Atto secondo

 

Scena prima

Montuosa con rocca nell'alto, grotta nel mezzo, e palazzo delizioso nel basso.
Polifonte, Licisco.

 Q 

Polifonte, Licisco

 

POLIFONTE

Fu voler degli dèi ciò che rapina  

parve forse alla Grecia.

Fatta è mercede al vincitore Argia.

LICISCO

Dal re suo padre il suo destin dipende.

POLIFONTE

E dipende dal ciel quel de' regnanti.

LICISCO

(Epitide, se perdi

la bella Argia, ben ne preveggo i pianti.)

 

Scena seconda

Merope, e detti.

<- Merope

 

MEROPE

Sull'orme di Licisco  

vengo dolente madre. Infausto grido

sparso è d'intorno. E' morto il figlio, o vive.

LICISCO

Ciò che dirti può 'l re, taccia Licisco.

POLIFONTE

E a Merope, che 'l chiede un re no 'l dica.

MEROPE

Crudel! perché si niega

un sì giusto conforto ad una madre?

LICISCO

Chi più figli non ha, non è più madre.

MEROPE

Ah! Lo dicesti pur: morto è 'l mio figlio.

LICISCO

Alla madre morì, pria che alla vita.

MEROPE

È la vita, ch'ei spira, egli è pur sangue

delle viscere mie.

POLIFONTE

Tuo sangue ancora

era quel di due figli.

MEROPE

Ed io lo sparsi?

POLIFONTE

La Messenia lo sa: la fama il dice.

MEROPE

Basta che il cor mi assolva, e che gli dèi

veggan la mia innocenza e la mia fede.

LICISCO

Innocente esser puoi,

ma la Grecia lo niega.

POLIFONTE

E un re no 'l crede.

MEROPE

Empio, non sempre esulterai sul pianto

dell'oppressa innocenza.

POLIFONTE

Chi d'infamia ha rossor, fugga la colpa.

MEROPE

E chi di colpa è reo, tema la pena.

POLIFONTE

Ah! Merope del tuo, del tuo delitto

con qual fronte mi accusi? E con qual prova!

Dal pubblico giudizio eccomi pronto

a ricever la legge, e dal castigo

non mi esenti il diadema.

LICISCO

Ove il reo non è certo, ogn'un si tema.

POLIFONTE

Ma qual suono festivo odo dal monte?

 

Scena terza

Preceduto da festoso séguito di Messeni, Epitide esce dalla grotta e viene scendendo dal monte. I suddetti.

<- messeni, Epitide

 

EPITIDE

Piagge amiche fortunate...  

LICISCO

(D'Epitide è la voce.)

 

EPITIDE

Piagge amiche fortunate,

festeggiate. Il mostro è ucciso!

E con onde al mar turbate

più non corra il bel Pamiso.

Piagge amiche fortunate,

festeggiate. Il mostro è ucciso!

 

messeni ->

POLIFONTE

Lascia, che al seno, o generoso, o prode  

del messenico regno

liberator... Perché t'arretri?

EPITIDE

Avvezze

con le fiere a lottar braccia selvagge

ricusano l'onor di regio amplesso.

MEROPE

(O dèi! Qual, se l'ascolto, e qual se 'l miro,

mi si desta nell'alma inusitato

non inteso tumulto?)

POLIFONTE

Libero è 'l regno; ogn'alma esulta; e sola

nel pubblico piacer Merope è mesta?

EPITIDE

Che? La regina... O dio! Merope è questa?

MEROPE

Merope sì, non la regina. Un'ombra

son di quella, che fui.

EPITIDE

Concedi, o donna eccelsa,

(ah! quasi dissi, o madre)

ch'io baci umil la nobil destra.

MEROPE

(O bacio,

onde in seno mi è corso e gelo e foco!)

POLIFONTE

Come? Di Polifonte

fuggir le amiche braccia? E imprimer poi

su colpevole man bacio divoto?

EPITIDE

Giurai di farlo, ed or ne adempio il voto.

POLIFONTE

Perché il giurasti? A chi?

MEROPE

Straniero, addio.

(Cresce in mirarlo il turbamento mio.)

EPITIDE

(trattenendo Merope)

Ciò ch'esporrò, regina,

la tua richiede, e la real presenza.

MEROPE

O ciel! La mia? Parla. Chi sei? Che rechi?

EPITIDE

Mi accingo ad ubbidirti.

Etolo io son. Ne' calidoni boschi

della saggia Ericlea nacqui ad Oleno.

Il mio nome è Cleon.

LICISCO

(Par vero il falso:

con tal arte l'adorna.)

MEROPE

Or d'Etolia a noi vieni?

EPITIDE

Vengo di Delfo. Ivi desio mi trasse

di saper la mia sorte. Ove si parte

la via tra Delfo e Dauli

trovai nobil garzon giacer trafitto.

POLIFONTE

Che? trafitto un garzon tra Dauli e Delfo?

LICISCO

Nella Focide?

EPITIDE

Appunto.

LICISCO

Quant'ha?

EPITIDE

Sei volte, e sei rinato è 'l giorno.

