Atto terzo

 

Scena prima

Bosco fiorito.
Oreste, Delfa.

 Q 

Oreste, Delfa

 

ORESTE

Nel boschetto ove odor spirano  

vaghi fiori e 'l suol ricamano,

ove l'aure intorno aggirano,

a posar l'ombre ne chiamano.

DELFA

L'ombra a me non è giovevole,

che è fugace e vana e instabile,

più che l'ombra è dilettevole

abbracciar marito amabile.

ORESTE

Nel bramar sei larga e calida,

fiacca e scarsa è la mia cupidine,

e pigmea mia forza invalida,

polifema è tua libidine.

 

ORESTE

Ma dimmi in cortesia  

di tua signora la ventura 'l nome.

DELFA

Diciam, tu della tua, io della mia.

La mia nacque regina.

ORESTE

Andiam del pari.

DELFA

Medea si noma.

ORESTE

Isifile s'appella.

DELFA

Ama la mia Giason.

ORESTE

La mia l'adora.

DELFA

La godé.

ORESTE

L'impregnò.

DELFA

Partorì.

ORESTE

La lasciò.

DELFA

Lo seguì.

ORESTE

Lo trovò,

ma tradita dolente

erra per queste piagge

poco men che furente.

DELFA

Stretta Medea in amoroso laccio

gode ogni notte al suo Giason in braccio.

ORESTE

Isifile è sua moglie.

DELFA

È sua sposa Medea.

ORESTE

O bell'imbroglio;

e come si farà?

DELFA

Son facili i partiti:

se due mogli ha Giasone,

a Medea troverò cento mariti.

Oreste, Delfa ->

 

Scena seconda

Medea, Giasone.

<- Medea, Giasone

 

MEDEA

Sotto il tremulo ciel di queste frondi,  

intorno a cui s'aggira

d'aure soavi un odorato nembo,

posa, o mia vita, alla tua vita in grembo.

GIASONE

Mira, mio cor, deh mira

come nel bel color di queste foglie

speme d'amor s'accoglie.

MEDEA

Vedi, mio ben, deh vedi

qual palesa il candor di questo fiore

la fedeltà d'un core.

MEDEA

Dunque tra fiori e frondi,

adorato Giason, posiamo insieme.

Insieme

GIASONE

Simulacri di fede e della speme,

adorata Medea, posiamo insieme.

 

MEDEA

Dormi, stanco Giasone,

e del mio cor, che gl'occhi tuoi rapiro,

sian le palpebre tua cara prigione.

GIASONE

Dormi ch'io dormo, o bella,

e mentre i sensi miei consegno al sonno,

oggi per te Giason vantar si puole

d'aver l'alma tra l'ombre e in braccio il sole.

MEDEA

Mio ben, che sognerai?

GIASONE

I tuoi celesti rai; e tu, mia vita?

MEDEA

Tua bellezza infinita.

MEDEA E GIASONE

Placidissimo sonno

che in grembo delle larve al ciel m'invia.

Adoriamoci in sogno, anima mia.

 

Scena terza

Medea, Giasone, Oreste.

<- Oreste

 

ORESTE

«Adoriamoci in sogno, anima mia»?  

Gentil discorso è questo,

ma pazzo è ben chi non intende il resto:

posson questi due cori

ben dirsi innamorati,

se ancora addormentati

si sono avvezzi a praticar gl'amori.

Sto per dir che a chius'occhi

l'un con l'altro si mira,

e col fiato dell'un l'altro respira.

Qual invidiosa guerra

prova l'anima mia?

Veder due soli addormentati in terra,

ed io qui veglio, e senza compagnia.

Almen per sfogare

sì fiero desio,

addormentare

mi potess'io,

che ben so quanto vaglia

fantastica magia d'un sogno grato

a cacciar fuor lo spirto innamorato.

 

Non è più bel piacer,  

quanto in sogno goder

chi si desia.

Gioir in fantasia

con l'adorata amica

risparmia a quel che sogna

il pensiero, la spesa e la fatica.

Curioso amator

suol fabbricarsi ognor

perigli o danni;

senz'arte e senza inganni

a chi dorme è permesso

in grembo alle fantasme

senz'offesa d'altrui saziar sé stesso.

Oreste ->

 

Scena quarta

Isifile, Medea, Giasone.

<- Isifile

 

ISIFILE

Il porto, il lido, il pian, la valle, il monte  

per ritrovar Giasone in van trascorsi,

onde stanca, anelante,

tra gl'odorati orror del bosco ameno

vengo a posar l'affaticate piante.

Chi sa che in questa parte

l'empio fellon non giunga

e con la vaga sua... Ohimè, che veggio?

Ah che mentre di sdegno

ardo, deliro e avvampo,

ne i prodigi d'amor misera inciampo,

da i sotterranei chiostri

ad infettar questi sacrati orrori

l'inferno vomitò gl'orridi mostri:

dormono i traditori.

Non più dormir, non più!

Brevi sonni e legger dorme un ladrone:

risvegliati su, su, Giason, Giasone.

 

GIASONE

Chi, chi mi sveglia? chi?  

ISIFILE

Svegliati, io così voglio.

GIASONE

Con tanto orgoglio? e chi sei tu?

ISIFILE

Non mi conosci più?

GIASONE

Isifile?

ISIFILE

Giason!

GIASONE

Deh taci, o cara.

ISIFILE

Io cara, e a chi?

GIASONE

A me.

ISIFILE

Menti, spergiuro.

GIASONE

(Se si sveglia Medea, morto son io.)

ISIFILE

Non è cara colei

cui si toglie l'onore,

si laceran gli spirti,

si martirizza il core.

 

MEDEA

(Con la matta Giasone?)  

