Atto primo

 

Scena prima

S'apre il cielo, si vede Giove assiso nel suo soglio, e molti Numi intorno.
Giove, Mercurio, e Coro di Numi Celesti.

 Q 

(nessuno)

<- Giove, Mercurio, molti numi

 

CORO

Gioia a te, gloria a te sovrano Giove,  

al cui ciglio possente, al cui pensiero

il cielo, e 'l mondo intero

ad un punto si move.

Tu gli uomini, e gli dèi reggi, e destini

ogni somma virtude a te s'inchini.

 

GIOVE

Superni dèi, ch'in questa empirea reggia  

del nettare divin l'onda bevete,

a cui d'ogni desio spegner la sete

lice nel mar, che di contenti ondeggia.

Oggi a nuovo gioir s'apran le porte,

e qual torrente, che l'usata sponda

frenar non vaglia, il proprio ben diffonda,

e gaudi suoi nell'universo apporte.

D'inusitato amor nodi immortali

stringo a nuovi imenei tra numi orditi:

sien gli eterni reami indi arricchiti

de' nostri figli, a noi medesmi eguali.

La dèa, che l'aria regge a me sia sposa,

come rotan congiunti i regni nostri:

Minerva al re de' più profondi chiostri:

Cinzia al rettor della provincia ondosa.

Perch'al saggio Vulcan deggio non poco

per mie saette, e 'l brama anco Giunone,

vo' che Venere prenda, ed a ragione

giungo la dèa d'Amor col dio del foco.

MERCURIO

Nobil pensier, del senno tuo ben degno,

re ch'imperi ove il crin s'ingemma il sole,

fia più possente, e per novella prole

splenderà d'altre fiamme il tuo gran regno.

GIOVE

Vesti l'ali Mercurio, e spiega il volo

sì ch'ogni nume il mio disegno apprenda,

chiama le muse, onde sonar s'intenda

fuor del costume suo l'etereo polo.

MERCURIO

Or ecco ad eseguir soave impero

sovrano genitor lieto m'accingo

ratti vanni apprestando al mio sentiero.

GIOVE

Rida di nuovi fregi il cielo adorno,

piova a' mortali di letizia un fonte,

e de' più vaghi rai ricco la fronte,

corra le stelle il portator del giorno.

La purpurea di lui furiera, e duce

sparga con l'aurea mano empirei fiori,

fuor del suo stile l'universo indori

nunzia d'alto gioir, più che di luce.

 

CORO DI DÈI

Padre del ciel come il desio t'invoglia,  

quanto volge la mente, e quanto imperi

mirabil giunge a noi mai sempre, e caro.

Saggi move i pensieri

senno, ch'eterna luce ognor fa chiaro,

giusta il petto divin desta la voglia,

goda ogni sfera, e con un tuon giocondo

alle gioie del ciel prepari il mondo.

 
 

Scena seconda

La prospettiva si cangia in boschereccia; Diana con sei delle sue Ninfe cercano un cervo ferito.
Diana con sei delle sue Ninfe.

Bozzetti

 Q 

(nessuno)

<- Diana, sei ninfe

 

DIANA

Ahi ché 'l cervo è fuggito,  

né so come lo sguardo

fisso pur dietro a lui, l'abbia smarrito.

NINFA PRIMA

Corsi ben io, ma 'l corre mio fu tardo,

pur se n' fugge ferito,

e cadrà forse in mezzo al corso esangue,

eccone il mio quadrel tinto di sangue.

DIANA

Va ferito egli è vero,

e porta anco nel seno un dardo mio:

ma che giova all'arciero

piagar la fiera, che poi

troppo lungi morrà dagli occhi suoi?

NINFA SECONDA

Ed io so ben il luogo, ove ricovra,

né dal bosco è lontano,

da cui Melampo tuo mosse pur ora,

s'ivi s'asconde, a me si cela invano.

DIANA

Se la piaga è mortale,

dove credi non giunge,

tra via l'arresterà l'acuto strale,

che mortalmente il punge.

