Dedica a sua eccellenza il signor Adamo Enrico di Stanau

La fama, e la fortuna del teatro porteranno in varie parti del mondo questo mio libro. Io mi approfitto di questa fortuna, e di questa fama per ispargere nel mondo un testimonio pubblico de' miei doveri verso di v. e., una palese ammirazion de' suoi meriti, una impaziente brama di renderli più noti per maggiormente onorarli. Le virtù risultano dall'opre; i meriti dalle virtù; la gloria, da chi ne fa conoscere, e le virtù, ed i meriti. Non sarebbe gloria, se non fosse un comune giudizio, ed un grido comune. Non sarebbe comune, né il grido, né il giudizio, se ciascheduno non potesse entrarvi con l'intelletto, e con la voce, a formarne, a pubblicarne l'universale sentenza. Come v. e. non ha potuto in tanti assedi, in tante battaglie ottener tante vittorie senza molte mani, e molte spade, così non può conseguire la dovuta gloria, senza molte lingue, o molte penne.

La mia non pensa di chiudere in questo breve giro le glorie di v. e., molto meno spera di farle suonare su queste carte, dove non abbiano prima risuonato su le labbra de' suoi ammiratori. Sarà ufficio della storia il comprendere tutte le sue azioni, tutte le sue imprese. È solito effetto delle sue imprese, e delle sue azioni il farsi sentire ad ogn'uno, ch'abbia senso per gli avvenimenti dell'universo. Oltre di che le vere lodi mal si possono dare ai grand'uomini avanti a gli uomini dell'età loro. I lor meriti, o militari, o civili, sono azioni, o maneggi dipendenti da certa sorte di venerabili cagioni, che devono rimaner tra gli arcani, o almen fra i misteri del silenzio per qualche secolo. Chi va ad isvelare il vero dell'altrui gloria fin in fondo all'essenza delle sue perfezioni corre gran rischio d'offendere la modestia del lodato, e molto più l'invidia degli uditori. Bel vanto della sua gloria è l'essere di quella spezie così illustre, che le particolari sue eccellenze meglio si spandono con le voci fra i viventi, e con più grazia si mandano con le penne fra i posteri.

A questo sublime grado v. e. s'è condotta con trentasei anni di generosi sudori. Le virtù dell'obbedienza, e del comando, le ha portate dalla natura in quelle felici disposizioni, che formano facilmente i gran savi, ed i gran capitani. Le ha poi guidate alla lor perfezione con l'opra gloriosa di lungo studio. Ha fatto acquisito dell'arte, con cui si vincono le fortezze, e gli eserciti, ne' conflitti di Senes, di Treviri, di Vienna, di Barcano; e negli assedi di Strigonia, di Najaihaisel, di Buda, di Belgrado, di Magonza, ed in tanti altri cimenti in Alemagna, in Ungheria, in Polonia. Esemplari perfetti di virtù guerriere se le hanno offerti alla mente sul Danubio, sul Reno, su la Vistola, sul Boristene. Gli ha saputi v. e. così bene far suoi, che molti principi han bramato, che ella impieghi in loro vantaggio l'acquistato magistero. Luogotenente maresciallo del campo l'ha voluta la Corte Elettorale di Baviera. Generale dell'artiglieria l'ha dichiarata l'imperial voce di cesare. Il re Augusto di Polonia l'ha fatta vedere alla testa delle sue genti, e le ha fidato il general governo di tutte le sue mura. Questa è un'evidenza di gloria, che convince anche la invidia, e la sforza a confessare in v. e. quella prudenza, quel valor militare, e tutte quelle altre doti, che piacciono ai sovrani ne' sommi duci delle loro armate.

