si puzillo!)

LEANDRO

Sento, ch'ella ha firmata

la scritta con Lamberto.

COLAGIANNI

De Giacomina?

LEANDRO

Appunto.

COLAGIANNI

Si ssegnore.

LEANDRO

Ma ha ella la nuova?

COLAGIANNI

Segnornò.

LEANDRO

Da un potente signore

di qui (che dir non lice)

si vuole in ogni conto, che in quest'anno

si appaldi Giacomina

per il teatro di Lisbona, ch'egli

ne ha di colà incumbenza.

COLAGIANNI

Patron mio,

sio, segnore, Lesbonia, e Giacomina

io tengo supra capita;

ma...

LEANDRO

Si spieghi.

COLAGIANNI

È spiegato: agge pazienza,

ca lo negazio è ffatto, e lo papello

è scritto, e quel ch'è scretto, è scretto.

LEANDRO

Dica...

COLAGIANNI

Io ho detto, e quel che ho detto, ho detto.

LEANDRO

Adagio olà, che qui si sta in Vinegia.

Lei cessi dall'impegno

o voglia, o no; ed avvertisca a modo

con chi favella.

COLAGIANNI

Ma...

LEANDRO

Non occor'altro.

COLAGIANNI

Io pe mme so' na bestia:

non faccio che risoolvere, me dia

tiempo, che scriva a Napole,

all'amministratore, che llà ttengo,

lo quale resti punte è n'ommo bravo,

sento, che me responne, e ppoi risorvo.

LEANDRO

Non vi è tempo, e vi replico

ora assolutamente, che dovete

cedere o Giacomina, o il proprio sangue.

COLAGIANNI

Oscia mell'ave ditto

de na manera così obligantina,

che non pozzo di' no.

(Fuss'acciso Lammierto, e Giacomina.)

LEANDRO

Io vi ringrazio molto, e quel signore

la ringrazia, e la priega

ancor per me, ch'ella da se medesima

si sciolga dalla scritta con bel modo,

senza nominar me, né Portogallo.

COLAGIANNI

(Ora vide, a c'abballo

s'hanno da trovà ll'uommene d'onore

pe sse guaguine!)

LEANDRO

Viene

Lamberto qui, gli parli adesso; eh veda,

ch'io ci sarò presente,

e se forse mai sente

ch'io difenda il maestro, ella no 'l creda,

ch'io fingo, intende?

COLAGIANNI

Gnorsì, più d'un sordo.

LEANDRO

(Ai mali irreparabili, e imminenti

giovan spesso i rimedi violenti.)

 

Scena terza

Lamberto, Leandro, e Colagianni.

<- Lamberto

 

LAMBERTO

Addio, signori.  

COLAGIANNI

Servidor, padrone.

LEANDRO

Signor maestro, me l'inchino.

LAMBERTO

Vedo

se non m'inganno, il signor Colagianni

torvo in volto: che fia?

COLAGIANNI

(mentre va)

Sacciate... dica leje...

(per parlare a Lamberto)

LEANDRO

Dice, ch'affatto

(gli fa cenno, onde confuso tace confirmando quel che ha detto Leandro)

vuol disciolto il contratto

di Giacomina; io l'ho ripreso, e detto,

ch'in Vinegia non si usa in questo modo

mancar'a gentiluomini:

ma lui in fiero aspetto

così ha risposto: quel c'ho detto, ho detto.

COLAGIANNI

(per parlare a Lamberto)

Cioè... Gnorsine...

LAMBERTO

Corpo del gran turco!

Avrà il suo luogo la scrittura, ai caj

io ne richiamerò, s'anche fia d'uopo.

LEANDRO

Ciò dissi ancor: ma replicò, ch'egli era

stato ingannato, e avrebbe

fattone verbo anco al senato or ora,

affinché sua ragione

defraudata non fosse.

COLAGIANNI

(per parlare a Lamberto)

Vedite... Segnorsine.

LAMBERTO

(a Leandro)

E doverà Lamberto

soffrir questo?

(a Colagianni)

E la causa

di ciò qual è?

COLAGIANNI

Mò dico:

(a Lamberto)

io steva ccà... nò... vinne, e nce trovaje

sto mi patrone: isso volea...

(a Lamberto e confuso)

nò io

è bero sì signore.

(E dir non potte ligi, e qui finio.)

(parte)

Colagianni ->

 

Scena quarta

Leandro, e Lamberto.

 

LAMBERTO

Va, ser Squasimodeo,  

ch'or ci vedremo al banco

della ragion.

LEANDRO

Dove, messer

Lamberto?