LICISCO
(a Polifonte)

Tutto s'accorda, e 'l tempo, e 'l loco.

POLIFONTE

Estinto!

Il ferito giacea?

EPITIDE

Tanto di vita

spirava ancor, che poté dirmi: «Amico,

moro. Di masnadieri

turba feroce, alle rapine intesa,

mi assassinò. Nel fior degli anni io moro.»

MEROPE

Misero!

EPITIDE

«Di Messene

nella reggia», soggiunse, «a Polifonte,

ed a Merope reca

quest'aureo cinto, e questa gemma illustre,

mie spoglie, e mio retaggio.

Bacia per me di Merope la destra;

la destra sì, che forse

mi chiuderebbe in mesto uffizio, e pio

le gravi luci.» Egli in ciò dir la mano,

ch'io stesa avea, strinse alla sua. Poi tacque,

gettò un sospiro, abbassò i lumi e giacque.

MEROPE

Qual funesta caligine m'ingombra?

Qual freddo orror m'empie le vene e l'ossa?

Sentì l'alma presaga

l'infausto annunzio. O desolato regno!

O sconsolata madre!

Epitide, il mio amore, il mio conforto,

l'unico figlio, il caro figlio è morto.

POLIFONTE

Tace ne' gravi mali un gran dolore.

(Sappi occultar l'interna gioia, o core.)

LICISCO

Freno al dolor. Non è la ria sciagura

ben certa ancor.

MEROPE

Sì: che più tardi? Il cinto

dov'è? Dove la gemma, antico dono

d'infelice regina?

EPITIDE

E quello, e questa

eccoti, o regal donna. (Al suo tormento,

del mio inganno crudel quasi mi pento.)

MEROPE

Spoglie del figlio ucciso,

del mio misero amor memorie infauste,

desse pur troppo siete.

Ben vi ravviso. Or che più cerco? Vieni

per questi ultimi baci,

per questi amari pianti,

vieni sul labbro, o cor; vieni sul ciglio:

è morto il caro figlio.

EPITIDE

(Resisto appena.)

LICISCO
(a Polifonte sottovoce)

Il grido

nulla mentì del caso acerbo, e fiero.

POLIFONTE
(a Licisco)

Ma di Merope il pianto è menzognero.

MEROPE

(Quietatevi, o singulti. Omai l'oggetto

si cerchi alla vendetta; e si risvegli,

qual dall'onda l'ardor, l'ira dal pianto.)

Dimmi, o Cleon: solo giacea l'estinto?

EPITIDE

Senza compagno al fianco.

LICISCO

E solo appunto

sortì d'Etolia, e sconosciuto il prence.

MEROPE

Turba di masnadieri

non lo assalì?

EPITIDE

Spoglie gli tolse e vita.

MEROPE

Di molte piaghe, o d'una sola?

EPITIDE

II sangue

di più vene gli uscia.

MEROPE

L'ora?

EPITIDE

Non molto

dopo il meriggio.

MEROPE

E come

semivivo restò? Come il furore

non finì di svenarlo?

EPITIDE

Forse estinto il credé.

MEROPE

No, traditore.

Di', che tu l'uccidesti.

EPITIDE

Io, regina, io l'uccisi?

MEROPE

Tu, infame. Erano spoglie

sì vili e questo cinto, e questa gemma?

Non le curò la predatrice turba?

Nel chiaro dì quel non gli vide al fianco?

Non questa al dito? Ah barbaro! Ah fellone!

Tu, tu l'assassinasti.

Scusa, se puoi, la tua perfidia. Il core

me 'l disse al primo sguardo. Or me 'l conferma

quel mentir, quel tremar, quel tuo pallore.

EPITIDE

Se colpevole... io sia...

MEROPE

Sei traditore.

 

Con il figlio sventurato  

tu di madre, o scellerato,

il bel nome a me togliesti,

e seco la mia pace, ed il mio bene.

Ma di madre in questo core

resta il duol, resta l'amore

per far le mie vendette e le tue pene.

Con il figlio sventurato

tu di madre, o scellerato,

il bel nome a me togliesti,

e seco la mia pace, ed il mio bene.

Merope ->

 

Scena quarta

Polifonte, Epitide, e Licisco.

 

POLIFONTE

Di Merope dall'ira  

la tua vittoria e il mio poter ti è scudo.

Ella matrigna ai vivi,

madre parer vuole a' suoi figli estinti.

EPITIDE

Se estinti li bramò, perché li piange?

POLIFONTE

Tutto è menzogna; o nulla costa, o poco

ad occhio femminil pianto bugiardo.

LICISCO

E mal giudichi un cor, se credi al guardo.

POLIFONTE

Pace all'ombra real. Giorno sì lieto,

in cui per tuo valor salva è Messene,

festeggi i tuoi sponsali.

EPITIDE

I miei?

POLIFONTE

Di quanto oprasti alta mercede

avrai nell'amorosa

regal vergine illustre,

scelta da' numi a te compagna e sposa.

