Atto terzo

 

Scena prima

Parte di giardino reale con un grand'albero isolato.
Polifonte, ed Argia.

 Q 

Polifonte, Argia

 

POLIFONTE

Non arrossir. Cleon piacque al tuo core.  

ARGIA

Eletto dagli dèi degno è d'amore.

POLIFONTE

E sì tosto obliasti il primo amante?

ARGIA

L'infelice è già morto,

e non ardon le fiamme in fredda polve.

POLIFONTE

Ardono, Argia; ma sia Cleon tuo sposo:

non turberan tue nozze

del tuo diletto Epitide il riposo.

ARGIA

(Qual favellar!)

POLIFONTE

Non è più tempo, Argia,

di negar, di tacer ciò ch'è già noto.

ARGIA

E che?

POLIFONTE

Troppo mi offende il tuo timore.

A Merope si taccia, iniqua madre,

e non a Polifonte, anima fida,

di Epitide il destin.

ARGIA

(Stelle!)

POLIFONTE

Egli vive,

lo so in Cleon. Licisco

(giova il mentir) me ne affidò l'arcano.

Viva egli lieto, e regni. A me sol basta,

che suo servo mi accetti, e suo vassallo;

servir dov'egli dia

leggi sovrane, è la fortuna mia.

ARGIA

Signor, che sul tuo cor regno hai più grande

di quello, che rifiuti,

perdona, se ti offese il mio timore.

POLIFONTE

Fu giusto, e 'l lodo, il tuo geloso amore;

e tal lo custodisci insinché spira

l'iniqua madre. A lei, se chiede il figlio,

vivo lo niega, e lo compiangi estinto.

Che se noto a lei fosse il suo destino,

spinta da quel furor, con cui trafisse

e la prole, e 'l consorte,

potria quella crudel dargli la morte.

ARGIA

Veggo la tua virtù nel tuo consiglio.

Tradir la madre è un preservare il figlio.

Argia ->

 

Scena seconda

Polifonte, poi Anassandro fra gli Arcieri.

 

POLIFONTE

Tratto a' miei cenni ecco Anassandro. È giusto  

tradire il traditore.

 

<- Anassandro, arcieri

ANASSANDRO

Eccomi, ma fra' ceppi, e tu nel soglio.

(si ritirano gli arcieri ad un cenno di Polifonte)

POLIFONTE

Son lubriche, Anassandro, e son gelose

le fortune dei re. La mia vacilla,

se tu non la sostieni.

ANASSANDRO

E che più resta!

POLIFONTE

Il più resta, o mio fido.

ANASSANDRO

Sai qual cor, sai qual fede...

POLIFONTE

E fede, e core

temo, che al rio cimento inorridisca.

ANASSANDRO

Ho spirto, ho sangue, ho vita

da offrirti ancor. Per altri

esser vile poss'io: per te son forte.

POLIFONTE

E s'io chiedessi a te...

ANASSANDRO

Che?

POLIFONTE

La tua morte.

ANASSANDRO

La morte mia?

POLIFONTE

Sol questa

assicurar mi può la pace e 'l trono:

e questa a te richiedo, ultimo dono.

ANASSANDRO

O dio! Sì ria mercede a me tu rendi?

POLIFONTE

In servire al suo re premio ha 'l vassallo.

ANASSANDRO

Sei re, ma tal ti feci.

POLIFONTE

E questo è 'l grande

delitto da punirsi.

Reo sei del mio rossor, sinché tu vivi.

ANASSANDRO

Se mi temi vicin, dammi l'esilio.

POLIFONTE

E vicino, e lontan sei mio periglio.

Arcieri, olà.

(si avanzano gli arcieri)

POLIFONTE

A quel tronco

si consegni il fellon. Ne stringa il nodo

la sua stessa catena.

(vien legato all'albero)

 

Bersaglio a' vostri colpi

l'empio sia tosto. Intenda

il popolo da voi la sua vendetta.

Sacrificio più illustre a sé m'affretta.

