Atto secondo

 

Scena prima

Cortile interno, come nell'atto primo.
La Baronessa, donna Fulvia e coro d'Ospiti del Conte; quindi Macrobio e il Conte da una parte; il cavalier Giocondo e Pacuvio dall'altra.

Bozzetti

 Q 

Baronessa, Fulvia, ospiti, un domestico

 
[Introduzione II]

 N 

CORO

Lo stranier con le pive nel sacco  

per vergogna è partito in gran fretta.

BARONESSA E FULVIA

Per sua colpa ho sofferto uno smacco,

ma farò la mia giusta vendetta:

forse al Conte, a Clarice, a Giocondo

questo fatto avrà molto a costar.

CORO

Via, che serve? son cose del mondo:

non sarebbe che un farsi burlar.

 

<- Macrobio, Conte, Pacuvio, Giocondo

MACROBIO
(al Conte in atto di scusa)

Io del credito in sostanza

già vedea l'incompetenza:

né parlai per insolenza,

ma per voglia di scherzar.

CONTE
(a Macrobio sorridendo, e in aria di disprezzo)

Io già so per vecchia usanza

coltivar l'indifferenza:

ogni scusa in conseguenza

voi potete risparmiar.

PACUVIO
(a Giocondo, scusandosi)

Fu poetica licenza,

non lo feci per baldanza:

la drammatica sembianza

mi parea di recitar.

GIOCONDO
(con sommo disprezzo)

Fu solenne impertinenza;

ma non merita importanza:

già vi scusa l'ignoranza

senza starne più a parlar.

BARONESSA E FULVIA
(ciascuna da sé, la Baronessa osservando Macrobio e donna Fulvia Pacuvio)

(Domandargli perdonanza

è una vera sconvenienza:

questa vil testimonianza

io non posso tollerar.)

CORO

(Sotto l'umile apparenza

pieni son di petulanza:

l'uno e l'altro all'occorrenza

tornerebbe a motteggiar.)

 
(il coro si ritira)

ospiti ->

 
Recitativo

GIOCONDO

Eppur ciascun di loro alla sua dama  

avea promesso di sfidarci.

 
(fra loro sorridendo)

CONTE

E in vece

si son scusati.

GIOCONDO

Oh che vigliacchi!

BARONESSA
(a Macrobio)

Oh bella!

vuoi cimentarlo, e gli domandi scusa?

MACROBIO
(alla Baronessa)

Certo.

BARONESSA

Fra noi non s'usa...

(frattanto il cavalier Giocondo e il Conte discorrono fra loro)

MACROBIO

È una moda novissima,

venuta dal Catai, che quanto prima

pubblicherò sul mio giornale.

PACUVIO
(a donna Fulvia)

In somma,

lo volete saper? la scusa è finta:

il duello seguì: la vita in dono

mi domandò con le ginocchia a terra.

FULVIA
(a Pacuvio con sorpresa)

Chi?

PACUVIO

Giocondo; ma zitto.

FULVIA

(a voce alta in atto di volerlo palesare)

Anzi...

PACUVIO
(a donna Fulvia opponendosi)

No; zitto: giacché per suo decoro

di non farne parola ei m'ha pregato:

ed io gliel'ho promesso, anzi giurato.

GIOCONDO
(al Conte)

(osservando gli uni e gli altri)

Gran contrasto han fra loro.

CONTE
(a Giocondo)

Io co' buffoni

mi diverto.

GIOCONDO

Io m'annoio.

BARONESSA
(a Macrobio)

Ebben?...

MACROBIO
(alla Baronessa)

Senz'altro

la disfida io farò.

PACUVIO
(a donna Fulvia)

L'avrei potuto

come un tordo infilzar; ma troppo io sono

tenero per natura e sensuale.

FULVIA
(a Pacuvio)

S'è così, son contenta.

PACUVIO

È tal e quale.

CONTE

Nel vicin bosco, amici,

a divertirci andiamo.

MACROBIO

Il moto giova

all'appetito.

GIOCONDO

I cacciatori, io credo,

partiranno a momenti.

CONTE

Ehi, vanne tosto

la marchesina ad avvertir. Se poi

volesse alcun di voi

dar prova di bravura,

prenda il fucil.

(ad un domestico che parte subito)

un domestico ->

 

Se poi

volesse alcun di voi

dar prova di bravura,

prenda il fucil.

PACUVIO

Voglio provarmi.

(parte in fretta)

Pacuvio ->

 

FULVIA

In casa  

per alcune faccende

io resterò.

CONTE

Come vi aggrada. Andiamo.

(parte col cavalier Giocondo)

Conte, Giocondo ->

 

Scena seconda

Macrobio e la Baronessa in atto di partire, e donna Fulvia che la trattiene.

 

FULVIA

(parlandole all'orecchio)  

Baronessa, ascoltate.

BARONESSA

Possibile?

FULVIA

(partendo con brio)

Senz'altro. Addio.

Fulvia ->

 

BARONESSA
(a Macrobio)

Che intesi  

per vostro e mio rossor! Già donna Fulvia

è vendicata, ed io...

MACROBIO

Che dite?

BARONESSA

Or sappi,

che vinto il cavalier la vita in dono

da Pacuvio impetrò.

MACROBIO

Bu, bu... che bomba!

BARONESSA

Pacuvio il disse.

MACROBIO

E non potea Pacuvio

tradir la verità?

BARONESSA

Pretesti a parte.

MACROBIO

Io pretesti? stupisco.

BARONESSA

O sfida il Conte,

o non sperar ch'io più ti guardi in faccia.

L'esige l'onor mio.

MACROBIO

Dopo la caccia.

(partono)

Baronessa, Macrobio ->

 
 

Scena terza

Bosco.
Pacuvio col fucile, e coro di Cacciatori.

 Q 

Pacuvio, cacciatori

 
[Coro di Cacciatori]

 N 

CORO
(a Pacuvio)

A caccia, o mio signore,  

poeta eccellentissimo:

se siete cacciatore,

tirate, e si vedrà.

(Pacuvio appoggia sgarbatamente il fucile ora alla spalla sinistra, ora alla destra)

 
(ironicamente)

Ma bravo!... anzi bravissimo!

Gran preda si farà.

Gli uccelli andranno al diavolo

in piena sanità.

 
(il coro parte)

cacciatori ->

 
[Temporale]

 N 

PACUVIO
(verso i cacciatori)

Sì, sì, ci parleremo:  

con un figlio di Pindo e d'Elicona,

quando tira davver, non si canzona.

(si ascolta qualche strepito di vento, foriero del temporale)

 

Ahi!... chi si muove?... io non vorrei... ma questo

par che un bosco non sia da bestie indomite.

Mentre il vento va crescendo appoco appoco, ed oscurandosi lentamente il bosco, risuonano da lontano alcuni colpi di fucile, e successivamente compariscono diversi uccellacci coll'ale aperte.