 

Se vaga sia,  

se sia vezzosa,

la dolce sposa

che il ciel gli diè

(a Licisco)

tu gli dirai per me,

(ad Epitide)

tu lo vedrai.

A quel bel viso ancelle

stanno le grazie e 'l riso,

e l'amorose stelle

scintillano in que' rai.

Se vaga sia,

se sia vezzosa,

la dolce sposa

che il ciel gli diè

(a Licisco)

tu gli dirai per me,

(ad Epitide)

tu lo vedrai.

Polifonte ->

 

Scena quinta

Epitide, e Licisco.

 

EPITIDE

A me nozze? A me sposa?  

LICISCO

Il ciel decreta.

Epitide ubbidisca.

EPITIDE

E posso io farlo?

Consigliarlo Licisco?

LICISCO

Così servo al tuo cor, così al tuo amore.

EPITIDE

Il mio amore, il mio cor, l'anima mia,

non è, lo sai, che l'amorosa Argia.

LICISCO

E Argia sarà tua sposa:

Argia sarà tuo premio. Il ciel la volle

prigioniera in Messene,

perché seco tu regni amato amante.

EPITIDE

O me, se ciò fia vero,

fortunato amator, lieto regnante!

LICISCO

Segui il sentier ben cominciato, e spera.

Sposo sei, ma beltà non ti lusinghi.

Figlio sei, ma pietà non ti tradisca.

L'odio, l'amore, il sangue,

tutto dubbio ti sia. Temine e fingi.

EPITIDE

Ah ch'il duol della madre è mio spavento!

LICISCO

Dillo tua debolezza. A te i fratelli,

a te il padre sovvenga, e 'l tuo periglio.

EPITIDE

Sì: ma Merope è madre, ed io son figlio.

 

LICISCO

Mi piace, che ti accenda  

con degni affetti

la dolce sposa,

la cara madre il cor.

Ma dal figlio il padre aspetta

la vendetta,

e la chiede alla tua fede,

e la vuol dal tuo valor.

Mi piace che ti accenda

con degni affetti

la dolce sposa,

la cara madre il cor.

Licisco ->

 

Scena sesta

Epitide.

 

 

Merope, Polifonte, Argia, Messene,  

gloria, regno, vendetta, odio ed amore,

tutti voi siete oggetto

di spavento, e d'invito a' miei pensieri.

Il dibattuto cor qua e là si volve

qual da turbine spinta arena o polve.

 

Se pensar potessi ogn'ora  

a quel ben che m'innamora,

quanto più lieta avrei

nel sen quest'alma!

Ma il pensier de' mali miei

toglie a me pace sì bella,

qual toglie la procella

al mar la calma.

Se pensar potessi ogn'ora

a quel ben che m'innamora,

quanto più lieta avrei

nel sen quest'alma!

Epitide ->

 
 

Scena settima

Cortile.
Polifonte, e Merope.

 Q 

guardie

<- Polifonte, Merope

 

POLIFONTE

Merope a Polifonte  

sì cortese or favella?

MEROPE

A Polifonte

a te così tiranno, io sì nemica,

porto un mio voto, e un dono mio. Caduto

il mio figlio, il tuo re, mio re ti onoro;

ma sii giusto, e sii grato. Un figlio, o sire,

mi fu tu 'l sai, misera madre! ucciso.

Cleon n'è l'assassin. Di quell'iniquo

qui ti chieggo la pena, e 'l voto è questo.

Or vedi il dono. All'are sacre io stendo

la man che pria negai. Con questa legge,

se ti piace il regnar ti chiamo al trono,

se ti muove l'amor, tua sposa io sono.

POLIFONTE

Merope, ingiusto è 'l voto, e tardo è 'l dono.

In Cleon, che tu fingi un assassino,

la Messenia ha un eroe. Sdegno il tuo nodo,

e per te, ch'or mi prieghi, io più non ardo.

Il tuo voto, il tuo dono è ingiusto, è tardo.

MEROPE

Ben difendi Cleon. Ben mi rinfacci

con i prieghi l'offerte, e ben mi sdegni;

ma sappi, e mio nemico e mio tiranno,

sappi tutto il mio cor. Materno affetto,

non timor, non viltà fu mio consiglio.

Per vendicar un figlio io nella madre

la sposa ti promisi;

ma parlò solo il labbro, e questa mano

era pronta a svenarti, anzi che fosse

profanato il mio sen da' tuoi amplessi.

Tentai la sorte, e mi tradì. Bell'ombra

di Epitide infelice, il dolce, il caro

piacer di vendicarti ancor mi è tolto;

ma non già la speranza. Empio, paventa,

se, non me, gli alti dèi. Se tanto in terra

non puote il desir mio,

in cielo almeno, in ciel potran ben tanto

del figlio il sangue, e della madre il pianto.

POLIFONTE

Quel tuo pianto ingannar non può gli dèi.

Tu la rea, la crudel, l'empia tu sei.

Polifonte ->

 

Scena ottava

Merope, e Trasimede.

<- Trasimede

 

MEROPE

Troppo sinistro ho 'l fato.  

