Atto primo

 
[Sinfonia]

 N 

 

Scena prima

Giardino.
Coro misto d'Ospiti e di Giardinieri del Conte Asdrubale; indi Pacuvio; poi Fabrizio da una parte, la Baronessa Aspasia dall'altra; e finalmente donna Fulvia.

Bozzetti

 Q 

ospiti, giardinieri

 
[Introduzione I]

 N 

CORO

Non v'è del Conte Asdrubale  

più saggio cavaliere:

ha sensi e cor magnanimo,

è dolce di maniere;

e in casa sua risplendono

ricchezza e nobiltà.

Le femmine rispetta;

qui con piacer le accoglie;

ma par che poca fretta

si dia di prender moglie;

sia forte nello scegliere

la sua difficoltà.

 

<- Pacuvio

PACUVIO

(con alcuni fogli di carta spiegati in mano, e in atto di leggere)  

Attenti; ascoltate:

che rime sono queste!

CORO

(voltandogli le spalle)

Di grazia lasciate...

PACUVIO

(inseguendoli)

Io fingo che Alceste

facendo all'amore,

coll'ombra d'Arbace

ragioni così.

CORO

(come sopra)

Lasciateci in pace.

(Più gran seccatore

giammai non s'udì.)

PACUVIO

(come sopra)

«Ombretta sdegnosa

del Missipipì»...

CORO

(ironicamente)

Bellissima cosa!

(con somma impazienza)

Ma basta fin qui.

 

<- Fabrizio

PACUVIO

(veggendo a comparir Fabrizio abbandona gli altri, e va ad incontrarlo con trasporto)

Le orecchie, o Fabrizio,

ti vo' imbalsamare.

FABRIZIO

(mostrando molta fretta per liberarsene)

Per certo servizio

lasciatemi andare.

 

<- Baronessa

BARONESSA

(da un'altra parte chiamandolo)

Fabrizio...

PACUVIO

(rivolgendosi verso di lei)

Signora,

qui badi per ora:

è Alceste, che parla...

(in atto di leggere).

BARONESSA

Non voglio ascoltarla.

PACUVIO

(ora verso gli uni, ora verso gli altri)

Quest'aria allusiva

eroico-bernesca

cantar sulla piva

dovrà una fantesca

per far delle risa

gli astanti crepar.

BARONESSA, FABRIZIO E CORO

È bella e decisa,

non voglio ascoltar.

 

<- Fulvia

PACUVIO
(leggendo)

«Ombretta»...

Insieme

FULVIA

(contemporaneamente chiamandolo)

Pacuvio...

 

CORO

(volendosi dispensare)

Di grazia...

PACUVIO

(come sopra verso la Baronessa senz'avvedersi di Fulvia, che lo chiama)

«Ombretta»...

Insieme

FULVIA

Pacuvio...

 

BARONESSA

Son sazia...

PACUVIO

(come sopra verso Fabrizio)

«Ombretta»...

Insieme

FULVIA

Pacuvio...

 

FABRIZIO
(con impazienza)

Non posso.

 

BARONESSA

Ha il diavolo addosso.

FULVIA

Ma, caro Pacuvio,

badatemi un po'.

PACUVIO

Ho in petto un Vesuvio;

frenarmi non so.

BARONESSA, FABRIZIO E CORO

Da questo diluvio

si salvi chi può.

 

giardinieri, ospiti ->

Recitativo

PACUVIO
(a Fabrizio)

«Ombretta»...  

FABRIZIO

(ritirandosi)

Per pietà...

PACUVIO
(alla Baronessa)

«Sdegnosa»...

BARONESSA

Io parto,

se non tacete.

PACUVIO

(avvedendosi solamente in questo punto di donna Fulvia)

Oh! Donna Fulvia... Appunto

qui giungete a proposito: è uno squarcio

degno d'illustri orecchie.

FULVIA

Io volentieri

l'ascolterò.

PACUVIO

(alla Baronessa con enfasi accennando donna Fulvia)

Queste son donne!

BARONESSA
(con sarcasmo)

È vero:

si chiama donna Fulvia.

FULVIA
(egualmente)

È molto meno,

che Baronessa.

PACUVIO

In somma,

chi non ama il musaico, o parta o taccia.

FABRIZIO
(a donna Fulvia)

(partendo)

Mi consolo con lei.

 

Fabrizio ->

BARONESSA
(egualmente)

Buon pro vi faccia.

Baronessa ->

 

Scena seconda

Pacuvio e donna Fulvia.

 

PACUVIO

Che ignoranza maiuscola!  

FULVIA

Io suppongo

che sia malignità.

PACUVIO

Peggio per loro!

(nell'atto di tornare a spiegare il foglio)

Odi, mio bel tesoro...

FULVIA

Non dir così: sai che alla destra aspiro

del Conte.

PACUVIO

Già; ma non per genio.

FULVIA

È ricco.

PACUVIO

(sospirando)

Purtroppo! ed io...

FULVIA

Ci vuol pazienza. Avrai

a buon conto stipendio, alloggio e tavola,

quando sposa io sarò.

PACUVIO

Fa sempre onore

alle famiglie un letterato in casa.

FULVIA

Ne son persuasa.

PACUVIO

(tornando a spiegare il foglio)

Ascolta dunque...

FULVIA

Osserva

Giocondo con Macrobio.

PACUVIO

Ah! quel Giocondo

non lo posso soffrir.

FULVIA

Dunque bisogna

evitarlo.

PACUVIO

Sibbene: andiam di sopra;

anzi, per far più presto

entriamo in quella camera terrena,

dove ti recitai la prima scena.

(partono)

Pacuvio, Fulvia ->

 

Scena terza

Macrobio e il cavalier Giocondo, che si avanzano altercando insieme.

<- Macrobio, Giocondo

 
[Duetto]

 N 

MACROBIO

Mille vati al suolo io stendo    

con un colpo di giornale:

s'ella in zucca ha un po' di sale,

non ricusi il mio favor.

S

Sfondo schermo () ()

GIOCONDO

Vil timore ai versi miei

mai non fece alcun giornale:

ma una bestia come lei,

se mi loda, io ne ho rossor.

MACROBIO

Stamperò, signor Giocondo.

GIOCONDO

D'ordinario io non rispondo.

MACROBIO

Senza entrar nella materia

potrei metterla in ridicolo.

GIOCONDO

Forse allora in aria seria

rintuzzar potrei l'articolo.

MACROBIO

Rintuzzar?... cioè rispondere?

GIOCONDO

Senza dubbio, et toto pondere.

MACROBIO

Vale a dir?