LAMBERTO

Agli Uffizi a quest'ora

comparirò, perché costui m'adempi

la scritta.

LEANDRO

Il lasci pur, rompa il contratto.

LAMBERTO

Oh perché?

LEANDRO

Giacomina

vien chiesta da Lisbona colla paga

d'ottocento zecchin, presa, e rimessa,

e dugento zecchini

per aiuto di costà, se li vuole

gli si daranno or ora.

LAMBERTO

Il partito è migliore, e per chiarire

quel cavolo torzuto,

io mi contento.

LEANDRO

Adunque

risolvete così?

LAMBERTO

Sta risoluto.

LEANDRO

Vogliam fare la scritta?

LAMBERTO

Lasci pria,

che mi disciolga dal Napoletano.

Vado.

LEANDRO

Non manchi.

LAMBERTO

Io son Lamberto, intende?

 

Quando sciolto avrò il contratto,  

se mi viene a dir quel matto:

veda, intenda, questo, e quello,

gli rispondo: va', fratello,

v'a' t'impara a contrattar.

Poi che sia cassato il foglio,

s'egli vuole, io più non voglio;

così resta corbellato,

chi pensò di corbellar.

(parte)

Lamberto ->

 

LEANDRO

Mi è giovato l'inganno; unqua non lice  

disperar. Curi il cielo

delle cose gli eventi. Nostra vita

ora infelice, e oscura,

goder può ancor stagion più lieta, e pura.

 

Leandro ->

 

Scena quinta

Mariuccio, e Bettina.

<- Mariuccio, Bettina

 

MARIUCCIO

Mia signora Bettina,  

abbiam fatto pur bene,

lasciar soletta la Paduanina

ne' suoi pensieri.

BETTINA

È vero,

è troppo melanconica

colei; ma dove manca quella, il vostro

umor supplisce, il quale

molto è grato, avvenente, e gioviale.

MARIUCCIO

Anzi lei, ch'avvenevole, e cortese

allegra, e spiritosa,

a chiunque vi mira, e vi favella

siete tanto benigna, quanto bella.

BETTINA

Oh tu m'innalzi troppo,

ma qualunque io mi sia, sono tua serva.

MARIUCCIO

Anzi mia padronissima, e chi sà.

BETTINA

Che vuol dir quel chi sà?

MARIUCCIO

Che fra lo spazio

di queste nostre recite

non avessimo insieme a far l'amore.

BETTINA

Più facile saria forse, che il dirlo.

MARIUCCIO

Or comunque si sia, mi par mill'anni

di recitar assieme,

che dovendo talvolta tu da serva

recitare, io da paggio,

potrebbe darsi il caso, che vi fusse

qualche amorosa scena fra noi due;

e allor fissando ne' tuoi occhi i miei,

così sfogar mie pene io ti vorrei.

 

Care, e belle pupillette,  

dolci, e vaghe scintillette,

io mi sento consumare

sol per voi nel seno il cor.

Se dal vostro amato sguardo

venne il foco ond'io tutt'ardo,

voi dovete mitigare

l'amoroso mio dolor.

 

Mariuccio ->

 

Scena sesta

Bettina.

 

 

Ha costui messo il piede  

nella mia trappoletta, a quel che scorgo,

l'alma il vede, e ne gode, e pur non l'ama;

sono delle fanciulle usati vanti,

amar d'essere amate, odiar gl'amanti.

 

Non ha una donna maggior diletto,  

qualor s'avvede, ch'un giovinetto

per lei sospira,

arde d'amor.

Qualor più creescon gl'innamorati,

li cascamorti, gli spasimati,

quella si mira

più lieta allor.

 

Bettina ->

 

Scena settima

Lamberto, ed il Copista, poi Colagianni, e Lauretta.

<- Lamberto, copista

 

LAMBERTO

Oh che pur finalmente  

ci se' venuto, ser Gianfrisio mio,

già stea sul disperarmi; che? Ti ho dato

per cacciar quelle parti

stamane? È ver. Ma sono brevi; molto

hai che far? Che importa

a me? Tu non dovevi comprometterti.

Nò... sì... e pur là? Io dico...

ve' se non devo far questo concerto,

ve' se devo mancar di mia parola,

per un copista poi di feccia d'asino!

Oh oh chiama altri giovini,

che ti aiutino, ch'io

a tutto supplirò, addio, addio.

 
(parte il copista)

copista ->

 

 

Mi preme fra un'altr'ora

fare il concerto della serenata,

affinché veda quel napoletano

chi sia Lamberto... ed eccolo

con Laura; vo temendo, che costui

non voglia Giacomina,

per amor di Lauretta: osserviam quindi.