TRASIMEDE

Dillo propizio. Avvinto

Anassandro è fra ceppi, alta regina.

MEROPE

Giusti dèi! Pur vi fece

pietà la mia innocenza!

Trasimede fedel, che non ti deggio?

(alle guardie)

A me tosto il fellon.

guardie ->

TRASIMEDE

Non lungi attende

la pena sua.

MEROPE

Qual l'hai sorpreso, e dove?

TRASIMEDE

Dove più folto il bosco

ricusa il giorno. Egli fuggir volea:

ma, da' miei pronti arcieri

cinto, temé la minacciata morte.

MEROPE

Già viene il traditor. Nel fosco volto

di perfidia, e timor spiega l'insegne.

 

Scena nona

Anassandro in catene fra Guardie, e detti.

<- Anassandro, guardie

 

ANASSANDRO

Voi mi tradiste, inique stelle indegne!  

MEROPE

Qual colpa han di tua pena

gli astri innocenti? Al tuo fallir la devi.

ANASSANDRO

A me la debbo: è vero.

Già ne sento l'orror. Veggo i ministri,

s'arrotano le scuri, ardon le fiamme.

MEROPE

Ma fiamme, scuri, e orribili tormenti

degne pene non sien del tuo delitto.

ANASSANDRO

Né uguali al mio rimorso. Errai, regina.

MEROPE

E reo del mio dolore

perché farti? Perché? De' miei custodi

era duce Anassandro.

ANASSANDRO

Era tuo servo.

MEROPE

Da lei beneficato...

ANASSANDRO

E tra' più cari.

MEROPE

E tu ingrato...

ANASSANDRO

Sacrilego...

MEROPE

Tra l'ombre

trafiggesti il mio re.

ANASSANDRO

Cresfonte uccisi.

MEROPE

Né sazio di una morte e di una colpa,

svenasti i figli miei.

ANASSANDRO

Coppia innocente.

TRASIMEDE
(a Merope)

Confessa il fallo.

ANASSANDRO
(a Trasimede)

Il perfido non mente.

MEROPE

Or di': chi tal fierezza

ti consigliò.

ANASSANDRO

Molto a dir resta, e molto

resta a saper. Di pubblico delitto

pubblico sia il giudizio. Alla Messenia

io ne debbo ragion.

MEROPE

Va', Trasimede,

tosto raduna e popoli, e guerrieri;

e nella rocca eccelsa

costui ben custodisci, ond'ei non fugga.

La sua condegna capital sentenza

spavento della colpa

e trofeo diverrà dell'innocenza.

 

TRASIMEDE

Vanne alla pena, o perfido.  

ANASSANDRO

Perfido, è ver, cadrò:

non cadrò solo.

Nel mio cader trarrò

qualche piacer almen

dall'altrui duolo.

TRASIMEDE

Vanne alla pena, o perfido.

Anassandro, guardie ->

(partono le guardie dietro ad Anassandro)
 

Scena decima

Merope, e Trasimede.

 

TRASIMEDE

Seguitelo, o miei fidi. Il suo castigo  

ad affrettar io parto.

Solo, pria di partir...

MEROPE

Parla.

TRASIMEDE

Concedi,

che sul timido labbro esca un sospiro,

e ti dica per me.

MEROPE

Segui, ma prima

rifletti, o Trasimede,

che a Merope tu parli,

vedova di Cresfonte, e tua regina.

TRASIMEDE

Ahimè.

MEROPE

Perché ammutir?

 

TRASIMEDE

Basti così.  

Quel sospiro che mi uscì

reo mi fa

partir da te.

Al tuo cuore egli dirà

ciò che tace il mio rispetto.

Serva, e peni il chiuso affetto,

e sol parli la mia fé.

Basti così.

Quel sospiro che mi uscì

reo mi fa

partir da te.

Trasimede ->

 

Scena undicesima

Merope.

 

 

Trasimede, t'intendo;  

ma troppo del suo duol piena è quest'alma

perché al tuo donar possa un sol pensiero.

Un empio è già ne' lacci, e a te lo deggio.

Cadrà ne' suoi l'usurpator tiranno.

Resta Cleon. Diasi ad Averno, e all'ombra

di Epitide dolente

questa vittima ancor. Madre, e consorte,

debbo a me la vendetta, e poi la morte.

 

Lo sdegno placherò;  

ma poi non lascerò

di piangere e lagnarmi.

Mancar mi può l'oggetto

dell'odio e del furor;

ma quello del dolor

non può mancarmi.

Merope ->

 
 

Scena dodicesima

Sala con trono, e sedili.
Argia, Licisco, e poi Epitide.

 Q 

Argia, Licisco

 

ARGIA

Dunque Epitide vive?  

LICISCO

Col nome di Cleon vive in Messene,

e vincitor s'onora, e fia tuo sposo.

ARGIA

Soave prigionia, per cui qui godo

sorte sì bella.

 

<- Epitide

EPITIDE

(È dessa.) Amata Argia.

(Licisco si scosta in atto di guardare per la scena)

ARGIA

Epitide adorato.

ARGIA E EPITIDE

Anima mia.