 

De' vostri dardi  

sia stabil segno,

poi de' miei sguardi

sia dolce oggetto

quel core indegno

del traditor.

Io parto, o misero,

e nel mio aspetto

risparmio alla tua morte un grande orror.

Polifonte ->

 

Scena terza

Anassandro legato per esser saettato dagli Arcieri, e Licisco.

<- Licisco

 

LICISCO

Qui muor l'empio, e non dassi  

a pubblico fallir pubblica pena?

ANASSANDRO

Delle mie scelleraggini ecco il frutto.

LICISCO

Ebben ne paghi il fio. Spinto dall'ire,

onde Messene il tuo castigo affretta,

per chiederlo, qual dessi, a Polifonte

qui trassi, o iniquo, il piè.

ANASSANDRO

Giusto, il confesso.

Duolmi che ancor non l'abbia

chi di me più perverso, or ne trionfa.

LICISCO

Merope ancor morrà.

ANASSANDRO

Merope, o dio!

Non morrà ch'innocente.

Morrà Epitide ancor: vivrà il tiranno.

Misera patria mia, tardi ti piango.

LICISCO

Da tronche note alti misteri appendo,

o almen li temo. Arcieri

che messeni pur siete,

giova al pubblico ben che sol per poco

l'irreparabil morte

si sospenda a costui.

(lo scioglie dall'albero)

Sciolgo i suoi lacci;

lo riconsegno a voi. Non si trascuri

ciò che il regno riguarda, e poco importa,

che o più presto, o più tardi un empio mora.

ANASSANDRO

No, non chiedo perdon: chiedo, che ancora

m'oda Messene, e poi morir mi faccia.

Ella, numi, il protesto,

ella è più rea di me se non mi ascolta.

LICISCO

Per le più occulte vie

guidatelo a' suoi giudici. Da lungi

vi seguirò.

ANASSANDRO

Con palesar l'inganno

farò ancora tremarti, o mio tiranno.

(parte)

Anassandro, arcieri ->

 

Scena quarta

Licisco.

 

 

Che intesi mai? Qual torbido nell'alma  

mi si svegliò? Muor Merope innocente.

Epitide è in periglio.

Mi fa pietà la madre, orrore il figlio.

 

Torbido nembo freme;  

l'alma lo sente, e 'l teme.

E sta pensosa

perché non ben intende

ciò che temer la fa,

o riparar no 'l sa

o trascurar non l'osa.

Torbido nembo freme;

l'alma lo sente, e 'l teme.

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Licisco ->

 
 

Scena quinta

Stanze di Merope.
Merope, poi Trasimede.

 Q 

Merope

 

MEROPE

Cor mio, chiedo a te sol la tua costanza.  

Degl'immensi tuoi mali

pianger tutti non puoi, pochi non devi.

Grandezze, libertà, consorte, figli,

Epitide, che più? La mia vendetta,

la gloria mia: tutto è perduto. Io moro

non regina, non moglie, e non più madre;

ma condannata, invendicata, infame;

e pur moro fedel, moro innocente.

 

<- Trasimede

TRASIMEDE

Dal mio volto, o regina,  

e ciò ch'io reco, e ciò ch'io soffro, intendi.

Dato è l'arresto. Invano

tentai l'indugio. Oggi... Mi manca il core.

MEROPE

Intendo, Trasimede.

L'impostura trionfa. Io morir deggio,

e morir condannata. Ombre dilette,

oggi sarò con voi. Vittima pronta

andrò in breve all'altare, e andrò tranquilla.

Tu con egual costanza

dillo ai giudici miei per lor rossore,

e per vendetta mia dillo al tiranno.

TRASIMEDE

Farò quanto m'imponi.

MEROPE

Tu piangi? Ah! se ti resta

senso de' mali miei, vendica, o prode,

di Epitide la morte.

Cleone, il più funesto

de' miei nemici, a Stige

mi preceda, o mi giunga. A Trasimede

quest'ultimo favor Merope chiede.

TRASIMEDE

E Merope l'avrà. (Scoppiar mi sento.)

