Atto secondo

 

Scena prima

Campagna con capanne.
Isifile, Alinda.

 Q 

Isifile, Alinda

 

ISIFILE

Oreste ancor non giunge,  

e pur ogni momento

accresce 'l mio tormento e 'l cor mi punge.

Vanne, mia fida ancella,

vanne al porto vicino,

richiedi ogni nocchier ch'ivi soggiorna

se ancor da Colco il fido Oreste torna;

io tra 'l solingo orrore

compagna resterò del mio dolore.

 

ALINDA

Per prova so  

che infonde Amor nell'alme aspro veleno,

ma il duol che m'accorò

in breve io seppi licenziar dal seno,

e con ingegno scaltro,

s'io persi un vago, mi spassai con l'altro.

Chi s'invaghì

d'un solo amor mai sta con gl'occhi asciutti;

l'apportator del dì

s'ammira alfin perché risplende a tutti;

chi d'un sol si contenta

pena assai, nulla gode e sempre stenta.

Se vuol goder

i frutti d'un amor dolce e benigno,

deve la donna aver

di molle cera il cor, non di macigno;

e quella è fra le prime

che nella cera ogni sigillo imprime.

 

ALINDA

Vado di volo al porto:  

le mie fide ragioni

somministrano a te pace e conforto;

presto s'imbianca un crine,

volano le stagioni,

e mancherànti al fine

gl'anni di gioventù, non i Giasoni.

(parte)

Alinda ->

 

ISIFILE

Alinda troppo vana  

seconda il genio e la sua voglia insana.

Ohimè non posso più,

par che manchin li spirti,

manca l'anima al seno,

vacilla il piede, e a forza di stanchezza

trabocco sul terreno.

 

Scena seconda

Oreste, Isifile.

<- Oreste

 

ORESTE

Io pur ti tocco, o lido,  

io pur ti bacio, o terra,

né temo d'Austro infido

orridi soffi o procellosa guerra:

onde, vi riverisco,

venti, mi raccomando,

Nettuno, a dio, sta' sano,

amici come prima,

ma però da lontano.

In un regno incostante,

sovr'un suolo che ondeggia,

in casa che galleggia

mai più Oreste poserà le piante.

Ma temp'è ch'ad Isifile ritorni

ne la capanna al certo. Ohimè che vedo?

Distesa su quei mirti

l'infelice mi sembra

priva di moto e di spirti.

Morta o viva che sia,

m'accosto alla sicura;

morti di questa razza

non mi fanno paura;

sento il core che batte,

affannata respira,

e tra l'amore e l'ira

fantastica combatte.

 

ISIFILE

Crudel, tu parti, o dio?

ORESTE

Son qui da te, cor mio.

ISIFILE

Da me?

ORESTE

Da te.

ISIFILE

Mi lascerai?

ORESTE

Mai, mai.

ISIFILE

Se tu mi lasci, io moro.

ORESTE

Non dubitar, ti adoro.

ISIFILE

Accostati, se vuoi.

ORESTE

Ma s'io ti bacio poi?

ISIFILE

O quanto goderei.

ORESTE

Mi tenta pur costei.

ISIFILE

Tu torni al mar, crudele.

ORESTE

Sì, sì, parton le vele.

ISIFILE

E l'onor mio dov'è?

ORESTE

Io non l'ebbi, alla fé.

ISIFILE

Sì, sì, statti con me.

ORESTE

Torna a quietarsi.

O che gentil discorsi!

Ciascuno i suoi desiri

scopre senza vergogna,

né so se più deliri

o chi veglia o chi sogna.

 

Vaghi labbri scoloriti,  

bella bocca pallidetta,

che non sei larga né stretta,

e sognando ai baci inviti.

M'allettasti, io non fui sordo,

or per te manco e languisco,

s'io ti bacio, troppo ardisco,

se no 'l fo, son un balordo.

 

 

Son risoluto al fin, baciar la voglio.  

Chi lo potrà ridire?

Il bacio orma non lassa,

muor tra le labbra e si risolve in nulla,

e già so che costei non è fanciulla;

l'onor non scemerà,

ché se dianzi il chiedea

è segno che non l'ha;

e se mai si risà

furto così leggiadro,

mi scuserò con dire

che la comodità mi fece un ladro.

Or va' ben destro, Oreste,

guarda non la svegliare:

caro volto divino...

ISIFILE

Dove parti, o tiranno?

ORESTE

Buona notte e buon anno.

ISIFILE

Sai pur ch'io mi consumo.

ORESTE

Il bacio è andato in fumo.

Non mi vedi, o signora,

non mi conosci più?

ISIFILE

Oreste sei pur tu,

perché non mi svegliasti?

ORESTE

Tu perché ti destasti?

ISIFILE

Dimmi che fa Giason, è vivo o morto,

vuol ch'io l'attenda o parta?

Risponde a bocca o in carta?

Mi conserva la fé?

O si scordò di me?

Mi disprezza o mi adora?

Vuol ch'io viva o ch'io mora?

ORESTE

Tanti interrogatorii?

Per risponder a tutti

ci vorrebbe una mandra di dottori.

