Atto quarto

 

Scena prima

Mercurio dal cielo, coro di Dèi, Orfeo.

Mercurio, dèi, Apollo, Orfeo

 

MERCURIO

Senatori del ciel, numi sovrani,  

per non lieve cagione

del celeste governo

Giove v'attende al concistoro eterno.

UNO DEGLI DÈI

Dunque riman felice,

illustre semideo.

 
Tutti gli Dèi insieme intanto che s'alza la nuvola che li porta in cielo.

CORO DI DÈI

Dunque riman felice,  

illustre semideo,

già qui dimora a noi far più non lice;

dunque riman felice.

 

APOLLO

Questa del tuo natal lieta ultim'ora  

godi gioioso; intanto

faran plauso le stelle al nostro canto.

ORFEO

Ite al sacro consiglio

del governo del mondo, o sommi dèi,

e queste piagge e questi lidi miei

talor mirate con sereno ciglio.

Ahimè, che, al vostro dipartir, si parte

dal cor ogni mia gioia

e 'l petto ingombra orror, timor e noia;

su, dolcissima cetra,

dilegua il repentino mio dolore,

su, col tuo canto, impetra

il primiero seren al fosco core!

Ah, che trema la mano;

ah, mute son le corde.

E sento l'infelice

nuda ombra d'Euridice

che mi chiama. Ove sei,

dolce, cara consorte?

Dove debbo venire?

Ai regni, ai regni dell'oscura morte.

Vengo e ti seguo. Ahi lasso!

Non può spiegar un passo

irrigidito il piede.

Dunque starommi in quel cespuglio ombroso,

e darammi ristoro

l'ombra soave del paterno alloro.

Mercurio, dèi, Apollo, Orfeo ->

 

Scena seconda

Coro delle Menadi infuriate, Furore.

<- menadi, Furore

 

CORO DELLE MENADI

Bacco Niseo,  

Libero Bacco,

Bacco Niseo,

Bacco Bacco,

Liceo Evio,

Bacco Tirsigero.

 

FURORE

Non esce pur ancora  

il fuoco, eppur omai

le viscere divora.

Fuora, Furor, che fai?

Impugna il tirso

e scopri il ferro,

che, s'io non erro,

ecco vicin Orfeo.

UNA DELLE MENADI
I

Fermate il piè, compagne,

ch'io vedo, e non m'inganno,

un fiero lupo.

 
II

Dove s'appiatta?

 
I

Nell'orror cupo

di quella fratta.

 
II

Lupo non è né fiera, e sembra un uomo;

anzi è 'l nemico Orfeo.

 
I

Dunque s'uccida

dove s'annida.

 
II

Dunque a vendetta

corriamo in fretta.

Furore, menadi ->

 
si replica Bacco Niseo a 4
 

Scena terza

Calliope sola.

<- Calliope

 

 

Il desio di veder l'amato figlio  

le collinette amene

mi fa lasciar di Pindo e di Pirene;

ma quel torbido, ahimè! pallido umore,

che versa l'Ebro mio fuor dell'usato,

a lagrimar m'invoglia

ad isfogar la doglia

che di mezzo alle dolcezze amara nasce,

e, nato appena, in fasce

mille dardi crudeli

avventa nel mio core,

saettatrice esperta di dolore.

O dolci aure soavi, voi che, sì liete

sussurrando, d'intorno

v'aggirate d'Orfeo al bel soggiorno,

ditegli che se n' vole

a questa riva, acciò la lusinghiera

sua cetra mi console,

e 'l mio dolor pera.

 

Scena quarta

Fileno, nunzio. Calliope.

<- Fileno

 

FILENO

Versate, ahimè, versate,  

amarissimi lumi,

amarissimi fiumi

che, gorgogliando, destino pietate.

CALLIOPE

Narra, Filena, narra il tuo dolore.

FILENO

Lacera, o madre, il crine,

vesti di bruno, o terra, i tuoi fioretti

e scopri all'onde d'oro

d'Ebro infelice il lucido tesoro.

CALLIOPE

Ahimè, qual flebil suono

acutissimi dardi al cor m'aumenta!

Ah, voce no, ma tuono,

onde il fulmineo orror l'alma paventa.

Parla, crudel, e non m'uccider sempre

in sì dogliose tempre!

FILENO

Parlerà, ch'io no 'l posso, il mio dolore,

parleranno le lagrime e i sospiri;

parleran queste selve e questi colli,

fatti loquaci al suon de' miei martiri,

e nel sangue d'Orfeo tiepidi e molli.

CALLIOPE

Dunque il mio dolce figlio

giace nel sangue suo fatto vermiglio?

Deh, narra qual si sia

la sua sventura e l'aspra pena mia!

FILENO

Narrerò, se il dolore

lascia alla voce il suon, la vita al core.