GIASONE

Al fin che vuoi da me?

ISIFILE

L'onor che mi rubasti.

GIASONE

Te 'l renderò.

ISIFILE

Ma quando?

GIASONE

Tosto n'avrai da me segni veraci;

torna all'albergo, ivi m'attendi e taci.

MEDEA

(Fingerò il sonno, ascolterò chi veglia.)

ISIFILE

Né partir, né tacer, perfido, io voglio;

dimmi: non sei tu quello...

GIASONE

(O quant'io temo!)

ISIFILE

...che in Lenno mi adorasti,

ch'a gl'amor m'allettasti,

e con fé mascherata

di sposo e di marito

gravida mi rendesti;

poi con indegna fuga,

barbaro maledetto,

tradisti quella fede

che in cielo è registrata a tuo dispetto?

Ed or vuoi ch'io m'affidi,

vilipesa regina,

a' tuoi sensi tiranni,

a' tuoi detti omicidi?

T'inganni, empio, t'inganni.

GIASONE

Isifile, un regnante,

(simular mi convien per minor male)

nasce guerriero, e poi diviene amante.

Il desio della gloria,

il pregar de gl'amici,

fur stimoli sì fieri e sì pungenti

che, penetrando il core innamorato,

ebbero ancor possanza

di ferir, o mio ben, la mia costanza;

ma per breve puntura

assalita restò ma non già vinta,

restò ferita sì, ma non estinta.

Or che del vello d'oro

superata ho l'impresa,

dopo breve ristoro a te sua sfera

volerà 'l foco di quest'alma accesa,

e dal core e dal petto,

ti giuro, o mia gradita,

di licenziare ogni straniero affetto.

MEDEA

(E pur non sogno?)

ISIFILE

E pur di nuovo tenti

d'incantarmi, o crudele,

con magie di promesse e giuramenti?

GIASONE

Così incredula sei.

ISIFILE

Dammi gl'affetti miei.

GIASONE

Tosto gl'avrai.

ISIFILE

Devo però partire.

GIASONE

Sì, se brami gioire.

ISIFILE

Partirò se mi dài.

GIASONE

E che?

ISIFILE

D'amor un pegno.

GIASONE

E quale?

ISIFILE

Un casto abbracciamento maritale.

GIASONE

Giusta richiesta, or prendi.

ISIFILE

O caro, o caro, o mio.

GIASONE

Ormai t'acquieta.

ISIFILE

E pur ti stringo, o dio.

GIASONE

Il pianto affrena.

ISIFILE

Mia gioia sospirata.

GIASONE

Mia bellez...

(vede Medea risvegliata)

GIASONE

Oh tu, sei risvegliata?  

MEDEA

Non vi turbate no, coppia felice.

Vezzeggiate pur lieti

in grembo delle grazie e de gl'amori

vostri affetti secreti.

Così grati soggiorni

conturbar non vorrò:

se bramate ch'io torni

a dormir, tornerò.

GIASONE

Medea?

MEDEA

Bando alli scherzi;

troppo so, troppo intesi.

Ascolta, traditor: regina, attendi.

 

D'Isifile e Giason noti a gli dèi  

son di fede e d'amor gl'ardori interni,

e ne i volumi de i zaffiri eterni

son scritti a note d'or gl'alti imenei;

trionfi omai dopo angosciosa guerra

di regia dama il calpestato onore,

e in unir destra a destra e core a core

nodo ordito nel ciel stringasi in terra.

 

ISIFILE

O celesti favor, grazie divine!  

Questo decreto sol, donna reale,

era bastante a indiademarti il crine.

GIASONE

Dovrò dunque, o Medea?

MEDEA

Ancor contendi?

Sono a me stessa anch'io cruda e severa;

pur che regni giustizia, il mondo pera.

(dice da parte a Giasone)

Senti, e legge ti sia,

traditor adorato, ogni mio detto:

fa' che a questi sponsali

la morte di costei tosto succeda,

prima che seco tu accomuni il letto.

ISIFILE

(Certo parla a mio pro; quanto li devo!)

(Medea e Giasone a parte)

GIASONE

Dunque vuoi tu che io sia  

marito e micidiale?

MEDEA

Così comanda a me la gelosia,

così comanda a te fede reale.

Non è più da pensar: l'ucciderai?

GIASONE

Non fia possibil mai;

farò ch'altri l'uccida.

MEDEA

Chi sarà l'omicida?

GIASONE

Besso.

MEDEA

Ma quando?

GIASONE

In questa notte.

MEDEA

E dove?

GIASONE

Nella valle d'Orseno.

 

MEDEA

Or son contenta a pieno.

Regina, ecco lo sposo

che, sbanditi i rigori,

lieto ritorna a' tuoi graditi amori.

Tanto lo supplicai

ch'al fin servo e consorte

mi giurò d'esser tuo sino alla morte.

ISIFILE

Se il tuo pietoso zelo

mi rende al primo ardore,

a te, nume per me sceso dal cielo,

devo li spirti miei, l'anima e 'l core.

 
Medea parte.

Medea ->

 

ISIFILE

Ma tu così pensoso?  

così dolente?

GIASONE

Anzi gioioso,

anzi ridente;

ti pubblicherò moglie,

e per sottrarti al giogo

di gelosia tiranna,

e per più non mirare

l'alta cagion de' miei perversi errori,

infra i notturni orrori

teco prender vogl'io fuga secreta.

Or tu, prima ch'al mezzo

giunga la notte che già copre il cielo,

alla valle d'Orsen tacita andrai;

ivi t'attenderà Besso il mio fido,

Besso che meco già vedesti in Lenno;

a lui per parte mia

domanderai se ancora

quant'impose Giason resti eseguito;

attendi la risposta, e i suoi ragguagli

per ritrovarmi a i passi tuoi dian legge.