Poche parole, e buone.

Datti pace, o signora:

più non t'ama Giasone.

ISIFILE

Saldo, mio core. Con Giason parlasti?

ORESTE

Giason non tiene audienza,

parlai con un tal Demo, indi con Besso

a Giason confidente e a me cugino,

che impietosito del tuo duro stato

così mi disse appunto:

«A pena a Colco giunto,

di beltà non veduta,

sol fra l'ombre goduta,

Giason divenne amante;

fatto d'amor guerriero

tra i piacer s'abbandona,

del proprio onor non cura,

pensa se a quel d'altrui volge il pensiero.»

ISIFILE

Non hai di più da dirmi?

ORESTE

E ti par poco? Or odi:

dagli argonauti fieri

stimolato Giasone

stabilì questo giorno

per la fatal tenzone,

e s'ei conquista la dorata pelle,

per andarne a Corinto

dovrà per questa foce

fra poch'ore passar d'Argo la nave;

parlar tu li potrai

qui forse avanti sera,

seco ti sfogherai, forse, chi sa?

Spera, signora, spera.

(parte)

Oreste ->

 

ISIFILE

E che sperar poss'io,  

se dentro a questo seno

l'anima, o dio, vien meno,

se per tante ferite

son li spirti abbattuti,

le potenze smarrite?

Speranze, fuggite,

sparite

da me;

il cor, ch'è già morto,

del vostro conforto

capace non è.

Ma se pur qua giungesse

il perfido incostante,

chi sa che rimirando

il mio real sembiante,

dalla pietà commosso,

dalla giustizia vinto,

non procuri l'emenda,

non ritorni in sé stesso e a me si renda?

O speranze infelici,

ancor mi lusingate, ancora spero?

E son sì disperata,

che insin potermi disperar dispero?

Mostruosi flagelli,

portentosi martiri,

miracolosi affanni,

s'inventano a' miei danni

giù ne i regni di Dite.

Speranze, fuggite,

sparite

da me;

il cor, ch'è già morto,

del vostro conforto

capace non è.

Ma che vaneggio, o misera?

Che speranze, che morte?

Che conforti, che core?

Che martiri, che affanni

alla mente reale

minacciano rovina?

Son disperata sì, ma son regina.

Disperazion sta meco?

Non ti perder, coraggio,

ritroviamo quest'empio,

s'uccida il traditore,

sbraniamoli le carni,

laceriamoli il core,

e per sua maggior pena

mora la rea bellezza

che l'alma l'incatena.

Su, miei fidi seguaci,

precipitiam gl'indugi,

dalla foce d'Ibero

m'apprestino il partire

remi, navi ed antenne,

vele, venti e nocchiero.

Raddoppia, o Tempo, il volo,

sferza i cavalli, o Febo,

già su l'ali al desio

verso il nemico suolo

avida di vendette

rovinosa m'invio.

Già le marine spume

io fendo e l'onde solco;

mora il perfido, mora: a Colco, a Colco.

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Scena terza

Recinto del castello del vello d'oro.
Medea, Giasone, Delfa.

 Q 

Medea, Giasone, Delfa

 

MEDEA

Ecco il fatal castello;  

qui ti consegno l'incantato anello

in cui stassi ristretto

il guerriero folletto.

Sia dell'aurato cerchio

la man sinistra adorna;

resta, affronta, combatti, uccidi, atterra,

vinci, trionfa, e a questo se n' ritorna.

 

MEDEA

Ti lasso,  

GIASONE

Mi lassi,

MEDEA

mia vita,

GIASONE

gradita,

MEDEA

mio amor,

ma resta con te

quest'alma e questo cor.

Insieme

GIASONE

mio amor,

ma parte con te

questo spirto e questo cor.

Medea, Delfa ->

 

Scena quarta

Giasone.

 

 

Per qual nuovo vigore  

sembra al cor questo petto

troppo angusto ricetto?

Qual ardir, qual valore

per le fibre mi scorre?

Queste nuove potenze

da Medea riconosco. All'armi, all'armi.

Gl'argonauti guerrieri,

il senato di Colco

a queste mura intorno

della fiera tenzon gl'esiti attende.

All'impresa m'accingo

e il nome di Medea per nume invoco.

O dell'orrido cerchio

del fatal laberinto

mostri, belve e custodi,

del tessalo Giason le voci udite:

queste ferrate porte

al mio passaggio obedienti aprite,

o ch'io le sbarro e vi disfido a morte.

 

Fuori, fuori,  

al cimento,

vostri orrori

non pavento.

 
S'apre la porta e comparisce il toro.
 

 

Ma già s'apre e spalanca  

il rugginoso ostello,

già sbuffa e su le soglie

orgoglioso cornuto

percuote il piè ferrato

e mi sfida a duello.

Stiasi la spada al fianco,

temp'è d'oprar ardir, forza e destrezza.

Mi contende l'ingresso?

Fuori s'avanza e nell'acute corna

della vittoria sua ripon la speme?

Tanto m'agiterò, tanto ch'io vaglia.