MEROPE

Di più non chiedo. Assai per me tu oprasti,

io per te nulla posso.

Figlia, e moglie di re, vicina a morte,

son così sventurata

che ho un solo amico, e morir deggio ingrata.

TRASIMEDE

Amico no 'l diresti

se vedessi il mio cor. Reo tu no 'l sai:

è reo di grave colpa.

MEROPE

E di qual mai?

TRASIMEDE

Chiedilo alla mia stella, a' tuoi begli occhi,

al tuo merto, al mio core,

e allor saprai che la mia colpa è...

MEROPE

Taci.

Che se appieno t'ascolto,

perdonar più non posso.

TRASIMEDE

O perdono! O virtù!

(una guardia di Polifonte dà una lettera a Merope)

<- guardia

guardia ->

MEROPE

(l'apre subito)

Che fia? Qual foglio?  

«Merope». A me il tiranno?

TRASIMEDE

Quegli è de' suoi custodi.

MEROPE

Ed ei qui scrisse.

(legge)

«Merope, alla tua morte

debbo qualche pietà. L'odio, ch'al rogo

sopravvive, ed all'urna, è troppo ingiusto.

D'Epitide tuo figlio

Cleon fu l'assassin. Prove sicure

n'ebbi da fido messo.» O scellerato!

«Al tuo giusto dolor farne vendetta

già ricusai, quand'era incerto il colpo,

or che l'autor n'è certo, a te lo dono.

Prendila, qual più vuoi. Verrà fra poco

Cleon nelle tue stanze. Ivi il tuo figlio

vendica, ivi il mio re. Così vedrai,

che non è Polifonte

quel tiranno, che pensi, e qual lo fai.»

TRASIMEDE

Gran conforto a' tuoi mali.

MEROPE

Doverlo a Polifonte assai mi duole.

Pur non si perda. Trasimede, io voglio

veder Cleon: fargli temer la morte

pria ch'e' la senta.

TRASIMEDE

E appieno

del suo misfatto assicurar te stessa.

MEROPE

Vanne. Seco mi lascia.

Poi, s'altro cenno mio non te 'l divieti,

fa' che in uscir da queste soglie, il fio

paghi del suo delitto,

dalla tua spada, e dall'altrui trafitto.

TRASIMEDE

Eseguirò l'alto comando.

MEROPE

Parti.

 

TRASIMEDE

Occhi amati, io partirò.  

Per conforto del mio cor

vi dimando un guardo solo

vendicar allor potrò

con più forza e più valor

la mia pena, e 'l vostro duolo.

Occhi amati, io partirò.

Trasimede ->

 

Scena sesta

Merope, e poi Epitide.

 

MEROPE

Figlie di giusto sdegno, ire di madre,  

è tempo di vendetta.

Lungi, o pietà. Cada l'iniquo esangue.

All'ucciso mio figlio... Eccolo. Ahi vista!

 

<- Epitide

EPITIDE

Per comando real di Polifonte  

a te vengo, o regina; anzi a te vengo

per impulso del cor, che in te compiange

l'innocenza tradita.

MEROPE

Di' che vieni, o crudel, perché il mio pianto

ti serva di trionfo. Armata d'ira

volea chiuder nel petto il mio dolore,

e non darti la gloria

di un barbaro piacer. Ma al primo sguardo

cede l'ira; e più forte

è al mio pensier l'idea del figlio ucciso,

che agli occhi miei dell'uccisor l'aspetto.

Godi, perfido, godi. Ecco il mio pianto

le gote inonda, e inumidisce il ciglio.

Inumano assassin! Povero figlio!

EPITIDE

L'odo? Non moro? E taccio?

Perdonami, o regina. È ver. Son reo,

ma non è la mia colpa

la morte del tuo figlio. Il duro avviso

io te ne diedi, e la mia colpa è questa.

Le lagrime, che spargi,

tu le spargi per me.

MEROPE

Per te, spietato,

vantane il bel trofeo, per te le spargo.

Ma poco ne godrai. Tremane, e senti.