GIOCONDO

Con tutto il peso.

MACROBIO

Somma grazia mi farà.

GIOCONDO

Ma in qual modo ella non sa.

MACROBIO

Che me 'l dica.

GIOCONDO

Venga qua.

 

 

Per sua regola io conosco

una semplice tisana,

che può dirsi il tocca e sana

d'ogni sesso e d'ogni età.

MACROBIO

Io credea tutt'altra cosa

da trattarsi in versi o in prosa;

né la vera in lei conosco

letteraria nobiltà.

 

GIOCONDO

(senza scaldarsi)

Io vo' far quel che mi piace.

MACROBIO

(con fuoco)

Patti chiari: o guerra, o pace.

GIOCONDO

(deridendolo)

Più bel pazzo non si dà.

MACROBIO

(come sopra)

Guerra vuole, e guerra avrà.

GIOCONDO

(con disprezzo)

Voi siete un uom da niente.

MACROBIO

Ma guai se aguzzo il dente.

GIOCONDO

(cominciando a scaldarsi)

Aborto di natura.

MACROBIO

(in aria derisoria)

Ma stampo e fo paura.

GIOCONDO

(con fuoco)

Hai spalle da bastone.

MACROBIO

Ho un becco da falcone.

GIOCONDO

(con molto sdegno)

È un vile omai chi tollera

la tua temerità.

MACROBIO

(deridendolo)

Non vada tanto in collera,

che insuperbir mi fa.

 
Recitativo

 

Signor Giocondo, io vedo  

ch'ella vuol guerra, e guerra avrà.

GIOCONDO

Né guerra

voglio con voi, né pace.

MACROBIO

Il mio giornale...

GIOCONDO

Ha molta fame.

MACROBIO

I letterari articoli...

GIOCONDO

Io non compro all'incanto.

MACROBIO

Orsù, parliamo.

Di cose allegre. Il Conte

è vostro amico.

GIOCONDO

Ebben?

MACROBIO

Dunque saprete

a qual di queste vedove la destra

ei porgerà.

GIOCONDO

Che importa a voi?

MACROBIO

Saperlo

mi giova.

GIOCONDO

Ed io non cerco mai, né svelo

i fatti altrui.

MACROBIO

La marchesina, io credo,

trionferà.

GIOCONDO

(sospirando di soppiatto)

(Pur troppo

lo temo anch'io!)

MACROBIO

(osservandolo)

(Par che sospiri.) Un colpo

sarebbe questo al vostro cor.

GIOCONDO

Che dici?

al mio cor? tu deliri.

MACROBIO

Eh, via, che serve

farne un mistero? Ella vi piace...

GIOCONDO

(interrompendolo con sommo impeto)

In somma,

vuoi tu finirla, o no?

MACROBIO

(con affettata commiserazione)

Sa il ciel, se i vostri

non corrisposti affetti io compatisco!

GIOCONDO

Quando teco questiono, io m'avvilisco.

(partono per bande opposte)

Macrobio, Giocondo ->

 

Scena quarta

La marchesa Clarice, cui di dentro risponde il Conte Asdrubale ad imitazione dell'eco.

<- Clarice

 

CLARICE

Quel dirmi, oh dio! non t'amo...  

CONTE

T'amo.

(Clarice manifesta la sua sorpresa)

CLARICE

Pietà di te non sento...

CONTE

Sento.

CLARICE

(È il Conte... ah! sì... proviamo

se mi risponde ancor.)

È pena tal, ch'io bramo...

CONTE

Bramo...

CLARICE

Che alfin m'uccida amor.

CONTE

Amor.

CLARICE

Al fiero mio tormento...

CONTE

Mento...

CLARICE

Deh! ceda il tuo rigor.

CONTE

Rigor.

 
[Cavatina]

 N 

CLARICE

Eco pietosa...  

(tendendo l'orecchio)

Su queste sponde...

(come sopra)

(più non risponde)

tu sei la sola,

che mi consola

nel mio dolor.

 
Recitativo

 

Quella che l'eco mi facea, del Conte  

era certo la voce: ei con quest'arte

si scoperse abbastanza.

«Amo, sento», egli disse, e «bramo amore»;

e quel che assai più val, «mento rigore».

La Baronessa e donna Fulvia invano

gareggiano con me,

seppur non c'infinocchia tutte e tre.

Questo non crederei. Là fra quei rami,

per meglio assicurarmi

degli andamenti suoi, vado a celarmi.

(parte)

Clarice ->

 

Scena quinta

Il Conte Asdrubale solo, osservando se la marchesa Clarice è partita.

<- Conte

 
[Cavatina]

 N 

Se di certo io non sapessi  

che la donna è ingannatrice,

i lamenti di Clarice

mi farebbero pietà.

Pietà? pietà?... spropositi;

dove mi va la testa?

guai, se a pietà mi desta!

son fritto, come va.

Ah! non sedurmi, amore;

è giusto il mio rigore:

ah! non fia ver che in femmina

io sogni fedeltà.

 
Recitativo

 

Di me stupisce ognun, perché, malgrado

i sei lustri d'età quasi compiti,

non entro nella classe de' mariti;

tanto più che son ricco.

Tanto meno io direi: son le ricchezze

della stima e del genio

tiranne antiche. Allo splendor dell'oro

bello si crede, o d'allettar capace,

quel ch'è brutto in essenza o che non piace.

Molte mi dan la caccia, e sopra ogni altra

quelle tre vedovelle: io mi diverto

della lor gelosia; ma qual poi d'esse

me solo apprezzi, e non la mia fortuna,

chi lo può indovinar? forse nessuna.

(in atto di partire)

 

Scena sesta

La marchesa Clarice e detto.

<- Clarice

 

CLARICE

(con brio ed aria di semplicità)  

Conte, udite.

CONTE

In che posso,

marchesina, ubbidirvi?

CLARICE

Io saper bramo

se l'eco è maschio o femmina. Ridete?

CONTE

(O finge, o è molto semplice.) Non altro,

che nuda voce ripercossa è l'eco.

CLARICE

Cammina o no?

CONTE

No certo.

CLARICE

Eppur poc'anzi

era là.

CONTE

La vedeste?

CLARICE

Non lo vidi;

ma l'ascoltai, ma mi rispose... Oh caro!

caro... se fosse femmina,

ne avrei dispetto.

CONTE

(Il mio maggior periglio

è costei, quando parla.)

CLARICE

(Ei va le cose

ruminando fra sé.)

CONTE

Dunque rispose?

CLARICE

E come bene!

CONTE

Ed ora?

