Rodope fu la più accorta, e famosa cortigiana, che a suoi tempi avesse l'Egitto. Mentre ella un giorno lavavasi dentro una fonte, fulle da un'aquila involata tra gli artigli una calza. Volò l'aquila sovra la piazza di Menfi, dove giunta lasciò cadere la calza in seno al re, che in quel punto dava al popolo di Menfi le leggi. Stupitosi il re di tale accidente, fece diligentemente cercare di cui fosse quella calza, e trovato, ch'ell'era di Rodope, non a pena la vide, che restò dal suo bello infiammato.
Questo si ha da l'historia in Polidoro, Virgilio, Erodoto, Strabone, ed altri autori.
Per tessere il dramma si finge che Creonte (così nominato l'egizio re innamorato di Rodope) fosse ammogliato in Damira principessa di Lidia, quale accortasi de gli ardori novelli del marito, procurasse con le preghiere, e col pianto di ammorzar nel sen de l'amato consorte quelle fiamme, che minacciavano ruinosi incendi al suo core: ma Creonte allettato più che mai da le accortezze di Rodope, e deposto l'affetto de la regina sua moglie, stabilì di voler privarsi di questa, per poter più agevolmente godere gli amplessi di quella.
Finse un giorno con Damira di voler seco andar deliziando in piccola barca per l'acque del Nilo. Fu la prima Damira a imbarcarsi, e quando credeva essere da Creonte seguita, d'improvviso si vide allontanata da riva, priva di nocchiero, che regolasse la barca, quale portata da la rapidezza del fiume ad urtare in un sasso tutta s'infranse, onde l'infelice regina fu di lontano veduta a scorrer fluttuante per l'acque.
Finse Creonte con le lacrime su gli occhi deplorare il caso funesto occorso a Damira (benché egli inventor fosse stato di stratagemma sì crudo) e credendola morta, e sepolta dentro i gorghi voraci del Nilo, fatti in Menfi celebrare i di lei funerali introdusse Rodope in corte, dandosi lieto a fruire quel bello, che solo possedere credeva, mentre ella come dama sagace provveduta s'aveva di più d'un amante dentro la reggia. Damira in tanto avvedutasi de l'inganno del re suo marito, prima ch'il picciol legno urtasse nel sasso, sgravatasi ad un tratto delle veste reali, al rompersi di quello gittossi in farsetto nel Nilo, e secondando la rapidezza del fiume, procurò coraggiosa natante di portarsi a riva. Fu soccorsa a le sponde del fiume da Bato villano, ch'ivi a caso pescava, e condotta dentro rustico albergo fu da la vecchia Nerina moglie di Bato sovvenuta d'un abito di pastorella a l'uso d'Egitto. Ricercata Damira de suoi casi da Bato, si finse Fidalba povera villanella d'Egitto orfana de' genitori, condotta da la disperazione a gettarsi ne l'acque per volersi affogare. Restò da la pietà de suoi cortesi liberatori consolata ne le sue finte sventure; ed indi a poco adottata in lor figlia, non avendo essi prole. Visse qualche tempo la finta Fidalba sotto rustiche spoglie: disfogando per le selve il suo duolo con pubblicare a le piante l'acerbità de' suoi casi, fin che un giorno Creonte tratto dal diletto de la caccia capita in queste campagne. Nel seguire un cervo li cade sotto il cavallo ed egli avvilupato con in piede ne le staffe rimane sotto al destriero, sotto il cui peso soffocato s'avria, se da Bato, ch'ivi a caso vicino vendemmiava, non fosse stato opportunamente osservato, e soccorso. Sottrasse il pietoso villano dal peso del destriero Creonte, e trovandolo per la caduta svenuto, credendolo morto su le spalle lo prende per portarlo dentro il suo albergo, senza conoscerlo per re de l'Egitto. Mentre viene incontrato da Sicandro cortigiano, uscito di Menfi per seguire ne la caccia Creonte, principiano gli accidenti del dramma.