Applauso poetico

Al molt'illustre ed eccellentiss. sig. Giacinto Andrea Cicognini nella composizion del suo Giasone.

Ode

Di Aurelio Aureli ac. inf.

Qual dolce suon possente

di concavo metal in Adria s'ode

formar d'occhi di gloria, e d'alto merto?

Qual di veneta gente

incognita allegrezza ogn'uno gode

far l'interno piacer palese, e aperto:

anco il mare che sente

animarsi le grotte al grave suono.

S'arretra e lascia il corso in abbandono.

Ma la cagione è nota,

tua virtù, Cicognin, s'è della fama

fatta materia ella sonora tromba,

pendea dal fianco immota.

Quando agli onori tuoi dovuta brama

gli diè fiato, onde tutta Adria rimbomba,

e dall'ozio remota

vien ogni mente, e s'ode al nome solo

di te la fama essersi data al volo.

Non altrove aver prese

e le candide piume, e i dolci fiati

per animar la tromba, e impennar l'ali

suonando, fa palese

ai neghittosi spirti, e raffreddati,

che da sublimi tuoi merti immortali,

di gloriose imprese

onusto ti divulga, e a tua virtute

spande d'eternità palme dovute.

Di Pindo, e d'Elicona

ove in metro soave il dir si volge

l'abitatrici a te cedono il pregio,

e l'aureal corona

le degne tempie intorno a te rivolge

Polinia, la più vaga a darti il fregio.

Dopo il premio risuona

in Hipocrene delle muse il canto

e delle glorie tue s'ascolta il vanto.

Di Cinto il biondo dio

castigator di temerario ardire

contro Marsia sfogo giusto lo sdegno

ma quando poscia udio

decantar tua virtù, deposte l'ire,

venne in Parnaso, e de' tuoi merti in segno

(così cantava Clio)

non mai più rivolar volea su l'etra

s'a te pria non cedea l'aurata cetra.

Altri della virtude

periglioso il sentier, aspro, e scosceso

rimira ogn'or con perturbati lumi.

O sol con voglie ignude

d'esser pensando all'erte cime asceso

fia ch'altri invano il tempo suo consumi,

labirinto non chiude

smarrito il tuo valor, né sia ch'ei cada,

che a te ogni asprezza è lastricata strada.

Col suon trasse Anfione

al cielo ad erger le tebane mura

riverenti a sé stesso e pietre, e marmi,

ma ben sì a ragione

stupido ognun ne' grandi onor te giura

assai poter più d'Anfion ne' carmi,

poiché s'avvien che suone

tua lira se non volge i sassi al moto

stava per gloria tua su l'uomo immoto.

Faticò Ulisse, e Alcide,

curvossi Atlante al sostenuto incarco.

E per aver l'aurato vello in Friso

in perigliose sfide

sudò Giason pria che giungesse al varco

e lor memorie il tempo hanno conquiso.

Stentar ognun si vide

sol per gloria mercar ma tu maggiore

formi giasoni eterni in picciol'ore.

Ma dall'aurea bucina

già della fama gli echi ribattuti

suonano omai della partenza il moto,

già per l'orbe destina

spandendo tua virtù darti tributi.

Che offrire a merti tuoi devonsi in voto

partendosi te inchina

all'Etra vola: e i pregi tuoi divini

stupidi ascolteranno anco i destini.

Illustriss. e reverendiss. signor Sonetto Applauso poetico Argomento L'autore ai lettori e spettatori del dramma
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