CLARICE

Ed ora... ed ora.

O dorme, o di parlar non ha più voglia,

come accade anche a noi.

CONTE

Questo alle donne

non accade giammai.

CLARICE

No? tanto meglio!

CONTE

Perché?

CLARICE

(quasi vergognandosi, ma sempre col medesimo brio e semplicità)

Perché vorrei... che l'eco fosse...

che fosse...

CONTE

Ebben?

CLARICE

(manifestando rossore come prima)

Che fosse maschio... e poi!...

E poi...

CONTE

(facendole coraggio)

Via su.

CLARICE

Che somigliasse a voi.

 
[Duetto]

 N 

 

Conte mio, se l'eco avesse  

tutto quel che avete voi,

io godrei fra le contesse

la maggior felicità.

CONTE

Io dell'eco avrei paura,

s'ella fosse come voi;

ché la fede è mal sicura

dove regna la beltà.

CLARICE

Ah! se un altro rispondesse,

come l'eco a me rispose!...

CONTE

Per esempio?

CLARICE

Certe cose...

Conte mio, non posso più.

CONTE

Via, sentiam, via dite su.

CLARICE

Mi disse che m'ama.

CONTE

Ma forse per giuoco.

CLARICE

Mi disse che brama...

CONTE

Spiegatevi.

CLARICE

Amor

mi disse che sente,

che mente rigor.

CONTE

Son prove da niente,

che ingannano un cor.

CLARICE

(Che mi creda la fenice

del mio sesso, io non dispero.)

CONTE

(Che sia questa la fenice

del suo sesso, io non lo spero.)

CLARICE E CONTE

(Quel che avvolga nel pensiero,

presto o più tardi io scoprirò.)

 

CONTE

Vi saluto.

CLARICE

Addio, contino.

CONTE

(Non mi fido.)

CLARICE

(Ha l'occhio fino.)

CONTE

Ricordatevi che l'eco

ha l'usanza di scherzar.

CLARICE

Se l'avessi sempre meco,

mi farebbe giubilar.

(partono)

Clarice, Conte ->

 

Scena settima

Macrobio e la Baronessa.

<- Macrobio, Baronessa

 
Recitativo

MACROBIO

Siete pur bella! ed io sarei felice,  

se foste anche pietosa.

BARONESSA

In primo luogo

non so se a me, che sono

vedova d'un Baron, la man convenga

d'un giornalista.

MACROBIO

In quanto a questo io credo

di star bene in bilancia: il mio talento...

BARONESSA

Eppoi...

MACROBIO

Capisco; il Conte...

BARONESSA

Il Conte è ricco

e sarebbe al mio caso.

MACROBIO

Ebben, se mai...

BARONESSA

Se mai col Conte non facessi niente...

MACROBIO

In ogni modo vi farò il servente.

BARONESSA

O servente, o marito: anzi, sin d'ora

mio servente sarai.

MACROBIO

L'offerta accetto.

BARONESSA

Se far potessi al Conte

con questo mezzo un po' di gelosia...

MACROBIO

Ma...

BARONESSA

Ricca io diverrò; sarai contento.

MACROBIO

Ricca, quest'è il miglior d'ogni argomento.

(partono)

Macrobio, Baronessa ->

 

Scena ottava

Donna Fulvia, indi Pacuvio.

<- Fulvia

 

FULVIA

Dove mai si cacciò? la rosa al Conte  

io vorrei presentar: ma se Pacuvio...

Eccolo; ebben?

 

<- Pacuvio

PACUVIO

Già la sestina è fatta;

e che sestina! il Conte

le ciglia inarcherà.

FULVIA

Questa è la rosa.

PACUVIO

Bella!

FULVIA

Sentiam.

PACUVIO

No; prima

voglio farvi sentir come ho cambiata

l'aria che poco fa vi ho recitata.

FULVIA

Forse non vi piacea?

PACUVIO

Quand'è ch'io faccia

cosa che non mi piaccia?

FULVIA

Perché dunque?...

PACUVIO

Ascoltate

come una lingua patetica e burlesca

parli all'ombra del mago una fantesca.

 
[Aria]

 N 

«Ombretta sdegnosa    

del Missipipì,

non far la ritrosa,

ma resta un po' qui.»

«Non posso, non voglio,»

l'ombretta risponde:

«son triglia di scoglio,

ti basti così.»

E l'altro ripiglia:

«Sei luccio, non triglia.»

Qui nasce un insieme:

chi piange, chi freme.

Fantesca - «Sei luccio.»

Ombretta - «Son triglia.»

Fantesca - «Ma resta.»

Ombretta - «Ti basti,

ti basti, t'arresta,

non dirmi così.»

(in atto di partire)

S

Sfondo schermo () ()

 
Recitativo

FULVIA

(seguendolo)  

Bravo, bravo, bravissimo!

PACUVIO

(retrocedendo)

Eh... che dici?

di quel «Missipipì»?... pipì... pipì...

quel mi basta così?... quel contrapposto

fra luccio e triglia non t'incanta?

FULVIA

È vero.

PACUVIO

Bizzarria di pensiero,

sorpresa, novità...

FULVIA
(a Pacuvio)

Il Conte appunto è qua.

 

Scena nona

Il Conte, pensoso, avanzandosi lentamente, e detti.

<- Conte

 

CONTE

(In favor di Clarice  

mi parla il cor; ma consiglier non saggio

egli è sovente. Or si vedrà.)

(in atto di attraversare il giardino)

PACUVIO
(a Fulvia)

Coraggio.

FULVIA
(al Conte)

Serva sua.

CONTE

Mia padrona.

PACUVIO
(al medesimo)

A voi s'inchina

il pindarico.

CONTE
(a Pacuvio)

Addio.

PACUVIO
(a Fulvia)

Fuori la rosa.

(prima al Conte, ch'è in atto di partire, poi a Fulvia con impazienza)

Un momentin... Fuori la rosa.

FULVIA

Aspetta.

PACUVIO
(come sopra)

Fuori la rosa, o recito.

FULVIA

Che fretta!

CONTE

(Sarà qualcuna delle sue.)

FULVIA

(vuol presentar la rosa al Conte)

Scusate...

PACUVIO

Zitto per or: voi state

ferma così, di presentarla in atto.

CONTE

(È un vero ciarlatan, ma sciocco e matto.)

PACUVIO

Parlo in terza persona.

(mettendosi fra il Conte e donna Fulvia, che sta in atto di presentar la rosa)

«Io v'offro in questa rosa spampanata

la mia lacera, stanca e pelagrosa

alma, che sul finir di sua giornata

dir non saprei se sia gramigna o rosa.»

