Atto secondo

 

Scena prima

Rosmondo, Filaura, Rodomira.

 Q 

<- Rosmondo, Filaura, Rodomira

 

ROSMONDO

Ecco che vuole il fato  

che per novo miracolo si veda

entro magico orrore

rotar soli d'amore.

Generosa germana

o mia sposa sovrana

cadute sete al laccio,

e per trarvi d'impaccio

non val regno, od impero,

forte destra, gran cor, spirto guerriero.

Sovra incantate piume

graverà 'l valor vostro eterno sonno

che colle furie i demoni sol ponno.

FILAURA

Misura il ciel ogni potere, e forza,

ma niun il suo valor misura, e sforza.

ROSMONDO

Sognai vostra venuta, ed ebbe effetto

non è dunque il sognar sempre fallace.

Così sognar potessi la partita

della morta mia vita.

E pur vere foriere

dei levanti dell'Asia voi mi foste

tenebre tetre, e nere?

O insoliti stupori;

vidi l'aurore precursore al sole,

ma non vane fantasme, e foschi orrori.

RODOMIRA

D'auguri d'ombre non temian la guerra,

quand'il ciel coi splendor le larve atterra.

ROSMONDO

È la gemma perduta

unico refrigerio a' nostri mali,

vostra condizione

già dalla scaltra Maga è conosciuta,

in difesa or da voi, che si propone?

FILAURA

Che muoia la malvagia incantatrice.

Allo spuntar della novella aurora

dée di nitriti, e gridi,

di corni, e di latrati

strepir il piano, e risonar il monte

per la caccia a voi nota

dalla maga ordinata.

Io nel fervor maggiore

della silvestre mischia

acuto un strale avventerolle al core.

Ditel augelli voi, s'è la mia destra

nel saettar maestra?

Voi che ben spesso per i strali miei

con stupor, e dolor in un provaste

i sentieri del ciel funebri, e rei.

Perché fortuna i desir nostri adempia

rimedio altro non trovo

che la morte dell'empia.

La cara gemma mia ricuperata

avrem la nostra libertà salvata.

ROSMONDO

Non può se non al segno

giunger lo stral, che la tua mano avventa,

che bella donna è per natura avvezza,

da begli occhi scagliar or fiamma, or frezza.

Ma quando pure estinta Artusia cada,

i cavalieri suoi, ch'in guardia tiene,

e fede data l'hanno

per sua difesa abbandonar la vita,

or come pensi, e quando

di superar pugnando?

L'ardir tropp'oltre vaga,

non può far uno stral più d'una piaga.

RODOMIRA

Chi può contr'il valor di Floridoro?

Aggiunti al brando suo i brandi nostri

vengan d'Artusia i cavalieri a squadre

vomiti abisso un nuvolo di mostri.

Per tema io non rimango, e non mi celo;

a chi punisce un empio

si fa compagno il cielo.

ROSMONDO

Un forte, e regio core

nemico è del timore.

Pur in ciò, che propon Filaura mia

dobbiam temer; che non è degna azione

dar la morte a una donna, e a tradimento.

FILAURA

Lice la frode usar col fraudolente.

RODOMIRA

Pianta d'ombra nociva al pian si getta.

ROSMONDO

Chi d'inganno si veste

di bella gloria l'abito ricusa.

RODOMIRA

Coll'inimico lealtà non s'usa.

FILAURA

L'opprimere chi contro ti congiura

è legge di natura.

ROSMONDO

È legge di pietate

il venerar la donna

simulacro d'amore, e di beltate.

RODOMIRA

Orsù prence Rosmondo,

segui nostro desire;

chi nasce al dominar non dée servire.

FILAURA

Son i sepolcri ai grandi

più degni assai, e men gravosi impacci

che di vil servitù catene, e lacci.

Andianne Rodomira

a far palese al prence Floridoro

quant'amor, e disdegno al cor ne spira.

RODOMIRA

Andianne, e tu Rosmondo, ove rimani?

ROSMONDO

Io fra poco vi seguo, itene liete.

FILAURA E ROSMONDO

Cieli a bon fin nostri desir scorgete.

Rodomira, Filaura ->

 

Scena seconda

Rosmondo.

 

 

Contr'un grave martir non val fermezza.  

Ahi ch'un seno mortal, benché reale,

ai colpi di fortuna è schermo frale.

