Atto quinto

 

Scena prima

Orfeo, Caronte nell'inferno.

 Q 

Orfeo, Caronte

 
Qui è da notare che per Orfeo s'intende l'ombra d'Orfeo; essendo già morto.
 

ORFEO

Ombre grate d'Averno,  

grate al paro de' vaghi lampi d'oro,

che, col girar eterno,

intesse il sol con splendido lavoro,

or m'accogliete in seno

di quel bel lido ameno,

ove tra mirti ed amorose fronde

Euridice confonde ~ in dolce quiete

i suoi sospir col muto suon di Lete.

Or qual più lieve e pia

aura è tra questi orribili paesi,

che con dritta via

conduca a volo i miei sospiri accesi

e dia di me novella

alla mia dolce stella,

e le dica che Orfeo, non più vivente,

nud'ombra, sì, ma ardente ~ ai dolci rai

viene di lei, per non partirsi mai?

CARONTE

Qual ombra sento in questi

spechi d'Averno rimbombar soave?

Altri lugubri e mesti

scendon quaggiù, che di lasciar gli è grave

il ciel; questi gioisce.

Or di', chi sei,

ombra, che canti al suon di tanti omei?

ORFEO

Non riconosci Orfeo,

Caronte? Ecco ch'arrivo,

nuda ombra, al comun porto;

ove già scesi vivo,

or, rotta la prigion, vi giungo morto.

Passami, per pietade,

all'altra riva, e mostra

quel campo ove felice

in grembo a mille fior gode Euridice.

CARONTE

Ancor vaneggi, ancora,

fredda ombra, porti al sen foco amoroso?

Euridice dimora

in luogo impenetrabile e nascoso.

Getta pur tra quest'ombre ogni tua speme,

vedovo abitator di fredde arene!

ORFEO

Deh! Non turbar, Caronte,

con sì crude risposte il mio gioire;

fa' pur che varchi il rio,

che tosto rivedrò nel suo orizzonte

il sol, vivendo, morto,

al mio morir, risorto.

CARONTE

Va' pur errando vagabondo intorno,

anima disperata, ad altro lido;

non v'ha varco per te, né albergo fido,

finché il lacero e sparso

corpo, unito non sia sepolto ed arso.

ORFEO

Ahi, dura, acerba voce!

Ahi dimora, di morte assai più atroce!

 

Scena seconda

Mercurio, Orfeo, Caronte, Euridice.

<- Mercurio

 

MERCURIO

A che ti lagni, Orfeo, e, mesto il ciglio,  

stampi d'orme maligne i lidi inferni?

Il ciel t'aspetta, e tu tra pianti eterni

il varco tenti di penoso esilio?

Lascia i campi di morte e le gementi

ombre d'inferno: tra i celesti eroi

avrai lucido seggio, e i crini tuoi

sfavilleranno d'or, di raggi ardenti.

ORFEO

Perdonami, del ciel nunzio felice:

più grato m'è in Averno

penar con Euridice

che senza lei nel ciel goder eterno.

MERCURIO

Ah, tu vaneggi, e credi

ch'Euridice anco t'ami e ti conoschi,

tra questi campi foschi

beve ella un lungo oblio

dell'antico desio,

deh, meco al ciel, alma felice, riedi!

ORFEO

Deh, fa' ch'io prima miri

la diletta consorte,

per cui tanti formai dolci sospiri,

per cui cara mi fu, lieta la morte.

MERCURIO

Vo' ch'ella disinganni il tuo furore.

Caronte, accosta il legno:

or or trarrolla dell'Elisio fuore.

CARONTE

Ma tu non t'accostar, alma perversa;

va' pur girando altrove e lassa il canto

ed apprendi formar, misera, il pianto.

E se pur anco hai di cantar desio,

le pause canterai del remo mio.

ORFEO

O infelice Orfeo,

o dispietata sorte

ch'alzi di me l'orribile trofeo,

e morte ancor mi dai dopo la morte!

MERCURIO

Ecco Euridice tua: vedila, Orfeo.

ORFEO

Non è più vaga e bella

qual sia nel ciel vaghissima facella:

ma ben sei crudo, rio,

che allontani le braccia al mio desio.

 

<- Euridice

EURIDICE

Mercurio, chi è quel folle,  

che nel gelo di morte arde d'amore?

MERCURIO

Dunque non lo conosci? Ei per te more,

e tua beltade sovra ogni altra estolle.

ORFEO

Euridice, mio bene, eccoti Orfeo,

quel già sì caro un tempo

agli occhi tuoi famoso semideo.

EURIDICE

O tu sogni, o deliri;

io non conobbi Orfeo,

né 'l vidi mai, né di vederlo bramo

né l'ho in odio, né l'amo.

Rimanti in pace, io torno ai dolci rai

dell'Elisio felice, ai miei desiri.

 

Euridice ->

ORFEO

Ove fuggi, crudel? Ove mi lasci,  

dura, spietata e fiera?

Euridice! Euridice!

MERCURIO

Or non qual era

è la consorte tua, misero amante.

Ma non temer: bevi secura l'onda,

ch'io ti porgo, e vedrai

rasserenati di tua mente i rai.

CARONTE

Beva, beva securo l'onda,

che da Lete tranquilla inonda;

beva, beva chiunque ha sete

il sereno liquor di Lete.

 

Non più affanni,  

non più morte,

non più sorte;

privo di doglia,

pien di piacere,

venga, chi ha sete, a bere.

Beva, beva questi cristalli,

che trascorrono per le valli.