ISIFILE

Fortunato tormento,

al fin si placa amore

e ne i campi del duol nasce il contento.

Isifile ->

 

Scena quinta

Besso, Giasone.

<- Besso

 

BESSO

Giason.  

GIASONE

Besso.

BESSO

M'invia

Ercole ad avvisarti

che il tempo alla partenza ancor contrasta.

D'un palagio vastissimo distrutto

tra le reliquie antiche

ei fe' drizzar le tende.

Ivi con gl'argonauti egli t'attende.

GIASONE

Intesi. Or tu queste mie voci osserva.

Nella valle d'Orseno

tosto n'andrai, ivi un messaggio attendi;

questi per mio comando, in questa notte,

ti chiederà se di Giason gl'imperi

sono eseguiti. A sì fatta richiesta

sai che risponder dèi?

BESSO

Se non m'avvisi, no.

GIASONE

Gettalo in mare.

BESSO

In mare?

GIASONE

In mare sì.

Maschio o donna che sia, sia pur chi voglia,

né stupor né pietade il cor t'assaglia,

subito l'imprigiona e al mar lo scaglia.

 
 

Scena sesta

Notte. Campagna con capanne.
Egeo da marinaro, Demo da villano con lanterna.

 Q 

Egeo, Demo

 

EGEO

Perch'io torni a penar,  

temprò l'ira del mar

quel foco vorace ch'accolsi nel sen;

e 'l cor ch'è ripien

di doglia e spavento,

gode al dispetto mio la libertà.

Di me più scontento

nel mondo non fu, non è, non sarà.

Perch'io torni a languir

mi si nega 'l morir

tra fiera procella ch'il cielo atterrì;

ch'io viva così

vuol fato inclemente,

schiavo d'amor senza sperar pietà.

Di me più dolente

nel mondo non fu, non è, non sarà.

 

DEMO

Impietosito Oreste  

mi donò questa veste,

ed io, che già spacciai

tra regie mura il marchesazzo e 'l conte,

or per ladro destino

mi trasformai di conte in contadino.

Per queste alpestri grotte

mal sicura è la notte;

s'io fussi alla città,

non tremerei, non tremerei così,

e ben saprei colà

andar in truppa e fare il chi va lì;

or per questi sentieri

muovo tacito e cheto il piè leggeri;

brev'è il camino.

EGEO

O dio!

DEMO

Morto son io.

EGEO

Chi parla qua, chi sei

ch'osservi i detti miei?

DEMO

Io sono un innocente

che con l'alma atterrita

ti chieggio in elemosina la vita.

EGEO

Innocente ti fingi,

quando forse di ladro o ver di spia

macchiata hai la coscienza.

DEMO

Son tutto quel che vuol vostr'eccellenza.

EGEO

Volgiti in faccia il lume.

DEMO

Obedisco, illustrissimo padrone;

di' se ho cera di bravo o di poltrone.

EGEO

Al fin è desso: Demo?

DEMO

Chi ti disse il mio nome?

EGEO

Non riconosci il tuo signore?

DEMO

Chi?

EGEO

Non riconosci Egeo?

DEMO

Egeo appunto è lì; lo sventurato

fu da' pesci spolpato.

EGEO

Mira pur s'io son quello.

DEMO

Ohimè, ohimè, indietro!

Indietro farfarello!

EGEO

Non son spirito, no!

Porgi la mano a me.

DEMO

Non te la porgo a fé!

EGEO

Porgila, dico!

DEMO

Son pur nel brutto intrico!

EGEO

Ah non esser ritroso,

tocca, e toccar ti lassa,

caro Demo amoroso.

DEMO

Che spirito vizioso.

Tant'è, voglio arrischiarmi.

O che mano pastosa,

io la credei pelosa.

EGEO

Di' pur ch'io sono Egeo vivo e non morto;

tu già servo, or compagno,

meco ne vieni e porgi

pietoso al mio penar grato conforto.

DEMO

Ch'Egeo tu sia non so, spirto non credo;

ma se spirito sei,

sei di quelli alla moda

senza pel, senza corna e senza coda.

Egeo, Demo ->

 

Scena settima

Segue notte con luna.
Isifile sola.

<- Isifile

 

ISIFILE

Gioite, gioite,  

festosi, festosi,

miei spirti amorosi;

al ciel di contenti

quest'alma rapite,

di doglie e tormenti

fugate, sbandite

i nembi e l'orrore.

Su questo mio core

stillatevi tutte

dal regno d'amore

dolcezze infinite;

miei spirti amorosi,

gioite, gioite.

Splendete, splendete,

vezzosi, vezzosi,

begl'occhi pietosi;

per luce sì belle

fur care le pene;

voi sete mie stelle,

voi sete 'l mio bene,

mie luci adorate.

Tra fiamme beate

dal vostro bel cielo

per somma pietate

le gioie piovete;

begl'occhi pietosi,

splendete, splendete.

 

 

Ma è tempo ch'io precorra  

l'ora che m'assegnò l'idolo mio,

e che d'Orseno alla scoscesa valle

per non trito sentiero omai trascorra.

All'imprese d'amore

quanto giova la fretta, il tardar nuoce:

sì, sì, parto veloce.

Purissima innocenza,

che d'ogni mio pensier l'anima sei,

scorgi tu per pietade i passi miei.

 

Scena ottava

Oreste, Isifile.

<- Oreste

 

ORESTE

Fra i notturni perigli,  

signora, ove vai tu?

Così de' propri figli

non ti ricordi più?