Pochi, pochi momenti

ti restano di vita.

Sul primo uscir di queste soglie, al fianco

avrai la mia vendetta, e la tua morte.

EPITIDE

(Ah! non resisto più: tempo è ch'io parli.)

Quel figlio, che tu piangi...

MEROPE

Empio, tu l'uccidesti.

EPITIDE

Il tuo Epitide...

MEROPE

Mio? Tu me l'hai tolto.

EPITIDE

Madre...

MEROPE

Più tal non sono

dopo il tuo tradimento.

EPITIDE

Tornerai, se mi ascolti, ad esser madre.

MEROPE

Parla.

EPITIDE

Epitide vive.

MEROPE

Il so: tra l'ombre

del cieco regno.

EPITIDE

Ei vive

qual tu, qual io; questo è 'l suo cielo, e queste

sono l'aure ch'e' spira.

MEROPE

È vivo il figlio mio?

EPITIDE

Te 'l giuro, e 'l vedi e 'l senti, e quel son io.

MEROPE

Quello tu sei? Ah vile!

Tu sei Cleon! Del figlio

sei l'uccisor. La minacciata morte

si è fatta tuo spavento, e per fuggirla

mi vorresti ingannar. Ma questa volta

non ti varrà la frode.

EPITIDE

Ah madre!...

MEROPE

Taci.

Sol perché madre son, temer mi déi.

Non sei mio figlio. Il suo uccisor tu sei.

EPITIDE

Tacerò, morirò. Ma pria ch'io mora

ti parli Argia. Ti parli

la mia sposa fedel. Credi all'amante,

ciò ch'al figlio ricusi.

MEROPE

Olà, si faccia

venir qui Argia. Sospendo

sol per brevi momenti il tuo destino;

ma di Epitide sei l'empio assassino.

 

EPITIDE

Quando in me ritroverai  

del tuo affetto

il dolce oggetto,

che farai?

MEROPE

Ti abbraccerò.

Ma se il perfido sarai,

per cui spento

è 'l mio contento,

che dirai?

Io morirò.

 

Scena settima

Argia, e li suddetti.

<- Argia

 

EPITIDE

Più non si nieghi il figlio ad una madre.  

Parlò la mia pietade.

Ora parli il tuo amor. Dillo, alma mia,

cara adorata Argia.

ARGIA

A chi parli? Chi sei? Donde in te nasce

tanta o baldanza o frenesia d'amore?

Qual, regina, è costui? (Canti, o mio core.)

EPITIDE

Eh! Non finger, mio ben! L'arte non giova.

L'arcano è già svelato.

Tu lo conferma. Io son tuo sposo. Io quegli...

ARGIA

Intendo. Un mostro ucciso

ti dà qualche ragion sovra il mio core.

EPITIDE

No, no: di', che in me vedi

della Messenia il prence,

e di Merope il figlio.

Di' ch'Epitide io son.

ARGIA

No, tu no 'l sei.

MEROPE

Quello non sei. Già certa

è la perfidia tua. Parlò l'amante,

né s'ingannò la madre.

EPITIDE

O dio, te n' priego ancora!

MEROPE

Non più. Già ti abusasti

della mia sofferenza.

Dal più orribile oggetto

libera gli occhi miei.

EPITIDE

Argia...

ARGIA

Non ti conosco.

EPITIDE

I numi attesto.

ARGIA
(a Argia e poi ad Epitide)

Spergiuro è 'l traditor. Non ti do fede.

EPITIDE

Questo pianto ch'io verso...

MEROPE

Per te lo sparsi anch'io. Non t'ho pietade.

Parti. Ancor te 'l comando.

EPITIDE

Madre.

MEROPE

Se più resisti,

vedrò dopo il tuo pianto anche il tuo sangue.

ARGIA

(Son crudel per pietà.) Parti, o infelice.

EPITIDE

Argia. Merope. O cieli!

Deh! Per l'ultima volta...

MEROPE

Ancor t'arresti?

EPITIDE

Il tuo sposo son io.

