LE FORTUNE DI RODOPE E DAMIRA
Dramma per musica.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Aurelio AURELI.
Musica di Pietro Andrea ZIANI.
Prima esecuzione: 26 dicembre 1656, Venezia.
Interlocutori:
Fanno il prologo | |
Il DILETTO |
basso |
La LASCIVIA |
soprano |
GIUNONE |
contralto |
IMENEO |
soprano |
| |
RODOPE innamorata di Nigrane |
soprano |
CREONTE re d'Egitto |
basso |
DAMIRA moglie di Creonte creduta affogata nel Nilo, sotto nome di Fidalba |
soprano |
NIGRANE cavaliere privato di corte amante di Rodope |
contralto |
BRENNO generale dell'armi d'Egitto acceso di Rodope |
contralto |
LERINO paggio di Rodope |
soprano |
SICANDRO cortigiano favorito del re |
tenore |
BATO villano |
basso |
NERINA vecchia moglie di Bato |
contralto |
ERPAGO pittor di corte |
tenore |
Coro di Egizie con Rodope.
Coro di Mori.
Coro di Armati con Brenno.
La scena è in Menfi.
Illustrissimi signori
Signori, e padroni colendissimi.
Trasse questo mio parto i suoi natali sotto l'aspetto di un fato maligno, ed allevato tra le mie disavventure, godé però questa amica fortuna d'essere a prima vista raccolto da la benigna protezione di vostre signorie illustrissime.
Consacro questa mia debol fatica ai lor meriti, de quali per semplicemente accennarli, basti il dire, che vengono le fortune a umiliarsi ai lor piedi. Se tornasse un Ercole al mondo stupirebbe nel veder rinovata l'età de gli Alcidi, discernendo ne le persone di vostre signorie illustrissime il non plus ultra ne i termini de l'umana cortesia. Castore, e Polluce per esser nati gemelli meritarono d'esser collocati nel cielo, ed i nomi di vostre signorie illustrissime per esser pari ne la gentilezza son degni d'esser registrati a caratteri di stelle ne gli annali de l'eternità, non che ne la memoria degli uomini, tra quali vantisi pur chiunque vuole di esserle riverentemente affezionato, ch'io più di tutti mi pregio di vivere
di vv. ss. illustrissime
umil. devot. ed obbligat. servo.
Aurelio Aureli
Delucidazione
Rodope fu la più accorta, e famosa cortigiana, che a suoi tempi avesse l'Egitto. Mentre ella un giorno lavavasi dentro una fonte, fulle da un'aquila involata tra gli artigli una calza. Volò l'aquila sovra la piazza di Menfi, dove giunta lasciò cadere la calza in seno al re, che in quel punto dava al popolo di Menfi le leggi. Stupitosi il re di tale accidente, fece diligentemente cercare di cui fosse quella calza, e trovato, ch'ell'era di Rodope, non a pena la vide, che restò dal suo bello infiammato.
Questo si ha da l'historia in Polidoro, Virgilio, Erodoto, Strabone, ed altri autori.
Per tessere il dramma si finge che Creonte (così nominato l'egizio re innamorato di Rodope) fosse ammogliato in Damira principessa di Lidia, quale accortasi de gli ardori novelli del marito, procurasse con le preghiere, e col pianto di ammorzar nel sen de l'amato consorte quelle fiamme, che minacciavano ruinosi incendi al suo core: ma Creonte allettato più che mai da le accortezze di Rodope, e deposto l'affetto de la regina sua moglie, stabilì di voler privarsi di questa, per poter più agevolmente godere gli amplessi di quella.
Finse un giorno con Damira di voler seco andar deliziando in piccola barca per l'acque del Nilo. Fu la prima Damira a imbarcarsi, e quando credeva essere da Creonte seguita, d'improvviso si vide allontanata da riva, priva di nocchiero, che regolasse la barca, quale portata da la rapidezza del fiume ad urtare in un sasso tutta s'infranse, onde l'infelice regina fu di lontano veduta a scorrer fluttuante per l'acque.