LICISCO

Mal guardinghi che siete! È luogo, e tempo

questo a trattar con libertà gli affetti?

(entra nel mezzo)

ARGIA

Licisco...

EPITIDE

Amico...

LICISCO

Un guardo basti. Andate,

e fra' nostri nemici

sia più saggio il tuo amor, più cauto il tuo.

ARGIA

Giusta è la tema. Addio.

EPITIDE

Che! Sì tosto partir?

ARGIA

Non si tradisca

per un cieco piacer quel gran disegno

che a te assicura e la vendetta e 'l regno.

Argia ->

 

Scena tredicesima

Licisco, ed Epitide.

 

LICISCO

Saria teco sospetto anche Licisco.  

Io parto. Un gran timore in gran periglio

è il più sano consiglio.

(parte)

Licisco ->

 

EPITIDE

L'ardir teme Licisco, Argia l'amore,

io temo la pietà. Quelle, ch'io vidi

cader lagrime amare

di Merope sul volto, ancor rammento.

Poi dico a me: «Quanto crudele, ahi quanto

fosti, o mio core, in provocar quel pianto.»

 

Scena quattordicesima

Merope, Trasimede, Licisco ed Epitide.
Séguito di Popoli e di Soldati.
Poi Polifonte.

<- Merope, Trasimede, Licisco, popolo, soldati, alcune guardie

 

MEROPE

Seguami pur Licisco.  

Resti Cleon. Presente

all'alto formidabile giudizio,

tutto vorrei, non che la Grecia, il mondo.

TRASIMEDE

Sol manca il re.

EPITIDE E LICISCO

Che fia?

 

<- Polifonte

POLIFONTE

(Stabilirò sul trono

qui la vendetta, e la fortuna mia.)

E che? Senza il mio voto, e me lontano,

v'è chi raduna e popoli e soldati?

MEROPE

Mio ne fu 'l cenno; e questo,

dacché vedova son, fu 'l primo, e 'l solo.

Qui si dée, Polifonte,

l'innocenza svelare, e 'l tradimento,

qui decretar la vita, e qui la morte.

E qui veder se è rea

del sangue di Cresfonte, e de' suoi figli

un'empia madre, o un perfido vassallo.

POLIFONTE

Chi dar dovrà l'accusa? E chi punirla?

MEROPE

L'accusator sarà Anassandro, al fine

tratto ne' ceppi; e voi,

voi, messeni, custodi delle leggi,

difensori del regno,

(a Trasimede)

e tu, che sei

del consiglio sovran regola, e mente,

il giudice sarete.

EPITIDE
(piano a Licisco)

Ella è innocente.

LICISCO
(piano ad Epitide)

Tal sembra.

POLIFONTE

Opra è de' numi

l'arresto di Anassandro. Ei qui si tragga.

Saranno Trasimede, e la Messenia

il tuo giudice, e 'l mio.

TRASIMEDE

Facciasi. Ad Anassandro

diasi libero campo

di favellar. Licisco,

e Merope, e Cleon meco si assida;

e tu, signor, l'eccelso trono ascendi;

a cui da' nostri voti alzato fosti.

POLIFONTE

No, no: mi spoglio anch'io

del reale carattere, che in fronte

m'imprimeste, o messeni.

Reo Merope mi crede, e finché il vostro

memorabil giudizio

purghi il mio nome, e la mia gloria assolva,

eccovi Polifonte

non re, ma cittadino. Il re voi siete,

ed al vedovo trono io queste rendo

non mie, ma vostre alte reali insegne.

(depone sul trono la corona, e lo scettro)

Merope, or senti: in noi

v'è 'l reo, v'è l'innocente.

Tu accusi Polifonte:

te la Messenia. Orsù, la legge è questa.

Al giusto la corona. Al reo la testa.

(va a sedere con gli altri)

LICISCO
(ad Epitide)

Ei non errò.

EPITIDE

(Voi lo sapete, o dèi.)

TRASIMEDE

(Tutti sono in tumulto i pensier miei.)

MEROPE

Sommo nume increato,

cui sul lucido seggio, ove non sale,

non che l'occhio, il pensier, nulla si asconde;

geni voi tutelari

di questo regno; e voi,

del mio re, de' miei figli,

che d'intorno mi udite, anime belle...

 

Fate voi, che il ver s'intenda,  

che risplenda

l'innocenza,

e sul collo all'empio cada

con giustissima sentenza

l'alta fatal vendicatrice spada.

(va a sedere al suo luogo)

 

Scena quindicesima

Anassandro incatenato fra Guardie, e detti.

<- Anassandro, guardie

 

ANASSANDRO

Ove sono le scuri? ove i ministri?  

ove il palco di morte?

L'ho meritata vil: l'attendo forte.

TRASIMEDE

L'avrai, fellon, l'avrai; ma in più tormenti,

in più pene divisa.

Se la vuoi men crudel, qui t'apparecchia

nulla a tacer, nulla a mentir del grave

abominando eccesso,

consigliato da altrui, da te commesso.