Pacuvio ->

<- Pacuvio

Pacuvio mira or all'uno, or all'altro senza mai sparare: si accorge poi che non ha montato il fucile; nell'atto che lo monta, gli uccelli spariscono, a riserva d'uno, contro cui egli si dirige senza mai effettuare il colpo. Finalmente, correndogli dietro e tirandogli il cappello, si perde di vista.
Scoppia il temporale; si oscura totalmente il bosco, agitato dal vento e illuminato dai frequenti lampi.
Comparisce di bel nuovo Pacuvio spaventato, stringendosi al petto e coprendo per quanto può alcuni fogli.
Fugge Pacuvio incerto e sbalordito, e al temporale succede intanto
gradatamente la calma.
 

PACUVIO

Ahi!... scappa... il vento in aria  

mi ha portato il fucile... aiuto!... ah! dove

salvar me stesso e i scritti miei... soccorso!...

Deh! fulmine canoro,

rispetta, se non altro, il sacro alloro.

(fuggendo)

Pacuvio ->

 

Scena quarta

Giocondo solo.

<- Giocondo

 
[Scena e aria]

 N 

 

Oh come il fosco impetuoso nembo  

ci separò!... Clarice, il Conte invano

chiamai sovente, e più l'altrui mi calse,

che il mio periglio... Or tutto è calmo, e solo

regna nel petto mio tempesta eterna.

La mia tiranna io mi figuro in braccio,

all'amico rival... sparsa le chiome...

pallida... ansante... e lui veder mi sembra,

che al sen la stringe... la conforta... e pasce

l'avido ciglio in quella,

fatta dal pianto e dal timor più bella.

 

Quell'alme pupille  

io serbo nel seno:

ma un guardo sereno

non hanno per me.

Deh! amor, se merita

da te mercede

la sempre candida

mia lunga fede,

fa' ch'io dimentichi

sì gran beltà.

Tu fosti origine

del mio dolor:

tu l'opra barbara

correggi, amor.

(in atto di partire)

 

Scena quinta

La marchesa Clarice e detto; indi Macrobio, il Conte e la Baronessa.

<- Clarice

 
Recitativo

CLARICE

(chiamandolo)  

Ehi... Giocondo... Giocondo...

GIOCONDO

(con sorpresa)

Oh!... sola? e dove

lasciaste il Conte?

CLARICE

Non sì tosto il cielo

tornò seren, ch'ei s'inoltrò nel bosco

con alcuni de' suoi, di due villani

lasciando a me la scorta: io nel vedervi

li congedai.

(alludendo al temporale)

Ma che paura!

GIOCONDO

(con qualche caricatura)

Il Conte

l'avrà temprata. Io sì, Clarice, io privo

d'ogni conforto, l'austro frema, o spiri

il zefiro soave...

CLARICE

E torni sempre

te stesso a tormentar, né puoi scordarti?...

GIOCONDO

(interrompendola con trasporto)

Io scordarmi di te?

CLARICE

Se pace brami...

GIOCONDO

(egualmente)

Io pace? e come? a farmi guerra eterna

tre nemici ho nel sen: la tua fortuna,

l'amor mio, l'amistà; quella involarti;

questa tradir non lice; e Amor frattanto

pretende invan della vittoria il vanto.

CLARICE

Alla fortuna rinunziar non fora

per generoso cor difficil opra:

ma rinunziar, Giocondo,

tu all'amistà non devi,

io non posso all'amor.

GIOCONDO
(con molta passione)

Né un raggio almeno

di remota speranza...

CLARICE

Invan.

GIOCONDO

Del Conte

il non mai stanco dubitar...

CLARICE

Deh! lascia

ch'io mi lusinghi.

GIOCONDO

Il tempo

cangia talor gli umani affetti.

CLARICE

È vero;

non so negarlo.

GIOCONDO

E tu potresti un giorno

riacquistar la libertà primiera.

CLARICE

(Mi fa pietà.) Dunque ti calma, e spera.

 
[Quintetto]

 N 

 

Spera, se vuoi, ma taci:    

io ti prometto amore;

seppur da' lacci il core

un giorno io scioglierò.

S

Sfondo schermo () ()

(intanto comparisce Macrobio e chiama il Conte ch'egli vede da lontano. Da un'altra parte sovraggiunge la Baronessa)

<- Macrobio, Conte, Baronessa

GIOCONDO

Ai dolci accenti tuoi

dove mi sia, non so.

BARONESSA

(ad alta voce accennando Clarice e Giocondo)

Macro...

MACROBIO

Ma zitto (Bestia!)

(al Conte per canzonarlo)

Dite? colei che fa?

(ironicamente e con enfasi)

La prima fra le vedove,

che vanti fedeltà.

CONTE

(alla Baronessa ed a Macrobio senza manifestarsi agli altri due)

Bravissimi! bravissimi!

Femmina è sempre femmina:

amoreggiar lasciamoli

con tutta libertà.

BARONESSA
(a Macrobio)

L'affar diventa serio:

ci ho gusto in verità.

GIOCONDO
(a Clarice)

Mi promettete amore?

MACROBIO
(al Conte sempre nella medesima aria)

Amore!

CONTE

Poverino!

CLARICE
(a Giocondo)

Consulterò il mio core.

MACROBIO
(come sopra)

Il core!

CONTE

(mostrando disinvoltura)

Va benino.

(Che faccia quel che vuole:

le donne io so pesar.)

 
Comparisce il coro de' Cacciatori.

<- cacciatori

 

MACROBIO

(Il capo assai gli duole,

e no 'l vorria mostrar.)

GIOCONDO
(a Clarice)

Per me comincia il sole

quest'oggi a scintillar.

CLARICE
(a Giocondo)

Son semplici parole

per farti almen sperar.

BARONESSA

(Ma queste non son fole,

son fatti da mutar.)

CONTE

(a Clarice con forza, avanzandosi e scoprendosi)

Donna di sensi equivoci,

piena d'astuzie e cabale,

ch'io sono a torto incredulo,

potrai lagnarti ancor?

CLARICE, BARONESSA, CONTE, GIOCONDO E MACROBIO

(la Baronessa, Macrobio e il Conte alludendo agli altri due, e questi a sé stessi)

Qual d'improvviso fulmine

insolito fragor!

 

Scena sesta

Coro di Cacciatori che si avanzano, e detti.

 

CORO

In mezzo al temporale  

la caccia è andata male:

(accennando Clarice e Giocondo mortificati)

ma il Conte a due merlotti

qui poi la caccia diè.

MACROBIO

Il fatto sul giornale

io stampo per mia fé.

CLARICE
(ai cacciatori)

Come? qual mia favella?

che insulto a me voi fate?

CORO
(a Clarice)

Prima eravate in sella,

or vi trovate appiè.

CLARICE, BARONESSA, CONTE, GIOCONDO E MACROBIO

Men tremendo che tempesta

questo colpo a me non par.