Finse Creonte con le lacrime su gli occhi deplorare il caso funesto occorso a Damira (benché egli inventor fosse stato di stratagemma sì crudo) e credendola morta, e sepolta dentro i gorghi voraci del Nilo, fatti in Menfi celebrare i di lei funerali introdusse Rodope in corte, dandosi lieto a fruire quel bello, che solo possedere credeva, mentre ella come dama sagace provveduta s'aveva di più d'un amante dentro la reggia. Damira in tanto avvedutasi de l'inganno del re suo marito, prima ch'il picciol legno urtasse nel sasso, sgravatasi ad un tratto delle veste reali, al rompersi di quello gittossi in farsetto nel Nilo, e secondando la rapidezza del fiume, procurò coraggiosa natante di portarsi a riva. Fu soccorsa a le sponde del fiume da Bato villano, ch'ivi a caso pescava, e condotta dentro rustico albergo fu da la vecchia Nerina moglie di Bato sovvenuta d'un abito di pastorella a l'uso d'Egitto. Ricercata Damira de suoi casi da Bato, si finse Fidalba povera villanella d'Egitto orfana de' genitori, condotta da la disperazione a gettarsi ne l'acque per volersi affogare. Restò da la pietà de suoi cortesi liberatori consolata ne le sue finte sventure; ed indi a poco adottata in lor figlia, non avendo essi prole. Visse qualche tempo la finta Fidalba sotto rustiche spoglie: disfogando per le selve il suo duolo con pubblicare a le piante l'acerbità de' suoi casi, fin che un giorno Creonte tratto dal diletto de la caccia capita in queste campagne. Nel seguire un cervo li cade sotto il cavallo ed egli avvilupato con in piede ne le staffe rimane sotto al destriero, sotto il cui peso soffocato s'avria, se da Bato, ch'ivi a caso vicino vendemmiava, non fosse stato opportunamente osservato, e soccorso. Sottrasse il pietoso villano dal peso del destriero Creonte, e trovandolo per la caduta svenuto, credendolo morto su le spalle lo prende per portarlo dentro il suo albergo, senza conoscerlo per re de l'Egitto. Mentre viene incontrato da Sicandro cortigiano, uscito di Menfi per seguire ne la caccia Creonte, principiano gli accidenti del dramma.
Lettore
Aggradisci le mie debolezze, onorate di musica da la somma virtù del signor padre Ziani. Questi con la soavità del suo stile, e con l'invenzione dell'arie supplirà dolcemente a l'imperfezioni del dramma. Per soddisfare in parte a la tua curiosità, sono stati qui sotto stampatili nomi di quelli Virtuosi, che rappresentano le parti del dramma. Nel resto ricevi il tutto da un sommo desiderio, che ho avuto di compiacerti scrivendo, e vivi felice.
Si figura nella tenda la porta, che introduce nella reggia del Diletto.
DILETTO
(di dentro)
In qual sito, in qual parte
di sì angusto teatro
il Diletto spiegare
può le pompe dell'arte?
Ov'è la scena? Omai
tempo è d'udir di varie voci il canto,
e attende ognun che si principi intanto.
Aprinsi queste porte,
e comparir si veggia
del Diletto la reggia.
(qui s'apre la tenda e si vede la reggia del Diletto)
Il Diletto, la Lascivia, che addormentano Imeneo. Giunone che sopravviene in macchina.
DILETTO
Lieto dio, gradita nume
chiudi il lume.
Co suoi fiati Zeffiretto
qui tra fiori in verde letto
dolci adagi per te formi.
LASCIVIA E DILETTO
Dormi, dormi.
LASCIVIA
Vaghe stelle addormentate
riposate.
Occhi belli sonnacchiosi
non vi turbino i riposi
tetre larve, ombre deformi.
DILETTO E LASCIVIA
Dormi, dormi.