Sì: già l'afferro e fuori

della dura cervice

già le spianto, le svello.

Ma qual per entro al tenebroso chiostro

appare o drago o mostro?

Nel tuo nome, o Medea,

prendo il posto nemico,

di ferro armo la destra,

ed a più fiere guerre

tutto ardir, tutto ardore,

nell'oscuro serraglio

già mi avvento, mi scaglio.

Giasone ->

 

Scena quinta

Medea, Delfa.

<- Medea, Delfa

 

MEDEA

Giasone, o dio, Giasone.  

Ove ne vai, mio sposo?

DELFA

Ancor paventi?

MEDEA

Della sua vita e dell'onor pavento.

DELFA

E non sai qual virtude

quel tuo magico cerchio in sé racchiude?

Figlia, sgombra il timore:

se gli desti l'anel, salvo è l'onore.

MEDEA

Infinito è il valor dell'arte mia,

ma pur anco nel seno

provo infinito ardor e gelosia.

DELFA

Gelosia, e di che? forse là dentro

vive dama leggiadra?

Sai pur ch'orrida squadra

guarda di questo cerchio il giro e 'l centro.

L'uomo non ama i mostri,

gradisce a gran fatica

bella donna che 'l preghi ed a più d'una

tocca -così non fusse- a star digiuna.

Ma vedi come osservano

gl'argonauti guerrieri ogni tuo moto.

Deh partiamo, o signora.

MEDEA

Voglio attendere il fin.

DELFA

Darai sospetto.

MEDEA

Di che?

DELFA

Dell'onor tuo.

MEDEA

Non mi dichiarò sposa?

DELFA

E madre ancora.

MEDEA

Ma già torna Giason.

DELFA

Ercole il vide e passa entro le mura.

MEDEA

Del sacro dorso è adorno,

la vittoria è sicura.

 

Scena sesta

Medea, Giasone, Delfa, Ercole.

<- Giasone, Ercole

 

MEDEA

Sei ferito, mio ben?  

GIASONE

No, vita mia.

Sotto gli auspici tuoi i mostri estinsi,

mi fei signor dell'aureo vello, e vinsi.

ERCOLE

Giason, vincesti, il vedo,

godo del tuo trionfo,

ma già solleva il popolar tumulto

contro di te un invidioso grido:

non è tempo d'indugio, al lido, al lido.

GIASONE

Vicino è 'l loco, andiamo,

questa sanguinea spada

al mio passaggio affrancherà la strada.

Medea?

(vien Demo osservando)

<- Demo

MEDEA

Giasone?  

GIASONE

Io parto.

MEDEA

E dove?

GIASONE

A Corinto.

MEDEA

Ti seguo.

GIASONE

E i nostri figli?

MEDEA

Son custoditi a pieno.

GIASONE

Che dirà 'l genitor?

MEDEA

Son col marito.

GIASONE

La patria?

MEDEA

Non vi penso.

GIASONE

Il regno?

MEDEA

Non lo curo.

GIASONE

Vassalli?

MEDEA

Non li apprezzo.

GIASONE

O mio tesoro.

MEDEA

E se non vengo, io moro.

GIASONE

Vieni e vivi, mia vita.

MEDEA

O felice partita.

GIASONE

Cara fuga soave.

MEDEA E GIASONE

Alla nave, alla nave.

Medea, Giasone, Ercole, Delfa ->

 

Scena settima

Demo, Egeo.

 

DEMO

Alla nave, alla nave?  

Medea e Giason s'abbracciano?

E per gir a Corinto

si partono, si fu- ggono, s'imbarcano?

O sventurato Egeo,

povero mio signor, misero re.

Chi me l'insegna, ohimè, dov'è, dov'è?

Volo di qua: no;

meglio è di là;

ma fo- rse sì,

vado di qua; ma se?

Di qua lo trovo a fé.

Ohimè di qua, di là, di là, di qua,

io non ne posso più;

fra 'l dubbio e fra 'l tormento

sudato mi riposo e mi fo vento.

 

Con arti e con lusinghe,  

donne, se vi pensate

di farmi innamorar, voi v'ingannate.

Voi v'ingannate a fé:

queste bellezze mie voglio per me.

Se ben penare,

languire,

crepare,

morire

io vi vedrò,

mai m'innamorerò,

no, no, no, no, no, no,

non lo sperate a fé:

queste bellezze mie voglio per me.

Con vostri finti vezzi,

donne, se tenterete

d'incatenarmi il cor, non lo credete.

Non lo credete già:

ho fatto voto al ciel di castità.

Se ben penare,

languire,

crepare,

morire

io vi vedrò,

io mai vi crederò,

no, no, no, no, no, no,

non lo sperate già:

ho fatto voto al ciel di castità.

 

 

Oh, oh, sto ben così  

Egeo, Egeo, Egeo,

vuoi gl'avvisi? son qui.

 

<- Egeo

EGEO

Mi chiami?  

DEMO

Oh signor sì;

strane nuove, signore,

fughe assassinamenti, arme e rumore.

EGEO

Di' tosto, chi fuggì?

DEMO

Medea co- con-

EGEO

Che?