 

<- Colagianni, Lauretta

LAURETTA

Nzomma vuje mò ve nne tornate a Napole  

e no ve portarrite Giacomina?

COLAGIANNI

Ah, ah.

LAURETTA

E pperché?

COLAGIANNI

Non si può dir, sorella:

parlammo d'auto; pozzo

direte na parola nconfidenzia?

LAURETTA

Nuje simmo pajesane: llossoria

mm'è ppatrone, e ppo dì chello, che bole.

LAMBERTO

(Ve' che moine; ve' che cortesia!)

COLAGIANNI

Sacce, ca nce sta uno,

che spanteca pe ttè.

LAMBERTO

(Ch'è lui.)

COLAGIANNI

N'abbenta.

LAURETTA

Maramene, chi è chisso?

COLAGIANNI

N'ommo de qualetà; tu lo canusce,

ch'è gguappo addotto, vertoluso, e mmuseco,

te po fa bene assaje.

LAMBERTO

(Più di millanta,

che tutta notte canta.)

LAURETTA

Ma vuje mme coffeate.

COLAGIANNI

Eh, s'io potesse

di quanto tengo in seno,

non derrisse accossì; ma non è ttiempo

de sso trascurzo mò, da ccà a n'aut'ora

io vao mmascara, e boglio

venirete a trovà, ch'ammascarato

parlà te pozzo co cchiù llibertà.

LAMBERTO

(Cappi! Ma io ti preverrò, messere.)

COLAGIANNI

Anze pe cchiù ccautela parlarraggio

veneziano.

LAURETTA

E nne sapite?

COLAGIANNI

Cierto,

ll'avere prattecato a cchiù ppaise

mm'ave fatto mparà di ppiù linguaggi.

Va buono?

LAURETTA

Sì va buono.

LAMBERTO

(Farete come i zuffol di campagna,

ch'andaron per sonare, e fur sonati.

Io sarò questa maschera.)

(parte)

Lamberto ->

 

COLAGIANNI

A rrevederce sa.

LAURETTA

Mò, mmò.

COLAGIANNI

Ccà ddinto.

LAURETTA

Và, zingariello mio.

COLAGIANNI

Và, uocchio pinto.

 

LAURETTA

Cardolillo mio carillo,  

uh, che ffa st'arma pe ttè!

COLAGIANNI

Cardolella mia carella,

uh, che ssento mpietto a mmè!

LAURETTA

Face comm'a ttartanella,

scioscia ammore, e a biento mpoppa

veleanno se nn và.

COLAGIANNI

Me nce sento n'artefizio,

co lo miccio vene ammore,

dace fuofuoco, e fa sparà.

Tà, tà, tà. Bù, bù, bù.

LAURETTA E COLAGIANNI

Gioia bella, chisso core

pe lo sfizio, e lo contiento

io mme sento consomà.

COLAGIANNI

Nenna mia, tu mme vuò bene?

LAURETTA

Ninno mio, moro pe ttene.

COLAGIANNI

Quanto, quanto?

LAURETTA

Tanto, tanto.

LAURETTA E COLAGIANNI

Io mm'allummo com'a stoppa,

uh, che sciamma nzanetà!

 

Lauretta, Colagianni ->

 

Scena ottava

Elisa, Mariuccio, indi Leandro, che osserva.

<- Elisa, Mariuccio

 

ELISA

Se tu sapessi le disgrazie mie,  

di mia ritiratezza

mi scusaresti.

MARIUCCIO

Forse qualche danno

v'è qui successo?

ELISA

Qui non già, ma altrove.

 

<- Leandro

LEANDRO

(Qui son le virtuose

ospiti di Lamberto.)

ELISA

E da più anni

ebbe principio mia disgrazia.

MARIUCCIO

Il male

è antico dunque, e vi attristate adesso?

Io vi vidi poc'anzi allegra molto.

LEANDRO

(additando Elisa)

(Il volto di colei par che non sia

a me del tutto ignoto.)

ELISA

Bench'io faccia

la vista di star lieta, non è il core

lieto però.

MARIUCCIO

Ma qual sarà (felice

dirla altrui) la cagion di tal cordoglio?

LEANDRO

(Più che la miro, più nella mia mente

ne ravviso l'immagine!)

ELISA

Tu déi saper, che nata

non son io canterina, ma di onesti

non meno, che ricchissimi parenti:

Genova è mia patria.

LEANDRO

(Genova!)

ELISA

Mio padre

fu Ludovico Brignole mercante.