DILETTO
Ei chiuse ha le palpebre.
LASCIVIA
Togliamoli la face.
DILETTO
Leviamli le catene.
LASCIVIA
Svegliato, che farà.
O da noi partirà
dell'armi sue spogliato, o vo' che giuri,
che questa sua facella
arder deggia in favore
del re Creonte, e Rodope la bella.
GIUNONE
Perfidissimi, indegni
di profanar con destra
sacrilega, e rapace
quel divin nume, e di toccar sua face.
Al suolo deponete
ciò, che rubato avete;
de nodi maritali
a me tocca la cura, e non a voi.
Febbre de sensi, e peste de mortali.
Sorta è l'alba, su, su, su
Imeneo sorgi anche tu.
Apri gli occhi incauto dio,
se prigion restar non vuoi
tra i letargi dell'oblio,
il seren de lumi tuoi
abbastanza chiuso fu,
scuotiti
svegliati
non dormir più.
IMENEO
Chi da un sonno soave
destarmi tenta, e a disturbar mi viene?
La mia face dov'è? Le mie catene?
GIUNONE
Il tutto avrai, se mi prometti o nume
far sì che l'innocente,
e infelice Damira in qualche modo
con Creonte ritorni
moglie gradita al marital suo nodo.
IMENEO
Farò quanto m'imponi
diva immortale ad ubbidirti pronto
da quest'ozio m'involo,
lascio i riposi, e al ciel dispiego il volo.
DILETTO
Povero sonnacchioso,
e dove il volo estendi?
Discendi al suol discendi,
se l'armi tue non hai
belle imprese farai.
IMENEO
Eccomi al suol disceso,
datemi ciò ch'è mio, ch'è di ragione.
LASCIVIA
L'avrai perché a Giunone
ubbidire doviamo:
ma pria da te vogliamo,
che ci prometti nell'egizia corte
dover oggi trovare
a Rodope un gradito, e bel consorte.
IMENEO
Farò ciò, che a voi piace.
DILETTO
Prendi le tue catene.
LASCIVIA
Ecco la face.
IMENEO
Soddisfatti sarete,
parto, e fra poco l'opre mie vedrete.
DILETTO E LASCIVIA
Del Diletto
sol ricetto
questo albergo oggi sarà;
tra le coppie innamorate
sorti liete, e avventurate
Imeneo nascer farà.
Del Diletto
sol ricetto
questo albergo oggi sarà.
Campagna di vendemmia.
Sicandro. Bato, che porta sulle spalle Creonte svenuto.
SICANDRO
Dolore,
ch'il core
struggendo mi vai,
se reso al mio male
non sono immortale
uccidimi omai.
Miei lumi,
che fiumi
di pianto versate,
piangete fintanto,
ch'in mare di pianto
sommersi restate.
Infelice Creonte acerbo caso
sul più vago oriente
degli anni tuoi signor scendi all'occaso.
BATO
Da' fine ai tuoi lamenti,
sazio son di più udire
tanti queruli accenti.
Sotto sì grave peso
di già stanco son reso.
SICANDRO
Su questo freddo sasso
sgravati o amico
dell'incarco esangue;
fier spettacolo, ahi lasso
di pietade commosso il cor mi langue.
BATO
Ohimè.
SICANDRO
Che hai?
BATO
Sul volto
mi stillano agghiacciate
della morte i sudori;
da insoliti tremori
agitare mi sento,
io dubito, che m'abbi
quel corpo esanimato
il suo male attaccato.
E ch'io deggia morir per complimento.
SICANDRO
Quanto sciocco tu sei.
BATO
Toccami il polso.
SICANDRO
Che farnetichi insano?
Tu sei vivo e sei sano.
BATO
Hai tu ragione, in petto
sento battermi il core,
né so dir se per fame, o per timore.
SICANDRO
Cielo pietoso aita,
egli respira, e ancora
nutre nel petto suo spirto di vita?