Come nave da venti combattuta

nel sasso fende mobili sentieri

sta mia mente perduta

in un penoso mar d'aspri pensieri.

Che risolver poss'io

ov'il destin comanda?

Che val un cor feroce

se lo regola il fato?

Che giova arte, e prudenza

s'amor tutto confonde?

Mondo infido, e fallace!

Sono le tue salite

ruinosi trabocchi;

son tue gioie gradite

i tuoi riposi placidi, e sereni

terminati veleni.

O quant'è meglio in rustici tuguri

nascer vile, ed abbietto,

che riguardevole in real ricetto!

Piaccion al folgor gli eminenti muri.

Raccoglie un monumento

scettri, e vincastri in un, bassezze, e pregi.

Delle reggie dorate

son le selve più liete,

e provan più quiete

i rustici, che i regi.

Ma che fai qui Rosmondo?

Teco espon sorte fella

a precipizio orribile, e profondo,

e l'amico, e l'amante, e la sorella.

E irresoluto te ne stai a bada?

Io vado, ove, a qual fine

non so; voi lo sapete

o cieli, ordiniam noi, voi disponete.

O infelice l'augel che cade in rete.

Rosmondo ->

 

Scena terza

Artusia, Eco.

<- Artusia

 

ARTUSIA

Per la gemma involata  

per la reggia cangiata

non involo al dolore

l'innamorato core;

non si cangia il desio

del bell'idolo mio;

ei vieppiù fero ogn'ora

le mie reggie disdegna

le mie delizie aborre,

gli amori miei, le grazie mie non degna.

Ahi sconsigliata amante!

In tale stato i tuoi penosi guai

non ti pensar di raddolcir giammai.

ECO

Mai.

ARTUSIA

Ma chi tra queste selve

il duol m'accresce, e prende a scherzar meco?

E tu da puro speco

vomiti fausti annunzi all'amor mio?

ECO

Io.

ARTUSIA

O sasso infame, e rio!

Ti sia il folgor amico, al tuo dispetto

troverò quiete al mio lamento, al grido.

ECO

Rido.

ARTUSIA

Tanto Artusia ritarda ad agitarti

l'usata impazienza?

ECO

Pazienza.

ARTUSIA

Fia dunque ver ch'il mio crudele amante

si mostri all'amor mio sempre severo?

ECO

Vero.

ARTUSIA

E degno cavalier la fama il canta

pieno di fellonia, colmo di sdegno?

ECO

Degno.

ARTUSIA

Mente, che titol di gentil riporti

villana alma scortese.

ECO

Cortese.

ARTUSIA

E tu menti non meno

ch'esser non può cortese

chi ferino desire accoglie in seno.

Ma dimmi; per pietà nessun vi sia

che rallegri, o conforte

l'ore del viver mio pallide, e smorte?

ECO

Morte.

ARTUSIA

È troppa cortesia.

E la feroce, e ria

quand'avverrà, che nel mio seno alloggi?

ECO

Oggi.

ARTUSIA

Qual fia quel scioperato degli dèi

ch'estinta Artusia oggi mirar le giove?

ECO

Giove.

ARTUSIA

Orsù supplice un foglio

porgasi a Ganimede, e non sia nulla.

Ma Floridoro sentirà cordoglio

quando la parca la mia vita annulla?

ECO

Nulla.

ARTUSIA

Verserà per pietà della mia morte

l'ingratissimo amante, un sospir solo,

una lagrima almeno?

ECO

Meno.

 

ARTUSIA

Ah fero cor! Di qual durezza t'armi,

di macigno non già, ch'ancorché duri

soglion talvolta lagrimar i marmi.

O meraviglia! Infin da cavi spechi

perfido Floridoro

van predicando gli echi.

 

Scena quarta

Floridoro, Artusia.
Tre Cavalieri trasformati.

<- Floridoro

 

FLORIDORO

Corona di perfidie  

non mai ornò le mie reali tempia,

se perfido non è chi aborre un'empia.

ARTUSIA

Meravigliosi labbri

e di fele, e d'ambrosia in uno gravi,

fin nell'ingiurie ancor sete soavi.

FLORIDORO

Il rio secca, il fior langue, il frutto cade,

non è 'l mondo di tempre adamantine,

ogni cosa quaggiù corre al suo fine;

tutt'è vano e fugace,

sol eterna è la doglia, che mi sface.

ARTUSIA

O qual dolce armonia

formano quegli accenti!