LEANDRO

(Ohimè, cotesta è mia sorella Elisa;

come qui si ritrova vagabonda!)

ELISA

Il qual morì ne' miei prim'anni, ond'io

venni con un fratello ancor fanciullo

in poter d'un mio zio.

LEANDRO

(Già ne son certo; è d'essa.

Qual disgrazia prevedo!)

MARIUCCIO

Ma come poi diveniste canterina?

ELISA

Dirò: crsciuti in età adulta, il mio

fratel divenne amante

d'una fanciulla chiamata Ginevra,

e non volendo acconsentirvi il zio,

che la sposasse, se n' fuggì con quella.

E poco dopo anch'io sollecitata

dalle richiese d'importuno amante

del quale era invaghita, e a cui mio zio

ricusò darmi, me n' fuggii con quello.

LEANDRO

(Ah donna scellerata!)

MARIUCCIO

E così la faceste la frittata.

ELISA

In Padova andati, ci sposammo, e vedova

fra un anno ne restai; povera, afflitta,

soletta, forastiera, e in disgrazia,

de' miei: che dovea far? Coll'assistenza

d'un buon signore, che mi accolse in casa,

la musica imparai, e canterina

divenni in breve.

LEANDRO

(Ohimè già son perduto!)

MARIUCCIO

Il caso è degno di pietà: ma puoi

pur consolarti, Elisa.

ELISA

Io non aspetto

altro consuolo a' mali miei, che morte.

LEANDRO

(Perfida, e morte avrai.)

MARIUCCIO

Io ti ricordo il motto di Sincero:

che non si acquista libertà per piangere

e tanto è miser l'uom, quant'ei si reputa.

 

Mariuccio ->

 

Scena nona

Leandro, Elisa, indi Giacomina.

 

LEANDRO

(Ito se n'è pur quello; è tempo omai  

di mostrarmi a costei) Fermati, Elisa.

ELISA

Chi sei tu, che mi chiami?

LEANDRO

Guardami bene, indegna, e mi ravvisa.

ELISA

(Ohimè, questo è il germano, io son perduta!)

LEANDRO

(Sopraggiunge Ginevra, io son confuso!)

 

<- Giacomina

GIACOMINA

(Mira Leandro Elisa, e si stupisce  

al giunger mio, nel mio sospetto io torno.)

ELISA

Orazio, ah mi perdona.

GIACOMINA

(Ecco ogni dubbio mio già reso certo.)

LEANDRO

(Ecco a Ginevra il nome mio scoperto)

ELISA

Orazio, errai, pietoso

or tu perdona gli trascorsi miei.

 

Deh non guardare in me  

l'orror del fallo mio;

sol vedi chi son io,

mira la tua pietà.

Tradii me stessa, e te;

fu perfido l'errore,

ma se fu causa amore,

degno di scusa il fa.

 

Elisa ->

 

Scena decima

Giacomina, e Leandro.

 

GIACOMINA

Avea dunque ragione il fido Orazio,  

di celarmi il suo nome,

perché vicino avea

il suo novello amor.

LEANDRO

Che parli? Come?

Non è come tu credi: tu t'inganni.

GIACOMINA

Perfido, Elisa teco

dubbia nel volto, nel parlar tremante,

d'amor, di falli, e di pietà favella,

e vuoi negar, che sia tua vaga?

LEANDRO

Il nego,

che non è, né puot'esserlo.

GIACOMINA

Vorrai negar' ancor d'esser Orazio?

LEANDRO

Anzi confirmo, ch'io son tale.

GIACOMINA

Ebbene,

del tuo celarti a me, qual fu la causa?

LEANDRO

Per far della tua fede

più certo esperimento.

GIACOMINA

E poi la tua, infedel, portossi il vento?

LEANDRO

Intendi.

GIACOMINA

Intesi.

 

Scena undicesima

Lamberto, Giacomina, e Leandro.

<- Lamberto

 

LAMBERTO

(a Giacomina)  

Sappi tu, che non devi

per Napoli partir; per Portogallo

vuol Leandro appaldarti.

GIACOMINA

Perché?

LAMBERTO

Per recitare.

GIACOMINA

È ver, Leandro?

LEANDRO

È vero.

LAMBERTO

E 'nbreve parti

ti avanzerai se avrai giudizio: questo

sol io ti dico; ei ti racconti il resto.

(parte Lamberto)

Lamberto ->

 

GIACOMINA

Ah traditor, che più ascoltar io debbo!  

Tante malignità, tai tradimenti

m'ordisci, o scellerato! E quando mai

meritò l'amor mio

cotanta ingratitudine?