ANASSANDRO

A che richieste? A che minacce? Io sono

l'uccisor di Cresfonte, e de' suoi figli.

(getta uno stilo nel mezzo)

Ecco il braccio. Ecco il ferro. In brevi accenti

ecco il delitto, il testimon, la prova.

TRASIMEDE

Non basta. Del misfatto

si cerca il seduttor, non il ministro:

non chi eseguì, ma chi ordinò la colpa.

ANASSANDRO

A quel duro cimento eccomi giunto

ch'io più temea. Spietato

fui per esser fedel. Deh! questo vanto

non mi si tolga in morte; e mi si lasci

portare a Radamanto

un mio solo delitto, e 'l sol mio pianto.

MEROPE

No, no: rompi cotesto

silenzio contumace.

ANASSANDRO

O dio!

POLIFONTE

Che tardi? A forza di tormenti

parlerai, se persisti.

ANASSANDRO

Su via: si parli. Un traditor non mente

quando in morir teme il rimorso, o 'l sente.

Cadde Cresfonte, e diede al colpo atroce

Merope...

MEROPE

Ferma, e prima

fissa in Merope un guardo; un ne ricevi,

e passi dal mio volto, e dal mio sguardo

entro l'anima tua, quantunque infame,

una voce, un'idea che ti sgomenti.

Riconoscimi, e poi

che colpevole io sia, dillo, se puoi.

ANASSANDRO

(Ahi voce! Ahi vista! Instupidita è l'alma.

Sudo, tremo vacillo, ardo ed agghiaccio.)

POLIFONTE

Merope, non si teme

da chi è innocente accusator che parli:

né al suo labbro s'insulta. E tu, Anassandro,

che più tacer? Del giudice l'aspetto

e non l'ira del reo sia tuo spavento.

EPITIDE

(Temo su quelle labbra il tradimento.)

ANASSANDRO

(Rimorsi, addio. Lice, se giova.) Io manco,

lo so, messeni, alla giurata fede.

Pur questo debbo al vero

sacrificio funesto

prima che del mio fral sia sciolto il laccio.

Cadde Cresfonte, e diede

Merope il cenno, ed Anassandro il braccio.

TRASIMEDE

Merope il cenno?

POLIFONTE

(Eccomi in porto.)

EPITIDE

O madre!

(vuol avanzarsi ed è trattenuto da Licisco)

LICISCO

Fermati, e attendi.

MEROPE

Io diedi

il comando sacrilego? Ove? quando?

come? perché?

ANASSANDRO

Regina, ah! Fossi stato

sordo a' tuoi prieghi! Io, servo

ubbidir ti dovea. Tu l'uscio apristi,

tu l'ora, il letto, il seno

segnasti, in cui le piaghe...

POLIFONTE

Non più. Già sei convinta,

perfida donna. La sentenza è data,

Trasimede la scriva,

la Messenia la segni.

Vattene. Alla tua pena oggi t'appresta.

Al giusto la corona. Al reo la testa.

(ripiglia la corona e lo scettro dal trono)

(le guardie vanno a circondare Merope)

MEROPE

Ah scellerato! Ah traditor! Messeni,

Licisco, Trasimede:

è impostor chi mi accusa,

è reo chi mi condanna. In me salvate

non la regina offesa,

non la sposa tradita,

non la madre dolente,

l'infelice salvate, e l'innocente.

 

Un labbro, un cor non v'è,  

che parli, o sia per me:

e si lascia abbandonata

l'innocenza in braccio a morte.

Ma il morir non è il mio duolo:

duolmi solo

il vedermi condannata

empia madre, e rea consorte.

Un labbro, un cor non v'è,

che parli, o sia per me:

e si lascia abbandonata

l'innocenza in braccio a morte.

(parte seguita dalle guardie)

Merope, alcune guardie ->

 

Scena sedicesima

Polifonte, Trasimede, Epitide, Licisco, ed Anassandro.

 

POLIFONTE

Non si perdan momenti. Oggi si affretti  

a Merope la morte,

e dal peggior secondo mostro indegno

purghisi omai della Messenia il regno.

TRASIMEDE

Signore, il regal sangue

onde Merope uscì...

POLIFONTE

Vani riguardi.

Sia mia cura punir l'empio Anassandro,

e Merope, la tua. Va', scrivi, adempi

la capital sentenza; e se paventi

d'esser giudice suo, paventa ancora

il tuo giudice in me. Voglio che mora!

TRASIMEDE

Parto a ubbidir. (Regina sfortunata!)

(parte)

Trasimede ->

 

EPITIDE

Ella a morir? Messeni,

una moglie real mal si condanna

sull'accusa infedel di un traditore.

Nella morte di lei

voi siete ingiusti, e un traditor tu sei.

(parte)

Epitide ->

 

LICISCO

(O amore! O ardir! Seguo i suoi passi.)

(parte)

Licisco ->

 

ANASSANDRO

O dèi!

Che vidi? Egli è pur desso.)

POLIFONTE

Si perdoni a Cleon cotanto ardire.

ANASSANDRO

Cleone? Egli è deluso.