Chissà, ch'in terra il ciel sceso non sia

sol per farmi sentire i suoi concenti?

FLORIDORO

S'io ti son greve, a che reggermi o terra?

ARTUSIA

Non deve star sì bel tesor sotterra.

FLORIDORO

Sian pestifere in ciel per me le stelle.

ARTUSIA

Le stelle al sol mai fur nocive, e felle.

FLORIDORO

L'empia, una volta, che non fa ch'io mora?

ARTUSIA

Non si può tormentar un che s'adora.

FLORIDORO

Odami 'l ciel (e pera Floridoro

Rodomira, e Rosmondo,

pera Filaura, e quanto Armenia, e Ponto

al nostro impero espone)

a que' semi di gloria,

ch'infuse nel mio core

mai nocerà verme d'infame amore.

Anima grande avvien, ch'ogni or apprezzi

più che trombe d'amor bellici plettri;

con le lusinghe, e i vezzi

non si confanno le corone, e i scettri.

I' vuò che di mia vita il fior innaffi

d'onorato sudore onda stillante:

so ben che d'ignominia aure fetenti

spirerebbe alle genti.

Se l'irrigasse mai lagrima amante.

Io d'amor impudico oggi soggetto?

Che di fiamma sì indegna arda 'l mio petto?

Non sia mai ver; t'aborrirò in eterno

o dei vivi spirante orrido Averno.

Né mie voglie ver te sian men rubelle

per variar di stelle;

anzi, se tanto lice,

sciolto dal mio caduco, e fragil velo

io non ti voglio amar manco nel cielo.

ARTUSIA

Odami Floridor: chi s'ama, e prezza

anco s'odia, e s'aborre.

Non sempre il rivo limpido trascorre,

per soverchio piegar l'arco si spezza.

Guai a colui, che donna si concita,

e femmina mia pari;

fera infantata con men rischio irrita.

Pietà le mie fierezze non corregge;

non ho fé, non ho legge,

e per lo senso mio

pongo in non cale il ciel, natura, e dio.

Odami Floridor: regi, ed eroi,

imperi, e monarchie

a questa verga, a questi fogli a fronte

un nulla stimo; alle mie voglie pronte

ardono in ciel le stelle,

gelan sotterra l'ombre.

Onora l'universo

le meraviglie mie;

il mio valor ogni valor trascende.

Dal mio voler dipende,

ch'altri in fera si cangi, in sasso, o in loto,

altri in fronda sussurri, o gema in rivo,

abbia volante, ovver natante il moto.

Ma più d'ogni favella

l'esperienza sforza;

su su del valor mio mostra la forza

a questa di pietate alma rubella

chiaro rio, dura selce, annosa scorza.

 
Qui da una fonte, da un sasso, e da un albero escono tre Cavalieri trasformati.

<- tre cavalieri

 

ARTUSIA

Metamorfosi belle, se per voi  

il mio signor cangiasse

in amante pietà gli sdegni suoi.

Artusia ->

 

FLORIDORO

Te ne vai cruda fera?  

E non t'arresta il passo

un baratro improvviso, o un cavo sasso?

Dell'umanata schiera

conosco l'arti, e 'l fine.

Ma sfoga i tuoi rigori

sempre mai ti darà per frutti, e fiori

il terren del mio cor triboli, e spine.

Floridoro ->

 

CAVALIERE

O ciel, o dèi!  

 
IIº

Artusia è quella?

 
IIIº

È dessa,

ch'or volse altrove il passo.

 

Io come da una fonte esco alla luce?

 
IIº

Io da una verde pianta?

 
IIIº

Ed io da un sasso?

 

Il cor mi palpita.

 
IIº

I crin mi s'ergono.

 
IIIº

Mi s'inarcan le ciglia.

 

O che veggio!

 
IIº

O stupore.

 
IIIº

O meraviglia.

 
 

Scena quinta

Rosillo, Filampo, Tre Sirene.

 Q 

tre sirene

<- Rosillo, Filampo, timoniere

 

ROSILLO E FILAMPO

Cangin l'acque costume,  

e piacevoli

s'increspin al camin confuso, e torto.

Arbitri delle spume

(favorevoli)

scorgete omai la navicella in porto.

ROSILLO

Chi vago è di virtù non dée perire.

FILAMPO

Prezza la sorte un generoso ardire.

ROSILLO E FILAMPO

Rosmondo, e Floridor gl'invitti eroi

per liberargli andiam cercando noi.