Sin le chiome sulla testa

io mi sento a sollevar.

CLARICE, BARONESSA, CONTE, GIOCONDO, MACROBIO E CORO

Così allor che all'onde in faccia

freme il vento e il fulmin romba,

strana tema i sensi agghiaccia

dell'intrepido nocchier.

(tutti partono in confusione)

Clarice, Baronessa, Conte, Giocondo, Macrobio, cacciatori ->

 
 

Scena settima

Stanze terrene, come nell'atto primo.
Donna Fulvia e Fabrizio, indi Pacuvio affannato.

 Q 

Fulvia, Fabrizio

 
Recitativo

FULVIA

Io posso dir d'averla indovinata  

restando in casa.

FABRIZIO

È stato veramente

un fiero temporal.

 

<- Pacuvio

PACUVIO
(a Fabrizio)

Corri, t'affretta.  

FABRIZIO

Dove? che fu?

PACUVIO

Per asciugar gli scritti

sono entrato in cucina; ivi alla recita

d'una mia scena dolcebrusca il cuoco

è caduto in declivio.

FABRIZIO

La vuol dire in deliquio.

PACUVIO

Certo, è là delinquente in un cantone.

FABRIZIO

Sarà stata la puzza del carbone.

(partendo in fretta)

Fabrizio ->

 

PACUVIO

Ah! donna Fulvia, se non era il tempo,  

avrei fatta una strage

di selvaggiume:

(mettendo fuori di tasca un picciolissimo uccello morto)

altro perciò non posso

esibirvi che questo

picciolo segno della mia bravura.

FULVIA

(voltandogli le spalle e partendo)

Non so che farne.

Fulvia ->

 

PACUVIO

È morto di paura.

(partendo anch'esso)

Pacuvio ->

 

Scena ottava

Il Conte Asdrubale e il cavalier Giocondo.

<- Conte, Giocondo

 

CONTE

Di quanto poco fa Clarice e voi  

a me diceste, io sono

persuaso abbastanza.

GIOCONDO

Ella è innocente:

né reo son io che di leggiera colpa,

se può colpa chiamarsi...

CONTE

Il vostro affetto

per lei m'era già noto,

e la vostra virtù.

GIOCONDO

Ma quando mai

risolverete?

CONTE

Il matrimonio è un passo,

un passo grande!

GIOCONDO

E non vi basta ancora...

CONTE

Risolverò: per ora

pensiamo a divertirci con Macrobio,

che sfidarmi dovea.

GIOCONDO

Come vi piace.

CONTE

Andiam.

GIOCONDO

(Che strana idea!)

(entrambi in atto di partire)
 

Scena nona

La marchesa Clarice tutt'allegra con una lettera dissigillata in mano, e detti.

<- Clarice

 

CLARICE

(ansante per la gioia)  

Amici, oh! qual d'una sorella al cuore

soave annunzio inaspettato! Udite:

il Capitan Lucindo,

il mio caro Lucindo, il mio gemello...

CONTE

(in aria di scherzo)

Dagli Elisi tornò?

CLARICE

Quegli ch'estinto

da ciascun si credea, vive; e son questi

dopo sett'anni di silenzio i suoi

preziosi caratteri.

(sorpresa degli altri due)

 

(Perdona,

ombra del mio german, se all'uopo io chiamo

de' miei disegni il nome tuo.)

CONTE

Ma dove

si trattenne finor?

GIOCONDO

Perché non scrisse?

CONTE

Fu prigionier?

CLARICE

No 'l so: di tutto a voce

m'informerà. L'ottavo sole appena

sorgea di nostra età, quando il destino

ci separò; pur le sembianze ancora

io n'ho presenti.

CONTE

Eppoi

specchiandovi...

GIOCONDO

Sibben, le avete in voi.

CONTE

S'egli, è ver, ch'eravate...

CLARICE

Certamente:

eravam somiglianti,

come due gocce d'acqua. Oh quante volte

la nostra buona madre

con le cangiate fanciullesche spoglie

le paterne pupille

tradì per giuoco! e un dolce error di nomi,

non già d'affetti, risuonò su i labbri

del comun padre!

CONTE

Io mi consolo.

GIOCONDO

A parte

son de' vostri contenti.

CLARICE
(al Conte)

Se il permettete alla cittade io volo,

dove m'attende il mio german.

CONTE

Che venga

ei stesso qui.

CLARICE

«Breve in Italia», ei scrive,

«sarà la mia dimora;

né voglio abbandonar la compagnia».

CONTE

Qui la conduca, e quanto vuol ci stia.

CLARICE

Quest'è troppo.

CONTE

Che troppo? i militari

io sempre amai.

CLARICE

Le vostre grazie in voce

dunque ad offrirgli andrò.

CONTE

Se ricusasse,

mi farebbe un affronto.

CLARICE

(Già previsto io l'avea; tutto è già pronto.)

 
(tutti e tre in atto di partire s'incontrano in Pacuvio)
 

Scena decima

Pacuvio affannato, e detti.

<- Pacuvio

 

PACUVIO

(mostrando una lettera)  

Nuova grande! è arrivato

sin qui da ieri alla piazza

il maestro Petecchia, il celeberrimo...

CONTE

Credete voi che molti siano in oggi

i maestri di vaglia?

PACUVIO

Più di cento

saran senz'altro, e tutti bravi, e tutti

conosciuti da me.

CLARICE

(in aria di derisione)

Compreso ancora

il maestro Petecchia.

GIOCONDO

Certo, ossia febbre putrida.

CONTE
(al cavalier Giocondo)

In acconcio

qui cadrebbe, a me sembra,

quel tal vostro sonetto, in cui fingete,

se non m'inganno, d'aver fatto un sogno,

recitatelo in grazia.

GIOCONDO

In grazia dispensatemi.

CLARICE

Via, cavalier.

GIOCONDO

Non mi sovvien... scusatemi.

CLARICE

Finiamola. Un mio furto

confesserò, cui tenne man Fabrizio.

GIOCONDO

(turbandosi)

Come? il sonetto?...

CLARICE

Io l'ebbi, e il so a memoria.

CONTE

Dunque...

CLARICE

Sarà mia gloria

far cosa grata al Conte.

GIOCONDO
(a Clarice)

Ah! no, vi prego...

CONTE
(a Giocondo)

Anzi a vostro dispetto.

PACUVIO

(Quante caricature!)

CLARICE

Ecco il sonetto.

 
[Sonetto]

 N 

Sognai di Cimarosa, ahi vista amara!  

la fredda salma sull'adriaco suolo:

i gran maestri, onde l'Ausonia è chiara,

cerchio a quella facean d'omaggio e duolo;

quando piombò sulla funerea bara

non so qual di pigmei musico stuolo:

squarciarne i membri, e depredarli a gara

fu per essi un sol voto, un punto solo.