L'un e l'altro languisce

per fame che atterrisce

anco i figli de i re.

Ah volgi indietro il piè!

ISIFILE

Deh gli consola;

farò presto ritorno,

prima che spunti il giorno.

ORESTE

Col canto e con il vezzo

gl'ho consolati un pezzo,

ma fu vana ogni prova;

dove la fame impera,

la musica non giova,

e da i labri innocenti,

dal digiuno avviliti,

forman strani concenti

non so se di bestemmie o vagiti.

ISIFILE

L'amor mi sprona e la pietà m'arresta;

tosto qua gli conduci.

ORESTE

Sarà peggio, signora,

avranno aria di dentro, aria di fuora.

Questi non han bisogno

venir all'aria bruna

per contemplar le stelle o ver la luna,

ma di tue mamme intatte

astrologi affamati

braman di specular la via del latte.

ISIFILE

O figli, anime mie, del mio ritorno

gl'indugi tormentosi

a i paterni rigori

condonate pietosi;

deh torna alla capanna, amico Oreste:

di là prendi i miei figli

e alle vicine fonti,

ove ratta mi invio, a me li porta;

ma sian tuoi passi frettolosi e pronti.

ORESTE

Perché non gl'allattate entro 'l tugurio?

ISIFILE

Alta necessità così comanda.

Temi tu forse del soverchio incarco?

ORESTE

Anzi sentir non puossi

una mole più scarsa e più leggera,

né alcun di lor giunge alla libbra intera.

 
 

Scena nona

Valle d'Orseno.
Medea sola.

 Q 

Medea

 

L'armi apprestatemi,  

gelose furie,

infuriatemi,

gelidi spiriti,

sin che languisca,

sin che perisca

chi le mie gioie infetta.

Gelidi spiriti,

guerra, guerra,

vendetta, vendetta.

Mentre m'accorano

sospiri e gemiti,

e mi divorano

angui mortiferi,

aspro rigore,

mortal furore

la mia rivale assaglia.

Gelidi spiriti,

strage, strage,

battaglia, battaglia.

 

 

Besso qui non appare,  

ed io misera anelo

dall'impazienza flagellata e vinta

saper se sia la mia rivale estinta.

Per quest'ermo sentiero

raggiratemi voi, furie d'amore,

e l'infuriate piante

guidino gelosia, rabbia e rancore.

Medea ->

 

Scena decima

Delfa.

<- Delfa

 

Perché sospiri,  

Medea gelosa,

perché t'adiri,

bella amorosa?

Che importa a te

se il tuo diletto

ad altro oggetto

serbò già fé?

Ch'importa a te?

 

 

Qualor su queste guance  

fiorir le rose e 'l brio,

gl'amorosi liquor gustavo anch'io;

e a gl'orli ch'io succhiai

non importò già mai

se le compagne mie bevvero tutte;

mi bastò non restare a labbra asciutte.

 

È follia  

fra gl'amori

seminar la gelosia,

per raccoglier al fin rabbie e rancori.

Consolar sol ne può

quel ben che in sen ci sta,

la gioia che passò

in fumo, in ombra, in nulla se n' va;

chi vol sbandir dal cor doglia e martello

lasci amar, ami ogn'un, goda 'l più bello.

Non credete,

ch'a un amante

possa trar d'amor la sete

una sola bellezza, un sol sembiante;

ma s'egli in un sol dì

da doppio amor godé,

fate, o donne, così:

in men d'un'ora gioite con tre.

Chi vuol goder d'amor suavi i frutti,

un n'accolga, un n'aspetti, aspiri a tutti.

Delfa ->

 

Scena undicesima

Medea, Besso, Soldati.

<- Medea, Besso, soldati

 

MEDEA

Di guerriero drappello  

o veggio o veder parmi

avvicinarsi lo splendor dell'armi;

Besso certo fia questi.

Vorrei, senza apparire

partecipe di fatto,

del seguìto fin qui piena contezza.

Or come potrò far? Fingerò sì,

fingerò che Giason... saggio pensiero;

così potrò senz'apportar sospetto

de l'ordin dato penetrare il vero.

BESSO

Gente di qua ne vien; taciti udite

quant'ei favella, ed ogni cenno mio

prontissimi eseguite.

MEDEA

Besso, sei tu?

BESSO

Son io.

MEDEA

Per intender Giasone,

se quanto ei comandò resti eseguito,

in fretta a te m'invia.

BESSO

Medea?

MEDEA

Besso.

BESSO

Giasone a me ti manda?

MEDEA

E con gran fretta.

BESSO

Per intender?

MEDEA

Se quanto

poc'anzi impose a te resti eseguito.

Ancor non mi rispondi?

BESSO

E tu sì tosto la risposta chiedi?

MEDEA

E tu nel darla a me sei così lento?

BESSO

Non è più da pensar. Soldati, a voi:

arrestate costei.

MEDEA

Tradimento a Medea?

Chi ti diè tanto ardir?

BESSO

L'altrui comando.

MEDEA

Chi fu che 'l comandò?

BESSO

Chi comandar mi può.

MEDEA

Dunque Giason?

BESSO

Non più.

Conducetela altrove.

MEDEA

O Giason traditore.

Lassatemi, felloni; e dove e quando?

Medea, soldati ->

 

Scena dodicesima

Isifile, Besso.

<- Isifile

 

ISIFILE

Besso, Besso.  

BESSO

Chi chiama?

ISIFILE

Giason a te mi manda acciò gl'avvisi

se fu eseguito ancor quant'ei t'impose.

BESSO

Tardi venisti; torna,

ché con queste ambasciate

altri per tua ventura ti prevenne.

Torna a Giason e di'

ch'io solo uccido una persona il dì.