Cangin l'acque costume,

e piacevoli

s'increspin al camin confuso, e torto.

Arbitri delle spume

(favorevoli)

scorgete omai la navicella in porto.

SIRENA

Bella è la vita, se si sa godere.

 
IIº

Il mondo è amaro agl'infedeli, e stolti.

 
IIIº

La gioia di quaggiù si fa vedere.

SIRENE

Talch'è mera follia

creder che fuor di qua diletto sia.

ROSILLO

Amico, or più tem'io del mar rubello

il canoro drappello:

le Sirene omicide abbiamo al lido.

ROSILLO E FILAMPO

Turiam l'orecchie al dolce canto infido.

SIRENA

O quanto piace un bacio d'un bel volto.

SIRENA
IIº

O quanto gusta un amoroso amplesso.

SIRENA
IIIº

Frutto tal fuori di qua non vien mai colto.

SIRENE

Tal ch'affatto s'inganna

chi 'l piacer di quaggiù biasma, e condanna.

FILAMPO

Cantino a loro voglia, or che siam sordi.

ROSILLO E FILAMPO

Così greco sagace

l'omicida armonia rese fallace.

SIRENE

Godiam dunque su, su,

or che si tarda più?

Che stia con noi la gioia?

Sì, sì.

E la pena, e la noia?

No, no.

Che cangi 'l mondo tenore o fé?

Perché?

Giri pur sempre per noi così,

che meglio il mondo mai non andò,

sì, questo sì.

ROSILLO

Già la piaggia dispare,

e del coro falsissimo del mare

il concerto crudele

arrestar più non può le nostre vele.

ROSILLO E FILAMPO

Lunge dal lito infame, o naviganti,

che quei concenti perfidi, e canori

porgon manna all'orecchio, e fede ai cori.

 

Rosillo, Filampo, timoniere ->

SIRENA

Ah ch'il legno è sparito!  

 
IIº

Ahi che la cara preda ne s'invola!

 
IIIº

Così deluse ne sostiene il lito?

SIRENE

Fuggiamo; e i nostri scorni

celino l'onde amare;

sia del nostro rossor lavanda il mare.

tre sirene ->

 

Scena sesta

Mercurio, Giove, Pallade.

<- Mercurio

 

MERCURIO

Io vado, io volo, o stelle,  

a idolatrar in terra

luci di voi più belle.

Meco scendete, e dall'amato viso

imparate ad ornare il paradiso.

Occhi benché mortali

voi sete più del sole

mirabili, e vitali.

Qual fia più gloria? Produr erbe, e fiori,

o figliar grazie, e partorir amori?

Occhi belli, e ridenti

esser Argo vorrei

a vostri rai lucenti.

O meraviglia! Bench'in frale velo,

attrae più un occhio bel ch'il sole, e 'l cielo.

Sfondo schermo () ()

 

<- Giove, Pallade, deità

GIOVE

Mercurio, arresta il volo;  

attento ascolta il principe degli astri,

l'imperator del polo.

MERCURIO

Ecco all'aure sul dorso i vanni inchiodo;

imponi ciò che vuoi

o gran monarca de' celesti eroi.

GIOVE

A tempo giungi o bellicosa diva.

Vanne (o fido del cielo

interprete facondo)

vanne d'Artusia all'incantato regno,

opra con scaltro ingegno

che boschereccia stabilita guerra

cada fallace a terra.

Non vuò, che delle nobili guerriere

per anco arresti il passo

d'una diva la falce,

d'un monumento il sasso.

Sdegno rio, crudo amore

le disconcerta il core;

ah bene spesso con sì false scorte

per gir dietro al gioir si corre a morte.

Osserva poi sagace,

di cangiante colore,

gemma in dito vedrai d'alto valore

alla maga fallace;

a Filaura rapilla,

quand'a la reggia sua amor sortilla.

Orsù questa le fura; e del suo regno

giunto all'ultima sponda,

che con argentea spuma il mare inonda,

due cavalier Bitini troverai

di lor, qual più t'aggrada, a questo, o a quello,

a nome di Filaura lascerai

il prezioso anello.

Così delusa l'ingannevol donna

s'avvedrà chi ravvolge orror profondo,

che fugace è quel ben, che vien dal mondo.

PALLADE

Non basta ad una piaga incancherita

del crudo ferro il semplice rigore;

fiamma bisogna al corrusco umore.