Sin che al fonte vicino
frettoloso ricorro, e a te ritorno.
Qui pio custode assisti, e teco insieme
s'unisca alta pietà di stelle amiche:
premio condegno avrai di tue fatiche.
Bato, Creonte.
BATO
Misero cavaliero!
Quanto malvolentieri
m'adatti allo mestiero
di far la guardia a morti, il ciel sa;
ma la mia povertà
a me stesso mi rende
sì mendico, e molesto,
che mi farebbe far (quasi che il dissi)
un esercizio assai peggior di questo.
O fortuna, o fortuna, e quando mai
per me ti cangerai?
Voglio sedere, e intanto
passar l'ore col canto.
L'esser povero è un gran male,
e non vale
l'astinenza per sanarlo,
ma a scacciarlo,
e a guarir dal lungo tedio
l'oro solo è un buon rimedio.
Non ha un misero...
CREONTE
Respiro oh dèi?
BATO
Chi parla?
S'io non erro, ho sentito
il morto a lamentarsi,
eh ch'io son impazzito,
o 'l capo è pien di vino:
se defunto è il meschino,
come articolar pote alcun accento?
Tra timore, e spavento
la mia mente delusa
fu da vana impressione,
vo' finir la canzone.
Non ha un misero mai bene,
visto viene
da ciascun con torto naso,
ma se a caso
per lui varia sorte instabile
fassi a tutti uomo stimabile.
CREONTE
Chi pietoso mi assise
su questo sasso, e diè al mio duol conforto?
Son pur vivo.
BATO
Io son morto.
Sicandro. Bato. Creonte.
SICANDRO
Dove corri? Che temi?
BATO
Lascia in grazia, ch'io tremi,
e sfoghi la paura.
SICANDRO
E che t'accade?
BATO
Pessima sventura:
il morto ha favellato,
son mezzo spiritato.
SICANDRO
Mio re?
CREONTE
Sicandro?
SICANDRO
O sire!
L'onda del pianto mio
più che quella del fonte
oggi certo cred'io
con l'averti spruzzato
t'ha il signor ravvivato.
CREONTE
Maledette le cacce, e i lor diletti;
per destino severo
oggi sotto un destriero
quasi oppresso dal duolo
il sepolcro trovai sul verde suolo.
SICANDRO
Mira colà signore
quel pastorel cortese,
egli salvo ti rese
dagl'insulti feroci
del barbaro corsiero,
e qual Enea pietoso
qua sugli omeri suoi
ti condusse al riposo.
CREONTE
Nella reggia riserbo
al mio benefattor tali favori,
ch'invidi renderan gl'altri pastori.
Accostati.
BATO
Va' in pace alma gentile,
torna tra estinti, va' sotterra al fondo,
non vo' traffichi teco all'altro mondo.
SICANDRO
Quanto è semplice! Ascolta.
BATO
Spiritarmi non voglio un'altra volta.
SICANDRO
Egli è vivo, e non morto.
È Creonte d'Egitto il nostro re.
BATO
Uh miserello me!
Tu Creonte?
CREONTE
Io tuo rege.
BATO
A te devoto
io consacro signor gli ossequi miei:
ma già che vivo sei
da morte liberato
ricordati di quanto ho per te oprato.
CREONTE
Agli spiriti smarriti
torna il vigor primiero,
te con premi graditi
consolar oggi spero.
Qual è il tuo nome?
BATO
Bato.
CREONTE
Hai moglie?
BATO
Ho moglie, ed una sola figlia.
CREONTE
Oggi in corte verrai con tua famiglia.
BATO
Corro in fretta a portarle
sì gioconde novelle, e a rallegrarle.
Creonte. Sicandro.
CREONTE
Che fa Rodope o amico,
il mio fulgido sol, l'anima mia?