Non rimanea che il capo: insidiosa

vidi una man, che d'afferrarlo ardia;

ma il capo si levò, mirabil cosa!

e l'aurea bocca, ove del canto in pria

sedean le grazie, mormorò sdegnosa:

«Canaglia, indietro; che la testa è mia».

 
Recitativo

CLARICE

Che ne dite Pacuvio?  

PACUVIO
(con aria d'importanza)

Non c'è male.

GIOCONDO
(a Pacuvio con caricatura)

Grazie alla sua bontà.

CONTE
(al medesimo)

Questo sonetto

proprio di fronte attacca

quei vostri cento e più.

PACUVIO

(Non vale un'acca.)

 
(partono Clarice, il Conte e Giocondo per una banda; Pacuvio per un'altra, e s'incontra in Fulvia)

Clarice, Conte, Giocondo ->

 

Scena undicesima

Donna Fulvia e Pacuvio.

<- Fulvia

 

PACUVIO

(retrocedendo con lei)  

Oh! madama, a proposito: io credea,

che un segreto affidatovi non foste

mai di tradir capace;

ora con vostra pace

vi dirò che ho sospetto ben fondato

che l'abbia per gloria pubblicato.

FULVIA

Pubblicato? alla sola

baronessa io l'ho detto in confidenza

e s'ella in confidenza

lo dicesse a Macrobio; e in confidenza...

PACUVIO

Macrobio lo stampasse sul giornale,

sarebbe confidenza generale.

FULVIA

Certo.

PACUVIO

(smaniandosi)

Povero me! la mia parola...

(vale a dir la mia pelle)

l'amicizia, il decoro...

FULVIA

Eh, bagatelle.

 
[Aria]

 N 

Pubblico fu l'oltraggio  

sia pubblica la pena,

chi m'insultò, più saggio

in avvenir sarà.

Ch'io castigai l'altero,

sia noto al mondo intero:

è la vendetta un sogno

quando nessun lo sa.

(parte)

Fulvia ->

 

PACUVIO

Ti vanta pur: la tua vendetta è vera,  

come il trionfo mio. Ma se Giocondo

saprà la cosa, ove mi salvo? eh, niente;

se vedrò che altro scampo non mi resta,

con un'altra bugia rimedio a questa.

(parte)

Pacuvio ->

 

Scena dodicesima

Macrobio, indi il cavalier Giocondo, poi il Conte e due Domestici, ciascuno de' quali porta una spada sopra un bacile.

<- Macrobio

 
Recitativo

MACROBIO

Io far duelli? io, che a' miei giorni mai  

né pistola adoprai, né spada o stocco

per onor di nessuno? io, che una sola

volta, né mi sovvien se bene o male,

mi son battuto a pugni

per onor del giornale?

Io?...

 

<- Giocondo

GIOCONDO

(in aria fiera)  

Macrobio.

MACROBIO

Signor.

GIOCONDO

(gli dà una pistola)

Prendi.

MACROBIO

(incomincia a sgomentarsi)

Obbligato.

Che n'ho da far?

GIOCONDO

Sopra di me spararla.

Quando ti toccherà, come io quest'altra

(mostrandogli un'altra pistola)

sopra te sparerò.

MACROBIO

(Lupus in fabula.)

Ma non veggo il perché...

GIOCONDO

Perch'hai tu sparso

che a Pacuvio io cercai la vita in dono.

MACROBIO

L'ho detto senza crederlo.

GIOCONDO

Peggio! Su via...

MACROBIO

Se vi calmate, io sempre

dirò bene di voi sul mio giornale.

GIOCONDO

Potentissimi dèi! sarebbe questa

una ragion più forte

per ammazzarti subito. Alle corte.

MACROBIO

Vengo... aspettate... (Il Conte è fuor di casa...

altro scampo non v'è... tempo si prenda...

 
(Macrobio va pensando, e frattanto Giocondo fa dei cenni a qualcuno che si suppone dentro la scena)
 

GIOCONDO
(a Macrobio)

Terminiamo sì o no, questa faccenda?  

MACROBIO

Lo volete saper?... da uom d'onore

qual mi dichiaro e sono...

GIOCONDO

Salvo errore.

MACROBIO

Io non posso accettar, perché un impegno

egual mi sono assunto

col Conte, e l'ho sfidato.

GIOCONDO

(osservandolo)

Eccolo appunto.

MACROBIO

Maledetta fortuna!

 

<- Conte, due domestici

CONTE

Olà, Macrobio.  

Giacché tu di sfidarmi

non hai coraggio, io te disfido.

GIOCONDO
(a Macrobio fingendo meraviglia)

Come?

Dunque...

MACROBIO
(sommamente imbarazzato)

Dirò...

GIOCONDO

Conte, scusate; il primo

son io.

CONTE

Non cedo: ad ogni costo ei deve

battersi meco.

GIOCONDO

A' miei diritti invano,

ch'io rinunzi, sperate.

MACROBIO

(Oh bella! a gara

fanno per ammazzarmi.)

(al Conte)

Una parola...

CONTE

(voltandogli le spalle)

Io non desisto.

MACROBIO
(a Giocondo)

Udite...

GIOCONDO
(egualmente)

Non serve.

MACROBIO

Io comporrò la vostra lite.

 
[Terzetto]

 N 

 

Prima fra voi coll'armi  

il punto sia deciso:

(volendo mandare la cosa in celia)

con quel che resta ucciso,

io poi mi batterò.

GIOCONDO
(al Conte accennando Macrobio)

Quando quel cor malnato

dal sen gli avrò diviso,

fra noi vedrem se ucciso

a torto io l'abbia o no.

Insieme

CONTE
(a Giocondo accennando Macrobio)

Quando l'avrò mandato

a passeggiar l'Eliso,

fra noi vedrem se ucciso

a torto io l'abbia o no.

 

CONTE
(risoluto a Macrobio)

Andiam.

MACROBIO
(a Giocondo per ischernirsi dell'altro)

Voi che ne dite?

GIOCONDO
(risoluto a Macrobio)

Su via.

MACROBIO
(al Conte come sopra)

Voi lo soffrite?

CONTE
(prendendolo per un braccio)

Orsù...

MACROBIO
(al Conte accennando Giocondo)

Quest'altro freme.

GIOCONDO
(prendendolo egualmente per un braccio)

Non più...

MACROBIO
(a Giocondo accennando il Conte)

Quest'altro grida.

CONTE E GIOCONDO
(l'uno all'altro dopo avere alquanto pensato)

Ebben; l'acciar decida

chi primo ha da pugnar.

MACROBIO

(tirandosi da parte)

(Comincio a respirar.)

 
(ad un cenno del Conte si avanzano i due domestici, uno verso il Conte medesimo, l'altro verso Giocondo, presentando loro le rispettive spade)
 

CONTE E GIOCONDO

(con le spade medesime)

Ecco i soliti saluti.

