Scena prima |
Monte Etna. |
Polifemo, Aci, Galatea | ||
POLIFEMO |
Fugace Galatea, perché al mio lido vieni quando mi tiene il dolce sonno, e vai quando mi lascia il dolce sonno? Giove non sprezzeresti, e me disprezzi, che nelle forze ho più poter che Giove! [Cfr. Met. XIII 842-3: “[...] non est hoc corpore maior/ Iuppiter in caelo”.] Ah, perché non ho io l'alie de' pesci da poterti seguir per entro all'onda! Vien da me, dunque, e lascia il mar ceruleo, privo di te, rauco sferzar la sponda. Stan presso all'antro mio lauri e cipressi, alberi che di poma han curvi i rami, viti con uve porporine e d'oro. [Cfr. III I 10-2 con Met. XIII 810-4: “Sunt mihi, pars montis, vivo pendentia saxo/ antra, quibus nec sol medio sentitur in aestu,/nec sentitur hiems; sunt poma gravantia ramos,/sunt auro similes longis in vitibus uvae,/sunt et purpurae.”] Ma crudel non m'ascolti, e forse stai in braccio ad Aci delicato e molle: tempo verrà ch'ei proverà mortali quelle forze che or tu sprezzi amorose. [Cfr. III I 15-6 con Met. XIII 863-4: “[...]modo copia detur,/sentiet esse mihi tanto pro corpore vires.”] Galatea, dove sei? Galatea, deh rispondi... Ma che veggio! spietata, ecco perché mi fuggi: ad Aci in seno vagheggiata il vagheggi! Ah! questo sia l'ultimo al vostro amor lieto momento: [Cfr. III I 19-22 con Met. XIII 874-5: “Videoque [...] et ista/ ultima sit, faciam, Veneris concordia vestrae[...]”.] plachi acerba vendetta il mio tormento! Svelliti, alpestre masso, e dirupato cadi sul mio rival... la diva illesa se n' fuggìo, ma non ebbe il piè sì ratto a seguitarla il drudo: il colpo è fatto. (parte) | Polifemo -> | ||
La balza caduta fa il prospetto della scena seconda. | ||||
Scena seconda |
Galatea. |
Galatea | ||
GALATEA |
Aci, amato mio bene, Aci, ove sei? Meco tu non fuggisti. Forse al tuo scampo in altra parte, o caro, furon propizi i dèi! Aci, mio gran tormento, Aci, ove sei? Ma quale striscia di purpureo sangue sgorga di sotto al grave masso? oh, dèi! [Cfr. Met. XIII 887-8:” Puniceus de mole rubor manabat, et intra/ temporis exiguum rubor evanescere coepit.”.] Aci, Aci infelice, ahi! dove sei? O dell'ira crudel di mostro orrendo vittima sventurata, fu la tua morte l'amor mio! Che pensi, Giove, ozïoso Giove? | |||
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[N. 20 - Aria] | ||||
Galatea -> | ||||
Scena terza |
Caverna di Polifemo. |
Ulisse, Calipso | ||
CALIPSO |
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ULISSE |
All'opra dunque, allor ch'ei torna. | |||
CALIPSO |
All'opra: savio è il consiglio, e lieto fin l'attende. | |||
ULISSE |
Ma dimmi, o vaga diva: a mie vicende che mai rivolse il tuo pensier cortese? | |||
CALIPSO |
La fama di tue geste il cor m'accese, e svelando a me Themi parte del tuo destin, seppi che a questo lido funesto e ad un fatal periglio approdato sarebbe il tuo naviglio. | |||
ULISSE |
Rai d'immortal bellezza io ben scorgea scintillar dal tuo volto, amabil dea. Se tu m'assisti, io spero, al mostro reo, che divorato ha due de' miei seguaci, far pagare il fio. Odi i moti del gran sasso che chiude l'antro. Ei torna. | |||
CALIPSO |
Invisibile son io. | |||
<- Polifemo | ||||
POLIFEMO |
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ULISSE |
Possente Polifemo, piacciati accrescer la tua gioia in seno con questo almo liquor d'Ismaria vite, ch'a te in dono portai. | |||