Mi togli da mia patria,

mi vedi per tuo amor ridotta questo,

mi nascondi il tuo nome,

rompi la fé, ti scordi

l'amor promesso, il tuo dovere, il mio

onore; anco di più. Ti raccomando

il mio decoro, e tu, empio, bugiardo,

macchini contro quello, e vuoi mandarmi

sol per allontanarmi

dagli occhi tuoi raminga in stranio lido,

questo a me, questo a me, crudele? Infido!

 

Taci, non vo' ascoltarti:  

vanne, non vo' mirarti:

il labbro tuo m'inganna,

il volto tuo m'affanna,

sei traditor, sei perfido,

fuggo, infedel, da te.

Io prego il cielo, il fato

che sia con te spietato,

come tu fosti, o barbaro,

empio, e crudel con me.

 

Giacomina ->

 

Scena dodicesima

Leandro.

 

 

Misero, e che mi avvenne? Ecco perduto  

in un momento solo

ciò che in molti anni a gran pena acquistai

io mi vedo in un punto

precipitato alle miserie estreme:

senza onor, senza quella,

ch'è la parte miglior della mia vita,

come star posso in vita?

Morirò dunque, e fia la morte mia,

via più dogliosa, e trista,

or che mi si contende,

bellissimo idol mio, tua cara vista.

 

Simile a quel, che geme  

tra' lacci presso a morte,

che non ave altra speme,

fuorchè l'estrema sorte,

che d'ora in ora il misero

ivi aspettando sta.

Chiusa nel duro carcere

di mia pene spietata

dolente, e disperata

l'alma languendo.

 

Leandro ->

 

Scena tredicesima

Lauretta, con alcune Comparse, che portano sedie, e poi Lamberto con bautta, e maschera.

<- Lauretta, comparse

 

LAURETTA

dario 2014-01-30T00:00:00 STR INC Mettite cca ste sseggie. Già s'accosta Mettite cca ste sseggie. Già s'accosta

l'ora dell'Accademia, e non le vede

lo si Lammierto; ma chi è sta maschera?

 

comparse ->

<- Lamberto

LAMBERTO

(Alle prove Lamberto, ora saprai,

se veramente t'ama

Lauretta. Affinché creda,

ch'io sono Colagianni, e non Lamberto

mutiam voce, e favella.)

LAURETTA

(S'è fremmato, e non vene,

è Colagianni cierto, e sta dobbiuso,

c'avarrà filo de lo si Lammierto:

stammo ncampana, e bedimmo, che ffà.)

LAMBERTO

(Accostiamci, e parliam con libertà.)

 

Deliro notte, e zorno,  

perché d'un bel visetto

l'immagine bellissema

in mente me vol star;

vorave pur schivarme,

per non innamorarme:

ma un bottolo, ridottolo

amor de mi vuol far.

 

LAURETTA

Se vedo in ziel le stelle,

che tutte luminose,

le tremola, le sbambola

con vago lampeggiar;

me par cussì perfetti,

che gabbia i cari occhietti

el cocolo, rignocolo,

che me fa sospirar.

 

LAMBERTO

E 'l ziel t'aiuta, e te dia el bondì,  

polastrela.

LAURETTA

E ancora

a ella, siora maschera,

la xe comoda.

LAMBERTO

Comi

la comanda, la ze molto garbata.

LAURETTA

La xe la sua bontae,

sior.

LAMBERTO

La è ancor belisema.

LAURETTA

Me dà

ella la burla.

LAMBERTO

Me diga de grazia,

cara la mi ragaza,

è ella innamorada?

LAURETTA

Sì sior.

LAMBERTO

Se poderia saver

chi xe el so amoroso?

Xelo el sior Lamberto?

LAURETTA

Sior no.

LAMBERTO

(Uh diavolo! Ohimè son rovinato!)

LAURETTA

Cosa la barbuteo siora maschera?

LAMBERTO

Digo mi, che se cride

Lamberto, esser el vostro innamorao.

LAURETTA

L'è ver, che lù se'l cride,

ma mi lo burlo mi.

LAMBERTO

Perfida donna.

(qui si scopre)

LAURETTA

(Comme nce so ncappata.)

LAMBERTO

Ingrata, iniqua, indegna, scelerata.

Questo è quel ch'io t'ho fatto? Ah che mi viene

una rabbia, una stizza,

che mangiarmiti a denti ti vorrei.

LAURETTA

Sentite...

LAMBERTO

Taci, taci sfacciatuccia,

sguaiatuccia, bertuccia

non parlar più, o ch'io...

LAURETTA

Io voglio...