(Polifonte fa cenno alle guardie di Anassandro che si ritirino)

POLIFONTE

Soli ora siamo; e posso

dirti: Amico fedel, per te re sono.

ANASSANDRO

Ma sotto il piè non hai ben fermo il trono.

POLIFONTE

Merope estinta, onde temerne il crollo?

ANASSANDRO

D'Epitide dall'ira.

POLIFONTE

Può farmi guerra un nudo spirto? Un'ombra?

ANASSANDRO

Vive in Cleone il tuo maggior nemico.

Nell'etolica reggia, a l'or che occulto

vi passai per tuo cenno,

più volte il vidi, e impresso

restò quel volto entro l'idea.

POLIFONTE

T'inganni.

ANASSANDRO

No, non m'inganno. È desso.

POLIFONTE

Grandi insidie mi sveli, e grand'arcano.

A te il regno dovea: debbo or la vita.

Presto ne avrà tua fede,

te ne assicura un re, degna mercede.

ANASSANDRO

Tal dal tuo amor la spero.

POLIFONTE

Ancor per poco

soffri i tuoi ceppi. Olà, custodi.

(si avanzano le guardie)

 

In cieca

stanza si chiuda l'empio.

La sua pena ivi attenda, ivi il suo scempio.

ANASSANDRO

Morrò, ma di mie colpe

la memoria vivrà. Grande, e temuta

ombra sarò d'Averno;

e avrò da gran delitti un nome eterno.

(è condotto via dalle guardie)

Anassandro, guardie ->

 

POLIFONTE

Si liberi il mio cor da un gran sospetto:  

poscia gli angui del crin scuota Megera

e del tosco peggior sparga il mio petto.

 

Nel mar così funesta  

non freme la tempesta:

né piomba tanto irato

il fulmine dal ciel,

come sarà crudel

quanto sarà spietato

il mio furor.

Son tiranno; ma nel soglio

esser voglio

per politica un ingrato

per cautela un traditor.

Nel mar così funesta

non freme la tempesta,

né piomba tanto irato

il fulmine dal ciel,

come sarà crudel

quanto sarà spietato

il mio furor.

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Varianti all'atto secondo di D. Lalli

Dal libretto musicato nel 1734 da G. Giacomelli.

 
Aria di Merope nella scena I.

Merope

MEROPE

Tu crudel tu vuoi ch'io sia  

senza figlio, oppressa, e mesta.

Trema iniquo, ancor m i resta

cor di madre in questo petto;

v'è il mio affetto, e il mio dolor.

E scorgendo l'alma mia,

che il mio mal da te sol viene,

pensa stragi, e cerca pene

per punirti, o traditor.

Tu crudel tu vuoi ch'io sia

senza figlio, oppressa, e mesta.

 
Aria alternativa fine scena V (III).

Licisco

LICISCO

Dimmi d'amar la madre  

dimmi d'amar la sposa,

che in questa amor riposa,

in quella il tuo dover.

Ch'io ti dirò che il padre,

da te, suo sangue, aspetta

la sua vendetta aver.

Dimmi d'amar la madre

dimmi d'amar la sposa,

che in questa amor riposa,

in quella il tuo dover.

 
Aria alternativa fine scena VI (IV).

Epitide

EPITIDE

Quell'usignolo  

che innamorato,

se canta solo

tra fronda, e fronda,

spiega del fato

la crudeltà.

S'ode pietoso

nel bosco ombroso,

chi gli risponda,

con lieto core

di ramo in ramo

cantando va.

Quell'usignolo

che innamorato,

se canta solo

tra fronda, e fronda,

spiega del fato

la crudeltà.

 
Scena (VII).
Trasimede.

Trasimede

 

 

Ripensando al dover purtroppo o dio!  

veggo che l'amor mio

d'un cieco ardire è reo, con franco volto

simulare conviene,

e in onta al cor non palesar sue pene.

 

Taci mio core amante,  

frena i sospiri in te,

l'ossequio, o dio, la fé

scordar mi fa quel ben,

che tanto mando vo.

E a crescer le mie pene,

sfogarmi non conviene,

e simular non so.

Taci mio core amante,

frena i sospiri in te,

l'ossequio, o dio, la fé

scordar mi fa quel ben,

che tanto mando vo.

 
Finale scena XII (VIII).

Argia

 
 

ARGIA

O del mio amor belle vicende! Io trovo  

la pace del mio cor quando men spero,

ma dubbia l'alma appena crede il vero.

 

ARGIA

Tu mi lusinghi  

mia cara spene,

ma il cor amante

sperar non sa.

Fida quest'alma

nel caro bene,

bella fenice

si struggerà.

Tu mi lusinghi

mia cara spene,

ma il cor amante

sperar non sa.

 
Aria alternativa fine scena XV (X).

Merope

MEROPE

Un labbro, un cor non v'è,  

che parli, o sia per me.

Tutto è nemico. O dio!

Che fier tormento è il mio!

Più tollerar no 'l so.

In così strana sorte

par, che infedel consorte,

par, ch'empia madre io sia:

e pur nell'alma mia

rimorso alcun non ho.