(parte)

Besso ->

 

ISIFILE

Torna a Giason e di'  

ch'io solo uccido una persona il dì?

Che linguaggi, che cifre

mi passan per l'udito

a spaventar l'idea? Besso! è sparito.

Ah se la mia dimora

fu cagion de' miei mali,

io vo' morir or ora!

Che farò? parto o sto?

Seguirò Besso o no? o dio, che pena:

mi sospinge un pensier, l'altro m'affrena.

Purissima innocenza,

tu, che de' miei pensier l'anima sei,

scorgi, pietosa diva, i passi miei.

 

Scena tredicesima

Egeo, Medea di dentro.

<- Egeo

 

EGEO

Qual incognita forza  

per questi orrori a raggirar mi sforza?

MEDEA

Così son maltrattata,

regina imprigionata?

EGEO

Regina imprigionata?

MEDEA

Ditemi, scelerati,

di qual colpa son rea,

sventurata Medea?

EGEO

Medea? Medea?

MEDEA

Alcun non mi risponde

fra così ingiusti guai?

Mi gettate nell'onde?

O Giason traditor, ahi, ahi, ahi...

 
Si sente cader Medea nell'acque.
 

EGEO

Medea nell'onde? ahi sorte:  

mi getto a dar la vita

a una crudel che mi negò la morte.

(si getta in mare)

Egeo ->

 

Scena quattordicesima

Besso e Soldati da una parte, Giasone dall'altra.

<- Besso, soldati, Giasone

 

BESSO

Tormento, ove mi guidi?  

Ritorniamo a Giason.

GIASONE

Besso, che porti?

BESSO

Il comandato scempio.

GIASONE

Venne?

BESSO

Ah, purtroppo venne.

GIASONE

Perché sospiri?

BESSO

Una regina uccisi.

GIASONE

Morì?

BESSO

Morì.

GIASONE

Che disse?

BESSO

Traditor mi chiamò, mi maledisse.

GIASONE

Altro?

BESSO

Che fusser da gl'imperii tuoi

sue sventure prodotte

tosto s'indovinò;

poi col tuo nome in bocca

dallo scoglio nel mar precipitò.

GIASONE

Giudice appassionato

non proferì già mai giusta sentenza,

il carnefice io fui dell'innocenza.

Vieni alle tende e taci;

un esito infelice

l'inorridito cor ahi mi predice.

Besso, soldati, Giasone ->

 

Scena quindicesima

Medea, Egeo.

<- Medea, Egeo

 

MEDEA

Non m'affligger così,  

palesami chi sei,

saper voglio per chi

l'avanzo viverò de' giorni miei.

EGEO

O dio, quando il saprai,

dolce tiranna mia, mi fuggirai.

MEDEA

Se per sottrarmi a morte

tua vita avventurasti alla marina,

perché da te diverso

col dubitar m'offendi?

Colei che per te vive è una regina.

EGEO

Medea, tesoro mio,

chi ti risolse all'onde

è il disprezzo Egeo. Egeo son io,

e se fato benigno,

che tu viva per me mi diede in sorte,

altra mercé non chiedo

che di tua man la pattuita morte.

MEDEA

Non bisognava, Egeo,

obligarmi di vita,

se cader tu volevi

vittima di mia destra inferocita.

EGEO

Se neghi morte a chi la morte chiede,

disperata è per me ogni mercede.

MEDEA

Non disperar, mia vita.

EGEO

Mia vita a me?

MEDEA

A te.

EGEO

Come sì pia?

MEDEA

Chi la vita mi diede è vita mia;

e ch'io devo adorarti,

costantissimo Egeo, serva e consorte,

profetizzò poc'anzi

nel licenziarsi dal mio sen la morte.

EGEO

Mio cor, mio cor, che senti?

Io non invidio, o dèi, vostri contenti.

MEDEA

Ma se re tu nascesti,

come potrai soffrir che resti in vita

quel tiranno spergiuro

che mi fe' trar all'onde e m'ha tradita?

Egeo, mio re, mio sposo,

a te, a te s'aspetta

far di tua moglie offesa alta vendetta.

Tradisci il traditor, l'uccidi e sia

del chiaro sol di nostra gioia altera

la morte d'un crudele alba furiera.

EGEO

Non più, bella, non più;

dimmi chi ti tradì, dimmi chi fu.

MEDEA

Giason morte mi diè.

EGEO

O morirà Giasone, o non son re.

MEDEA

L'ucciderai?

EGEO

Tel giuro.

MEDEA

Usa la crudeltà.

Uccidilo sì, sì.

EGEO

Questa notte sarà

del tessalo fellon l'ultimo dì.

 
 

Scena sedicesima

Palazzo disabitato con rovine.
Giasone.

 Q 

Giasone

 

 

Ovunque il piè rivolgo  

si splalanca un abisso;

là dove il guardo io fisso,

in sembianze terribili

vedo due spettri orribili:

una Medea sdegnata,

un'ombra assassinata.

L'una tutta gelosa,

l'altra a torto sommersa

martirizzano a gara

quest'anima languente,

quella tutta rigor, questa innocente.

Ma, lasso, il mal dell'alma

contamina il vigor del viver mio,

mortifica le membra,

e nell'abisso di mortal cordoglio

in estasi di duol l'anima scioglio.

 

Scena diciassettesima

Egeo, Giasone che dorme.

<- Egeo

 

EGEO

Giason qui parla. Dell'aurora il lume  

mi scopre il traditor che dorme o langue.

È solo? sì! E qual miglior fortuna

per farli vomitar l'anima e 'l sangue?

Mora il perfido ingrato.