Tolga alla maga un folgore la vita,

finché l'iniqua viva

vivranno per gli eroi frodi ed insidie,

ch'al perfido non mancan le perfidie.

MERCURIO

Il ciel pria che saetti

i rubelli infelici

vuol usar di pietà tutti gli uffici.

PALLADE

Qual pietate si deve a una impudica,

ch'indegna va del titolo di donna?

Ch'esalta il vizio, e la virtù calpesta?

Che per più duol, lasciandole la vita,

l'esser toglie alle genti?

Ch'offusca le memorie

de' cavalieri illustri, e il corpo arresta

all'onorate glorie?

Che non ha legge, o fede,

che scherne i dèi, e che nel ciel non crede?

Ah tosto una scintilla

del divino furor quest'empia furi

ai mortali abituri;

può divenir incendio una favilla.

MERCURIO

Tutt'il frutto corrompe un picciol verme.

PALLADE

Chi dal terren non svelle

la maligna radice

coglie amara la messe, ed infelice.

GIOVE

Chi sa regger le stelle, e gli elementi

anco sa moderar tutti i viventi.

Vanne ratto, e leggero

Mercurio ad eseguire

quant'il re brama del stellato impero.

MERCURIO

Per ubbidirti, o sire,

l'aure, e le nubi varco

più veloce di stral, ch'esce dall'arco.

PALLADE

Quand'è in tempesta il mar

teme morte il nocchier;

quando placido appare

ha d'arricchir, non di perir pensier.

Se flagello divin non scuote il rio

ei non conosce più cielo, né dio.

Ecco femmina rea

dorme negli error suoi;

e dall'impura idea

scarcera vizi, ed imprigiona eroi.

Ma non usa uno stilo sempre la sorte,

e ogni umano piacer termina in morte.

Giove, Mercurio, Pallade, deità ->

 

 Q 

<- otto spiriti

Fine (Atto secondo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Nettuno e Giove

Un bosco; paiono le di lui fronde tremolare, ed i ruscelli scorrere.

<- Rosmondo, Filaura, Rodomira

Ecco che vuole il fato

Rosmondo
Rodomira, Filaura ->

Contr'un grave martir non val fermezza

Rosmondo ->
<- Artusia

(Eco fuori scena)

Per la gemma involata

Artusia
<- Floridoro

Corona di perfidie

(cenno della verga della maga, e un albero, una fonte, e un sasso figliano tre cavalieri)

Artusia, Floridoro
<- tre cavalieri

Metamorfosi belle, se per voi

Floridoro, tre cavalieri
Artusia ->

Te ne vai cruda fera?

tre cavalieri
Floridoro ->

O ciel, o dèi! Artusia è quella?

Apparato spumoso, e marittimo; lito.

tre sirene
 

(veleggia per lo mare una navicella)

tre sirene
<- Rosillo, Filampo, timoniere
Rosillo, Filampo, Tre Sirene
Cangin l'acque costume

(la navicella esce dalla scena)

tre sirene
Rosillo, Filampo, timoniere ->

Ah ch'il legno è sparito!

tre sirene ->
<- Mercurio

(Mercurio leggiadrissimo passeggia per le nubi)

(s'aperse il cielo; Giove sopra d'un aquilone; Pallade sopra d'un carro d'oro da due civette tirato; nella gran sala dell'aria si formò un concistoro di deità)

Mercurio
<- Giove, Pallade, deità

Mercurio, arresta il volo

Giove, Mercurio, Pallade, deità ->

Chiuso il cielo, si vide l'inferno.

<- otto spiriti

(stravagantissimi diversi intrecci)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta
Aria tutta, e terra; un cielo tempestato di stelle facea credere, che in teatro fosse venuto ad abitare il... Cielo luminoso e chiaro, e palazzo reale dalla meravigliosa architettura. Si oscura il giorno, trema la terra, balena il cielo; s'apre l'inferno. Torna chiaro. Un bosco; paiono le di lui fronde tremolare, ed i ruscelli scorrere. Apparato spumoso, e marittimo; lito. Chiuso il cielo, si vide l'inferno. Reggia d'Artusia. Orrida spelonca. Qui si chiude la prospettiva. Mare. Muta la scena in bosco. Inferno. Reggia d'Artusia. Torna ad essere suo innato il loco, cioè aria, e terra.
Prologo Atto primo Atto terzo Nettuno e Giove

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