Un labbro, un cor non v'è,

che parli, o sia per me.

 
Scena (XI).

Epitide

 

EPITIDE

Ella a morir? Messeni,  

una moglie real mal si condanna

sull'accusa infedel d'un traditore.

Infelice regina! O dura legge

che uscì contro di te, né v'è fra voi

chi la difenda? Chi più certe prove

voglia indagar? Così perir si lascia

l'amor suo, la sua fé forse innocente?

Ed alcuno di voi pietà non sente?

 

Chi condanna il regio sangue,

chi sua sorte non compiange

viva sol tra monti, e selve

con le belve a conversar.

Ma chi sente di clemenza

qualche senso nel suo petto,

è costretto a sospirar.

Chi condanna il regio sangue,

chi sua sorte non compiange

viva sol tra monti, e selve

con le belve a conversar.

 
Aria scena (XII).

Trasimede

TRASIMEDE

Dal tuo comando  

in me discende,

spirto che accende

l'alta costanza

del mio dover.

Penso che al trono

suddito sono.

E ciò pensando

debbo ubbidire.

Debbo tacer.

Dal tuo comando

in me discende,

spirto che accende

l'alta costanza

del mio dover.

 
Aria scena (XIV).

Anassandro

ANASSANDRO

Fiamma vorace  

tutto così divora,

e vede sol lo scempio,

dopo di sé lasciar.

L'orribil ruina

al passegger non serba

che sassi, arena, ed erba,

al fin da rimirar.

Fiamma vorace

tutto così divora,

e vede sol lo scempio,

dopo di sé lasciar.

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Montuosa con rocca nell'alto, grotta nel mezzo, e palazzo delizioso nel basso.

Polifonte, Licisco
 

Fu voler degli dèi ciò che rapina

Polifonte, Licisco
<- Merope

Sull'orme di Licisco

Polifonte, Licisco, Merope
<- messeni, Epitide

 
Polifonte, Licisco, Merope, Epitide
messeni ->

Lascia, che al seno, o generoso, o prode

Polifonte, Licisco, Epitide
Merope ->

Di Merope dall'ira

Polifonte
Se vaga sia
Licisco, Epitide
Polifonte ->

A me nozze? A me sposa?

Epitide
Licisco ->

Merope, Polifonte, Argia, Messene

Epitide ->

Cortile.

guardie
 
guardie
<- Polifonte, Merope

Merope a Polifonte

guardie, Merope
Polifonte ->
guardie, Merope
<- Trasimede

Troppo sinistro ho 'l fato

Merope, Trasimede
guardie ->

Merope, Trasimede
<- Anassandro, guardie

(Anassandro in catene)

Voi mi tradiste, inique stelle indegne!

Trasimede e Anassandro
Vanne alla pena, o perfido
Merope, Trasimede
Anassandro, guardie ->

Seguitelo, o miei fidi.

Trasimede
Basti così
Merope
Trasimede ->

Trasimede, t'intendo

Merope ->

Sala con trono, e sedili.

Argia, Licisco
 

Dunque Epitide vive?

Argia, Licisco
<- Epitide

Licisco, Epitide
Argia ->

Saria teco sospetto anche Licisco

Epitide
Licisco ->

Epitide
<- Merope, Trasimede, Licisco, popolo, soldati, alcune guardie

Seguami pur Licisco

Epitide, Merope, Trasimede, Licisco, popolo, soldati, alcune guardie
<- Polifonte

Epitide, Merope, Trasimede, Licisco, popolo, soldati, alcune guardie, Polifonte
<- Anassandro, guardie

(Anassandro incatenato)

Ove sono le scuri? ove i ministri?

Epitide, Trasimede, Licisco, popolo, soldati, Polifonte, Anassandro, guardie
Merope, alcune guardie ->

Non si perdan momenti. Oggi si affretti

Epitide, Licisco, popolo, soldati, Polifonte, Anassandro, guardie
Trasimede ->

Licisco, popolo, soldati, Polifonte, Anassandro, guardie
Epitide ->

popolo, soldati, Polifonte, Anassandro, guardie
Licisco ->

popolo, soldati, Polifonte
Anassandro, guardie ->

Si liberi il mio cor da un gran sospetto

Merope
 
Licisco
 
Epitide
 
Trasimede
 

Ripensando al dover purtroppo o dio

Argia
 

O del mio amor belle vicende! Io trovo

Merope
 
Epitide
 

Ella a morir? Messeni

Trasimede
 
Anassandro
 
Anassandro
Fiamma vorace
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Varianti all'atto secondo di D. Lalli
Piazza di Messene con trono; grand'ara nel mezzo con la statua d'Ercole coronata di pioppo; tempio chiuso in... Stanze di Polifonte in villa con porta segreta. Montuosa con rocca nell'alto, grotta nel mezzo, e palazzo delizioso nel basso. Cortile. Sala con trono, e sedili. Parte di giardino reale con un grand'albero isolato. Stanze di Merope. Salone reale chiuso nel mezzo da cortine che pendono dal soffitto.
Atto primo Atto terzo

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