Ah nella fantasia
porto impressa ad ognor la sua sembianza,
né può la lontananza
le mie piaghe sanare:
un secolo mi pare
ogni breve momento
in cui disgiunto io vivo
dall'amato contento,
esser mai non vorrei
dal suo bello diviso,
benché provi godendo
pene d'inferno in sen di paradiso.
SICANDRO
Per l'improvvisa tua partita sire
in corte la lasciai
alquanto afflitta, e in parte accesa d'ira
il tuo ritorno ella di già sospira.
CREONTE
Tu qui d'intorno aduna
con la voce i dispersi cacciatori,
mentre ai rauchi fragori
di quell'onda cadente
ad attenderti vado, ivi fra poco
t'appresserai con la raccolta gente
per far quinci ritorno al mio bel foco.
SICANDRO
Infelice Creonte,
come per un bel volto
pena, langue, sospira,
e dal suo cor ardenti fiamme ei spira.
SICANDRO
Che non può donna ch'è bella?
Nel crin porta le catene
per legar i nostri cori,
dalle luci sue serene
vibra in sen cocenti ardori;
i suoi sguardi son quadrella,
che non può donna, ch'è bella.
Che non fa l'uomo ch'è acceso?
Segue un cieco, e non s'avvede,
ch'egli serve ad un tiranno,
alla donna il tutto crede,
e fa un idolo il suo danno:
ama il laccio, che l'ha preso,
che non fa l'uomo ch'è acceso.
Damira.
Che mi giova esser reina,
se nemiche ho in ciel le stelle,
se a soffrir sorti rubelle
crudo fato mi destina?
Un pagliareccio albergo
è mia reggia in cui vivo, e notte, e giorno,
l'erbette, ch'ho d'intorno
son le mie damigelle,
e mie faci notturne
son del ciel le fiammeggianti stelle.
Le lacrime incessanti,
che m'imperlano il volto,
e trapungono il cor d'aspre amarezze:
ma pur benché ricopra
sotto vil manto l'esser mio reale,
questa veste non vale
punto a scemar il regio mio decoro.
Così tal nube i rai del sol oscura,
ma non per questo il pregio suo li fura.
Infelice che parlo?
Con quai vani conforti
delirando procuro
d'applicar al mio male
debole medicina?
Che mi giova esser reina,
se nemiche ho in ciel le stelle,
se a soffrir sorti rubelle
crudo fato mi destina?
Dispietato Creonte,
traditore marito,
dal tonante punito
spero vederti, e sull'indegna fronte
scoccar da giusto ciel l'ire fatali,
a fulminar le bende tue reali.
Nerina. Damira.
NERINA
Appena sorta è l'alba
ad apportar con rai di luce il giorno,
che anelante qui intorno
mi convien cercar di te Fidalba.
DAMIRA
Scusami, se talora
da te il passo allontano;
sui luminosi albori,
de augelletti canori
musici della selva
godo i canti sentire, e talun suole
seco trarmi ad udir tra queste frondi
le soavi armonie, ch'ei forma al sole.
NERINA
Figlia del nostro albergo
non t'allungar ti prego,
sei gentil pastorella,
sei vezzosa, sei bella,
queste tre qualità
bastano a mover guerra
alla tua castità.
DAMIRA
Onore, e continenza
contro tali nemiche
sanno far resistenza.
NERINA
È ver, ma chi ha bellezza
dura grande fatica in conservarla;
l'onore è una fortezza
a cui per espugnarla
più d'un insidiator giammai non manca,
e d'ogni chiave alfin l'apre, e spalanca.
DAMIRA
Un sen pudico è scudai
ai colpi di saette
del faretrato ignudo.
NERINA
Parli da saggia o bella;
ma mentre i' fui citella,
e d'oro aveva il crine, e non d'argento,
pria di morir la genitrice mia
tai ricordi lasciommi in testamento.
I
Se sei bella, e giovinetta
mira ben dove tu vai,
perché amor, che al varco aspetta
quando men vi penserai
feriratti il tristarello,
e dall'ampia tua ferita
troverà l'onor l'uscita
per andarsene in bordello.