(facendosi dei segnali d'intelligenza fra loro)

(Del duello inaspettato

si consola il maledetto;

e non sa che per diletto

lo faremo ancor tremar.)

MACROBIO

(Son quei ferri molto acuti;

far potriano un bell'effetto:

sol due colpi in mezzo al petto,

e finisco di tremar.)

CONTE

Con permesso...

(dopo essersi messi in positura, ed incrocicchiate le spade il Conte volge la punta a terra)

GIOCONDO

(egualmente)

Io fo lo stesso...

MACROBIO

(titubante)

Che vuol dir? che nuova c'è?

CONTE

Il padrone della casa

ceder deve al forestiero:

(a Giocondo accennando Macrobio)

e con lui pugnar primiero

tocca a voi, non tocca a me.

MACROBIO

Non è vero, non è vero;

io protesto, per mia fé.

GIOCONDO

Quest'è vero, quest'è vero;

senza dubbio tocca me.

MACROBIO
(al Conte in aria supplichevole)

Ma che un mezzo non vi sia

d'aggiustar questa faccenda?

CONTE

(fingendo di pensare)

Per esempio... si potria...

GIOCONDO

(invitando Macrobio)

Presto, a noi; che più pensar?

MACROBIO
(a Giocondo)

Via, lasciatelo pensar.

CONTE
(al medesimo)

Quando il forte a noi si arrenda,

si potria capitolar.

GIOCONDO

(fingendo di rifletterci)

Capitolar?

MACROBIO

(applaudendo al Conte con sommo trasporto)

Bravissimo!

GIOCONDO

Per me son contentissimo!

d'usar facilità.

CONTE

In termine brevissimo

l'affar si aggiusterà.

MACROBIO

Ripiego arcibellissimo!

di meglio non si dà.

CONTE

(a Giocondo accennando Macrobio)

Per prima condizione

fissiam ch'egli è un poltrone.

MACROBIO

Si accorda.

GIOCONDO

Un uom venale.

MACROBIO

Si accorda; non c'è male.

CONTE

Un cicisbeo ridicolo.

MACROBIO

Si accorda il terzo articolo.

GIOCONDO

Il fior degli ignoranti.

MACROBIO

Adagio.

CONTE

(con forza)

Avanti.

GIOCONDO

Avanti.

MACROBIO

Distinguo: in versi, o in prosa?

CONTE E GIOCONDO

(come sopra)

S'intende in ogni cosa.

MACROBIO

Eppur...

CONTE E GIOCONDO

(minacciando)

Che dir vorresti?

MACROBIO

Che articoli sì onesti

non posso ricusar.

CONTE E GIOCONDO

Gli articoli son questi;

non v'è da replicar.

 
(il Conte e Giocondo rendono le spade ai rispettivi domestici)

due domestici ->

 

CONTE, GIOCONDO E MACROBIO

Fra tante disfide  

la piazza è già resa.

Giammai non si vide

più nobile impresa;

d'accordo noi siamo;

cantiamo, balliamo:

la gioia sul viso

ritorni a brillar.

(partono)

Conte, Giocondo, Macrobio ->

 
 

Scena tredicesima

Interno del villaggio; abitazioni diverse, e fra le altre quelle del Conte con porta praticabile. Veduta della campagna. Da un lato picciola eminenza.
Pacuvio dalla casa del Conte; poi donna Fulvia; indi la Baronessa e Macrobio.

 Q 

<- Pacuvio

 
Recitativo

PACUVIO

Chi non nega si annega:  

eh, non v'era, per Bacco! altro riparo.

«Piaga d'acuto acciaro

sana l'acciaro istesso.» Metastasio

mi rubò quest'idea giusta, giustissima.

Infatti una bugia,

che donna Fulvia pubblicò, m'avea

ridotto a brutto stato:

con un'altra bugia mi son salvato.

 

<- Fulvia

FULVIA

Menzognero, impostor! darmi ad intendere?  

(Pacuvio intanto si va guardando intorno, come se cercasse qualcuno)

FULVIA

Che cerchi?

PACUVIO

Con chi parla?

FULVIA

Con te.

PACUVIO

Con me? sa chi son io?

FULVIA

Pacuvio.

PACUVIO

Pacuvio menzogner? Giove mi scortichi

se una sola bugia

ho detto in vita mia.

 

<- Macrobio, Baronessa

MACROBIO

(aggirandosi perla scena, ed asciugandosi il sudore, come se ritornasse da una grand'impresa)  

No, Baronessa,

non son ferito. Oh se veduto aveste!

BARONESSA

Dite, su.

MACROBIO

(come sopra)

Cose grosse!

BARONESSA

(con impazienza)

Ebben?

MACROBIO

(sempre passeggiando)

Siam vivi,

perché siam vivi.

BARONESSA

(come sopra)

In somma...

MACROBIO

(avvedendosi di Pacuvio)

Ecco il bugiardo,

cagion del mio periglio.

FULVIA
(a Pacuvio)

Prendi, che ben ti sta.

PACUVIO
(a Macrobio)

Mi meraviglio!

MACROBIO

(come sopra senza badare a Pacuvio)

Qual cimento ineffabile!

BARONESSA

(con estrema impazienza)

Ma come

lo terminaste?

MACROBIO

Come? da par mio.

BARONESSA

Cioè?

MACROBIO

Cioè... che interrogar molesto!

Dicendo da par mio, s'intende il resto.

 

Scena quattordicesima

Fabrizio, che discende da un'eminenza, e detti.
Diversi Abitanti del villaggio s'incamminano verso la campagna in aria di curiosità.

<- Fabrizio, abitanti del villaggio

 

FABRIZIO

Eccolo.  

(Macrobio continua a passeggiare in grande, come sopra)

FULVIA

Chi?

FABRIZIO

Lucindo.

BARONESSA

Il capitano?

PACUVIO

Il gemello germano?...

FABRIZIO

Sì, della marchesina.

MACROBIO

Io volentieri,

qualunque militar, l'avrei veduto

nel caso mio.

(intanto Pacuvio con un foglio spiegato va facendo dei gesti)

FULVIA

Le somiglianze rare

fra la sorella e lui

di veder son curiosa.

(Macrobio continua la sua pantomima)

BARONESSA

Se a lei somiglia non avrà gran cosa.

FABRIZIO

(Che pettegole!) Io vado

per ordine del Conte ad incontrarlo.

(parte)

Fabrizio ->

 

FULVIA

Che fai, Pacuvio?  

PACUVIO

Io parlo

con Demetrio Evergete.

BARONESSA
(a Pacuvio)

Zitto: s'avanza il capitan.

FULVIA
(al medesimo)

Tacete.

BARONESSA

Tiriamoci in disparte.

MACROBIO

Oggi d'esser mi sembra un altro Marte.