(mette mano al stile e va per ucciderlo)

 

Scena diciottesima

Isifile, Egeo, Giasone.

<- Isifile

 
(Isifile s'avventa al stile e lo leva di mano ad Egeo)

ISIFILE

Tu morrai, scelerato!  

(Giasone si sveglia e mette man alla spada)

GIASONE

Io morirò? ah traditori.

EGEO

(fuggendo)

Ahi fato.

 

Egeo ->

GIASONE

Un con l'armi alla man, l'altro si fugge?

Besso, soldati, o là.

 

Scena diciannovesima

Besso, Soldati, Giasone, Isifile.

<- Besso, soldati (I), soldati (II)

 

GIASONE

Ferma quest'assassin, l'altro si segua.  

 
(parte di soldati imprigionano Isifile e li levano lo stile, e parte va dietro Egeo)

soldati (II) ->

 

GIASONE

E pria che questi mora

riconosci tu, Besso,

il reo di tanto eccesso?

BESSO

Volgiti a me; chi sei?

ISIFILE

Io non m'ascondo;

non mi conosci più?

BESSO

Mi sembri... ah sei pur tu;

Isifile è costei.

ISIFILE

Isifile son io,

oggetto infausto del destin più rio.

GIASONE

Besso, Besso fellone,

hai tradito Giasone.

BESSO

Io traditor? Ah sire,

da questa voce sono a torto offeso,

palesami l'accusa e poi m'uccidi,

se l'innocenza non m'avrà difeso.

GIASONE

Non dicesti poc'anzi

che Isifile gettasti in mezzo all'onde?

Ancor pensando stai?

BESSO

Non lo fei, non lo dissi, no 'l sognai.

GIASONE

Come?

BESSO

Ti dissi solo, e dissi il vero,

ch'una regina in mar precipitai.

GIASONE

E ben, che vorrai dir?

BESSO

Nulla di più:

sol che costei nel mar tratta non fu.

GIASONE

Chi dunque in mar traesti?

BESSO

Colei che m'imponesti.

GIASONE

Il nome ancor mi celi?

BESSO

Quella ch'a me se n' venne,

quella che a me parlò,

quella che imprigionai,

quella ch'io trassi entro la sfera ondosa,

fu Medea, la tua sposa!

GIASONE

Dunque è morta Medea?

BESSO

Medea morì.

 

Scena ventesima

Medea, Giasone, Besso, Soldati, Isifile.

<- Medea

 

MEDEA

Tu menti, traditor! Viva son qui!  

GIASONE

L'inganno è duplicato?

Non viverai più no,

o Besso scelerato.

BESSO

Eccomi a' piedi tuoi:

concedimi ch'io parli e, s'io son reo,

fa' di me ciò che vuoi.

GIASONE

Parla e di' tosto.

BESSO

Dimmi, non m'imponesti

ch'io traessi nell'onde

quelli che per tua parte

-uomo o donna che fusse- in questa notte

nella valle d'Orseno

mi domandasse se gl'imperii tuoi

furon da me eseguiti?

GIASONE

Così t'imposi.

ISIFILE

Io per qual fine intendo.

BESSO

E tu, real signora,

questa richiesta appunto

non mi facesti?

MEDEA

Sì.

BESSO

Io non t'imprigionai?

MEDEA

M'imprigionasti.

BESSO

Non ti condussi al mar?

MEDEA

Mi conducesti.

BESSO

Non ti trassi nell'acque?

MEDEA

E a viva forza.

BESSO

Con l'istessa richiesta

non venisti ancor tu quand'io partivo?

ISIFILE

Venni.

BESSO

E che ti risposi?

ISIFILE

«Torna a Giasone e di'

ch'io sol uccido una persona al dì.»

BESSO

Ecco il tutto svelato.

Tu, discreto e prudente,

giudica s'io son reo od innocente.

GIASONE

E Medea come vive,

se al mar la desti già?

BESSO

Questo non saprei dir, ella il dirà.

MEDEA

La costanza infinita

di mio sposo real tornommi in vita.

GIASONE

E lo sposo chi è?

MEDEA

Egeo, d'Atene il re.

GIASONE

Tu d'altri che di me?

MEDEA

Giason, frena li sdegni.

Io che dianzi gelosa

d'Isifile tradita

lacci di morte all'innocenza tesi,

in quell'orrido evento

m'accorsi al fin che cade,

per occulto destino,

su l'alme traditrici il tradimento.

Curïosa impazienza

mi condusse al sepolcro,

ma l'amoroso Egeo,

che fu di questo cor l'incendio primo,

gettandosi tra l'onde

mi sottrasse clemente a morte acerba.

Or tu, se saggio sei,

a regina sì bella,

da cui spero ottener perdono e pace,

l'antica fede e 'l primo amor riserba.

GIASONE

Ch'io lassi i tuoi bei rai,

bella Medea, non fia possibil mai.

MEDEA

Nei volumi stellati

volgi il guardo, o Giason: ivi vedrai

che i tuoi vaganti affetti

ad Isifile tua fur destinati.

GIASONE

Ch'io rivolga il pensiero

a chi tentò poc'anzi

con quel ferro svenarmi? ah non fia vero.

ISIFILE

Io ti volsi svenare?

Io che con destra ardita

ritolsi al fuggitivo

questo che ti dovea privar di vita?

GIASONE

Chi dunque venne a machinar mia morte?

 

Scena ventunesima

Egeo con Soldati, Giasone, Medea, Isifile, Besso.

<- Egeo, soldati (II)

 

EGEO

Io fui che con quel ferro,  

di cui conservo la vagina in seno,

o barbaro inumano,

per ferirti a ragion stesi la mano.

GIASONE

Tanto ardisce costui?