II
Se sei casta, e continente
fuggi l'uom come dal foco,
perché amor, ch'è fiamma ardente
per le luci a poco a poco
entra al core a incenerirlo,
quando entrato è a forza lenta
di scacciarlo invan si tenta,
ma conviene alfin soffrirlo.
Bato. Nerina. Damira.
BATO
(canta di dentro tra quelle piante)
Compagni addio
lavorate,
del viver mio
terminate
son le fatiche
gli aspri sudori,
vendemmiatori,
da voi lontano
oggi m'invio.
Compagni addio.
BATO
(qui esce)
Moglie figlia allegrezza
buone nuove v'apporto,
fortunati noi siamo, oh contentezza.
NERINA
Quali nuove ci arrechi?
BATO
Creonte il re d'Egitto.
DAMIRA
Ah re crudele!
E quando fulminato al suol cadrai?
BATO
Quietati, che cos'hai?
DAMIRA
Creonte, segui, esprimi
il fin de detti tuoi.
BATO
Per premiar tutti noi
oggi in corte ci attende.
NERINA
E quando mai
con il re favellasti?
Qual premio meritasti?
BATO
Per viaggio 'l saprai.
DAMIRA
Deh quai strani successi
alle miserie mie
la fortuna prepara in questo die,
pur conviemmi obbedire
e sotto finte forme
il mio stato coprire.
NERINA
E la nostra capanna,
se noi partiam a chi vogliam lasciarla?
BATO
Voglio per noi serbarla
che se a fortuna ci fermiamo in corte,
noi vantar ci potremo
mentre nostro l'albergo anco rimagna
d'aver casa in cittade, e qui in campagna.
Insieme
NERINA E BATO
Alla corte, alla corte.
O per me lieta e fortunata sorte.
Alla corte, alla corte.
DAMIRA
Alla corte, alla corte.
O per me fiera e imperversata sorte.
Alla corte, alla corte.
Galleria, che introduce ai gabinetti di Rodope.
Rodope. Nigrane.
RODOPE
Luci belle, se bramate
di saper quant'io v'adori,
osservatelo agl'ardori,
che nel sen voi mi vibrate,
e direte, che in amarvi
posso struggermi ben, ma non lasciarvi.
NIGRANE
Soave è 'l tormento,
ch'io provo in amarti,
per viver contento
mi basta mirarti.
RODOPE
Lumi cari se volete
penetrar i miei martiri,
discerneteli ai sospiri,
che dal cor uscir vedete,
e direte, che in amarvi
posso struggermi ben, ma non lasciarvi.
NIGRANE
Eterno il mio ardore
ti giuro mia vita,
di questo mio core
dolcezza infinita.
RODOPE
De' nostri occulti affetti
il silenzio commetto alla tua fede;
vivi cauto Nigrane,
guarda, ch'il re non sappi, e non discopra
l'amor nostro ad un cenno, un detto, a un'opra.
NIGRANE
Sarà tomba il mio core
per seppellir le nostre fiamme, o bella,
cauto lo sguardo, e muta la favella.
RODOPE
Per poter arricchir idolo mio
la tua privata sorte
d'alte fortune in corte
spero indurre Creonte
di me acceso a sposarmi,
e del trono d'Egitto impossessarmi.
NIGRANE
Quando nel tron sarai,
di me ti scorderai.
RODOPE
Sarà prima ch'io manchi a te la fede
della livrea dell'ombre il sole erede.
NIGRANE
Consolato mi parto,
in te confido, e spero.
RODOPE
Sull'ali del pensiero
io ti seguo mia spene.
Insieme
NIGRANE
Resta in pace mio bene.
RODOPE
Vanne in pace mio bene.
Lerino. Rodope.
LERINO
Signora il tuo Nigrane
fuori di queste stanze
a tempo il passo affretta,
Brenno è di fuor, che di parlarti aspetta.