 
(si ritirano senza partir dalla scena)
 

Scena quindicesima

Detti in disparte; la marchesa Clarice in abito militare, un Tenente, un Sergente, due Caporali e Soldati; Fabrizio di ritorno, Abitanti del villaggio e Servi del Conte, che restano indietro.
Marcia militare.

<- Clarice, un tenente, un sergente, due caporali, soldati, Fabrizio, servi del Conte

 
[Marcia, scena e aria]

 N 

(dopo che la truppa si sarà posta in ordine)

CLARICE

Se l'itale contrade,  

che in fanciullesca etade

abbandonai, preme il mio piè; se vidi

il ciel natio; se dell'amata suora

sulle stanche pupille io tersi il pianto,

valorosi compagni, è vostro il vanto.

 

 
(ai soldati)

Se per voi le care io torno  

patrie sponde a vagheggiar,

grato a voi di sì bel giorno

il mio cor saprò serbar.

CORO DI SOLDATI

L'esempio, il tuo periglio

a noi servi di sprone;

né bomba, né cannone

potevaci arrestar.

 

CLARICE

Viva il desio di gloria,

che all'alme amar non vieta:

ciascuno con me ripeta:

«Marte trionfi, e Amor».

(Sotto l'intrepida

viril sembianza

sento a risorgere

la mia speranza:

tra i dolci palpiti

s'infiamma il cor.)

 

CORO

Qual volto amabile!

vivace e nobile!

Che ardir magnanimo

gl'infiamma il cor!

 
(Clarice entra col séguito in casa del Conte, accompagnata da Fabrizio e dai domestici del Conte medesimo; gli abitanti del villaggio si disperdono)

Clarice, un tenente, un sergente, due caporali, soldati, Fabrizio, servi del Conte, abitanti del villaggio ->

 

Scena sedicesima

La Baronessa e Macrobio, Pacuvio e donna Fulvia, che si avanzano.

 
Recitativo

BARONESSA

Che ne dite, Macrobio? io non ci trovo  

questa gran somiglianza.

MACROBIO

Io son d'avviso,

che non v'è differenza in quanto al viso.

BARONESSA

Diamine! siete cieco? il capitano

è assai di lei più bello.

FULVIA
(a Pacuvio)

Sembra che non le sia neppur fratello.

PACUVIO

Eppur...

FULVIA

Non v'è confronto. Baronessa,

è ver, che non somigliano?

BARONESSA

Lo stesso

dico anch'io.

FULVIA
(a Pacuvio)

Lo sentite?

BARONESSA
(a Macrobio)

Vedete, se ho ragion?

MACROBIO

Signora, sì.

FULVIA
(a Pacuvio)

Siete convinto ancor?

PACUVIO

Sarà così.

BARONESSA

(Voglio a lui presentarmi

prima che torni il Conte.)

(a Macrobio)

Con permesso.

MACROBIO

Si accomodi.

(la Baronessa entra in casa del Conte)

Baronessa ->

 

FULVIA

(osservando la Baronessa)  

(Ho capito.) Addio, Pacuvio.

PACUVIO

Si serva.

FULVIA

(Anche a me piace il militare;

né mi lascio da un'altra soverchiare.)

(entra anch'essa in casa del Conte)

Fulvia ->

 

Scena diciassettesima

Macrobio e Pacuvio.

 

PACUVIO

Le nostre dame, amico,  

ci hanno qui piantato.

MACROBIO

Il marziale aspetto

val più assai che un articolo e un sonetto.

PACUVIO

Basta... non crederei...

MACROBIO

Se il capitano

sapesse il fatto d'armi...

PACUVIO

Oh! appunto, dimmi,

or che siam soli, come andò?

MACROBIO

Son cose

da non parlarne più. Ti dico solo,

che il Conte e il cavaliere in quell'incontro

ebber del mio carattere

un saggio tal da non tornarsi a battere.

(entra in casa del Conte)

Macrobio ->

 

PACUVIO

Se a tal fandonia io credo, il dir bugie  

senza rossor divenga

per me fatica; e mi sia tolto insieme

il privilegio antico

di prestar fede io stesso a quel che dico.

(entra anch'esso in casa del Conte)

Pacuvio ->

 
 

Scena diciottesima

Galleria.
Clarice in abito militare, il Conte Asdrubale e il cavalier Giocondo.

 Q 

Clarice, Conte, Giocondo

 
Recitativo

CONTE

(in atto di pregare)  

Scusate, capitan...

CLARICE

(in aspetto fiero)

Tutto m'è noto.

CONTE

Ch'io sappia almen da lei...

CLARICE

No, mia sorella

più non vedrete.

(a Giocondo)

Cavaliere, a voi

la destra io n'offro.

GIOCONDO

Io la ricuso: amico

prima che amante, io fui.

CLARICE

La vostra ammiro

non volgare amistà. Lungi da questi

lidi per lei funesti

Clarice io condurrò.

CONTE

(con sorpresa ed affanno)

Voi?

CLARICE

(con forza)

Sì.

CONTE
(smanioso a Giocondo)

Me stesso

in me non trovo.

CLARICE

(In quelle smanie io veggo

il mio trionfo.)

CONTE
(a Clarice quasi piangendo)

E partirà Clarice

per non tornar mai più?

CLARICE

D'avervi amato

arrossirà, quando ragione e tempo

resa le avran la sospirata calma.

CONTE

(appoggiandosi a Giocondo)

Oh dio!... qual su quest'alma

piomba improvviso gel!... d'amarla tanto

io non credea.

CLARICE

Né pianto

a lei giovò, né tolleranza e fede

anche in mezzo ai disastri.

CONTE

Ah! sì, conosco

per mia pena maggior tutte in un punto

le sue virtù.

(A Clarice in aria supplichevole)

Deh...

CLARICE

(con enfasi)

No.

CONTE

Crudel!... se fosse

Clarice qui... se me vedesse... Oh quanto!...

CLARICE

(Resisto appena.)

CONTE

Oh quanto mai Natura

sotto eguali sembianze

vi distinse nel cor!

GIOCONDO

Deh! alfin vi basti

il pentimento, il suo rossor...

CLARICE

(con enfasi, come sopra)

No.

CONTE
(a Giocondo)

Cessa...

Lasciami, amico, a quel destino in preda,

che a me stesso io formai. Da te Clarice

sappia almen ch'io l'adoro,

che le follie, che il mio rigor condanno,

e che forse per lei morrò d'affanno.

 
[Aria]

 N 

(a Clarice)

Ah! se destarti in seno    

per me pietà non senti,

lascia ch'io speri almeno

dall'idol mio pietà.

(a Giocondo)

Caro amico, ah! tu lo vedi...

ah! di me che mai sarà?

(a Clarice)

Al mio duol se tu non cedi,

mostro sei di crudeltà.

(all'uno e all'altra)

Non vedrò mai più Clarice:

e fia vero?... oh me infelice!

(a Clarice fissando in lei lo sguardo)

Le sembianze in te ravviso:

il tuo volto in due diviso

m'innamora, e orror mi fa.