Beva, beva di questi argenti,

che non fanno provar tormenti.

Non più affanni,

non più morte,

non più sorte;

privo di doglia,

pien di piacere,

venga, chi ha sete, a bere.

Beva, beva questo liquore,

chi piagato si sente il core.

Beva, beva chi vuol dal petto

trar le noie e sentir diletto.

Non più affanni,

non più morte,

non più sorte;

privo di doglia,

pien di piacere,

venga, chi ha sete, a bere.

 

ORFEO

Che puro sereno,  

che dolce e chiaro lume aggiorna all'alma!

Né nube di dolor, né tosco d'ira,

né di furor baleno

già più nel cor s'aggira,

né mi preme d'amor la grave salma.

MERCURIO

Or segui il volo mio,

alma felice, alla sublime sfera.

ORFEO

Oramai fia che pera

il piacer che dà vita al tuo desio.

 

Mercurio, Orfeo ->

CARONTE

Tante volte all'inferno e torni e parti,    

alma di cantar vaga,

ed in cantar un'ostinata maga.

Or partiti una volta, e non tornare

né a veder, né a cantare;

ché, se tu torni, certo ti prometto,

per l'anima d'Aletto,

cacciarti in un cantone;

fatto immobile, batto col bastone.

S

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Scena ultima

Coro di Pastori in terra.
Coro di Dèi, Giove, Fosforo, Orfeo, tutti nel cielo.

<- pastori

 

CORO DI PASTORI

Ancor nebbia han le menti; cessi omai  

con lungo aspro dolore

turbar del cielo i più sereni rai.

Non è già morto Orfeo,

ma vive in ciel celeste semideo.

due del coro de' Pastori, mentre s'apre il cielo

Ecco, fra le più belle

schiere del ciel divine,

qual or lampeggia, e lucide facelle

fan giro sfavillando all'aureo crine,

e par che plachi la stellata lira

Giove toccante e fiammeggiante d'ira.

coro di Pastori segue

Non più, non più lamenti,

non più, non più querele:

non son i raggi spenti,

son giunte al ciel le fortunate vele:

Orfeo, ancora vive,

in terra no, ma nell'eteree rive.

 
Giove nel cielo; lo assistono tutti gli Dèi.

<- dèi, Giove, Fosforo, Orfeo

 

GIOVE

Quivi, del centro alla più luminosa  

seggia del ciel, tra fortunati eroi,

Orfeo, qui ti riposa,

novello nume ai Traci e ai lidi Eoi;

e già inchina l'oreccio, e de' mortali

pietoso accogli i voti e caccia i mali.

In cielo, in terra intanto

s'oda lieto e festivo e dolce canto.

Fosforo, voi, ch'in ciel sete primiero,

ad annunziar il giorno,

date fausto principio al canto adorno.

 
prima stanza

FOSFORO

Venite, o vaghe stelle,    

del sol lucide ancelle,

ornate i biondi crini

e le dorate chiome

al nostro semideo di bei rubini.

S

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CORO DI DÈI

Non è già morto Orfeo,

ma vive in ciel celeste semideo.

 
seconda stanza

FOSFORO

Tu, ricca primavera,

de' fiori tesoriera,

di croco e d'amaranto,

di bianchi gigli e rose

tessi ad Orfeo il prezioso manto.

 

CORO DI DÈI E CORO DI PASTORI
insieme

O nume glorioso,

o fortunato eroe,

felice semideo.

 
terza stanza

FOSFORO

E voi, Grazie, che al cielo

sgombrate il fosco velo

co' vostri eterni lampi,

rasserenate il viso

al nostro Orfeo, che sovra ogni altro avvampi.

 

CORO DI PASTORI

Orfeo ancora vive,

in terra no, ma nell'eteree rive.

 
quarta stanza

FOSFORO

Ma voi, canore dive,

non siate al canto schive:

con chiari e dolci accenti

fate che s'oda in terra

rimbombar gli astri e gareggiar i venti.

 

CORO DI DÈI E CORO DI PASTORI
insieme

Fortunato semideo,

che, col pregio del tuo canto,

hai nel ciel stellato ammanto,

gloria eterna, egual trofeo.

CORO DI DÈI

a tre

Al ciel poggiasti con canori vanni,

togliendo a morte nel morir gli affanni;

or, cantando del ciel, di stelle ornato,

rendi molle, qualor s'induri, il Fato.

CORO DI DÈI E CORO DI PASTORI

a otto

O nume glorioso,

o fortunato eroe,

felice semideo,

fortunato semideo,

che, col pregio del tuo canto,

hai nel ciel stellato ammanto,

gloria eterna, egual trofeo.

 

Fine (Atto quinto)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Inferno.

Orfeo, Caronte
 

(per Orfeo s'intende l'ombra d'Orfeo, essendo già morto)

Ombre grate d'Averno

Orfeo, Caronte
<- Mercurio

A che ti lagni, Orfeo, e, mesto il ciglio

Orfeo, Caronte, Mercurio
<- Euridice

Mercurio, chi è quel folle

Orfeo, Caronte, Mercurio
Euridice ->

Ove fuggi, crudel?

Che puro sereno

Caronte
Mercurio, Orfeo ->

Tante volte all'inferno e torni e parti

Caronte
<- pastori

(si apre il cielo)

Caronte, pastori
<- dèi, Giove, Fosforo, Orfeo

Quivi, del centro alla più luminosa

Fosforo, coro di Dèi e di Pastori
Venite, o vaghe stelle
 
Scena prima Scena seconda Scena ultima
Fiume Ebro. Inferno.
Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

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