RODOPE
Sia introdotto.
LERINO
Obbedisco.
RODOPE
M'è costui poco grato;
ma per essere stato
il mio primo amatore,
con simulato ardore
fingere mi conviene anco d'amarlo
con affetti mentiti, e lusingarlo.
Brenno. Rodope.
BRENNO
Care sembianze, e belle,
dell'acceso mio cor dolce conforto,
tra l'interne fiammelle
in olocausto l'alma mia vi porto.
Deh non siate al mio amor giammai rubelle,
care sembianze, e belle.
Care pupille amate
qual farfalla m'aggiro a voi d'intorno,
e 'l cor, che m'infiammate
a incenerir al vostro lume io torno.
Deh saette al mio cor più non vibrate
care pupille amate.
RODOPE
Tanto o crudo ritardi
in venirmi a veder?
Ah se punto dai dardi
dell'amoroso arcier
tu fossi, non saresti
così pigro in venirmi a ritrovar.
E non mi lasceresti
l'ore intere qui sola a sospirar.
BRENNO
Non mai sola tu sei
luce degli occhi miei,
che sebbene talvolta
vivo da te lontano
il mio core ad ogn'ora
invisibil t'assiste, e umil t'adora.
Lerino. Rodope. Brenno.
LERINO
Date fine a' discorsi,
non più tanti cor mio, tanti mio bene.
Dalla caccia è tornato
il re Creonte, e a questa parte ei viene.
RODOPE
Ohimè parti mio core.
BRENNO
Qui mi trattien co' sue catene amore.
RODOPE
Tornerai.
BRENNO
Quando?
RODOPE
In breve,
Lerino te 'l dirà.
LERINO
Finitela una volta,
ch'il re vi coglierà.
BRENNO
Per obbedir il passo invio.
Insieme
RODOPE
Parti, mia vita addio.
BRENNO
Parto, mia vita addio.
Rodope. Lerino.
RODOPE
Semplicetto amatore,
come inesperto ei beve
in coppa di dolcezze
mille bugie gradite
rese per lui condite
dal mel dell'accortezze.
Dov'è Creonte, ov'è
l'innamorato re?
LERINO
Quivi in breve 'l vedrai;
in sì leggiadro scherzo
giungerà presto il terzo.
RODOPE
Sulle piume sedendo
temprar vo' sin ch'ei giunge
con l'armonia de' musici strumenti
l'amaro a' miei tormenti.
Insieme
RODOPE
Sediam, sediamo.
LERINO
Soniam, soniamo.
RODOPE
Chi d'amor non sa i contenti
lo domandi a questo cor,
che dirà pene, e tormenti.
Crudi affanni, e fiere noie
son le gioie
di quel cieco traditor.
Chi d'amor non sa i contenti
lo domandi a questo cor.
Il crudel con empia sorte
turba in breve il suo seren,
del goder l'ore son corte,
i diletti del gioire
in martire
cangiar usa in un balen.
Il crudel con empia sorte
turba in breve il suo seren.
LERINO
Sento gente: è Creonte,
a te signora: abbi l'astuzie pronte.
RODOPE
Voglio quivi appoggiata
mesta fingermi.
LERINO
Oh bene.
RODOPE
E addolorata.
Creonte. Rodope. Lerino.
CREONTE
Che miro empia fortuna?
Da qual nube importuna
di tormentuoso duol
offuscato è il mio sol?
Rodope? Spirto mio?
Che t'affligge mio bene?
Pupillette serene
apritevi sol tanto
ch'io la cagion comprenda
del vostro acerbo, e doloroso pianto.
RODOPE
Sin che da me lontano
amato re vivrai,
sempre in un mar di lacrime dolenti
seppellirò di queste luci i rai.
CREONTE
Se da te mi disgiunse
della caccia il diletto,
teco a unirmi ritorna
catena indissolubile d'affetto.