LAMBERTO

Taci

ti ho detto, trasorella, mensognera

bugiarda, falsa, più falsa, falsissima

protofalsa, arcifalsa, arcifalsissima.

LAURETTA

Io voglio dire.

LAMBERTO

Ed io non vo' sentirti

più non voglio vederti, né parlarti.

Non vo' soffrirti, non vo' comportarti,

no, no, signora no, padrona no.

Illustrissima no, eccellenza no.

LAURETTA

E pocca tanto sdigno

commico vuje mo' avite,

veccome ccà, scannateme, accedite.

(qui Laura s'inginocchia piangendo)

LAMBERTO

Oh oh a questo siamo

ci vogliono altri, che sospiri, e pianti,

per placare un maestro di cappella

non giova più il pentirti, bricconcella.

LAURETTA

Pietà compassione.

(piangendo)

LAMBERTO

(commovendosi)

Alzati.

LAURETTA

È bero,

ca so stata na sgrata,

ca io v'aggio gabbato.

Perrò consederate...

ca so na peccerella...

ca so na nzemprecella...

Ca so...

LAMBERTO

Alzati dico... (Io son commosso.)

LAURETTA

Si non volite avè compassione

de mene, e buje aggiatelo allomanco

de chisto chianto...

LAMBERTO

Alzati... (Ohimè.)

LAURETTA

Aggiatelo

de sti sospire mieje, de cheste llacreme,

che ncoppa a chesta mano mo ve jetto,

e ve vaso... sio masto. Caro mio...

LAMBERTO

Non più... non più, non più...

(s'inginocchia anche lui, e piange)

LAURETTA

Uh, uh, uh, uh, uh.

LAMBERTO

Uh, uh, uh, uh, uh.

LAURETTA

Ajemmè, vuje, che facite?

Auzateve.

LAMBERTO

Alzati tu.

LAURETTA

E buje m'avite perdonato?

LAMBERTO

Sì.

E tu vuoi più tradirmi?

LAURETTA

No.

LAMBERTO

Io chi son?

LAURETTA

Si lo masto

mio bello, caro, e ammato.

Ed io?

LAMBERTO

Tu sei il mio viso inzuccherato.

 

Deliro notte, e zorno  

perché d'un bel visetto

l'immagine bellissema

in mente me vol star;

vorave pur schivarme,

per non innamorarme:

ma un bottolo, ridottolo

amor de mi vuol far.

(ed entra)

Lamberto ->

 

LAURETTA

Se vedo in ziel le stelle,

che tutte luminose,

le tremola, le sbambola

con vago lampeggiar;

me par cussì perfetti,

che gabbia i cari occhietti

el cocolo, rignocolo,

che me fa sospirar.

 

Scena quattordicesima

Lauretta.

 

 

Va mò, e non sapè lo fatto tujo,  

ca chisto sio Lammierto

già m'avea fatta la varva de stoppa.

Nzomma pe nce defennere dall'uommene,

sò l'armature noste

chiante, boscie, carizze, e ffacce toste.

 

Nuje femmene simmo  

mpastate de nganne,

chiagnimmo, redimmo

amammo; ma chè?

Lo chianto, e lo riso,

lo viso, e l'ammore

è tutt'apparenza,

ca mpietto lo core

mom face accossì.

E ppure li locche

li smocche nce credeno,

cecate, non vedeno,

ca so cosseate,

ca so delleggiate.

Ntenniteme a mmé,

o aggiate pacienza,

o pure a mmalanno

lasciatence j.

 

Lauretta ->

 

Scena quindicesima

Lamberto, ed il Copista, che gli consegna le parti della serenata.

<- Lamberto, copista

 

LAMBERTO

Evviva, ser Gianfrisio, sei pur stato  

puntuale. E le parti dell'orchestra?

Gliel'hai tu date? Hai fatto ben. Vediamo

un poco... Oh oh, che caos!

Qui manca una commune, e qui è soverchia

accomoda. Qui è un altro farfallone

alle parole: io che cenere sono.

Io che Venere sono

vuol stare; accomodate. Una diesis

per bemolle, si accomodi.

L'asta in mortajo: no, no l'asta in pistello,

il sistolo ti mangi, asta immortale,

si accomodi; non vedi,

diavol, se le semicrome sono

minime, accomodate.

Queste note ligate. Insomma, insomma spesso

note, e parole sono

tutte al rovescio, e quindi avvien che

parte per noi, parte per quei, che cantano,

parte per voi copisti,

che scrivete le parti pien di vizio

sogliono andar le cose in precipizio.