ARGIA

Più non t'ascolto.

EPITIDE

Io sono il figlio tuo.

MEROPE

Tu me l'hai tolto.

 

EPITIDE

Sposa... non mi conosci.  

Madre... tu non mi ascolti.

Eppur sono il tuo amor. Sono il tuo figlio.

(ad Argia)

Parla... ma sei infedel.

(a Merope)

Credi... ma sei crudel.

O dio! Scampo non ho, non ho consiglio.

Sposa... non mi conosci.

Madre... tu non mi ascolti.

Epitide ->

 

Scena ottava

Merope, ed Argia.

 

MEROPE

Quasi m'intenerì. Quasi sedotta  

il suo pianto mi avea.

ARGIA

Tutto è bugia.

MEROPE

Ne pagherà le pene.

Anzi in questo momento

quel cor fellon cade svenato all'ara

dell'infelice Epitide tradito.

ARGIA

Come? Svenato?

MEROPE

Sì. Dato era il cenno;

e fuor di quelle soglie

al varco l'attendea la mia vendetta.

ARGIA

Ah! va'. Corri. Sospendi...

MEROPE

Qual pallor? Qual pietà? Tardo è 'l consiglio.

Perì l'empio Cleone.

ARGIA

E nell'empio Cleon perì il tuo figlio.

MEROPE

Che sento? O dèi! Cleone,

Cleone è il figlio mio? Perché tacerlo?

Perché negarlo? Amici,

numi, soccorso. Ah! s'io non giungo a tempo,

son misera del pari, e scellerata.

 

Scena nona

Polifonte, e le suddette.

<- Polifonte

 

POLIFONTE

Fermati, arresta il piè, madre spietata.  

MEROPE

O furia! O traditori!

POLIFONTE

Ti affligge il colpo?

Perché darne il comando?

MEROPE

Da te ingannata, iniquo mostro, e rio.

POLIFONTE

Per te Epitide è morto;

e furia, e mostro, e traditor son io?

 

Scena decima

Trasimede, e li suddetti.

<- Trasimede

 

TRASIMEDE

Regina...  

MEROPE

La mia morte

compisci, Trasimede. Il cenno... Il figlio...

Di'. Parla. A che ammutir?

TRASIMEDE

Quanto dovea

fido eseguii.

MEROPE

Barbara fede! Iniquo

cenno! Crudel ministro!

Misera madre!

ARGIA
(a Trasimede)

Che? Tu l'amor mio?

Tu Epitide uccidesti?

TRASIMEDE

Di qual furor?...

MEROPE

Carnefice del figlio,

su, svena ancor la madre.

Un ferro per pietà. Chi mi dà morte?

POLIFONTE

Te la darà fra poco,

qual la merti, una scure.

Argia, duce, si lasci

costei con le sue furie,

e con l'idea de' suoi misfatti enormi.

Andiamo ad affrettarle il suo castigo.

MEROPE

Argia, gli ultimi pianti

teco anch'io verserò sul figlio amato.

ARGIA

Me il tiranno tradì: te l'empio fato.

(parte)

Argia ->

 

MEROPE

Già reo del sangue mio nel figlio ucciso,

me, Trasimede, ancor passi il tuo brando.

TRASIMEDE

Io reo? La mia gran colpa è tuo comando.

(parte)

Trasimede ->

 

MEROPE

Empio, va' pur. Non sempre

ti lasceran gli déi

lieto fissar sulle mie pene il ciglio.

POLIFONTE

L'empia sei tu, che trucidasti il figlio.

(parte)

Polifonte ->

 

Scena undicesima

Merope.

 

 

Sei dolor, sei furor ciò che m'ingombri?  

Dove, dove mi guidi?

Mostri, spettri, chi siete? A che venite?

Polifonte. Ah tiranno!

Anassandro. Ah spergiuro!

Che turba è quella? Intendo.

Ecco il velo funebre. Ecco i ministri.

Ecco la morte mia. Su: che si tarda?

 

 

Il colpo che attendo,  

crudeli, affrettate.

