Atto quinto

 

Scena prima

Foresta poco lontana dalla città, e dall'albergo, ove fu trattenuto il primo ambasciatore d'Egitto.
Eupatore, Pelopida, uno Schiavo che porta l'urna, in cui dicevasi chiusa la testa di Mitridate.

 Q 

Eupatore, Pelopida, schiavo

 

PELOPIDA

Al parlamento occulto,  

che aver teco ora brama il gran Farnace,

questo solingo orror comodo è molto.

EUPATORE

Qui m'arresto, e lo ascolto.

PELOPIDA

Com'è tra noi fermato, inerme, e solo

venendo il signor mio,

te pur vedrà senz'altri, e disarmato.

EUPATORE

Servo, lascia quell'urna, e t'allontana.

Arme non ho, né più seguaci a lato.

PELOPIDA

Eguale di custodi, e picciol stuolo

seguirà ognun di voi; ma sì discosto,

che non possa col guardo

in voi ferir, non che con lancia, o dardo.

EUPATORE

Mira, se alcun de' miei s'offre alla vista.

PELOPIDA

Omai compir m'è forza

a l'ufficio, al comando, ed al costume.

EUPATORE

E che vuoi dir?

PELOPIDA

Ch'io cerchi a parte a parte,

al dover mio perdona,

la tua stessa persona.

EUPATORE

Nume de la vendetta ora m'assisti.

(a parte a Pelopida)

Su, su tosto eseguisci,

ciò, che il carico, e l'uso, e il re t'impone.

PELOPIDA

Col creder mio, con la tua fé s'accorda,

il testimonio ancor de la mia mano.

Vo ad avvisarne il re.

EUPATORE

Sei cauto invano.

Pelopida ->

 

Chi far gode  

ad altri frode

mal si lamenta,

s'altri lo inganna.

Egli a quel danno,

che col suo inganno,

altrui far tenta,

già si condanna.

 

Scena seconda

Eupatore, Farnace.

<- Farnace

 

FARNACE

O messagger, s'io re a te vengo, e ascoso  

del mio venir degna cagion mi guida.

EUPATORE

Così ragion m'avvisa, e il tuo gran senno.

FARNACE

Ne' lavori del stato,

d'ogni maestro colpo alma è il segreto,

e fabro uno stupore inaspettato.

EUPATORE

Che machina disegni?

FARNACE

Portare io voglio quel funereo dono;

mentre incerto ognun pende,

e da te sol l'attende,

chi penserà, ch'io 'l portator ne sia?

EUPATORE

E qual frutto ne speri?

FARNACE

Con esporlo improvviso,

i turbini civili

sgombrerò in un momento;

quando s'armano i vili,

pronta vittoria è un subito spavento.

EUPATORE

Sempre qualche speranza

è l'aquilon che gonfia il mar plebeo;

caduto lo sperar, caduto è il vento;

e col cader del vento in vana spuma

si scioglie ogni procella.

FARNACE

Fida a me quella rea spoglia rubella.

Cessata la tempesta,

tu compagno entrerai del mio trionfo,

e testimonio del castigo insieme,

che a popolar delitto

ben sì da allor, quando non più si teme.

EUPATORE

Cauto pensiero, e colpo usato appunto

da chi di stato al magistero è giunto.

Ecco che io t'apro l'arca. Ecco la testa.

FARNACE

O spettacolo orrendo!

Ma quanto è orrendo più, più a me giocondo!

O Mitridate, io pur ti tengo, e miro,

e ti miro, e non temo; anzi n'esulto,

perché al fine ti veggio in quel reo stato,

in cui mirarti in van tanto ho bramato.

EUPATORE

Tant'odio a Mitridate?

FARNACE

Or comincio a regnare, ora incomincio

la mia felicità. Finora un misto

di rancor, di timor fu la mia vita.

Quanto ti devo, o caro amico.

EUPATORE

Ah tristo!

Ah tiranno! Ah crudele! Ora finisci,

e regno, e vita.

FARNACE

Ahi questo colpo oh dèi

solo venir mi può da Mitridate!

EUPATORE

Non fuggirai; tien questa, e questa piaga.

Così i misfatti Astrea

scelerato politico ti paga.

 

Uccidete,  

distruggete,

su miei fidi

degli infidi

sano vada

né pure un sol.

Su trafitta

su sconfitta

la guerriera

crudel schiera

tutta cada

svenata al suol.

 
 

Scena terza

Stanze della regina.
Stratonica, Laodice.

 Q 

Stratonica, Laodice

 

STRATONICA

Già si appresta regal pomposo lutto.  

Sfogo del mio dolore,

e del figlio defunto estremo onore.