DEMO

-Medea...

EGEO

Segui.

DEMO

Medea

co- con-

EGEO

O dio, con chi?

DEMO

-con Giason si fuggì.

EGEO

Ohimè, ohimè.

DEMO

E con fuga soave

van gridando abbracciati:

«Alla nave, alla nave».

EGEO

E verso dove andranno?

DEMO

S'imbarcarono per Co-

Co- Co- per Co- Co- Co-

EGEO

Per Coimbra?

DEMO

No, per Co- Co- Co- Co-

EGEO

Per Coralto?

DEMO

Oibò, per Co- Co- Co- Co-

EGEO

Per Cosandro?

DEMO

Né meno,

per Co- Co-

EGEO

Per Corinto?

DEMO

Ah, ah, o bene, o bene,

mi cavasti di pene.

EGEO

Or ecco la cagione

perché Medea m'aborre: ama Giasone.

O dio, son morto. Tu, segui i miei passi

e in picciola barchetta

seguiamo i fuggitivi;

alto decreto eterno

vuol ch'io segua Medea sin nell'inferno.

 

DEMO

All'inferno, a fé non vo,  

io dal foco ognor m'arretro,

se da lungi io lo vedrò,

io ti pianto alla po-rta e torno indietro.

 
 

Scena ottava

Grotte d'Eolo.
Giove, Eolo, Amore, Coro di Venti.

 Q 

Giove, Eolo, Amore, coro di venti

 

GIOVE

O dell'eolie foci  

reverito regnante,

del genitor tonante odi le voci.

EOLO

O mio signore e padre,

ecco pronto al tuo cenno

il rege, il regno e le soggette squadre.

GIOVE

La regina di Lenno,

gran pronipote mia,

dal tessalo Giasone

nella fé, nell'onor, oggi è tradita;

da quel Giason che temerario ardio

con potenze d'abisso

di Colco entro i sacrari

al mio gran nume sacre

le vittime rapir, spogliar li altari.

Questi del Caspio mar solca per l'onde,

e dell'aurato vello ornato e cinto

spera trionfator gire a Corinto.

 

Or tu dai claustri  

tremendi ed orridi

impera a gl'austri

che rapidissimi

per l'onde caspie

spirando turbini

volino, fremino

in questo dì,

sin che precipiti,

sin che sommergasi

chi tanto ardì.

 

EOLO

Così dunque di Frisso,  

gran prole d'Atamante, a me nipote

i sacrifici puri

dall'umana impietà non fur sicuri?

Su, su, fuor di quest'antri

adirati, frementi,

scatenatevi, o venti,

e, sin che cada al fondo

il sacrilego eroe,

vada sossopra il mar, le nubi e 'l mondo.

 

CORO DI VENTI

Arditi e fieri,  

tumidi, alteri,

eccone, o re.

AMORE

Su questo suolo

frenate il volo,

fermate il piè.

 

AMORE

Giove, Eolo, anch'io  

son da Giasone offeso, anch'io nutrisco

spirti per vendicar l'affronto mio.

Vogliam punire il reo?

Vogliam mortificar l'atroci voglie?

Sì, sì: diamoli moglie.

Sapete chi? Isifile, e sia questa

pena per lui più forte

che l'orgoglio del mar, naufragio e morte.

EOLO

Giason offese il ciel, di morte è degno.

AMORE

Una moglie tradita,

regina vilipesa

nell'onor, nella fé,

furente, innamorata, ingelosita,

numi, credete a me,

è peste d'un marito,

è una pioggia d'affanni,

un diluvio di rabbie e di malanni.

Così, punito il reo,

della prosapia eterna

resta intatto l'onore,

voi vendicati e trionfante Amore.

GIOVE

Ma come, e con qual modo?

AMORE

Basta a me sol che al diroccato porto

della foce d'Ibero,

ove Isifile afflitta oggi soggiorna,

spingono i venti la nemica nave,

là si fissi, s'inchiodi

dal continuo soffiar tocca e percossa,

né senza i cenni miei si sciolga o snodi.

GIOVE

Altamente ti vanti.

AMORE

Altamente oprerò.

GIOVE

Eolo, eseguisci.

EOLO

Infuriati vassalli,

strepitosi guerrieri,

riconoscete Amore oggi per re,

di lui volate ad eseguir gl'imperii.

 

CORO DI VENTI

Arditi e fieri,

tumidi, alteri,

eccone a te.

 

AMORE

Seguite me che dall'eolio suolo  

alla spiagge d'Ibero

sovra l'onde del Caspio inalzo il volo.

 
 

Scena nona

Porto di mare diroccato. Fortuna di mare.
Oreste, Alinda.

 Q 

Oreste, Alinda

 

ORESTE

Per ritrovar suo onore,  

benché s'oscuri il cielo e 'l mar s'adiri,

ha stabilito di varcar a Colco

l'agitata regina.

Giura svenar Giasone, e del suo sangue

tinger questa marina.

Naviganti, nocchieri,

un vassello per Colco: ah non udite?

ALINDA

In van t'affanni a ricercar l'imbarco.