NINFA TERZA

Forse l'altre compagne,

ch'eran lungi da noi di là dal monte,

furo a seguir più pronte

per quelle aperte, e sterili campagne.

Ma qual sento rumor tra quelle selve,

ove s'ergon più spesse?

È Melampo, o son belve?

No no, le nostre ninfe, elle son desse.

 

Scena terza

Nerine, Clori con quattro altre Ninfe, e le medesime.

<- Nerine, Clori, quattro altre ninfe

 

NERINE

Io dèa la fiera ancisi, a me s'aspetta  

della fronte il bel dono;

io nel cor gli avventai cruda saetta.

DIANA

Ne godo o mia Nerine,

come lieta qua giù mi fan sovente

l'opre tue pellegrine.

NERINE

Là su quel colle ascesa,

pronto fu l'arco il dardo,

selva cercava ad altra fiere intesa:

quando ferito il dorso

il cervo rimirai correr sì ratto,

che parea l'ali faticasse al corso,

scoccò l'alato ferro, e 'n quel momento,

felicissimo colpo,

cadde ferito, e spento.

CLORI

Il vero narra, ed io

più d'ogni altra vicina

ciò vidi, e ne stupì lo sguardo mio.

DIANA

Orsù ninfe gradite

di rose, e d'amaranti

pregiato dono alle sue chiome ordite.

 

CORO DI NINFE

(le ninfe colgon fiori)  

Vaghi fiori, ed odorati,

che sorgete,

che ridete

per le piagge, e per li prati.

DIANA

(sola)

Quella ninfa, quella arciera

onorate,

coronate,

ch'atterrò fugace fiera:

CORO

(intessendo la corona)

Intrecciam fiorito serto,

ch'a Nerine

cinga il crine

giusto premio a tanto merto.

(danno la corona a Diana che tenendola in mano canta)

DIANA

Ecco intesta dei bei fiori

la corona,

che ti dona

quella dèa ch'in terra adori.

(la pone in testa a Nerine)

CORO

Sembran gemme e son più belli

su quest'oro

del tesoro,

ch'arricchisce i tuoi capelli.

 
Mercurio scende volando dal cielo.

<- Mercurio

 

DIANA

Nume a noi drizza il volo, a quei, che move  

doppi e rapidi vanni,

Mercurio sembra il messagger di Giove.

 

Scena quarta

Mercurio, e le medesime.

 

MERCURIO

Ecco i boschi di Delo,  

ecco le piagge avventurose, e belle,

dove ognor lieto i rai dispiega il cielo.

Qui Cinzia cercherò per queste selve,

se, quale è 'l suo costume,

ogni cura tien volta a piagar belve.

DIANA

A me nunzio se n' viene,

odo ben del mio nome

soavi risonar l'aure serene.

MERCURIO

Cresca a te bella dèa diletti il fato,

fortunato messaggio a te discendo.

DIANA

E qua dall'auree stelle,

apporti a' desir miei dolci novelle?

MERCURIO

Di giubilo sovrano

ardon gli eterni lumi,

né sia tanto piacer da te lontano;

destinata se' sposa

al dio, che 'l morso al mar turbato impone;

tal è del sommo rege

la voglia, che dal ciel tutto dispone.

DIANA

S'altro avviso non porti,

poco grato mi giungi,

troppo da' desir miei, troppo son lungi

quelle, che stimi tu somme sventure:

torna pur, torna al cielo,

al mio gran genitor di', che mia mente

lieta sfavilla di vergineo zelo.

Tra fidi veltri, e queste

selvagge ninfe accolta,

d'ogni laccio d'amor l'alma disciolta,

contenta scorrerò l'ampie foreste.

MERCURIO

Se conformi al voler son tue parole,

erri tu bella diva:

come restar vuoi priva

e di sposo, e di prole?