Genere petrarchesco.

CONTE

In quanto a me lo chiamerei grottesco.

PACUVIO

(prima al Conte, poi a donna Fulvia)

Anche. Or date la rosa.

FULVIA

Eccola.

CONTE

Grazie.

PACUVIO

Agli ultimi due versi.

«L'ho raccolta per voi di proprio pugno:

e quando? nel maggior caldo di giugno.»

CONTE

Ora siamo in aprile.

PACUVIO

Non importa.

In grazia della rima un cronichismo

di due mesi è permesso:

Virgilio somaron facea lo stesso.

CONTE

Ah, ah, ah... cronichismo... ah, ah... Virgilio...

Virgilio somaron... (Quanti spropositi!)

Ah, ah, ah...

PACUVIO

(a Fulvia, ch'è restata attonita)

Lo vedete? a' versi miei

mai non manca un effetto.

CONTE

(appoggiandosi ad una pianta)

Oh dio! non posso più.

PACUVIO

(a Fulvia che si stringe nelle spalle, conducendola via)

Non ve l'ho detto?

Pacuvio, Fulvia ->

 

Scena decima

Fabrizio e il Conte.

<- Fabrizio

 

FABRIZIO

Eccomi a' vostri cenni.  

CONTE

Orsù, Fabrizio:

per la seconda volta oggi la pietra

del paragone si adoperi; ad effetto

pongasi quel progetto

che immaginai.

FABRIZIO

Sibbene.

CONTE

All'africana

mi vestirò.

FABRIZIO

Da lungo tempo è pronto

l'abito nell'armadio.

CONTE

Ecco il biglietto

da rimettersi a me per dar principio

alla burletta.

FABRIZIO

Ho inteso.

CONTE

A te poi tocca

il secondar da scaltro...

FABRIZIO

Già so quel che ho da far; non occorr'altro.

 
(il Conte parte)

Conte ->

 

Scena undicesima

Fabrizio solo.

 

 

Uomo più singolar del mio padrone  

non conobbi finor. Son dodici anni

che ho l'onor di servirlo e sempre ho visto

vaghezza in lui di matrimonio. Intanto

a forza di riflettere

che la scelta è difficile; che il genio

è sempre incerto; e che il femmineo sesso

osserva men, quando promette assai,

invecchierà senz'ammogliarsi mai.

(parte)

Fabrizio ->

 
 

Scena dodicesima

Stanze terrene contigue al giardino.
Giocondo e Clarice, poi Macrobio, indi il Conte.

 Q 

Giocondo, Clarice

 
Recitativo

GIOCONDO

Perché sì mesta?  

CLARICE

Il mio gemello, il caro

Lucindo, ad or ad or mi torna in mente.

(Giocondo la sta intanto osservando con meraviglia e passione)

CLARICE

(Questo gemel sovente

mi giova nominar: forse partito

io ne trarrò, se ogni altro mezzo è vano.)

GIOCONDO

Strana, scusate, in voi questa mi sembra

tenerezza fraterna: da fanciulli

vi divideste, e fu per sempre: estinto

da sett'anni il credete... eh marchesina...

altra...

CLARICE

(con qualche risentimento)

Che dir vorreste?

GIOCONDO

Altra, io suppongo,

più vicina sorgente ha il vostr'affanno.

Il Conte a voi sì caro...

mio rivale ed amico... il sempre incerto

Conte... Ah! Clarice... ah! se potessi anch'io

le vostre cure meritar!...

(Clarice si mette in serietà)

GIOCONDO

Ma troppo

e voi rispetto e l'amistà.

 

<- Macrobio

(al comparir di Macrobio, Clarice prende un aspetto ilare)

MACROBIO

Se avessi  

cinquanta teste e cento mani appena

potrei de' concorrenti al mio giornale

appagar le richieste.

GIOCONDO

In quanto a me sareste

sempre ozioso.

CLARICE
(con brio)

Come?

Al cavalier la critica non piace?

GIOCONDO

Anzi la bramo, e i giornalisti apprezzo,

sensati, imparziali,

e non usi a lordar venali fogli

d'insulsi motti e di maniere basse:

ma non entra Macrobio in questa classe.

 

<- Conte

CONTE
(in aria gioiosa)

Che si fa? che si dice?  

MACROBIO

Si discorre

di critica.

CONTE

Io vorrei che i giornalisti

quando sull'opre altrui sentenza danno

dicessero il perché.

GIOCONDO

Pochi lo sanno:

per esempio Macrobio...

CLARICE
(al cavalier Giocondo ed al Conte)

Eppur, signori,

sotto diverso aspetto

quello che fa Macrobio sul giornale

fate voi tutti e due.

MACROBIO

(a Clarice manifestando piacere della opinione di lei)

Brava! ci ho gusto!

CLARICE

L'usanza di operar senza un perché

non ha Macrobio sol, ma tutti e tre.

CONTE

Come?

GIOCONDO

Che dite mai?

CLARICE

Lo dico, e sono

prontissima a provarlo:

zitto... fate silenzio infin ch'io parlo.

 
[Quartetto]

 N 

 

(al Conte)  

Voi volete, e non volete;

(al cavalier Giocondo)

voi tacete o sospirate:

(a Macrobio)

voi lodate o biasimate:

e ciascun senza un perché.

CONTE

Con le donne, o signorina,

star bisogna molto all'erta

se quest'alma è sempre incerta,

ho pur troppo il mio perché.

GIOCONDO

Con la sorte, o signorina,

giorno e notte invan m'adiro:

e se taccio e se sospiro,

ho pur troppo il mio perché.

MACROBIO

Con la fame, o signorina,

io non posso andar d'accordo:

quando lecco e quando mordo,

ho pur troppo il mio perché.

CLARICE

Se ho da dirl'a senso mio,

siete pazzi tutti e tre.

GIOCONDO, MACROBIO E CONTE

Fra i perché senz'altro il mio

è il miglior d'ogni perché.

CLARICE, GIOCONDO, MACROBIO E CONTE

Ogni cosa, o male o bene,

a sua voglia il mondo aggira:

chi lo prende come viene,

l'indovina per mia fé.

 
(comparisce Fabrizio, che consegna il biglietto al Conte; questi l'apre, e leggendolo finge di turbarsi)

<- Fabrizio

Fabrizio ->

 

CONTE

(Per compire il gran disegno

mesto in fronte io leggo il foglio:

poi con arte il mio cordoglio

fingerò di mascherar.)