Piego il capo. Ferite, troncate.

 

 

Sposo, figli, messeni,

moro, e moro innocente.

 

 

Innocente! Un'empia sei,

tu che il figlio hai trucidato.

 

 

Perdona, o caro figlio.

Io credea vendicarti, e t'ho svenato.

 

 

Escimi tutto in lagrime,

sangue, che ancor dai vita al mio dolor.

 

 

Toglietevi, o mie luci, al fiero oggetto

più di morte crudel. Qual ferro è quello?

In qual seno e' si vibra? Trasimede,

ferma. Quegli è mio figlio.

Caro Epitide, o tanto

già sospirato, e pianto,

mio dolce amor: pur salvo

e ti trovo, e ti abbraccio.

 

 

Figlio, figlio... non rispondi?

Vieni, vieni, ond'io ti baci.

Perché fuggi? Perché taci?

 

 

O dio! Qual mi lusingo?

Apro al figlio le braccia, e l'aure stringo.

 

Ombra amorosa, anch'io  

tosto ti seguirò

là ne gli Elisi,

solo per abbracciarti,

o figlio amato.

Allor col pianto mio

a te mostrar potrò

ch'io non ti uccisi,

ma sol poté svenarti

il crudo fato.

 
 

Scena dodicesima

Salone reale chiuso nel mezzo da cortine che pendono dal soffitto di esso.
Polifonte, Licisco, e poi Trasimede.

 Q 

Polifonte, Licisco

 

POLIFONTE

Mal fece il tuo signor, mal tu facesti  

tacendo il vero.

LICISCO

Epitide...

POLIFONTE

In Cleone,

lo so, vivea nascosto.

Ma perì l'infelice

dall'empia madre ucciso.

La colpa, e la vendetta

qui ne vedrai. Poi tosto

esci dal regno mio.

Quel grado, che sostieni, e ch'io rispetto,

ti toglie al regio sdegno.

LICISCO

Ubbidirò. (Ma prima

ne' tuoi lacci cadrai, tiranno indegno.)

 

<- Trasimede

TRASIMEDE

Signor, tutto è già pronto. Un'alma iniqua  

qui avrà la pena sua: qui un re la pace.

POLIFONTE

Merope ancor non giunge?

TRASIMEDE

Il reo va sempre

con lento passo a morte.

POLIFONTE

Strascinata ella venga,

se volontaria il niega, e collo e mani

di funi avvinta, traggasi l'indegna

al sanguinoso altar della vendetta.

 

Scena tredicesima

Merope fra Guardie, e li suddetti.

<- Merope, guardie

 

MEROPE

Merope non aspetta  

d'esser tratta a morir. Libera viene;

né vuol la regal mano

l'oltraggio sofferir di tue catene.

Su, dov'è la mia morte?

Da chi l'avrò? Da scure? Io stendo il capo.

Da ferro? Io porgo il seno.

Sia tosco, fiamma sia, laccio, ruina,

qualunque sia, messeni,

morirò sì, ma morirò regina.

POLIFONTE

Tu ostenti per virtù la tua fierezza.

Ma farò, ch'ella tremi.

Vedi. Colà svenato,

e svenato da te, giace il tuo figlio.

Apri l'infausta scena, e fissa un guardo

su quelle, che pur sono

trofeo di tua barbarie, orride piaghe.

Se poi tarda pietà ti chiama ai baci,

baciale pur, ma con qual legge, or senti.

Sul freddo busto esangue

mano a man, seno a seno, e bocca a bocca

ti leghino, o crudel, ferree ritorte;

e tal vivi sin tanto

che il cadavere istesso a te dia morte.

LICISCO

Sacrilego!

TRASIMEDE

Inumano!

MEROPE

Ch'ascolto? Ahimè! Nell'alma

per qual via non usata entra l'orrore?

Averno non l'avea: l'ha Polifonte.

POLIFONTE

E per Merope l'abbia.

Via: che più tardi?

MEROPE

Al tuo furor si serva.