Isifile dolente

più dell'usato col destin s'adira,

s'affanna, si sconforta,

tal or quasi delira,

poi torna in sé, ma la diresti morta.

ORESTE

È mal antico. Che pietà.

ALINDA

Amore,

onore, lontananza e gelosia

sono i quattro elementi

che producon tal or morte o pazzia.

 

ORESTE

Sai ch'io t'amo, Alinda a fé,  

ma non ti creder già

ch'io deliri per te.

Sai ch'io t'amo, Alinda a fé.

ALINDA

Sai che io t'amo e t'amerò,

ma se mi lasci un dì,

io non impazzirò.

Sai che io t'amo e t'amerò.

ALINDA E ORESTE

Il tuo bello adorerò.

Sempre al fianco ti starò.

Ma ch'io per te vaneggi, oh questo no.

ALINDA

Quest'è il vero piacer,

che sbandì

l'affanno e 'l duol.

Si goda così,

impazzi chi vuol.

Insieme

ORESTE

Quest'è il vero goder,

che sbandì

l'affanno e 'l duol.

Si goda così,

impazzi chi vuol.

Alinda ->

 

Scena decima

Demo, Oreste.

<- Demo

 

DEMO

Soccorso, aiuto, e là:  

io moro, ohimè, pietà.

ORESTE

Qual voce verso il lido

mi ferisce l'udito?

DEMO

O onde scelerate,

così m'assassinate?

ORESTE

Rinforzano le strida;

ma già comparve un nuotatore a terra.

DEMO

Ohimè son morto, ohimè, me- me- meschino.

ORESTE

E chi sei tu?

DEMO

No 'l vedi?

Son un morto che tremo,

un avanzo de i pesci, ombra di Demo.

ORESTE

È Demo a fé. Non mi conosci?

DEMO

No.

ORESTE

Apri ben gl'occhi.

DEMO

E come, s'io non gl'ho?

Un tonno, uno storione

gli mangiaron poc'anzi a colazione;

ma sta- stacco le ciglia e vedo, e vedo

quest'aria e queste ville:

intatte ho le pupille.

Oreste? Oreste mio? dove ti veggio?

ORESTE

Ed io come ti trovo?

DEMO

In stato tal che star non posso peggio.

ORESTE

Come giungesti qua?

DEMO

Il re d'Atene, il mio padrone Egeo,

-che sia pur maledetto-

per seguir d'Argo la famosa nave,

in picciolo legnetto

meco si pose a' suoi deliri intento,

il mar, la pioggia, la fo- fo- fo- for-

ORESTE

E quando mai?

DEMO

La fortuna e 'l vento

al fondo or mi mandava,

ed or insino al ciel mi sol- mi sol-

mi sol- mi sol- mi sol-

ORESTE

Fa, re.

DEMO

Mi sol- mi sol-

ORESTE

Fa, re, mi, fa.

DEMO

Mi sol- mi sol-

ORESTE

O che musica brava.

DEMO

Ed ora insino al ciel mi sollevava.

Io mi ridussi al fine

inzuppato nell'acque

senza remo o timone;

indi, come al ciel piacque,

urtò l'angusta barca in un scoglione:

si roppe, si spezzò,

Egeo per l'onde andò,

s'affondò, s'an- s'an- s'an-

ORESTE

S'annegò.

DEMO

S'an- s'an- s'an- s'an-

ORESTE E DEMO

S'annegò.

ORESTE

E tu se così fai,

ne gl'intoppi del dir t'annegherai.

DEMO

Io dall'onde sbattuto,

dopo aver là be-

là be- là be- là be-

 

ORESTE

La bella traditora.  

DEMO

Che m'ha rubato il cor,

col guardo mi innamora

e mi fa star di fuor.

ORESTE

La bella traditora.

 

DEMO

Dopo aver là bevuto,  

lo spirito nel mar lasciai disciolto,

poscia su queste arene

il cadavere mio giunse insepolto.

ORESTE

Dunque morto tu sei?

DEMO

Morto son io,

anzi ti prego, amico,

a darmi sepoltura,

e su quella intagliar questa scrittura:

«Piangete, uomini e donne,

l'ossa di Demo questa tomba asconde,

era buffone, pur al fondo andonne,

nacque delfino e lo sommerser l'onde.»

ORESTE

Gentil umor; sarai sepolto; or dimmi:

partì la nave d'Argo?

DEMO

Partì con la malora, e Giason seco.

ORESTE

Già vicina si scopre,

e l'impeto de i venti

qua la spinge a gran forza;

già questo porto imbocca,

già vi giunge, lo tocca;

del sospirato arrivo

a Isifile me n' volo a dar novelle;

tu meco vieni, e a ristorar tuoi danni

ti darò foco e panni.

DEMO

In eterno obligato

sono a tanta pietà;

sentimi il polso: già

m'ha la febbre assaltato.

ORESTE

Hanno la febbre i morti?

DEMO

Son un morto ammalato: ohimè, ohimè.

ORESTE

Che hai, che fu, che è?

DEMO

Che spavento! che pena!

ORESTE

E che, e che?