Che stupor dunque, se la sua esperienza, è venuta fin d'oltre i monti alla direzione dell'armi pubbliche? È ben notabile, e ben raro, che ci sia venuta due volte per due paesi molto diversi, in due tempi molto difficili. Sarebbe un offendere, non un promuovere la sua gloria, l'andar commemorando a parte a parte le sue azioni, non men savie, che valorose. Quasi che non fossero notissime ne' loro benefici effetti, e non avessero tanti vivi testimoni de' loro famosi meriti. Basta accennare, che s'è fatta conoscer quant'ella vale in ogni sorte di fortuna, di impresa, e di militar direzione. Non ha avuto bisogno il valore di v. e. di combattere col credito di vittorie passate per trionfare a tempo d'una battaglia. Non ha avuta necessità la sua prudenza di ben pensare agli umani pericoli, per non lasciar vincere le sue vittorie dalla negligenza, o dalla superbia d'una lunga felicità. Ha saputo v. e. in Polonia, ed altrove varcare de' gran fiumi a fronte di poderosi inimici. Ha saputo altresì custodire, non meno col credito, che con l'armi picciole rivere da grandissimi rischi. Ha combattuto con ugual felicità usando le forze della sua mente, e adoprando tutto il vigore delle sue forze.

Che più? la sua gloria è sol bene mascherata dal pubblico gradimento di tutti i principi, che l'hanno eletta alla guida delle loro squadre, ed alla difesa de' loro stati. V. e. ha da tutti ricevuto tutti i maggiori, e tutti i più preziosi argomenti di stima, d'onore, e d'affetto. Gli onori sono chiarissimi testimoni d'un'illustre opinione. In bocca dei principi non sono più testimonianze, sono giudizi, sono sentenze, sono decreti. Quando poi l'opinione de i re si spiega con segni preziosi, e con lodi non ordinarie, è segno infallibile dell'alto prezzo in cui è tenuto il merito, che si onora. Nell'utile, che portano gli onori dispensato dai principi, si scopre chiarissima l'utilità, che ne riceve il principato, essendo l'utilità del principato il primo mobile a tutte le savie deliberazioni del principe. Nelle lodi, ch'escono da una lingua coronata, si trova la verità della gloria. Non adula chi è supremo. Non lusinga chi è l'arbitro. Non s'inganna chi pesa i meriti su la bilancia del comune profitto. Queste approvazioni concordi di molti sovrani, perch'è la somma gloria, è la maggior mercede, che v. e. possa mai ottenere dopo tanti anni di valorosi impieghi.

Me ne congratulo con le sue rare virtù, e me ne rallegro con tutti quelli che hanno la buona sorte di goderne i frutti, di ammirarne gli esempi, d'emolarne le perfezioni. Io nel poco, ho nessun credito, e delle muse, e dell'ozio, non posso contribuir molto con la mia opinione alla sua gloria. Pure non potendosi contribuire altro che gloria a chi cammina su per la via degli eroi, accetterà v. e. a scarico del molto mio dovere quest'attenzione di rifrescare, come che sia, nella memoria degli uomini i suoi rari pregi, raccordando i suoi meriti, e le sue beneficenze. Le doti degli eroi, per quanto siano eccelse, rare volte vanno in conto di merito, se non sono pubblici benefici. E bene spesso i benefici sono quelle immagini, che più facilmente si cancellano dalla memoria degli uomini. L'ingratitudine è un vizio troppo comodo all'avarizia, troppo caro alla superbia; facilmente si trova dove quelle s'incontrano; e quelle s'incontrano frequentemente, dove è più frequente l'umanità. Vivono gli eroi una vita tutta composta d'operazioni benefiche. Vivono altresì un'altra vita tutta effigiata d'obbligate memorie. Quello è vivere alla virtù. Questo alla gloria. La prima lor vita è mantenuta nel vasto mare dell'essere dalle loro generose fatiche. La seconda è tenuta viva nell'immortale delle menti umane dalla cura onorata di chi le vede, le distingue, le pubblica. Io mi recherò sempre a gloria d'essere fra questo numero, e di far apparire col pubblicare le sue glorie, il debito, l'ossequio, l'ambizione, che mi porta a farmi conoscere in faccia del mondo, qual sono nella secreta venerazion del mio cuore.

Di v. e.

Umiliss. obbligatiss. servitore

Girolamo Frigimelica Roberti

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