Oh, oh, non più. Già entrano: padroni.

 

copista ->

 

Scena sedicesima

Giacomina, Elisa, Lauretta, Bettina, Mariuccio, e Colagianni riveriscono Lamberto, e ognuno siede al suo luogo prendendo la parte sua della serenata, che gli vien data da Lamberto.

<- Giacomina, Elisa, Lauretta, Bettina, Mariuccio, Colagianni

 

LAMBERTO

A tutti riverisco; con silenzio  

s'incominci il concerto. Ognuno

prenda la sua parte, e s'accomodi

pian, piano.

 
(qui principia la sinfonia)
 

LAMBERTO

Oh che disordine

violin batta il piè forte, affinché vada

l'orchestra unita. Oh quelle violette

io voglio che si sentano in malora.

Quel diavol di secondo controbasso

non ha pece nell'arco? Quelli corni

vadino uniti llara, llara, llà.

 
(s'incomincia la serenata)
 

COLAGIANNI

O della terra, di Tiano prole

LAMBERTO

O della terra, e di Titano prole

COLAGIANNI

Tian...

LAMBERTO

Titano.

COLAGIANNI

Comme n'è la terra

de Tiano, che sta vicino Sessa?

LAMBERTO

Anzi è Titano favoloso nume.

COLAGIANNI

O della terra, e di Titano prole

miei famosi germanici.

LAMBERTO

Germani.

COLAGIANNI

Miei famosi german, giganti invitti,

me, che Langella son.

LAMBERTO

Mé ch'Encelado sono.

COLAGIANNI

Mè, ch'Encelado son, seguite, ergete

sui monti, i monti, e Olimpo, e pelle, e ossa.

LAMBERTO

E Pelja, ed ossa.

COLAGIANNI

E pelle...

LAMBERTO

E Pelja, e Pelja,

e Pelja.

COLAGIANNI

Ma la pelle

no stà vicino all'uosso?

LAMBERTO

Sbagliate, sono monti Pelja, ed ossa.

Seguite.

COLAGIANNI

E Pelja, ed ossa,

si espugni il ciel, de numi

si superi l'orgoglio, e l'empia possa.

LAMBERTO

(gli ricorda le note)

Oh oh, fa, sol, la, la, mi.

COLAGIANNI

Si superi l'orgoglio.

COLAGIANNI E LAMBERTO

(cantando)

E l'empia possa.

BETTINA

Ohimè, quel non più udito

strepito d'armi viene

al primo cielo, onde la dèa son io!

Fuggir di qui conviene.

 

MARIUCCIO

Ah povero Cupido  

dove ti celerai

dal furor de giganti? Impenna l'ali

alle tue piante, e fuggi tra mortali.

E lì. Tutti i dèi sbigottiti

fuggono avanti al minacciato agone

de perfidi giganti, e tu che fai?

Segui lo sposo tuo, fuggi Giunone.

 

LAURETTA

Io che Venere sono, e son miei vanti,  

d'esser madre d'amor, dèa degli amanti,

aborro, ove si sente

strepito bellicoso: in Cipro torno

lieta a goder in placido soggiorno.

GIACOMINA

Ecco già vuoto il ciel, Giove, Saturno,

Marte, e tutto de' dèi la schiera eterna

teme l'aspetto del nemico irato;

ma Pallade non già: l'asta immortale

già stringo, e svelo il formidabil scudo.

Ecco a vista del cielo, e della terra,

la sapienza resiste

a vano ardire, e sola torna in guerra.

(s'incomincia il ritornello dell'aria seguente)

LAMBERTO

Signori, adagio, adagio,

vo' le trombe in quest'aria, andiam con spirito.

 

GIACOMINA

Geni potenti,  

celesti dèi,

l'invitte fronti

volgete a' rei,

or che Minerva

scudo vi fa.

Benché sui monti

i monti inalzino,

da vostri ardenti

ritorti fulmini

cadrà percossa

lor empietà.

 

TUTTI

Evviva.

LAMBERTO

Che vi par, ser Colagianni,

di costei, che scartate?

COLAGIANNI

Oscia non sa lo quatenus,

e pperzò dice chesso. Ha da sapere,

ca s'io mò nnante disse,

ca non volea Giacomina... È vero

gnordì. (Cca no sto buono!)

 
(vedendo Leandro, che sopraggiunse s'alza, e parte, e nel tempo stesso s'alzano, e partono tutti)

Colagianni ->

 

Scena diciassettesima

Leandro, e detti.

<- Leandro

 

ELISA

(Ohimè il fratello!  

Fuggo di qui.)