E chi ti spinse al tradimento indegno?

MEDEA

Fermati: io lo mandai

per vendicar le mie supposte offese;

fummo ingannati, Egeo;

senza colpa è Giason, per altro è reo.

GIASONE

Questa innocenza mia a te mi renda.

MEDEA

Sono in poter d'Egeo gl'affetti miei;

rendi tu pur te stesso a chi tu dèi.

GIASONE

A te sempre soggette avrò le voglie.

MEDEA

Indiscreto parlar d'un re ch'ha moglie.

GIASONE

Oh fato avverso, ahi sorte,

la vita di costei fu la mia morte.

 

ISIFILE

Infelice, che ascolto?    

Non t'affannar, Giasone,

che se la vita mia

fu, come ben intesi,

un aborto d'errori

che produce il tuo duolo,

vengo a sacrificarla a' tuoi furori.

S'io perivo tra l'acque,

una morte sì breve

forse non appagava i tuoi rigori;

or se viva son io,

rallegrati, o crudele,

già che potrai con replicate morti

sfogar del fiero cor l'empio desio.

Sì sì, tiranno mio,

ferisci a parte a parte

queste membra aborrite,

straziami a poco a poco

queste carni infelici,

anatomizza il seno,

straziami a tuo piacere,

martirizzami i sensi,

e 'l mio lento morire

prolunghi a me 'l tormento, a te 'l gioire.

Ma se d'esser marito

l'adorate memorie al fin perdesti,

fa' ch'il nome di padre

fra le tue crudeltadi intatto resti;

non ti scordar, Giason, che padre sei

e che son di te parte i parti miei;

se legge di natura

obliga a gl'alimenti anco le fiere,

fa' che mano pietosa

gli somministri almen vitto mendico,

e non soffrir ch'i tuoi scettrati figli

per la fame languenti

spirin l'alme innocenti.

Regina, Egeo, amici,

supplicate per me questo crudele,

che nel ferirmi ei lassi

queste mammelle da' suoi colpi intatte,

acciò nutrisca almeno i figli miei

del morto sen materno un freddo latte.

Pregatelo pietosi

che quegl'angeli infanti

assistino a i martiri

della madre tradita,

e che ad ogni ferita

che imprimerà nel mio pudico petto

bevino quelli il sangue mio stillante,

acciò ch'ei trapassando

nelle lor pure vene in lor s'incarni,

onde il lor seno in qualche parte sia

tomba innocente all'innocenza mia.

Addio terra, addio sole,

addio regina amica, amici addio,

addio scettri, addio patria, addio mia prole;

sciolta la madre vostra

dal suo terrestre velo

attenderà di rivedervi in cielo.

Venite omai, venite,

figli miei, cari pegni,

temp'è ch'io vi consegni

all'adorato mostro

ch'è carnefice mio e padre vostro.

Figli, v'attendo e moro;

e te Giason, benché omicida, adoro.

S

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GIASONE

Non ho più core in petto,  

scoppia l'alma nel seno:

taci Isifile, taci,

non mi confonder più, vinto son io.

Figli, moglie, cor mio,

tra le colpe avvilito,

dalla tua man difeso,

chieder pietà non oso,

padre inumano e traditor marito.

Ah da te, mia tradita,

impetrino per me perdono e paci

il mio pianto, il mio duol, gl'amplessi, i baci.

Egeo, Medea, godete

vostri felici ardori,

e mentre in ogni cor la gioia abbonda,

un contento improvviso

le trascorse vicende

in mar d'amico oblio chiuda e confonda.

Vinto, vinto son io,

figli, moglie, cor mio.

 

ISIFILE

Mio smarrito tesoro,  

s'io ti riacquisto, o dio,

non ho più che bramare,

e son le mie dolcezze,

quanto stentate più, tanto più care.

 
Viene Alinda.

<- Alinda

 

ALINDA

Fortunati tormenti.

 
Vien Oreste.

<- Oreste

 

ORESTE

Impensate allegrezze.

 
Vien Delfa.

<- Delfa

 

DELFA

Cari amorosi frutti.

 
Viene Demo.

<- Demo

 

DEMO

Acquietatevi tutti;

io di queste venture

fui la prima cagione,

io spinsi Egeo a seguitar Gia- Gia-

DELFA

Giasone.

DEMO

Gia- Gia- Gia-

ALINDA

Giasone.

DEMO

Gia- Gia- Gia-

BESSO

Giasone.

DEMO

Gia- Gia- Gia-

ORESTE

Giasone.

DEMO

A seguitar... Gia- Gia-

DELFA, ALINDA, ORESTE E DEMO

Giasone.

 

ISIFILE

Quante son le mie gioie  

tante stelle il ciel non ha.

Insieme

GIASONE

Quante son le mie gioie

tante stille il mar non ha.

 

ISIFILE

Mia dolcezza.

GIASONE

Mia bellezza.

ISIFILE

Nel tuo seno languire mi sento già,

ch'a tanto gioire

un'alma sola resister non sa.

Insieme

GIASONE

Nel tuo seno morire mi sento già,

ch'a tanto gioire

un'alma sola resister non sa.

MEDEA

Godi, Isifile, godi,

stringa amor, Giason, suoi dolci nodi...

Insieme

ISIFILE

Godi, Medea, godi,

stringa amor, Egeo, suoi dolci nodi...

 

MEDEA, ISIFILE, EGEO E GIASONE

...e fra nodi tenaci

rimbombin queste valli al suon di baci.

 
 

Scena ventiduesima

Giove, Amore, coro di Dèi, Zeffiro.

Giove, Amore, coro di dèi

 

GIOVE

Hai vinto, Amor, hai vinto,  

e dalle tue vittorie

di mia prole gradita

prende vita l'onor, nascon le glorie.