LAODICE

Altra pompa, altro sfogo

da la miseria mia recar non posso,

che gemiti, e singulti al mesto rogo.

STRATONICA

Tu baldanzosamente il pianto, il grido

farai suonar con arte;

acciocché la pietà de' tuoi lamenti

contro noi due regnanti odio diventi?

LAODICE

Altri tempi, o regina, altri costumi.

STRATONICA

S'amo ancor la tua vita,

l'apprenderai da un salutare avviso.

La sofferenza nostra è omai finita.

LAODICE

Chi per tema è pietoso,

fin che dura il timor, solo è clemente.

STRATONICA

Chi per forza è prudente

sol per necessità non è orgoglioso.

 

LAODICE

L'affetto più fedel,  

ma insieme il più crudel

sei tu, o speranza.

Sempre col ben ci affidi,

ma poscia il cor n'uccidi

con la tardanza.

Stratonica ->

 

Scena quarta

Eupatore, Antigono, Laodice.

<- Eupatore, Antigono

 

LAODICE

O miei liberatori, o forti, o invitti.  

Veggo ne' guardi amici

de la prima vittoria i certi auspici.

ANTIGONO

Cessa del tuo timor la maggior parte.

EUPATORE

La vittima miglior s'è offerta a Marte.

LAODICE

O caro mio t'affretta,

che la matura impresa

arrischia assai, chi d'eseguirla aspetta.

EUPATORE

Non ti crucciar, che inaspettato affanno

vuò, che il supplizio sia

de la tua cruda genitrice, e mia.

ANTIGONO

Paga non son, se palpitante, esangue

non do per pasto agli avvoltoi quel core,

e in bevanda non getto a' cani il sangue.

EUPATORE

Turbaria la sua morte ogni mia gloria.

LAODICE

Vuoi, che a temer la tua pietà cominci?

EUPATORE

Trionferemo tutti.

E nel ricuperar l'antico trono

vedrai, che so punir fin col perdono.

LAODICE

Ne l'ira degli dèi tanto confido,

quanto di tua clemenza ora diffido.

EUPATORE

Fin ch'esce la regina, o mia diletta,

sia tua cura eseguir ciò che t'imponi.

 

ANTIGONO

Tu sei l'anima del mio core  

tu sai ben, se ubbidirò.

Ma chi è perfida a te mio amore,

non so ben s'io soffrirò.

Antigono ->

 

Scena quinta

Eupatore, Laodice, Stratonica.

<- Stratonica

 

STRATONICA

Dunque è ver, che al dispetto  

de le plebee minacce, entro la reggia

penetrar seppe Eupatore sicuro?

EUPATORE

D'un sovrano sembiante

cotanto può l'autorità regnante?

LAODICE

Come Nettun col ciglio

fugga d'Eolo le furie, e placa l'onde.

Suoi popoli ondeggianti,

con quella maestà, che spira pace,

sta calmando Farnace.

STRATONICA

Da la comune riverenza apprendi

anche tu a venerar la eccelsa fronte,

e in lodi cangia le rampogne, e l'onte.

EUPATORE

De l'opra assai più che del giorno resta.

Piace, che agli occhi tuoi

del rubel figlio esponga omai la testa.

STRATONICA

Piace; ma pria s'apran le regie stanze.

Se in qualche petto ancora

destano fellonia sciocche speranze,

cessi, a tal vista; e ad ogni incarco il dorso

pieghi, e al flagello s'accostumi, e al morso.

LAODICE

Chi più ardirà, quand'io già più non oso,

turbare il tuo riposo?

EUPATORE

A privato spettacolo quel teschio

manda il regal consorte;

per farne a tutti poi pubblico oggetto,

ove adesso raffrena

le genti, col valor del grave aspetto.

STRATONICA

Non essere più tardo

nel darmi pace al core, e gioia al guardo.

 

Come dolce un sicuro diletto,  

col suo gaudio mi giunge nel sen.

Sempre è il regno di zelo ripien;

pur se un giorno mai sgombra il sospetto,

vien pur caro l'atteso seren.

 

Scena sesta

Eupatore, Laodice, Stratonica, Antigono, con un Capitano, che porta un gran desco coperto da ricco panno.

<- Antigono, capitano

 

STRATONICA

Ahi, che veggio! Ahi che sento! Ahi che diverso  

turbine mi s'aggira entro del seno!

EUPATORE

Nemesi, o pur qual altra è la gran dèa

de la vendetta, a te questa presenta

vittima sua; saziane pur l'ingorda

fame degli occhi, e il cor ciba, e contenta.

STRATONICA

Il presente m'è grato,

se ben funesto, e la gran dèa ringrazio.