Più bramar non so che morte;

altra spema a me non resta:

l'ora estrema, oh dio! fu questa

della mia felicità.

S

Sfondo schermo () ()

(parte furiosamente e Giocondo lo segue)

Conte, Giocondo ->

 
Recitativo

CLARICE

Quanto costa una colpa!  

Quanto soffersi a simular non usa,

né ad infierir! povero Conte! amarlo,

saper che m'ama e maltrattarlo! è vero:

ma de' comuni affetti

stato ei sarebbe ad onta sua tiranno,

s'io non compìa questo felice inganno.

 

Scena ultima

La Baronessa, poi donna Fulvia e detta; finalmente tutti, ciascuno a suo tempo.

<- Baronessa

 

BARONESSA

Siete alfin solo: impaziente io stava  

aspettando il momento...

 

<- Fulvia

FULVIA

(correndo spaventata)  

Se non era

il cavalier Giocondo,

il Conte si uccidea.

CLARICE

(con somma agitazione)

(Che sento!) Ed ora?

FULVIA

Scrive.

CLARICE

(Respiro.)

BARONESSA
(a donna Fulvia)

E perché mai?

FULVIA

Si crede,

che il signor capitan gli abbia intimato...

 

<- Fabrizio

FABRIZIO

(correndo)  

Ah! signor capitan...

CLARICE

Che cosa è stato?

FABRIZIO

Leggete, e poi firmatevi:

«Lucindo per Clarice sua sorella»,

o il padron si dà fuoco alle cervella.

BARONESSA

Caspita! il caso è serio.

CLARICE

(Oh me felice!

Scrivo il mio nome: ei stupirà. «Clarice».)

FABRIZIO

Grazie.

BARONESSA
(a Fulvia)

Che nuova c'è?

FULVIA
(alla Baronessa)

Credo che sia

carta di matrimonio.

CLARICE

A queste dame

domando mille scuse.

BARONESSA

(in aria di galanteria)

Io più di mille

ne domando anzi a voi, se forse troppo

importuna vi son.

FULVIA

(egualmente)

Volano l'ore

in vostra compagnia.

BARONESSA

(come sopra)

Sembrano istanti.

CLARICE

Siete troppo gentili. (Anzi sguaiate.)

FULVIA

(come sopra)

Oh grazie.

BARONESSA

(come sopra)

È sua bontà.

CLARICE

(Quando sapranno

quel che so io.)

FABRIZIO

(al Conte nell'uscire)

La marchesina? Oh bella!

Non l'ho neppur veduta.

 

<- Conte

CONTE

(mostrando il foglio che ha in mano)

Ed io ti dico

che questo è suo carattere.

 

<- Pacuvio

PACUVIO

(osservando il foglio)

Senz'altro.

CONTE

Io lo conosco.

 

<- Giocondo

GIOCONDO

(facendo lo stesso)

Non v'è dubbio.

 

<- Macrobio

MACROBIO

(a Fabrizio osservando anch'esso)

Hai torto.

FABRIZIO

Or lo vedremo. Il capitan Lucindo

per me risponda.

CLARICE

Io parlerò. Fabrizio

non ne ha né torto, né ragion; mi spiego:

Conte, io spero ché siate

disposto a perdonarmi.

CONTE

Io si.

CLARICE

Ne chieggo

la destra in pegno.

CONTE

Eccola, o caro; io tutto,

or che ottenni Clarice, a voi perdono.

CLARICE

Lucindo non tornò: Clarice io sono.

(stupore universale)
[Finale II]

 N 

CONTE E GIOCONDO

Voi Clarice?    

S

BARONESSA E FULVIA

Qual inganno!

MACROBIO E PACUVIO

Qual sorpresa!

FABRIZIO E CORO

Qual portento!

TUTTI

Questo nobile ardimento

chi poteva immaginar?

CLARICE

Trasformando al fin me stessa

aguzzai d'amor lo strale:

la sorpresa universale

mi fa l'alma in sen brillar.

BARONESSA E FULVIA

Che improvviso temporale!

Ci avrei fatta una scommessa:

ah! purtroppo è dessa, è dessa,

e ci seppe corbellar.

PACUVIO

Donna Fulvia...

MACROBIO

Baronessa...

MACROBIO E PACUVIO

È venuto il temporale,

si è smorzato il mio fanale,

cesso alfin di smoccolar.

CONTE E GIOCONDO

Da stupor, da gioia eguale

non fu mai quest'alma oppressa:

ma la gioia omai prevale;

già non so che giubilar.

FABRIZIO E CORO
(verso il Conte)

Da stupor, da gioia eguale

non fu mai quell'alma oppressa:

ma la gioia omai prevale,

e non sa che giubilar.

CONTE
(a Clarice)

Cara, perdon ti chiedo.

CLARICE
(al Conte)

Perdon ti chiedo anch'io.

GIOCONDO
(con brio a Clarice e al Conte)

Ragion per me non vedo

di starsi a supplicar.

CONTE
(a Giocondo)

Quanto vi deggio, amico!

GIOCONDO
(come sopra)

Lo stesso ancor vi dico:

lasciamo i complimenti.

MACROBIO E PACUVIO

Piuttosto andiamo a pranzo:

pria che la lingua, i denti

bisogna esercitar.

MACROBIO, PACUVIO E GIOCONDO

E sopra l'altre cose

con pompa ed allegria

le nozze portentose

si pensi a festeggiar.

BARONESSA E FULVIA
(la Baronessa a Macrobio, donna Fulvia a Pacuvio)

Veder chi si marita,

e starli a contemplar...

MACROBIO E PACUVIO

(interrompendole)

Madama, l'ho capita:

son grato al vostro affetto;

ma per parlarvi schietto,

ci voglio un po' pensar.

MACROBIO

(veggendo che la Baronessa se ne rammarica, le porge la destra)

Via su, sia per non detto,

vi voglio contentar.

CONTE

Finor di stima io fui

verso le donne avaro:

da questo giorno imparo

le donne a rispettar.

CLARICE, MACROBIO, GIOCONDO E CONTE, TUTTI

Il cor di giubilo

brillar mi sento:

non so reprimere

quel sentimento,

che in petto l'anima

mi fa balzar.

Del paragon la pietra

a tempo usar conviene:

chi prova e non risolve,

un seccator diviene;

si rende altrui ridicolo

per farsi singolar.

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo

Cortile interno, come nell’atto primo.