POLIFEMO |
D'Etna selvoso a me non manca generoso vino, ma il tuo si gusti ancor... (beve) liquor divino! Ricolma il nappo e poi dimmi il tuo nome, ché vuo farti un bel dono. (ne gusta) Quel che bee Giove in ciel non è sì buono. | |||
[N. 21 – Aria] | ||||
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(beve) Versane ancor: voglio colmarne il petto. | |||
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Potrò di tanto ardor smorzar gran parte almen con l'inondarmi 'l sen di così buon liquor. | |||
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Or dimmi 'l nome tuo. | |||
ULISSE |
Nïun m'appello. Qual è il don che mi fai? | |||
POLIFEMO |
Il dono è, che tu l'ultimo morrai. | |||
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Ma i piè non mi sostengono; pesanti e torbidi gli occhi si chiudono, il sonno vien. (parte) | Polifemo -> | ||
ULISSE |
Mira i gran passi vacillanti: oh, come ruinoso strabalza! Or va carpone; su quell'alghe or si colca: è in preda al sonno. Compagni, or del valor nostro alla prova: lo schiantato, rovente aguzzo ramo da quelle fiamme a me recate. Immerso in profondo letargo, sdraiato Polifemo immobil giace al suo fatal cordoglio: oh, che russare orrendo, qual procelloso vento co 'l grand'urto de' flutti in cavo scoglio! Venite, o valorosi, e secondate l'opra. Nell'occhio vasto del ciclope or vado ad immergere a forza il tronco ardente; sparsi poi sotto la lanosa mandra facil ne fia scampar dal cieco mostro: tolta il Fato ha sua morte al poter nostro. | |||
CALIPSO |
Arridi, o sommo Giove, a tanta impresa, e il tuo disprezzator senta qual cade grave sull'offensor divina offesa. Ecco, il tronco s'estolle: eccol vibrato! Eccol nell'occhio immerso: bollente inonda fuore il cristallino umore. Quali smanie! quai salti! che fremiti! che furia! Scaltri i greci s'appiattano: gli spaventati armenti scorron tumultuosi or qua, or là per la caverna immensa. A questa volta ei viene; ma l'opprime il dolor, cade, si sviene. [Cfr. III 24-70 s'ispira liberamente a Od. IX 347-98.] | |||
[N. 22 - Aria] | ||||
ULISSE | Ulisse -> | |||
CALIPSO |
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[N. 23 - Aria] | ||||
Calipso -> | ||||
Scena quarta |
Prospetto della rupe caduta sopr'Aci. |
Nerea, Galatea | ||
NEREA |
Dal tormentoso svenimento ei sorse e, furïoso brancolando, invano cercò per sua vendetta i greci accorti. Poi l'ampio sasso, che chiudea l'ingresso alla caverna, alzò, perché le greggi rimanessero al pascolo; ma tutte passar le fea sotto alle forti braccia che curvo ei distendea, toccando i dossi, per impedir de i prigionier la fuga. Ma quelli, al ventre avvinti de i robusti montoni, deluser l'empio, e in libertà n'usciro. | |||
GALATEA |
Impuniti non lascia il sommo Giove i gran delitti: ma che val vendetta che il perduto non rende? O re de' numi, rendimi, tu che puoi, l'estinto amante: pietoso del mio duol, cangial, ti prego, cangialo in nume, e il suo fatal periglio portilo a lieta invariabil sorte. | |||
NEREA |
T'ascoltò Giove, ed annuì co 'l ciglio. | |||
Scena quinta |
S'apre la rupe: vedesi la sorgente d'un fiume. |
<- Aci | ||
[Met. XIII 887.] | ||||
[N. 24 - Aria] | ||||
ACI | ||||
GALATEA |
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ACI |