ANTIGONO

Mira sotto quell'oro,

se a pieno il bel desio vuoi render sazio.

STRATONICA

Ahimè! il piede, e la mano

negano d'ubbidirmi? E al loro ufficio

gli sollecito invano?

Laodice a te. Leva a quel desco il velo.

LAODICE

D'orror tutta m'inchioda un fiero gelo,

l'ubbidirti m'è tolto.

STRATONICA

T'accosta, o capitan, che d'esser forte,

mal grado ad ogni affetto, ho già risolto.

Mal ti temea ancor vivo, o Mitridate,

ti temerò poi morto?

Mie luci, ahi che mirate!

LAODICE

Il tuo sposo tu miri, il caro sposo,

che a nuove nozze già t'invita in Dite.

Già tra sue fiamme t'apparecchia il letto,

paraninfo Pluton, pronuba Aletto.

EUPATORE

Che temi? E no 'l ravvisi?

Quel teschio, o mio guerriero, alzale in volto.

ANTIGONO

Spècchiati, o scelerata.

Se colpisse ogni reo l'ultrice spada,

minor saria de' rei l'ampia masnada.

STRATONICA

Veggo dove son giunta,

esser non può l'autor de l'arti usate,

altri, che Mitridate.

LAODICE

Sai di regnar tutti i più scaltri ingegni,

e se' tarda a spiar gli altrui disegni?

STRATONICA

Un pronto disperar mi fa sicura.

Questo acciaio, che è caldo ancor del sangue

del mio caro Farnace,

vuò, che mi renda, e libertate, e pace.

Qual tra questi tu sia perfido figlio,

che tra questi tu sei.

Mira con seren ciglio,

come ti pago il genitor trafitto,

e risparmio al tuo braccio un gran delitto.

EUPATORE

Madre, madre t'arresta, il rischio basta,

basta il dolor. Già l'amor mio t'assolve.

STRATONICA

Or che t'ho conosciuto,

or riparo il mio error con questo ferro.

Vuò la tua morte, il tuo perdon rifiuto.

ANTIGONO

Tu morirai.

EUPATORE

Deh ferma.

ANTIGONO

Sì, morirai, né più il fuggir ti vale.

LAODICE

Trattieni il passo, oh dèi, lascia che il cielo

ti vendichi, cor mio, senza tua colpa.

 

EUPATORE

Ahimè! già versa il sangue, ahimè già cade,  

e il mio lento soccorso, ahimè già incolpa.

LAODICE

Se t'incolpa la madre,

vendicato t'assolve il caro padre.

 

EUPATORE

Tutte apre al giubilo il cor le porte;  

ma poi d'entrarvi

sembra, che il giubilo n'abbia timor.

Distingue l'anima vittoria, e morte,

e nel pensarvi

ha vicendevole gioia, ed orror.

Eupatore, Antigono, capitano, Stratonica ->

 

Scena settima

Nicomede, Laodice.

<- Nicomede

 

NICOMEDE

Allegrezza, o Laodice.  

La fortuna dei re girò a tal segno,

che a la pietà ben tutto

ceder può il loco un generoso sdegno.

LAODICE

Pietà di chi? Di chi pietà non ebbe

del caro padre mio? del mio germano?

Volea il figlio svenar come il consorte,

e di tal madre io piangerò la morte?

NICOMEDE

Sia pur crudo il nimico,

più nimico non è quand'è punito.

LAODICE

Quel piacere m'alletta,

che stilla in fiero cor l'odio contento.

NICOMEDE

Canta giuliva pur la tua vendetta.

Il popolo già inonda

le strade, il foro, e ne l'udir la fama,

che del gran Mitridate empie la tromba,

Mitridate anch'ei chiama,

e il cielo Mitridate, e il mar rimbomba.

 

LAODICE

Del pien diletto,  

che ha un forte petto,

dopo gran pene vieni a goder.

Quel bel contento,

che a lungo stento

virtù distilla, quello è piacer.

 

NICOMEDE

Gioia da prode

è quella lode,

che dà il trionfo dopo il penar.

Di applauso è degno

uomo, che al regno

ancor più gode, che a sé giovar.

 
 

Scena ottava

La gran piazza di Sinope avanti al palazzo reale.
Eupatore, già nominato per Mitridate, Antigono, già conosciuta per Issicratea, Laodice, Nicomede, Pelopida, Cortigiani, Soldati, Popolo.

 Q 

Eupatore, Antigono, Laodice, Nicomede, Pelopida, cortigiani, soldati, popolo

 
Vien portata la testa di Farnace, assisa sopra di un'asta, ed il pugnale, che l'uccise. Issicratea ha in mano la spada, con cui trafisse la regina. Seguono due corone recate da due Capitani sopra nappi d'oro.
 