DEMO

Sento guizzarmi in pancia una balena.

Oreste, Demo ->

 

Scena undicesima

Giasone, Medea, Besso, Ercole, con gl'Argonauti.
Coro di Soldati, Coro di Marinai.
Sbarcano dalla nave d'Argo.

<- Giasone, Medea, Besso, Ercole, argonauti, soldati, marinai

 

GIASONE

Scendi, o bella,  

vieni al porto.

MEDEA

Cara stella

qua n'ha scorto.

GIASONE

Non è molestia

l'ira del mar.

MEDEA

Fiera tempesta

placida appar.

GIASONE

Il terreno

tutto è ameno.

MEDEA

È divina

la marina.

MEDEA

Ove Giason i suoi splendor diffonde,

vago è 'l suol, ride il ciel, brillano l'onde.

Insieme

GIASONE

Ove Medea i raggi suoi diffonde,

vago è 'l suol, ride il ciel, brillano l'onde.

 

ERCOLE

Giason, di tue vittorie  

di eternità nel tempio

già vedo registrate alte memorie;

ma vorrei, con tua pace,

vederti trionfar maschio soldato,

non sempre effeminato.

GIASONE

Qual or...

MEDEA

Taci, mia vita;

Ercole s'è scordato

che d'amor le passioni

fan gli Ercoli filar, non i Giasoni.

ERCOLE

Rimanete felici,

parto a trovar albergo: andiamo, amici.

Giasone, Medea, Ercole, argonauti, soldati, marinai ->

 

Scena dodicesima

Besso, Alinda.

<- Alinda

 

BESSO

Chi non ha  

argenti od ori

loda la povertà,

biasma i tesori.

Ercole vedovello,

lungi dalla sua vaga,

orfano sconsolato,

sgridò Giason ch'abbia la donna al lato.

D'affetto sincero

purissimo ardor

di buon cavaliero

non scema il valor,

vie più ch'esser amante,

si disdice a un guerrier far da pedante.

Del dio che guerreggia

amor nacque già;

fra l'armi pompeggia

donnesca beltà;

è guerriera Bellona,

e nel nome guerrier, bella risuona.

 

ALINDA

Quanti soldati, o quanti;

allegrezza, allegrezza, o donne amanti.

Gradite tempeste,

procelle adorate,

che qua ne spingeste

le merci più grate,

per vostra pietate

mia gioia s'avanza,

al vostro tempestar vien l'abbondanza.

Quanti soldati, o quanti;

allegrezza, allegrezza, o donne amanti.

 

BESSO

Per fare in terra un picciol paradiso  

ti diè natura, o bella,

oro al crin, stelle a gl'occhi e rose al viso.

ALINDA

Per far un uom tutto robusto e fiero

ti diè natura in sorte

duro il pel, fosco il fronte e 'l guardo nero.

BESSO

Dimmi, dimmi chi sei,

tu che sì bella sembri a gl'occhi miei?

ALINDA

Io sono un'infelice

mal provvista d'amante,

che con affanno inusitato e nuovo

bramo assai, sempre cerco e nulla trovo.

BESSO

Vedimi, e qual io sono,

pur che tu non mi sdegni,

la mia fede, il mio amor tutto ti dono.

ALINDA

Lascia ch'io ben ti squadri.

Tu non mi spiaci a fé, gl'occhi son ladri.

BESSO

Ma i lumi tuoi divini,

se chiami ladri i miei, son assassini.

ALINDA

Esser l'amante mio dunque vuoi tu?

BESSO

Rispondo un sì senza pensarci su.

ALINDA

Intendiamoci bene:

io con modeste voglie

per marito ti bramo.

BESSO

Io te per moglie.

ALINDA

Il tuo mestier qual è?

BESSO

Soldato io sono.

ALINDA

Tu soldato? ah, ah;

ohimè questo tuo dir rider mi fa.

BESSO

Perché ridi così?

ALINDA

Tu soldato?

BESSO

Io sì!

ALINDA

Dov'è il volto sfregiato?

Dov'hai manco un orecchio?

Dov'è un fianco stroppiato?

Dov'è una man recisa?

Ohimè non lo dir più, scoppio di risa.

BESSO

Dunque non ti rassembra

soldato uno che intere abbia le membra?

ALINDA

Il buon soldato deve

portar qualche notabil contrassegno:

almen un braccio in pezzi,

un occhio di cristallo, o un piè di legno.

Ma dove, dove vai?

BESSO

Già che così non pare

ch'io sia stato alla guerra,

vado a farmi stroppiare.

ALINDA

No, già che tutto sei, tutto ti voglio:

ma quanto più ti gradirebbe il core

se tu fussi buon musico cantore.

BESSO

Musico? l'arte mia

è 'l canto e l'armonia.

ALINDA

Ma su quai voci canti, ed in qual tuono?

BESSO

Non mi senti parlar? soprano io sono.

ALINDA

Soprano?

BESSO

Sì, perché?

ALINDA

Non sei castrato già?

BESSO

Non sono a fé.

 

ALINDA

Non più guerra, non più, non più furore:  

due cori amati amanti

tra vezzi, tra canti

dispensino l'ore.