Sotto l'ombra di bel crinito alloro,

in grembo a verdi e preziose erbette,

presso a un ruscello, al gorgogliar canoro

di linfe fuggitive e garrulette,

prendeva Orfeo gratissimo ristoro

rallentando le pene al cor ristrette,

e facea con soavi e mesti carmi

indurir l'onda, intenerir i marmi.

 

Era, bianca colonna, eburnea mano  

alla purpurea gota appoggio fido;

avea gli occhi rivolti al ciel invano,

al ciel ch'è sordo di sospir al grido;

facea l'aurata cetra il duol insano

muta giacer nel strepitoso lido

ch'Ebro mordendo bagna, e parea dire:

«Vedimi, Orfeo, al tuo languir languire».

Con gemer lieve e sospirar profondo

ei rimembrava intanto, e maledice

l'inesorabil fato, che dal mondo

tolse il suo ben, e sospirando dice:

«Fato crudel, ben m'hai riposto al fondo

d'un pelago di lagrime, infelice!»

Volea pur dir, ma ruppe il canto e 'l duolo

un confuso ulular d'armato stuolo.

Volge Orfeo gli occhi lagrimosi e vede

venir contro di sé con tirsi ignudi

l'infuriate Menadi, e ben crede

poter placar di donne i petti crudi.

Prende la cetra abbandonata e fiede

le fila d'oro, che piegar gl'incudi;

ma invan corre la man, suona la cetra,

che infuriate donne han cuor di pietra.

Dunque, mentre la man dolce sonava,

ahi, dispietato e più che crudo affetto!

Mentre col suono il canto gareggiava,

e ne prendean le selve e il ciel diletto,

giunse il Furore dove Amor si stava

tra molli piume dell'eburneo petto:

quivi con mille colpi, empie, il feriro,

onde l'anima e il canto insieme usciro.

al fine di ciascheduna stanza si fa il presente ritornello adagio

CALLIOPE

Ahi, dolor che m'uccidi!

Morte, che con un dardo,

a volar lieve a ritenersi tardo,

due vite abbatti e due alme dividi!

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FILENO

Anzi, ecco appunto ch'Ebro  

fra le lacrime sue ti porta avvolto

tra bianchi lini di tua prole il volto,

e par che dica all'onda in dubbio suono:

«Cantate voi, ora che muto io sono».

CALLIOPE

Ahi, vista! Ahi, figlio! Ahi, ciel! Ahi, numi! Ahi, sorte!

Serbate a me la vita, al figlio date

acerbissima morte!

Ahi, figlio, chi t'uccise?

Figlio, rispondi, o figlio,

quell'eburneo collo, ahi! chi 'l recise?

FILENO

Nel petto, ahimè! di femmine crudeli.

Ove di crudeltà si pasce il core,

nacque e crebbe di subito il furore.

CALLIOPE

Donne crudeli e ingrate,

ben pagherete il fio

del fallo vostro ingiusto

al giusto dolor mio!

Ma chi mi rende intanto il tronco busto?

FILENO

Ahi, che l'empie omicide

il laceraro tutto a brano a brano,

e le stillanti membra

or seminando van per monte e piano!

CALLIOPE

Anderò dunque, pria che il duol m'uccida,

l'innocenti reliquie del mio bene

raccogliendo in sospir, lagrime e pene.

Fileno, Calliope ->

 

<- pastori

CORO DI PASTORI

a 6  

O tutti, raccolti

da piagge, da monti,

sospiri sepolti,

nei rivi le fonti

venite colmando,

nell'umido umore

venite scemando

i cuor di dolore.

È morto, ahi, chi piange!

È morto, ahi, chi geme!

Il petto che frange

di Tracia la speme;

è muta la lira

che trasse le selve,

che l'ira ~ feroce

placò delle belve!

Or lacera, esangue

si giace la prole,

qual fiore che langue

reciso dal sole.

O ferro spietato!

Che mano crudele!

Oh quanto hai versato

d'assenzio e di fiele!

È muta, ahi! la lira

che vinse l'inferno,

che ai regni dell'ira

diè dolce governo;

ch'in tremoli accenti

già fece fermare

la furia de' venti,

l'orgoglio del mare.

 

Fine (Atto quarto)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto
Mercurio, dèi, Apollo, Orfeo
 

(Mercurio dal cielo)

Senatori del ciel, numi sovrani

Questa del tuo natal lieta ultim'ora

Mercurio, dèi, Apollo, Orfeo ->
<- menadi, Furore
Coro delle Menadi
Bacco Niseo

Non esce pur ancora

Furore, menadi ->
<- Calliope

Il desio di veder l'amato figlio

Calliope
<- Fileno

Versate, ahimè, versate

Anzi, ecco appunto ch'Ebro

Fileno, Calliope ->
<- pastori
Coro di Pastori
O tutti, raccolti
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta
Fiume Ebro. Inferno.
Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quinto

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