Insieme

CLARICE, GIOCONDO E MACROBIO

(ciascun da sé osservando il Conte)

Si scolora, è questo un segno

che funesto è a lui quel foglio:

ci sogguarda, e il suo cordoglio

tenta invan di mascherar.)

 

GIOCONDO
(al Conte)

Perché mai così tremante?

CONTE

(fingendo una forzata disinvoltura per darla meglio ad intendere)

Io già m'altero per niente.

CLARICE
(al medesimo)

Che vuol dir quel tuo sembiante?

MACROBIO
(al medesimo)

Qualche articolo insolente?

CONTE

(con forza, e poi ricomponendosi)

Stelle inique!

CLARICE

Ah! Conte amato...

CONTE

(come sopra)

Qual disastro!

GIOCONDO

Ah! caro amico...

CONTE

(come sopra)

Giusti dèi!

MACROBIO

Che cosa è stato?

CONTE

Non badate a quel che dico

io di voi mi prendo gioco.

CLARICE, GIOCONDO E MACROBIO

Non intendo questo gioco.

CONTE

Il più bello non si dà.

CLARICE, GIOCONDO E MACROBIO

Il più strambo non si dà.

CLARICE

(Io ravviso in quell'aspetto

del destin la crudeltà.)

GIOCONDO

(Di paura e di sospetto

il mio cor tremando va.)

MACROBIO

(Lacerar mi sento il petto

dalla mia curiosità.)

CONTE

(La comparsa del viglietto

al disegno gioverà.)

(Dal timor del mio periglio

imbrogliata han già la testa:

or più dubbio non mi resta

di poterli trappolar.)

CLARICE, GIOCONDO E MACROBIO

Ha il terror fra ciglio e ciglio:

incomincia e poi s'arresta:

calma finge e la tempesta

lo costringe a palpitar.

 
(partono)

Clarice, Conte, Giocondo, Macrobio ->

 

Scena tredicesima

Pacuvio e donna Fulvia; indi la Baronessa.

<- Pacuvio, Fulvia

 
Recitativo

PACUVIO

Ma che sestina! che sestina! io penso  

d'esibirla a Macrobio: il suo giornale

concetto acquisterà.

FULVIA

(in aria dubitativa)

Sarà bellissima,

ma...

PACUVIO

(con impazienza e dispetto)

Ma che?

FULVIA

Non capisco

perché il Conte ridea.

PACUVIO

Quando si ride

è segno che si gode. Io faccio ridere

quando voglio; e in quest'arte non la cedo

neppure all'inventor della Riseide,

ch'è stimato il miglior dopo l'Eneide.

 

<- Baronessa

BARONESSA

(guardando all'intorno senza badare a Pacuvio e a donna Fulvia)  

Invan lo cerco...

PACUVIO

(andandole incontro)

Ah! Baronessa, udite...

BARONESSA

No; piuttosto mi dite ove Macrobio

trovar potrei.

PACUVIO

Ne vado in traccia io stesso

per far la sua fortuna. Appunto... adesso...

(mettendo fuori l'orologio)

son dieci ore passate:

qui lo conduco subito, aspettate.

(parte in fretta)

Pacuvio ->

 

Scena quattordicesima

La Baronessa e donna Fulvia; indi Pacuvio di ritorno con Macrobio.

 

BARONESSA

Come va, donna Fulvia? mi sembrate  

alquanto malinconica.

FULVIA

Io? no certo:

anzi sono allegrissima. (Vorrebbe

scoprir terreno.) E voi mia cara, siete

di buon umore?

BARONESSA

Altro che buono! eppoi

mi si conosce in fronte.

FULVIA

(Che rabbia!)

BARONESSA

(Freme.)

FULVIA

Avete visto il Conte?

BARONESSA

(Oh! qui mi cascò l'asino.)

L'ho visto poco fa.

FULVIA

Sì? che vi disse?

BARONESSA

Se l'aveste ascoltato! era galante

oltre il costume.

FULVIA

(Ah maledetto!) Io sempre

l'ho trovato così: gentile, ameno...

 

<- Macrobio, Pacuvio

MACROBIO
(a Pacuvio)

Non ho tempo, non posso; e il foglio è pieno:  

la volete capir? M'inchino a queste

leggiadrissime dame.

BARONESSA

Io vi cercava

per andare al passeggio.

PACUVIO
(con enfasi)

È una sestina,

da stamparsi, o Macrobio, in carta pegola.

BARONESSA

(ridendo di Pacuvio)

Ah, ah, ah...

FULVIA

(Che pettegola!

di tutto ride.)

MACROBIO
(a Pacuvio che insiste)

È inutile: ho due cento

articoli pro e contra preparati,

che in sei mesi saran già consumati.

(Ora ad esso, ora alle altre.)

Son tanti i virtuosi

e di ballo, e di musica, clienti

del mio giornal, che diverrà frappoco

l'unico al mondo. Infatti figuratevi

d'essere in casa mia. Questo è il mio studio:

qui ricevo; e frattanto

nel cortil, per le scale, in anticamera,

un non so qual, come di mosche o pecchie,

strano ronzio si ascolta:

piano, piano, signori; un po' per volta.

 
[Aria]

 N 

Chi è colei che s'avvicina?  

È una prima ballerina.

(finge che la ballerina parli ella stessa)

«Sul Teatro di Lugano

gran furor nel Solimano

(finge di prendere del denaro)

Mille grazie; siamo intesi;

il giornal ne parlerà.

Vien la mamma sola, sola.

(come sopra)

«Nel Traiano alla Fenice

gran furor la mia figliola!»

(come sopra)

Mille grazie; siamo intesi:

il giornal ne parlerà.

La Fiammetta col fratello,

altra prima sul cartello.

(come sopra)

Mille grazie; siamo intesi:

il giornal ne parlerà.

Ma la folla già s'accresce;

tutti udir non mi riesce.

Virtuosi d'ogni razza,

che ritornano alla piazza,

bassi, musici e tenori,

pappagalli e protettori:

osservate che scompiglio!

che bisbiglio qui si fa!

Largo, largo... ecco il maestro,

il maestro don Pelagio:

baci, amplessi... adagio, adagio...

ma chi è mai quest'altro qua?

È il poeta Faccia Fresca,

che non sa quel che si pesca.

Quante ciarle! Sì, signore,

voi farete un gran furore:

questa musica è divina:

più bel dramma non si dà.

Il poeta con le carte...

Il maestro con la parte...

Giusti dèi! che assedio è questo:

chi mi salva per pietà?

(parte con la Baronessa)

Macrobio, Baronessa ->

 
Recitativo

PACUVIO

Trovar saprò ben io  

qualch'altro giornalista, che abbia a cuore

il suo guadagno sì, ma più l'onore.