Il tutto vidi di grembo a Giove. Il furïoso mostro mira, che forsennato va ruinoso ove il furor lo porta. Ecco, ei s'appressa: assiderato fia sin che un aspro rimprovero lo renda miserabile più nel suo castigo. | |||
Scena sesta |
Polifemo e detti. |
<- Polifemo | ||
POLIFEMO |
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ACI |
T'arresta immobile, empio disprezzator d'uomini e dèi! | |||
POLIFEMO |
Qual nuovo orror! l'assiderate piante mi tengon fisso come quercia al suolo! Ma non è quella d'Aci, e sonora viepiù, l'odiata voce? | |||
GALATEA |
È d'Aci sì, cui, da tua rabbia oppresso, diè Giove immortal vita. Or tu, spietato, sei miserabil mostro, ed egli un nume; nume di questa limpida sorgente onde co 'l nome suo scende il bel fiume. | |||
POLIFEMO |
Ingiustissimi dèi! Tiranno Giove! Galatea tu sei! | |||
[N. 25 - Aria] | ||||
GALATEA | Galatea -> | |||
ACI |
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[N. 26 - Aria] | ||||
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Aci -> | |||
POLIFEMO |
parte del mio destin più tormentosa! Non ti bastava, insazïabil Giove, di farmi scopo a' fieri sdegni tui, che mi fai scherno altrui? E tu, gran nume scuotitor del mondo mio genitor Nettuno, tal cura avesti del tuo nobil figlio? [Cfr. Od.IX 528-9] Rendi almeno al mio ciglio la perduta sua luce. L'offesa è tua: sia la vendetta ancora. Ma oppresso, abbandonato, la rabbia mi divora, e un furor disperato mi tormenta. Furie, son vostra preda: ah! per voi sia la vita, ancor con la mia luce, spenta. (parte) | Polifemo -> | ||
NEREA |
(♦) | |||
[N. 27 - Aria] | ||||
Nerea -> | ||||
Scena ultima |
Ulisse, Aci, e Galatea, etc. |
<- Ulisse, Aci, Galatea, coro, Calipso, Nerea | ||
ULISSE |
Intessete ghirlande, inni cantate, ninfe vaghe dell'onde, ninfe vezzose delle verdi sponde, al bel figlio di Fauno e Symethea. [Aci (cfr. Met. XIII 750: “nymphaque Symaethide cretus”).] Del sol che già declina faccia lieto il bel lume sparse d'oro brillar l'argentee spume della placida, tremula marina. In plauso di costanza a' nostri affetti portino i zeffiretti, e dalle nude e dall'ombrose fronti degli scogli e de' monti, Eco suonante. | |||
[N. 28 - Coro] | ||||
CORO | ||||
ACI |
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[N. 29 - Terzetto] | ||||
GALATEA |
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ACI |
Siegui ad amar: no, non può dar dono maggior, se più bear mi vuole il ciel. | |||
ULISSE |
D'Amor l'aureo strale uguale al sen piacer mi dà. | |||
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ACI, GALATEA E ULISSE |
Un bel contento nel rïamar sempre sarà. Le fonti più gradite son del diletto, se dolcemente unite son dall'affetto bellezza e fedeltà. | |||
CORO Accendi nuova face tutta diletto e pace, Amor festante. | ||||
Monte Etna.
Fugace Galatea, perché al mio lido
La balza caduta fa il prospetto della scena seconda.
Aci, amato mio bene, Aci, ove sei?
Caverna di Polifemo.
Dell'inganno s'accorse, e inferocito
Per gioia d'una mia giusta vendetta
Mira i gran passi vacillanti: oh, come
Prospetto della rupe caduta.
Dal tormentoso svenimento ei sorse
(s'apre la rupe: vedesi la sorgente d'un fiume)
Deh, vieni, Aci immortale; Aci, deh, vieni
Che dici or, tu c'hai più poter che Giove?
Fra le vicende delle sorti umane
Intessete ghirlande, inni cantate