Chissà che al primo sguardo, al primo bacio

io non mora su voi, viscere amate.

(va per aprir le cortine, e poi si ritira)

O dio! Trema la mano. Il piè si arretra.

Si offusca il guardo. Io non ho cor.

POLIFONTE

Non l'hai,

e sì fiera il vantasti?

Orsù: già t'apro io stesso

l'apparato letal. Da voi, messeni,

sia il mio cenno ubbidito.

Mira. Epitide è quegli...

(al cenno di Polifonte s'alzano le cortine e danno luogo alla vista del rimanente della sala)

 

Ahi! son tradito!

 

Scena ultima

Epitide, Argia, Anassandro, e detti.
Séguito di Messeni, e di Soldati.

<- Epitide, Argia, Anassandro

 

EPITIDE

Sì. Epitide son io.  

MEROPE

Deh figlio!

EPITIDE

(a Merope)

Or non è tempo.

(a Polifonte)

Son tuo re: tuo punitor, tua pena;

(accennando Anassandro)

questi delle tue colpe

è 'l testimon. Lo raffiguri?

POLIFONTE

O stelle!

Vive Anassandro ancor?

ANASSANDRO

Vivo, e spergiuro,

per tuo rossor, per tuo tormento, o iniquo.

POLIFONTE

Trasimede, messeni, all'armi, all'armi.

Al vostro re s'insulta. Ira, ed inganno

s'armano a' danni miei.

 

<- messeni, soldati

TUTTI

Mori, o tiranno.  

POLIFONTE

Mori? Chi mi difende?

LICISCO

O vile!

POLIFONTE

Aita.

ARGIA

O traditor!

POLIFONTE

Soccorso.

TRASIMEDE

O scellerato!

POLIFONTE

Pietade.

MEROPE

O Polifonte,

il tuo nome sol basta a dirti il mostro.

L'obbrobrio della terra.

POLIFONTE

È ver. Pietade.

MEROPE

Di Cresfonte l'avesti, e de' miei figli.

POLIFONTE

Gli uccisi, è ver. Pietade.

EPITIDE

L'avrai, ma sol da morte. Entro il più chiuso

della reggia e' sia tratto, e là si uccida.

POLIFONTE

Crudel, se così giusta è tua vendetta,

perché qui non l'adempi?

EPITIDE

Ove il padre uccidesti, ove i fratelli,

tu déi morir. Più orribile a' tuoi sguardi,

dove peccasti, apparirà la morte.

POLIFONTE

Andiam. Con qualche pace

morrò da voi lontano.

Felice me, se meco

trarr'io potessi al baratro profondo

Merope, Epite, e la Messenia, e 'l mondo.

(parte)

Polifonte ->

 

MEROPE

Vada con le sue furie. Impaziente  

già corro ad abbracciarti,

o figlio.

EPITIDE

O madre.

MEROPE E EPITIDE

O gioia! O amore! O vita!

MEROPE

Qual dio ti preservò? Chi a me ti rese?

EPITIDE

Licisco fu. La morte egli sospese

che Trasimede a me vibrava in seno.

LICISCO

D'Anassandro il rimorso

fu la comun salvezza.

MEROPE

Perché a me lo tacesti?

TRASIMEDE

E potea dirlo,

presente il tuo tiranno?

ANASSANDRO

Or che gran parte

riparai di que' mali, onde reo sono,

supplice a' piedi tuoi chiedo la morte.

EPITIDE

L'esilio ti punisca, e ti perdono.

Trasimede, Licisco, a voi la vita

debbo, e lo scettro: a te, mia sposa, il core:

a te, madre, quant'ho: cor, scettro e vita.

ARGIA

O sposo!

MEROPE

O figlio!

TRASIMEDE

O generoso!

LICISCO

O degno!

MEROPE

Tal da due mostri è per te salvo il regno.

 

CORO

Dopo l'orribile  

fiero timor,

di pace, e giubilo

si empia ogni cor.

Vinto è l'orgoglio,

spento è 'l terror,

ove ha la gloria

fede, e valor.