PELOPIDA

O voi della famosa  

Propontide, vetusti abitatori,

su su rendete al vostro

legittimo regnante i primi onori.

LAODICE

D'un trionfal, benché infelice tronco

o trionfale, e più felice germe.

Da la mia man ricevi il regio serto,

che cento volte in Persia, e cinque in Ponto,

reso dagli avi illustre, al fine è pronto

a coronar su la tua fronte il merto.

EUPATORE
(Mitridate)

Ben mi corona quella man gradita,

cui devo regno, e vita.

LAODICE

Tu eguale ne l'amor, nel pregio eguale,

abbi da la mia destra

pari d'oro, e d'onor fregio immortale.

NICOMEDE

Bench'ei sia grande, e raro;

perché da te mi vien, l'onor m'è caro.

EUPATORE
(Mitridate)

Sposa, suora, cognato, amiche genti,

s'oggi ho il regno da voi,

del regno solo è mio l'incarco, e l'ostro;

la gloria è degli dèi; l'utile vostro.

Col valor de l'inganno

ho vinto sì, ma con quell'armi ho vinto,

con cui vincer m'è gloria un vil tiranno.

Ma s'anche il lustro di mia gloria langue

nel trofeo d'una frode, a me sol basta,

che non versai, vincendo, il vostro sangue.

Così piaciuto al cielo

fosse di non versar quel de la madre!

Incominciar da lei volea il perdono,

che sopra tutti stendo

gli inimici del padre, o del mio trono.

Grande inimico eterno

sarò di Roma, e d'ogni man rapace,

che ardisca di turbar la vostra pace,

contra lei pugnarò la state, e il verno.

 

(Mitridate)

Primo oggetto, e primo onore  

fia il vedervi ogn'or felici.

Mostrarò qual sia il mio core

ai vassalli co' l'amore,

col valore agli inimici.

 

LAODICE

Viva pur sempre beato

sempre grande il nostro re.

NICOMEDE

Con la gioia ognora il fato

provi a lui la nostra fé.

PELOPIDA

Tutto il duol del mal passato

paga a noi tanta mercé.

ANTIGONO
(Issicratea)

Dì felice, e dì più grato,

non farà, non fu, non è.

 

TUTTI

Viva pur sempre beato  

sempre grande il nostro re.

Con la gioia ognora il fato

provi a lui la nostra fé.

Tutto il duol del mal passato

paga a noi tanta mercé.

Dì felice, e dì più grato,

non farà, non fu, non è.

 

Fine (Atto quinto)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Foresta poco lontana dalla città.

Eupatore, Pelopida, schiavo
 

Al parlamento occulto

Eupatore, schiavo
Pelopida ->
Eupatore
Chi far gode
Eupatore, schiavo
<- Farnace

O messagger, s'io re a te vengo

Stanze della regina.

Stratonica, Laodice
 

Già si appresta regal pomposo lutto

Laodice
Stratonica ->
Laodice
<- Eupatore, Antigono

O miei liberatori, o forti, o invitti

Laodice, Eupatore
Antigono ->
Laodice, Eupatore
<- Stratonica

Dunque è ver, che al dispetto

Laodice, Eupatore, Stratonica
<- Antigono, capitano

(il capitano porta un gran desco coperto da ricco panno)

Ahi, che veggio! Ahi che sento!

(Stratonica si uccide)

Ahimè! già versa il sangue, ahimè già cade

Laodice
Eupatore, Antigono, capitano, Stratonica ->
Laodice
<- Nicomede

Allegrezza, o Laodice

Laodice, Nicomede
Del pien diletto

Gran piazza di Sinope, avanti al palazzo reale.

Eupatore, Antigono, Laodice, Nicomede, Pelopida, cortigiani, soldati, popolo
 

(vien portata la testa di Farnace)

O voi della famosa

Eupatore, Laodice, Nicomede, Pelopida e Antigono
Primo oggetto, e primo onore
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava
Villaggio su le foci del fiume Amiso con capanne di bifolchi, illuminate dalla luna nell'ora verso l'alba. Sala reale nella reggia di Sinope, ornata in festa. Gran loggia del palazzo reale, che guarda sopra i giardini, con porta, onde si entra a' sontuosi appartamenti. Appartamento destinato nella reggia per gli ambasciatori d'Egitto. Cortile avanti il tempio con gli altari, e fuochi apparecchiati da fare il pubblico giuramento. Luogo deserto, che confina con fabbriche diroccate. Spiaggia di mare. Giardino reale dentro la reggia di Sinope. Foresta poco lontana dalla città. Stanze della regina. Gran piazza di Sinope, avanti al palazzo reale.
Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

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