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Scena prima |
Orfeo solo. |
Orfeo
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Gioite al mio natal, crinite stelle,
gioite, luna e sole,
gioite, monti, selve e rive belle,
e tu, volubil mole
di salsi flutti e liquidi cristalli,
gioite, oggi e valli.
2º ritornello
Danzate al canto mio, fere selvagge,
danzate per le selve,
per intricati boschi e aperte piagge,
danzate per le selve,
e al rauco suon de' cimbali marini
danzate, orche e delfini.
3º ritornello
Cantate al mio gioir, onde correnti,
cantate, rivi e fonti,
cantate, elci frondosi, arvi gementi,
e voi dagli alti monti
vezzosi augelli, e tu rispondimi, Eco,
dal tuo canoro speco.
4º ritornello
Oggi li primi amabili splendori
trassi di questo sole,
trassi oggi le prim'aure e i primi ardori;
oggi tutto in carole
si passi lieto e si cominci omai:
trassi oggi i primi rai.
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Scena seconda |
Ebro, Orfeo. |
<- Ebro
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EBRO |
Tu lieto canti, Orfeo, e il tempo vola.
Su, su, dal ciel si chiame
chiunque di gioir brame:
oggi in lieto convito
siedono i dèi in questo ameno lito.
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ORFEO |
Vien, Giove e Marte; vieni, Apollo, e 'l crine
di più sereni raggi adorna e vesti;
venite pur, celesti!
Bacco, no, ch'io non voglio,
Bacco, no, ch'io non chiamo,
che nei lieti conviti ardire e orgoglio
e spesso ancor furore
suol eccitare al core.
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EBRO |
Fauni, Sileni, Satiri e Silvani,
tutti venite, e gioirete meco
in verde, erboso speco.
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ORFEO |
Venite ancor, pastori, al mio gioire;
ma voi, donne, lontane
ite dalle mie gioie e mio desire.
Ite pur, donne insane.
Peste del mondo e velenosi fiori,
prati de' bei colori,
ma in voi d'aspidi è 'l nido e con diletto
avvelenate de' mortali il petto.
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Scena terza |
Mercurio, con due Giovani dal cielo che portano dei vasi di nettare. Orfeo, Ebro. |
<- Mercurio, due giovani
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MERCURIO |
Udito ha il cielo, o giovane canoro,
il tuo cortese invito,
e verrà tutto unito
ad onorarti de' celesti il coro.
Giove solo riman nella celeste
più ritirata soglia,
odioso di feste,
egro nel volto e pieno il cor di doglia.
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ORFEO |
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MERCURIO |
Di congiurate stelle
a danni del suo sangue orrida vista.
Manda però, segni d'immenso amore,
in luogo dell'odiato inutil vino,
questi vasi di nettare divino.
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ORFEO |
Gradisco il dono, e, più che il dono, il core.
Vanne, Ebro, e quel prezioso almo liquore
ripon sicuro in ritirato sasso.
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EBRO |
Ove m'accenni, pronto muovo il passo.
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| Ebro ->
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MERCURIO |
Io bandirò dal mondo il furor cieco,
che tra queste colline or fa dimora;
farò che il piede dal tartareo speco
non mova oggi, fin tanto
che finischin le gioie e torni il pianto.
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ORFEO |
O grazioso nume,
questa è mercé che sovra ogni altra bramo:
vada il Furor lontano
e alberghi sol nei femminili petti,
più dell'inferno assai sordidi letti.
| Mercurio, due giovani ->
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Scena quarta |
Apolline dal cielo, Orfeo. |
<- Apollo
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ORFEO |
Vedimi alle tue brame, o figlio amato,
tutto allegro e gioioso;
né crine omai dei raggi più pregiato,
né cerchio di diamante più pomposo,
né vesto più bel manto,
quando più bramo di bellezza il vanto.
Ma ohimè! Nel mezzo d'ogni mio diletto
un rio pensiero mi trafigge il petto.
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Deh, non ti turbi
l'alma pensier noioso,
o lucido signore,
del giorno, o genitore.
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APOLLO |
So che crudo destino
dalle man dolci, forti e lusinghiere
di belle donne ti sovrasta, o figlio.
Deh, segui il mio consiglio:
un dolce ben, ch'in un momento pere,
fuggilo, e segui di virtù 'l cammino.
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ORFEO |
Non temer, padre, non temer che amore
non signoreggia più, come solea,
nel tenero mio core.
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APOLLO |
Fuggi pur, fuggi pure
le donne e i lor diletti; forse a morte
non giungerai, seguendo infide scorte.
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ORFEO |
Anzi odio, che non amo,
donna che inneschi di dolcezza l'amo.
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APOLLO |
Andiamo dunque a dar principio lieto
ai canti, ai suoni, ai balli.
Eco risuoni dall'ascose valli,
né turbi il gioir nostro alcun divieto.
| Orfeo, Apollo ->
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| <- satiri
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CORO DI SATIRI
a 8
Deh, compagni, venite,
deh venite, compagni;
niun si lagni;
deh, compagni venite,
deh venite, compagni.
Due satiri
Cure moleste,
per le foreste
ite tra voi,
gioirem noi
in bel convito,
in sen fiorito,
fuor delle linfe,
tra vaghe ninfe.
Due altri satiri
Quel prezioso,
tutto odoroso,
tutto divino
odor del vino,
la sete rabbia
di nostra labbia
per l'avvenire
farà bandire.
(qui si replica Deh, compagni a 8)
Due satiri
O, s'io trovassi
tra questi sassi
quel dolce umore
che allegra il core,
quei tenerini,
dolci rubini,
la calamita
di nostra vita!
Due altri satiri
Già par che il core
senta l'odore,
tante son stille
tant'ha faville
che danno lena
ad ogni vena,
che danno al petto
dolce diletto!
| (♦)
(♦)
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