(parte)

Elisa ->

 

GIACOMINA

(L'odiata vista aborro

dell'infedel.)

(parte)

Giacomina ->

 

MARIUCCIO

(Seguito Colagianni,

per veder, che fa.)

(parte)

Mariuccio ->

 

BETTINA

(Vo appresso Elisa,

per intender, che fia.)

(parte)

Bettina ->

 

LAURETTA

(Sta novetate

mme derrà Giacomina.)

(parte)

Lauretta ->

 

LAMBERTO

Qual disordine è questo; eh dove andate?

(parte anche lui)

Lamberto ->

 

Scena diciottesima

Leandro.

 

 

Tanto dunque odioso è il volto mio,  

che mi fuggono tutti?

Sì sì ora comprendo

della mia stessa il reo tenor, non sono

Leandro più, son l'infelice Orazio;

anzi di questo son l'ombra infelice,

poiché Orazio è già morto, ed è sotterra!

E chi l'uccise?... Elisa...

Ginevra... Empia sorella... Idolo mio...

L'amor... l'onor... oddio... ti arresta... ascolta.

Ma misero a chi parlo? I miei lamenti

e le parole mie portano i venti.

 

Son nell'onde da venti agitato,  

la tempesta più fiera s'avanza,

chi soccorso nel mare mi dà?

Più non splende mia stella fedele,

e tra i rischi dell'onda crudele

mia speranza perdendo si va.

 

Leandro ->

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Giardino.

Leandro, Giacomina
 

Leandro, o chi tu sei, se non m'aiti

Leandro
Giacomina ->
Leandro
<- Colagianni

Quanto face a pproposeto pe mmene

Leandro, Colagianni
<- Lamberto

Addio, signori / Servidor, padrone

Leandro, Lamberto
Colagianni ->

Va, ser Squasimodeo

Leandro
Lamberto ->

Mi è giovato l'inganno; unqua non lice

Leandro ->
<- Mariuccio, Bettina

Mia signora Bettina

Bettina
Mariuccio ->

Ha costui messo il piede

Bettina ->
<- Lamberto, copista

Oh che pur finalmente

Lamberto
copista ->

Lamberto
<- Colagianni, Lauretta

Nzomma vuje mò ve nne tornate a Napole

Colagianni, Lauretta
Lamberto ->

Lauretta e Colagianni
Cardolillo mio carillo
Lauretta, Colagianni ->
<- Elisa, Mariuccio

Se tu sapessi le disgrazie mie

Elisa, Mariuccio
<- Leandro

Elisa, Leandro
Mariuccio ->

Ito se n'è pur quello; è tempo omai

Elisa, Leandro
<- Giacomina

Mira Leandro Elisa, e si stupisce

Leandro, Giacomina
Elisa ->

Avea dunque ragione il fido Orazio

Leandro, Giacomina
<- Lamberto

Sappi tu, che non devi

Leandro, Giacomina
Lamberto ->

Ah traditor, che più ascoltar io debbo!

Leandro
Giacomina ->

Misero, e che mi avvenne? Ecco perduto

Leandro ->
<- Lauretta, comparse
Lauretta
comparse ->
Lauretta
<- Lamberto

Lamberto e Lauretta
Deliro notte, e zorno

E 'l ziel t'aiuta, e te dia el bondì

Lamberto, Lauretta
Deliro notte, e zorno
Lauretta
Lamberto ->
 

Va mò, e non sapè lo fatto tujo

Lauretta ->
<- Lamberto, copista

Evviva, ser Gianfrisio, sei pur stato

Lamberto
copista ->
Lamberto
<- Giacomina, Elisa, Lauretta, Bettina, Mariuccio, Colagianni

A tutti riverisco; con silenzio

Io che Venere sono, e son miei vanti

Giacomina
Geni potenti

Lamberto, Giacomina, Elisa, Lauretta, Bettina, Mariuccio
Colagianni ->
Lamberto, Giacomina, Elisa, Lauretta, Bettina, Mariuccio
<- Leandro

Ohimè il fratello!

Lamberto, Giacomina, Lauretta, Bettina, Mariuccio, Leandro
Elisa ->

Lamberto, Lauretta, Bettina, Mariuccio, Leandro
Giacomina ->

Lamberto, Lauretta, Bettina, Leandro
Mariuccio ->

Lamberto, Lauretta, Leandro
Bettina ->

Lamberto, Leandro
Lauretta ->

Leandro
Lamberto ->

Tanto dunque odioso è il volto mio

Leandro ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima
Anticamera con cembalo. Giardino. Gabinetto.
Atto primo Atto terzo

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