Per coronar d'applausi

la possanza immortal di tua faretra,

vedi come festeggia

il senato purissimo dell'etra.

Io de' tuoi fasti glorioso, altero,

al sen ti stringo, o trionfante arciero.

 

AMORE

Questa face  

arde e piace;

quell'ardor che l'alme assale

è terribile;

è invincibile

il valor d'un aureo strale.

 

 

Per gl'azzurri del cielo  

vola Zeffiro amato,

e con nembo odorato

le regie nozze e 'l mio trionfo onora,

l'aura tranquilla e queste rive infiora.

 

<- Zeffiro

ZEFFIRO
(sopra un cigno)

Vago cigno,  

che benigno

mi guidasti ov'Amor sta,

verso il polo

stendi il volo,

qui mi lassa in libertà.

Su quest'ali

immortali

questi liti scorrerò,

co' miei fiati

odorati

questo sol feconderò.

Qui d'acanti,

d'amaranti

spargerò nembo gentil;

qui di rose

rugiadose

fiorirà un nuovo april.

 

 

Amor, io de' tuoi cenni  

volante esecutor rapido venni;

or di Giason, che gode

con Isifile sua fervidi amori,

con gl'aneliti miei

io scendo a terra a temperar gl'ardori.

 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Bosco fiorito.

Oreste, Delfa
 

Ma dimmi in cortesia

Oreste, Delfa ->
<- Medea, Giasone

Sotto il tremulo ciel di queste frondi

(Medea e Giasone in placidissimo sonno)

Medea, Giasone
<- Oreste

Adoriamoci i sogno, anima mia?

Medea, Giasone
Oreste ->
Medea, Giasone
<- Isifile

Il porto, il lido, il pian, la valle, il monte

(Giasone si sveglia)

Chi, chi mi sveglia? chi?

(Medea finge di continuare il sonno)

Con la matta Giasone?

(Giasone vede Medea risvegliata)

Oh tu, sei risvegliata?

O celesti favor, grazie divine!

(Medea e Giasone a parte)

Dunque vuoi tu che io sia

Giasone, Isifile
Medea ->

Ma tu così pensoso?

Giasone
Isifile ->
Giasone
<- Besso

Giason / Besso / M'invia

Notte; campagna con capanne.

Egeo, Demo
 

Impietosito Oreste

Egeo, Demo ->

(segue notte con luna)

<- Isifile

Ma è tempo ch'io precorra

Isifile
<- Oreste

Fra i notturni perigli

Valle d'Orseno.

Medea
 

Besso qui non appare

Medea ->
<- Delfa

Qualor su queste guance

Delfa ->
<- Medea, Besso, soldati

Di guerriero drappello

Besso
Medea, soldati ->
Besso
<- Isifile

Besso, Besso / Chi chiama?

Isifile
Besso ->

Torna a Giason e di'

Isifile
<- Egeo

(Medea di dentro)

Qual incognita forza

(si sente cader Medea nell'acque)

Medea nell'onde?

(Egeo si getta in mare)

Isifile
Egeo ->
Isifile
<- Besso, soldati, Giasone

Tormento, ove mi guidi?

Isifile
Besso, soldati, Giasone ->
Isifile
<- Medea, Egeo

Non m'affligger così

Palazzo disabitato con rovine.

Giasone
 

Ovunque il piè rivolgo

(Giasone che dorme)

Giasone
<- Egeo

Giason qui parla. Dell'aurora il lume

(Egeo mette mano al stile e va per uccidere Giasone)

Giasone, Egeo
<- Isifile

(Isifile s'avventa al stile e lo leva di mano ad Egeo)

Tu morrai, scelerato!

(Giasone si sveglia e mette man alla spada)

Giasone, Isifile
Egeo ->

Giasone, Isifile
<- Besso, soldati (I), soldati (II)

Ferma quest'assassin, l'altro si segua

(parte di soldati imprigionano Isifile)

Giasone, Isifile, Besso, soldati (I)
soldati (II) ->

Giasone, Isifile, Besso, soldati (I)
<- Medea

Tui menti, traditor! Viva son qui!

Giasone, Isifile, Besso, soldati (I), Medea
<- Egeo, soldati (II)

Io fui che con quel ferro

Mio smarrito tesoro

Giasone, Isifile, Besso, soldati (I), Medea, Egeo, soldati (II)
<- Alinda

Giasone, Isifile, Besso, soldati (I), Medea, Egeo, soldati (II), Alinda
<- Oreste

Giasone, Isifile, Besso, soldati (I), Medea, Egeo, soldati (II), Alinda, Oreste
<- Delfa

Giasone, Isifile, Besso, soldati (I), Medea, Egeo, soldati (II), Alinda, Oreste, Delfa
<- Demo

Isifile e Giasone, Medea, Egeo
Quante son le mie gioie
Giove, Amore, coro di dèi
 

Hai vinto, Amor, hai vinto

Per gl'azzurri del cielo

(Zeffiro sopra un cigno)

Giove, Amore, coro di dèi
<- Zeffiro
Zeffiro
Vago cigno

Amor, io de' tuoi cenni

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventunesima Scena ventiduesima
Marina con veduta dell'isola di Colco. Giardino con palazzetto. Sala reale. Campagna con capanne su la foce d'Ibero. Stanza degli incanti di Medea. Campagna con capanne. Recinto del castello del vello d'oro. Grotte d'Eolo. Porto di mare diroccato; fortunale. Bosco fiorito. Notte; campagna con capanne. Valle d'Orseno. Palazzo disabitato con rovine.
Prologo Atto primo Atto secondo

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