(parte con Fulvia)

Pacuvio, Fulvia ->

 
 

Scena quindicesima

Giardino, come sopra.
Coro di Giardinieri, che parte immediatamente. Poi la marchesa Clarice, che si allontana con modestia dal cavalier Giocondo; indi Macrobio; finalmente la Baronessa e donna Fulvia.

 Q 

giardinieri

 
[Coro]

 N 

CORO

Il Conte Asdrubale  

dolente e squallido

nella sua camera

si ritirò.

Forse il più barbaro

fra tutti gli astri

disastri insoliti

gli minacciò.

(parte)

giardinieri ->

 

<- Clarice, Giocondo

Recitativo

GIOCONDO

Perché fuggir? di che temete?  

CLARICE

Io temo

d'insuperbir, quando vi ascolto.

GIOCONDO

Ed io

da così giuste lodi

astenermi non so.

CLARICE

Se giuste sono,

ve 'l dica il mio rossor.

 

<- Macrobio

MACROBIO

(avanzandosi)  

(Bravi! si finga

di non vederli.)

GIOCONDO
(a Clarice)

Il labbro

uso a mentir non ebbi mai.

MACROBIO

(ad alta voce e fingendo di non aver veduti gli altri due)

Fra queste

ombrose amiche piante alla memoria

io mi reco la storia,

vale a dire il famoso

contrabbando amoroso

di Medoro e d'Angelica.

GIOCONDO
(a Clarice)

Costui

metaforicamente ci canzona.

CLARICE
(a Giocondo)

Senz'altro: io partirò.

GIOCONDO
(a Clarice)

Siete pur buona!

anzi restar dovete.

MACROBIO

(rinforzando la voce e guardando verso il di dentro della scena)

Il conte...

CLARICE E GIOCONDO

(intimoriti, credendo che comparisse il Conte Asdrubale)

Il Conte?

MACROBIO

(Oh che paura!) Il conte Orlando...

CLARICE

(Respiro!)

GIOCONDO

(Lode al ciel!)

MACROBIO

...va intorno errando:

e Angelica e Medoro

in barba sua parlan così fra loro.

 
[Finale I - I]

 N 

CLARICE E GIOCONDO

Su queste piante incisi  

i nostri nomi stanno:

anch'esse apprenderanno

d'amore a palpitar.

(Macrobio finge di vederli allora per la prima volta)

GIOCONDO

(a Macrobio scoprendosi)

Io so, signor mio caro,

di chi parlar s'intende.

CLARICE

Il suo discorso è chiaro,

ma sciocco, e non mi offende.

MACROBIO

(agli altri due sempre con allusione e sarcasmo)

Angelica e Medoro,

che vanno amoreggiando...

Povero conte Orlando!

impazza per mia fé.

CLARICE E GIOCONDO
(a Macrobio)

Angelica e Medoro...

amor di contrabbando...

son cose che sognando

tu vai così fra te.

 
(Macrobio parte; Clarice e Giocondo in atto di partire)

Macrobio ->

<- Baronessa, Fulvia

 
[Finale I - II]

 N 

(con affanno; gli altri due retrocedono)

BARONESSA E FULVIA

Oh caso orribile!  

Caso incredibile!

Il Conte Asdrubale

tutto perdé.

CLARICE E GIOCONDO
(con sorpresa)

Come? cioè?

BARONESSA

Guai, se consorte

mi fosse stato!

FULVIA

Per buona sorte

non mi ha sposato.

BARONESSA E FULVIA

Oh che disordine!

Son fuor di me!

CLARICE E GIOCONDO

Via su, con ordine

meglio spiegatevi.

BARONESSA E FULVIA

(in atto di partire)

Qui torno subito...

CLARICE E GIOCONDO

(trattenendole)

Ma in grazia diteci,

che nuova c'è.

BARONESSA E FULVIA

Vado ad intendere

meglio il perché.

(partono)

Baronessa, Fulvia ->

 

Scena sedicesima

Macrobio di ritorno, indi Pacuvio dal lato opposto a detti, che nell'atto di partire s'incontrano in Macrobio.

<- Macrobio

 

MACROBIO

Altro che ridere  

su i nostri fatti!

È qui Lisimaco

castigamatti;

e mostra un vaglia

di sei milioni,

che in Sinigaglia

da un tal Piloni

fu sottoscritto

cent'anni fa.

CLARICE E GIOCONDO

Di questa favola

capisco poco.

 

<- Pacuvio

PACUVIO

(agitatissimo)

Non v'è più tavola,

non v'è più cuoco.

MACROBIO

Il creditore

per farsi onore

alla sua mensa

c'inviterà.

CLARICE

(interrogando gli altri due)

Ma la sua patria?...

GIOCONDO

La condizione?

CLARICE E GIOCONDO

Ma donde viene?

PACUVIO

Vien dal Giappone.

MACROBIO
(a Pacuvio)

Voi fate sbaglio,

dal Canadà.

PACUVIO

Egli è un turchesco

della Brettagna.

MACROBIO

Anzi un tedesco,

nato in Bevagna.

CLARICE E GIOCONDO

Che pezzi d'asini!

Regga chi vuole;

son più i spropositi,

che le parole:

mi fate stomaco

per verità.

(partono in fretta)

Clarice, Giocondo ->

 

Scena diciassettesima

Detti; poi la Baronessa e donna Fulvia; indi il Conte Asdrubale travestito con alcuni Servi e Marinari vestiti nel medesimo costume. Notaio con altri che si fingono gente della Corte di giustizia, e Fabrizio che simula un'estrema afflizione.

 

PACUVIO

(verso i due che son partiti)  

A me? cospetto!

MACROBIO

A me? per Bacco!

MACROBIO E PACUVIO

(rimproverandosi l'un l'altro)

Per vostra colpa

soffro uno smacco.

PACUVIO

So quel che dico.

MACROBIO

Non sono un cavolo.

BARONESSA E FULVIA

(in fretta)

Ecco l'amico;

(agli altri due)

non fate strepito,

o tutti al diavolo

ci manderà.

<- Baronessa, Fulvia

MACROBIO E PACUVIO

(l'uno all'altro)

Chi prenda equivoco,

or si vedrà.

 

<- Conte, Fabrizio, servi, marinari, notaio, gente di giustizia

CONTE
(a Fabrizio)

Lui star conta, io star mercanta,    

ti star furba, e lui birbanta.

S

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

Dice bene.

CONTE

(al medesimo)

Oh che canaglia!