ALINDA E BESSO

Non più guerra, non più: trionfi amore.

BESSO

Non più tromba o tambur, non più romore.

In amorose paci

al suono de' baci

rallegrisi il core.

ALINDA E BESSO

Non più tromba o tamburo; amore, amore.

Alinda, Besso ->

 

Scena tredicesima

Oreste, Giasone, Medea, Besso, Coro di Soldati.

<- Oreste, Giasone, Medea, soldati (marinai)

 

ORESTE

Isifile, signor, quella che in Lenno...  

GIASONE

Ohimè.

ORESTE

(Tu ben m'intendi.)

...ti ricerca e prega

che tu l'ascolti e qua s'invia.

GIASONE

Ho inteso;

sì, sì, ci rivedremo, Oreste, addio.

Andiam, mia vita.

MEDEA

Altro

non rispondi a costui?

GIASONE

(Che strano incontro!)

Basta così; partiam ti prego.

ORESTE

Ah sire,

sentila per pietà.

GIASONE

Sì, sì, la sentirò; partiam, regina.

MEDEA

(Gelosia, non m'uccidere.) Giasone

se neghi d'ascoltar dama che prega,

certo sarai di scortesia notato:

sentila.

GIASONE

Non rileva.

MEDEA

Almen per non far torto

al messaggero accorto.

Torna alla tua signora

e dilli pur che qui Giason l'attende.

ORESTE

Vado, signore?

GIASONE

Obedisci.

ORESTE

Volo.

(parte)

Oreste ->

 

GIASONE

Come sei curiosa!  

MEDEA

(Eh dio, son morta.)

Deh dimmi: chi è costei

che così ardita i messagger t'invia?

GIASONE

(Convien prender partito.)

È una matta leggiadria

che nel passare a Colco in Lenno io vidi;

questa, ovunque dimora,

linguacciuta, arrogante,

-come vedesti- i passeggeri affronta

per dar pastura all'umor suo peccante.

MEDEA

Qual sorte di follia

li stemperò l'ingegno?

GIASONE

Ascolta e ridi.

Vigilante procura

d'ogni donna che giunga a questi lidi

intender i costumi ed i successi;

su quei fissa la mente,

machina e crede al fine

che gl'accidenti altrui, o buoni o rei,

siano incontrati a lei,

e così forte imprime

l'altrui passioni entro la propria idea

ch'or s'allegra or si duole, or ride or piange,

or s'umilia or s'adira,

conforme alla cagion per cui delira.

MEDEA

Gentil follia: vorrò vederne il vero.

 

Scena quattordicesima

Isifile, Medea, Giasone.

<- Isifile

 

ISIFILE

O dio, ecco Giasone  

con la beltà gradita.

Spirti, non mi lasciate,

simuliamo lo sdegno: amore, aita.

MEDEA

A te ne vien.

GIASONE

Vaghi discorsi attendi.

ISIFILE

Se tra i mesti pallori

del funesto sembiante,

simulacro di morte,

non riconosci a pieno

la tua diletta amante,

l'adorata consorte,

in questo pianto almeno

che versan gl'occhi in due dolenti fiumi,

d'Isifile infelice,

che abbandonata langue,

riconosci, o Giason, l'anima e 'l sangue.

Rendi, rendi al mio core

quel ben che li donasti,

e tra gl'amplessi casti

meco torna a gioire,

e da' fine al mio pianto e al mio martire.

GIASONE

(Secondiamo l'umore.)

Frena, bella languente,

frena questi dolori, e nel mio seno

torna a goder i sospirati amori.

ISIFILE

O dolcezze, o tesori;

lassa dunque costei

e tutto a me ti rendi, anima mia.

MEDEA

Lussuriosa pazzia.

Ah giovine gentil, non ti sia grave

narrarmi del tuo duol l'alta cagione:

dimmi, amasti Giasone?

ISIFILE

Più dell'anima istessa.

MEDEA

Ti corrispose?

ISIFILE

M'adorò.

GIASONE

Che ridere.

MEDEA

L'amor passò più oltre?

ISIFILE

Al letto ei giunse.

GIASONE

Sopra gl'amori tuoi certo vaneggia.

MEDEA

Al fin godesti, amica?

ISIFILE

Giason, che 'l sa, te 'l dica.

MEDEA

Che rispondi, Giason?

GIASONE

Ciò che gl'aggrada.

ISIFILE

Forse vero non fu?

GIASONE

Ciò che tu narri è vero:

provai tra cari affetti

scambievoli diletti. (O bel pensiero.)

ISIFILE

E tra i diletti al fine,

ah non si può celar fallo sì grave,

gravida mi lasciasti.

GIASONE

Sentirai di più bello.

MEDEA

E partoristi?

ISIFILE

E quasi.

MEDEA

Come dire?

ISIFILE

Maschia gemella prole

in un sol parto alla luce io diedi.

MEDEA

Ed or, che pensi far?

ISIFILE

Seguir Giasone.

MEDEA

E lascerai il tuo natio terreno?