Dopo l'orribile

fiero timor,

di pace, e giubilo

si empia ogni cor.

 

Varianti all'atto terzo di D. Lalli

Dal libretto musicato nel 1734 da G. Giacomelli.

 
Aria scena I.

Argia

ARGIA

A chi dar morte? A chi?

Al bel che m'invaghì;

all'idol mio diletto

scudo sarà il mio petto,

e questo core.

A chi riparar lo sdegno

d'ingrata madre irata,

mi darà forza, e ingegno

un forte amore.

A chi dar morte? A chi?

 
Aria alternativa fine scena XI.

Merope

MEROPE

Là sul torbido Acheronte

vedo il figlio in nero aspetto.

Partì, o dio, dagli occhi miei,

ah! Che oggetto tu mi sei

di rimorso, e di terror.

No t'arresta, anch'io dolente

tua tiranna, ma innocente,

vo' abbracciarti o mio tesor.

Là sul torbido Acheronte

vedo il figlio in nero aspetto.

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Parte di giardino reale con un grand'albero isolato.

Polifonte, Argia
 

Non arrossir. Cleon piacque al tuo core

Polifonte
Argia ->

Tratto a' miei cenni ecco Anassandro

Polifonte
<- Anassandro, arcieri

Anassandro, arcieri
Polifonte ->
Anassandro, arcieri
<- Licisco

Qui muor l'empio, e non dassi

Licisco
Anassandro, arcieri ->

Che intesi mai? Qual torbido nell'alma

Licisco ->

Stanze di Merope.

Merope
 

Cor mio, chiedo a te sol la tua costanza

Merope
<- Trasimede

Dal mio volto, o regina

Merope, Trasimede
<- guardia
Merope, Trasimede
guardia ->

Che fia? Qual foglio?

Merope
Trasimede ->

Figlie di giusto sdegno, ire di madre

Merope
<- Epitide

Per comando real di Polifonte

Epitide e Merope
Quando in me ritroverai
Merope, Epitide
<- Argia

Più non si nieghi il figlio ad una madre

Merope, Argia
Epitide ->

Quasi m'intenerì. Quasi sedotta

Merope, Argia
<- Polifonte

Fermati, arresta il piè, madre spietata

Merope, Argia, Polifonte
<- Trasimede

Regina / La mia morte

Merope, Polifonte, Trasimede
Argia ->

Merope, Polifonte
Trasimede ->

Merope
Polifonte ->

Sei dolor, sei furor ciò che m'ingombri?

 

 

 

Salone reale chiuso nel mezzo da cortine che pendono dal soffitto.

Polifonte, Licisco
 

Mal fece il tuo signor, mal tu facesti

Polifonte, Licisco
<- Trasimede

Signor, tutto è già pronto. Un'alma iniqua

Polifonte, Licisco, Trasimede
<- Merope, guardie

Merope non aspetta

(s'alzano le cortine e danno luogo alla vista del rimanente della sala))

Polifonte, Licisco, Trasimede, Merope, guardie
<- Epitide, Argia, Anassandro

Sì. Epitide son io

Polifonte, Licisco, Trasimede, Merope, guardie, Epitide, Argia, Anassandro
<- messeni, soldati

Mori, o tiranno

Licisco, Trasimede, Merope, guardie, Epitide, Argia, Anassandro, messeni, soldati
Polifonte ->

Vada con le sue furie. Impaziente

Argia
 
Merope
 
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena ultima Varianti all'atto terzo di D. Lalli
Piazza di Messene con trono; grand'ara nel mezzo con la statua d'Ercole coronata di pioppo; tempio chiuso in... Stanze di Polifonte in villa con porta segreta. Montuosa con rocca nell'alto, grotta nel mezzo, e palazzo delizioso nel basso. Cortile. Sala con trono, e sedili. Parte di giardino reale con un grand'albero isolato. Stanze di Merope. Salone reale chiuso nel mezzo da cortine che pendono dal soffitto.
Atto primo Atto secondo

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