(mostrando un foglio logoro dal tempo)

Qui star vaglia.

PACUVIO

(dopo averlo guardato)

Sei milioni!

BARONESSA, FULVIA E MACROBIO

Bagattella!

CONTE

(a Fabrizio)

Che bricconi!

(al medesimo)

Se trovara controvaglia,

mi far vela per Morea.

FABRIZIO

(tutto mesto)

Non trovara.

CONTE

Scamonéa

tua poltrona resterà.

MACROBIO

Parla proprio in lingua etrusca.

CONTE

Mi mangiara molta crusca.

MACROBIO

Si conosce.

CONTE

Baccalà.

Tambelloni Kaimacacchi.

MACROBIO

(Che mai dice?)

BARONESSA, FULVIA E PACUVIO

(Non intendo.)

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

Mille grazie.

CONTE

Baccalà.

FABRIZIO

(Li canzona come va.)

CONTE
(a Fabrizio)

Non aprira più portona,

o tua testa andar pedona.

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

(Che vuol dir questa canzona?)

CONTE

Sequestrara...

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

Adagio un po'.

CONTE

Sigillara...

BARONESSA E FULVIA

E le mie cose?

CONTE

Sigillara.

MACROBIO

E i manoscritti?

PACUVIO

I miei drammi?

MACROBIO

Le mie prose?

CONTE

Sigillara.

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

In quanto a noi...

CONTE

Sigillara.

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

Oh questo no!

FABRIZIO

(al Conte sempre con simulata insistenza)

Ubbidirò.

MACROBIO
(al Conte)

Mi far critica giornala

che aver fama in ogni loco;

né il potera ritardar.

CONTE

Manco mala! manco mala!

Ti lasciara almen per poco

il buon senso respirar.

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

Sigillate pure al Conte

bocca, naso, e che so io;

ma, cospetto! quel ch'è mio

lo dovete rispettar.

CONTE

Quanti stara, a modo mio

mi volera sigillar.

FABRIZIO

(Che hanno il cor perverso e rio,

più non v'è da dubitar.)

 
 

Scena diciottesima

Cortile interno in casa del Conte.
Clarice sola; indi il Conte e Giocondo non veduti da lei, come essa non veduta da loro; poi Macrobio e Pacuvio, la Baronessa e donna Fulvia.

 Q 

Clarice

 
[Finale I - III]

 N 

CLARICE

Non serve a vil politica  

chi vanta un cor fedele:

quando la sorte è critica,

l'onor non volta vele:

eppoi nessun mi dice,

ch'ella non può cangiar.

(intanto comparisce il Conte nei suoi propri abiti fingendo mestizia, e il cavalier Giocondo, che di buona fede lo conforta)

<- Conte, Giocondo

 
(fra loro)

CONTE

(Lasciate un infelice,

vicino a naufragar.)

GIOCONDO

(Alla virtù non lice

gli oppressi abbandonar.)

CLARICE, CONTE E GIOCONDO

(il Conte e Giocondo fra loro alquanto indietro e Clarice da sé)

(Del paragon la pietra

sono i contrari eventi:

nei giorni più ridenti

più dubbia è l'amistà.)

 

<- Macrobio, Pacuvio, Baronessa, Fulvia

[Finale I - IV]

 N 

MACROBIO E PACUVIO

(in aria di scherno)

Marchesina...  

BARONESSA E FULVIA

Contessina...

(il Conte e Giocondo osservano in disparte)

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

Mi consolo, e a voi mi prostro:

ora il Conte è tutto vostro.

CLARICE

(con disinvoltura e brio)

Tanto meglio!

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

(come sopra)

Già si sa.

GIOCONDO
(al Conte)

Li vedete? gli ascoltate?

CONTE
(a Giocondo)

Ci vuol flemma.

CLARICE

(come sopra)

Canzonate.

MACROBIO E PACUVIO

(come sopra)

Che fortuna!

CLARICE

(come sopra)

Io sono in ballo;

bene o mal si ballerà.

(avanzandosi con Giocondo e scoprendosi)

CONTE

Cari amici, or che il destino

mi privò d'ogni sostanza,

qual voi date a me speranza

di soccorso e di favor?

(ciascuno gli fa la sua offerta)

MACROBIO

Un articolo sul foglio.

PACUVIO

Una flebile elegia.

BARONESSA E FULVIA

(stringendosi nelle spalle)

Non saprei...

GIOCONDO

(con franchezza e cordialità)

La casa mia.

CLARICE

(con vivacità e dolcezza)

La mia man, l'entrata e il cor.

MACROBIO E PACUVIO

(fra loro guardando il Conte, ed allontanandosi da lui)

(Scappa, scappa...)

BARONESSA E FULVIA

(egualmente)

(Oh com'è brutto!)

GIOCONDO
(al Conte)

Osservate.

MACROBIO E PACUVIO

(come sopra)

(È cosa seria.)

CLARICE, CONTE E GIOCONDO

(fra loro)

(Dove regna la miseria

tutto è noia e tutto è orror.)

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

(Meglio assai nella miseria

si distingue un seccator.)

 

Scena ultima

Fabrizio con un antico foglio in mano, saltando per l'allegrezza; coro d'Ospiti e Giardinieri del Conte egualmente lieti, e detti.

<- Fabrizio, ospiti, giardinieri

 
[Finale I - V]

 N 

FABRIZIO E CORO

Viva, viva!  

FABRIZIO

In un cantone

d'un armadio abbandonato,

fra la polve...

CONTE

(interrompendolo con impazienza)

L'hai trovato?

FABRIZIO

L'ho trovato...

(sorpresa comune)

CONTE

(come sopra)

Il controvaglia?

FABRIZIO E CORO

Legga, legga.

CONTE

(abbracciando Fabrizio)

Uh! benedetto!

CLARICE E GIOCONDO

(con vera cordialità)

Oh che gioia!

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

(attorniando il Conte con affettata compiacenza)

Oh che diletto!

CLARICE E GIOCONDO

(fra loro accennandosi gli altri quattro)

Come cambiano d'aspetto!

BARONESSA E FULVIA

Il mio cor l'avea predetto.

CONTE

In momenti sì felici...

(fingendo di svenire)

ah! ch'io manco... ah! dove sono?...

MACROBIO E PACUVIO

(volendo sostenerlo)

Fra le braccia degli amici.

BARONESSA E FULVIA

(avvicinandosi anch'esse)

Poverino!

CLARICE E GIOCONDO

(respingendoli e sostenendo il Conte)

Eh, andate là.

