Io che nell'alte adamantine rote
reggo pianeta errante il freddo lume,
ora dal primo giro, oltr'il costume,
mi svelle il suon di temerarie note.
Meraviglia inaudita: il corso eterno
son pur costretta abbandonar del cielo,
e cangiar il mio puro, in fosco velo,
fuggir le stelle, e valicar l'inferno.
Ben talor porto, a' tenebrosi abissi
i chiari raggi miei Febo secondo;
e illuminando or l'un or l'altro mondo,
che così ha 'l fato i suoi decreti fissi.
Ma che fuor dell'usato all'ombre oscure
mi tragga a forza lingua iniqua, e ria,
perché del suo fallir ministra io sia
fatta soggetta alle sue voglie impure.
Quest'è di magic'arte empio tenore:
ma già non ponno i suffumigi, e i detti
d'innamorato cor sforzar gli affetti,
che non patisce violenza amore.
Lunge lunge da noi dame gentili,
ch'avete pari al volto animi regi,
sì fieri esempi; i vostri nobil fregi,
non deturpin giammai opre sì vili.
Ma sian del vostro merto il pregio, e 'l vanto,
di rapir l'alme, e incatenar i cori;
cedono di Tessaglia a' vivi ardori
de' bei vostr'occhi ogni poter d'incanto.
Che più puote un bel guardo, un dolce riso,
che d'infernal virtù tiranno effetto;
amor nasce dal bello, e dal diletto,
né val forza d'abisso in paradiso.