ISIFILE

Quant'è ch'abbandonai la patria e 'l regno!

MEDEA

Dunque regina sei?

ISIFILE

Odi novelle.

MEDEA

Più che pazza è costei.

GIASONE

Io già te 'l dissi:

è regina per certo

di gran nome e di merto.

MEDEA

Mi perdoni la vostra maestà:

venga, signora mia, passi di qua.

ISIFILE

Se per scherzo m'onori,

donna di cui non so lo stato o 'l nome,

benché racchiusa in queste umili spoglie

ti mostrerò, con tua vergogna eterna,

ch'io son regina e di Giason la moglie.

Giason: son tua, sei mio;

lassa questa vagante,

ritorna a questo sen marito e amante.

GIASONE

Non temer di mia fede;

prendi il camin, che tosto,

ov'è tirato il cor, verranne il piede.

ISIFILE

Ch'io ti lasci mai più è vanità:

mio ben, di qua, di qua.

MEDEA

Che complita regina,

della carne dell'uom ladra assassina.

Ah signor, ah madonna,

gentil è 'l vostro umor, vago lo scherzo,

ma non convien pregiudicare al terzo.

ISIFILE

Quai scherzi vai sognando,

importuna, indiscreta,

disonesta, arrogante,

impertinente, ardita,

insolente, impazzita?

MEDEA

Così va detta appunto.

ISIFILE

Giason è il mio consorte;

nell'anima m'offende

chi me 'l nega o contende,

ed io lo sfido a morte.

MEDEA

Così bizzarra? io la disfida accetto,

qua ci vedrem con l'armi;

partiam (ohimè che riso), o mio diletto.

ISIFILE

Partir senza di me, coppia nemica?

In dietro, traditor; torna, impudica.

GIASONE

Raffrenate costei. Partiamo, o cara.

ISIFILE

Indietro, o rea canaglia;

arrestar regie membra

non è forza che vaglia. Ancor tentate,

anime scelerate?

Non sol le vostre forze,

ma d'Erebo i legami

spezzerò, svellerò.

Chi non teme di morte

sa da i tartarei fondi

sbarrar le mura e diroccar le porte.

 

Isifile, Medea, Giasone ->

Segue il ballo de' Marinai.
 

Fine (Atto secondo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Campagna con capanne.

Isifile, Alinda
 

Oreste ancor non giunge

Vado di volo al porto

Isifile
Alinda ->

Alinda troppo vana

Isifile
<- Oreste

Io pur ti tocco, o lido

Son risoluto al fin, baciar la voglio

Isifile
Oreste ->

Recinto del castello del vello d'oro.

Medea, Giasone, Delfa
 

Ecco il fatal castello

Medea e Giasone
Ti lasso / Mi lassi
Giasone
Medea, Delfa ->

Per qual nuovo vigore

(s'apre la porta e comparisce il toro)

Ma già s'apre e spalanca

Giasone ->
<- Medea, Delfa

Giasone, o dio, Giasone

Medea, Delfa
<- Giasone, Ercole

Sei ferito, mio ben?

Medea, Delfa, Giasone, Ercole
<- Demo

(vien Demo osservando)

Giasone? / Io parto

Demo
Medea, Giasone, Ercole, Delfa ->

Alla nave, alla nave?

Oh, oh, sto ben così

Demo
<- Egeo

Mi chiami? / Oh signor sì

Grotte d'Eolo.

Giove, Eolo, Amore, coro di venti
 

O dell'eolie foci

Così dunque di Frisso

Coro di venti, Amore
Arditi e fieri

Giove, Eolo, anch'io

 

Seguite me che dall'eolio suolo

Porto di mare diroccato; fortunale.

Oreste, Alinda
 

Per ritrovar suo onore

Oreste
Alinda ->
Oreste
<- Demo

Soccorso, aiuto, e là

Oreste e Demo
La bella traditora

Dopo aver là bevuto

Oreste, Demo ->
<- Giasone, Medea, Besso, Ercole, argonauti, soldati, marinai

(sbarcano dalla nave d'Argo)

Giasone e Medea
Scendi, o bella

Giason, di tue vittorie

Besso
Giasone, Medea, Ercole, argonauti, soldati, marinai ->
Besso
<- Alinda

Per fare in terra un picciol paradiso

Alinda, Besso ->
<- Oreste, Giasone, Medea, soldati (marinai)

Isifile, signor, quella che in Lenno

Giasone, Medea, soldati (marinai)
Oreste ->

Come sei curiosa!

Giasone, Medea, soldati (marinai)
<- Isifile

O dio, ecco Giasone

soldati (marinai)
Isifile, Medea, Giasone ->

(ballo de' marinai)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima
Marina con veduta dell'isola di Colco. Giardino con palazzetto. Sala reale. Campagna con capanne su la foce d'Ibero. Stanza degli incanti di Medea. Campagna con capanne. Recinto del castello del vello d'oro. Grotte d'Eolo. Porto di mare diroccato; fortunale. Bosco fiorito. Notte; campagna con capanne. Valle d'Orseno. Palazzo disabitato con rovine.
Prologo Atto primo Atto terzo

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