Baronessa, Fulvia, ospiti, un domestico
 

[Introduzione II]

Coro, Baronessa, Fulvia, poi Macrobio, Conte, Pacuvio, Giocondo
Lo stranier con le pive nel sacco
Baronessa, Fulvia, ospiti, un domestico
<- Macrobio, Conte, Pacuvio, Giocondo
 
Baronessa, Fulvia, un domestico, Macrobio, Conte, Pacuvio, Giocondo
ospiti ->

Eppur ciascun di loro alla sua dama

Baronessa, Fulvia, Macrobio, Conte, Pacuvio, Giocondo
un domestico ->

Baronessa, Fulvia, Macrobio, Conte, Giocondo
Pacuvio ->

In casa per alcune faccende

Baronessa, Fulvia, Macrobio
Conte, Giocondo ->

Baronessa, ascoltate

Baronessa, Macrobio
Fulvia ->

Che intesi per vostro e mio rossor!

Baronessa, Macrobio ->

Bosco.

Pacuvio, cacciatori
 

[Coro di Cacciatori]

Pacuvio
cacciatori ->

[Temporale]

Sì, sì, ci parleremo

(il vento va crescendo, ed oscurandosi lentamente il bosco, risuonano da lontano alcuni colpi di fucile; compaiono diversi uccellacci coll’ale aperte)

Pacuvio ->

(scoppia il temporale; si oscura totalmente il bosco, agitato dal vento e illuminato dai frequenti lampi)

<- Pacuvio

Ahi!... scappa... il vento in aria

Pacuvio ->
<- Giocondo

[Scena e aria]

Oh come il fosco impetuoso nembo

Giocondo
<- Clarice

Ehi... Giocondo... Giocondo...

[Quintetto]

Clarice e Giocondo, poi Baronessa, Macrobio, Conte, Coro
Spera, se vuoi, ma taci
Giocondo, Clarice
<- Macrobio, Conte, Baronessa

(il Conte non visto da Clarice e Giocondo)

 
Giocondo, Clarice, Macrobio, Conte, Baronessa
<- cacciatori
 

(il Conte avanzandosi e scoprendosi)

 
Coro, Macrobio, Clarice, poi Tutti
In mezzo al temporale
Clarice, Baronessa, Conte, Giocondo, Macrobio, cacciatori ->

Stanze terrene, come nell'atto primo.

Fulvia, Fabrizio
 

Io posso dir d'averla indovinata

Fulvia, Fabrizio
<- Pacuvio

Corri, t'affretta

Fulvia, Pacuvio
Fabrizio ->

Ah! donna Fulvia, se non era il tempo

Pacuvio
Fulvia ->

Pacuvio ->
<- Conte, Giocondo

Di quanto poco fa Clarice e voi

Conte, Giocondo
<- Clarice

Amici, oh! qual d'una sorella al cuore

Conte, Giocondo, Clarice
<- Pacuvio

Nuova grande! è arrivato

[Sonetto]

Che ne dite Pacuvio? / Non c'è male

Pacuvio
Clarice, Conte, Giocondo ->
Pacuvio
<- Fulvia

Oh! madama, a proposito

[Aria]

Pacuvio
Fulvia ->
Pacuvio ->
<- Macrobio

Io far duelli? io, che a' miei giorni mai

Macrobio
<- Giocondo

Macrobio / Signor

(Macrobio va pensando, e frattanto Giocondo fa dei cenni a qualcuno che si suppone dentro la scena)

Terminiamo sì o no, questa faccenda?

Macrobio, Giocondo
<- Conte, due domestici

Olà, Macrobio

[Terzetto]

Macrobio, Giocondo, Conte
Prima fra voi coll'armi
Macrobio, Giocondo, Conte
due domestici ->
Conte, Giocondo e Macrobio
Fra tante disfide
Conte, Giocondo, Macrobio ->

Interno del villaggio; abitazioni diverse, e fra le altre quelle del Conte con porta praticabile; veduta della campagna; da un lato piccola eminenza.

<- Pacuvio

Chi non nega si annega

Pacuvio
<- Fulvia

Menzognero, impostor! darmi ad intendere?

Pacuvio, Fulvia
<- Macrobio, Baronessa

No, Baronessa, non son ferito

Pacuvio, Fulvia, Macrobio, Baronessa
<- Fabrizio, abitanti del villaggio

Eccolo / Chi? / Lucindo / Il capitano?

Pacuvio, Fulvia, Macrobio, Baronessa, abitanti del villaggio
Fabrizio ->

Che fai, Pacuvio?

(Pacuvio, Fulvia, Macrobio e la Baronessa si ritirano senza partir dalla scena)

Pacuvio, Fulvia, Macrobio, Baronessa, abitanti del villaggio
<- Clarice, un tenente, un sergente, due caporali, soldati, Fabrizio, servi del Conte

(Clarice in abito militare; marcia militare)

[Marcia, scena e aria]

Se l'itale contrade

Pacuvio, Fulvia, Macrobio, Baronessa
Clarice, un tenente, un sergente, due caporali, soldati, Fabrizio, servi del Conte, abitanti del villaggio ->

(la Baronessa e Macrobio, Pacuvio e donna Fulvia, si avanzano)

Che ne dite, Macrobio? io non ci trovo

Pacuvio, Fulvia, Macrobio
Baronessa ->

Ho capito. Addio, Pacuvio

Pacuvio, Macrobio
Fulvia ->

Le nostre dame, amico

Pacuvio
Macrobio ->

Se a tal fandonia io credo, il dir bugie

Pacuvio ->

Galleria.

Clarice, Conte, Giocondo
 

(Clarice in abito militare)

Scusate, capitan... / Tutto m'è noto.

[Aria]

Clarice
Conte, Giocondo ->

Quanto costa una colpa!

Clarice
<- Baronessa

Siete alfin solo: impaziente io stava

Clarice, Baronessa
<- Fulvia

Se non era il cavalier Giocondo

Clarice, Baronessa, Fulvia
<- Fabrizio

Ah! signor capitan...

Clarice, Baronessa, Fulvia, Fabrizio
<- Conte

Clarice, Baronessa, Fulvia, Fabrizio, Conte
<- Pacuvio

Clarice, Baronessa, Fulvia, Fabrizio, Conte, Pacuvio
<- Giocondo

Clarice, Baronessa, Fulvia, Fabrizio, Conte, Pacuvio, Giocondo
<- Macrobio

(Clarice si rivela; stupore universale)

[Finale II]

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena ultima
Giardino. Stanze terrene contigue al giardino. Giardino. Cortile interno in casa del conte. Cortile interno, come nell’atto primo. Bosco. Stanze terrene, come nell'atto primo. Interno del villaggio; abitazioni diverse, e fra le altre quelle del Conte con porta praticabile; veduta... Galleria.
[Sinfonia] [Introduzione I] [Duetto] [Cavatina] [Cavatina] [Duetto] [Aria] [Quartetto] [Aria] [Coro] [Finale I - I] [Finale I - II] [Finale I - III] [Finale I - IV] [Finale I - V] [Introduzione II] [Coro di Cacciatori] [Temporale] [Scena e aria] [Quintetto] [Sonetto] [Aria] [Terzetto] [Marcia, scena e aria] [Aria] [Finale II]
Atto primo

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