DIANA

Mercurio indarno speri

con l'arte, onde se' nume,

svolgere il mio costume,

e pudichi del cor fermi pensieri:

impenneran pria l'ali,

e cangiando natura

voleran per lo ciel cervi, e cinghiali:

arderà il gelo, agghiaccerà l'arsura,

che Cinzia a sposo mai pieghi la voglia.

Quel desio che m'invoglia

vivrà meco immortale,

ne fia che seco accoglia

altro parer, che a se medesmo eguale.

Questo impresso mi siede

nell'immutabil petto:

torna al mio padre, e spiega,

verace messagger, quanto io t'ho detto.

MERCURIO

Seconderò tue brame, i bei desiri

turbar non vo' di così salda mente:

sali ove di Piropi eterni ardente

luce il seren de' luminosi giri,

udrà Giove i tuoi sensi,

forse fia che cortese

al verginal desio teco dispensi.

DIANA

Ne' campi, ove suoi rai semina il sole

ascenderò con le mie ninfe or ora

col piè stellato a raddoppiar carole,

ove il sentier Piroo correndo indora.

Intatte verginelle

ché voti miei seguite,

quanto son più gradite

le grazie, che Onestà rende più belle?

Che val beltà, che vale,

se non è casto il core?

Perde il pregio e l'onore

fior, che l'aratro assale:

ne' boscherecci alberghi

quanto puri gli affetti Amor compone,

quindi fregi e corone

speri l'incolto crine,

onde meravigliando a' vostri onori,

e la terra v'adori, e 'l ciel v'inchine.

 

CORO DI NINFE

Sovra i prati, e tra le selve  

più riluce castità,

fuor del cielo a piagar belve

vibra rai di purità.

Sprezza sicura

d'Amor l'arsura

la pudica sua beltà.

Mille fior nascono intorno,

dove posa un casto piè:

dove volge il guardo adorno

spira gioia e dà mercé:

risplenda il sole

più che non suole,

ch'appo lei chiaro non è.

Porta seco il suo diletto,

né più chiede, o brama più,

pregi accoglie il nobil petto

quanti godi o ciel mai tu:

come a regina

a lei s'inchina

ogni grazia, ogni virtù.

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DIANA

(sola canta)  

Vesta il sol più chiari lampi

più s'imgemmin l'auree stelle,

e germoglin di fiammelle

sparsi d'or gl'eterei campi:

non fia pur ch'io non avvampi

di far lieto in voi soggiorno

care mie delizie, e belle.

Qual contento il ciel mi fura

tra sue mura

mentre qui non fo ritorno.

 

Fine (Atto primo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Cielo.

 

(s'apre il cielo, si vede Giove assiso nel suo soglio, e molti Numi intorno)

<- Giove, Mercurio, molti numi

Gioia a te, gloria a te sovrano Giove

Padre del ciel come il desio t'invoglia

Boschereccia.

 
<- Diana, sei ninfe

Ahi ché 'l cervo è fuggito

Diana, sei ninfe
<- Nerine, Clori, quattro altre ninfe

Io dèa la fiera ancisi, a me s'aspetta

Coro di Ninfe, Diana
Vaghi fiori, ed odorati
Diana, sei ninfe, Nerine, Clori, quattro altre ninfe
<- Mercurio

Nume a noi drizza il volo, a quei, che move

Ecco i boschi di Delo

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta
Il mondo, quasi un caos, che distintosi appariscono le campagne di Firenze con Arno Cielo. Boschereccia. Montagne coperte di neve, nel mezzo la fucina di Vulcano, che dalla cima esala fiamme. Monte Parnaso. Giardino di Venere. Reggia di Plutone. Torna la scena della amenità di Venere, ma variata nel foro. La prospettiva, e l'inferno. Palazzo di Cerere sopra un prato. S'apre la grotta di Vulcano. Mare, dal mezzo apparisce uno scoglio di coralli, e perle. Tutta la prospettiva mostra inferno. Diventa tutta la scena cielo aprendosi dalla destra, e dalla sinistra parte: in aria si vede una grandissima...
Prologo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

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