 

TUTTI

Qual chi dorme e in sogno crede

di veder quel che non vede,

se uno strepito improvviso

tronca il sonno, egli è indeciso

nel contrasto delle vere

colle immagini primiere...

Fra la calma e la tempesta

corre, vola e poi s'arresta...

tal son io col mio cervello

fra l'incudine e il martello

sbalordito, sbigottito,

agitato, spaventato,

condannato a palpitar.

Dal passato e dal presente,

non so come, alternamente...

CLARICE, CONTE, GIOCONDO, FABRIZIO E CORO

Dalla gioia e dal timore

io mi sento a trasportar.

Insieme

BARONESSA, FULVIA, MACROBIO E PACUVIO

Dalla rabbia e dal rossore

io mi sento a lacerar.

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo

[Sinfonia]

Giardino.

ospiti, giardinieri
 

[Introduzione I]

ospiti, giardinieri
<- Pacuvio
Pacuvio, Coro, poi Fabrizio, Baronessa e Fulvia
Attenti; ascoltate
ospiti, giardinieri, Pacuvio
<- Fabrizio
 
ospiti, giardinieri, Pacuvio, Fabrizio
<- Baronessa
 
ospiti, giardinieri, Pacuvio, Fabrizio, Baronessa
<- Fulvia
 
Pacuvio, Fabrizio, Baronessa, Fulvia
giardinieri, ospiti ->

Ombretta / Per pietà

Pacuvio, Baronessa, Fulvia
Fabrizio ->
Pacuvio, Fulvia
Baronessa ->

Che ignoranza maiuscola!

Pacuvio, Fulvia ->
<- Macrobio, Giocondo

[Duetto]

Signor Giocondo, io vedo

Macrobio, Giocondo ->
<- Clarice

Quel dirmi, oh dio! non t'amo...

[Cavatina]

Quella che l'eco mi facea

Clarice ->
<- Conte

[Cavatina]

Conte
<- Clarice

Conte, udite / In che posso

[Duetto]

Clarice, Conte ->
<- Macrobio, Baronessa

Siete pur bella! ed io sarei felice

Macrobio, Baronessa ->
<- Fulvia

Dove mai si cacciò?

Fulvia
<- Pacuvio

[Aria]

Bravo, bravo, bravissimo!

Fulvia, Pacuvio
<- Conte

In favor di Clarice

Conte
Pacuvio, Fulvia ->
Conte
<- Fabrizio

Eccomi a' vostri cenni

Fabrizio
Conte ->

Uomo più singolar del mio padrone

Fabrizio ->

Stanze terrene contigue al giardino.

Giocondo, Clarice
 

Perché sì mesta? / Il mio gemello

Giocondo, Clarice
<- Macrobio

Se avessi cinquanta teste

Giocondo, Clarice, Macrobio
<- Conte

Che si fa? che si dice?

[Quartetto]

Clarice, Conte, Giocondo, Macrobio
Voi volete, e non volete
Giocondo, Clarice, Macrobio, Conte
<- Fabrizio
Giocondo, Clarice, Macrobio, Conte
Fabrizio ->
 
Clarice, Conte, Giocondo, Macrobio ->
<- Pacuvio, Fulvia

Ma che sestina! che sestina!

Pacuvio, Fulvia
<- Baronessa

Invan lo cerco...

Fulvia, Baronessa
Pacuvio ->

Come va, Donna Fulvia? mi sembrate

Fulvia, Baronessa
<- Macrobio, Pacuvio

Non ho tempo, non posso; e il foglio è pieno

[Aria]

Fulvia, Pacuvio
Macrobio, Baronessa ->

Trovar saprò ben io

Pacuvio, Fulvia ->

Giardino.

giardinieri
 

[Coro]

giardinieri ->
<- Clarice, Giocondo

Perché fuggir? di che temete?

Clarice, Giocondo
<- Macrobio

Bravi! si finga

[Finale I - I]

Clarice, Giocondo e Macrobio
Su queste piante incisi
Clarice, Giocondo
Macrobio ->
Clarice, Giocondo
<- Baronessa, Fulvia

[Finale I - II]

Baronessa, Fulvia, Clarice, Giocondo
Oh caso orribile!
Clarice, Giocondo
Baronessa, Fulvia ->
Clarice, Giocondo
<- Macrobio
Macrobio, Clarice e Giocondo, poi Pacuvio
Altro che ridere
Clarice, Giocondo, Macrobio
<- Pacuvio
 
Macrobio, Pacuvio
Clarice, Giocondo ->
Pacuvio e Macrobio, poi Baronessa e Fulvia
A me? cospetto!
Macrobio, Pacuvio
<- Baronessa, Fulvia
 
Macrobio, Pacuvio, Baronessa, Fulvia
<- Conte, Fabrizio, servi, marinari, notaio, gente di giustizia

(il Conte travestito, con alcuni servi e marinari vestiti nel medesimo costume; notaio con altri che si fingono gente della Corte di giustizia)

Conte, Baronessa, Fulvia, Macrobio e Pacuvio
Lui star conta, io star mercanta

Cortile interno in casa del conte.

Clarice
 

[Finale I - III]

Clarice, Conte, Giocondo
Non serve a vil politica
Clarice
<- Conte, Giocondo

(il Conte nei suoi propri abiti; lui e Giocondo rimangono in disparte)

 
Clarice, Conte, Giocondo
<- Macrobio, Pacuvio, Baronessa, Fulvia

[Finale I - IV]

Macrobio, Pacuvio, Baronessa, Fulvia, Clarice, poi Conte e Giocondo
Marchesina... Contessina...

(il Conte avanzandosi con Giocondo e scoprendosi)

 
Clarice, Conte, Giocondo, Macrobio, Pacuvio, Baronessa, Fulvia
<- Fabrizio, ospiti, giardinieri

[Finale I - V]

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena ultima
Giardino. Stanze terrene contigue al giardino. Giardino. Cortile interno in casa del conte. Cortile interno, come nell’atto primo. Bosco. Stanze terrene, come nell'atto primo. Interno del villaggio; abitazioni diverse, e fra le altre quelle del Conte con porta praticabile; veduta... Galleria.
[Sinfonia] [Introduzione I] [Duetto] [Cavatina] [Cavatina] [Duetto] [Aria] [Quartetto] [Aria] [Coro] [Finale I - I] [Finale I - II] [Finale I - III] [Finale I - IV] [Finale I - V] [Introduzione II] [Coro di Cacciatori] [Temporale] [Scena e aria] [Quintetto] [Sonetto] [Aria] [Terzetto] [Marcia, scena e aria] [Aria] [Finale II]
Atto secondo

• • •

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