RODOPE
Se di caccia sei vago
da me non ti partire,
cercami in questo seno,
e troverai la fera
di gelosia severa,
che crudele ad ogn'ora
l'anima mi divora.
CREONTE
L'ucciderò mio core
con quell'acuto strale
con cui l'arcier d'amore
fece all'anima mia piaga letale.
RODOPE
Vivrò sempre gelosa.
CREONTE
Io sempre amante.
RODOPE
Sarò fida in amarti.
CREONTE
Ed io sempre costante.
RODOPE
Tutto è ver: ma...
CREONTE
Che brami?
RODOPE
Dubito, che non m'ami.
CREONTE
Chiedilo al mio tormento.
RODOPE
Temo che siano queste
voci di complimento.
LERINO
Che melate parole?
Che inzuccherati detti?
Date fede alle donne o semplicetti.
CREONTE
Se di mia fede, o cara,
accertarti desii, cerca, domanda,
vuoi prove del mio amor? Chiedi, comanda.
RODOPE
Vorrei con doppio nodo
d'amore, e d'imeneo
stringerti al sen mio re, così potrei
da crudel gelosia l'alma sanarmi,
e dir Creonte è mio, non può lasciarmi.
CREONTE
Grande richiesta ascolto,
o tirannia d'amore
tra i lacci d'un bel volto
prigioniero convegno
a chi diedi il mio cor dare anco il regno.
So, che al tron sublimando
una Rodope, offendo
il reale mio stato,
son re, ma innamorato:
se alcun del mio fallire
l'alta cagion richiede,
mi scuserò con dire
che amor è cieco, e la ragion non vede.
Rodope ho stabilito.
RODOPE
E che?
CREONTE
Di compiacerti.
Ecco la destra.
RODOPE
O me felice.
CREONTE
Ohimè.
RODOPE
Che ti turba mio re?
CREONTE
Stravagante caduta,
portentosi accidenti,
prodigiosi portenti,
s'animano le tele
per turbar le miei gioie, ed un ritratto
sulle dolcezze mie vomita il fele.
Benché estinta Damira
invida a miei contenti anco in pittura
le mie delizie funestar procura.
Sotto più lieti auspici
riserbo il consolarti, o mia diletta,
non tra auguri sì mesti, ed infelici.
RODOPE
Disturbo maledetto,
nemica, e ria fortuna
spero d'esser reina al tuo dispetto.
Lerino.
Maledetto ritratto,
potevi pur potevi
sol per breve momento
far di men cadere,
e non turbar di Rodope il piacere.
Donne mi rassembrate
simili alla pittura in ogni parte,
colorite, e strisciate
siete sul volto, e tutte fatte ad arte.
Sol una differenza
tra voi belle ritrovo, ed il ritratto;
godiam questo cogli occhi, e voi col tatto.
Sia pur il vostro labro
pallido divenuto, e scolorito,
che con poco cinabro
il vermiglio tornate al bel smarrito.
Sol una differenza
tra voi belle ritrovo, e la pittura;
questa è solo tutt'arte, e voi natura.
Nigrane. Brenno.
NIGRANE
Amanti, incatenato
porto tra lacci il cor,
e pur benché legato
non cerco mai la libertà da amor;
godo viver in pene,
care, e dolci d'amor son le catene.
BRENNO
Son ferito, e son amante,
né sanar altro mi può,
ch'il vezzoso, e bel sembiante
di colei, che m'impiagò.
NIGRANE
Sospetto, e gelosia
perturbar non mi sa,
che della donna mia
so quanto grande sia la fedeltà.
Godo viver in pene,
care, e dolci d'amor son le catene.
BRENNO
Van timore ingelosirmi
mai non può del mio bel sol,
mi consolo, che tradirmi
la sua fé non può, né vuol.
NIGRANE
Amico par, che insieme
i vessilli d'amore ambi seguiamo,
e che contenti unitamente amiamo.
BRENNO
Amo, Nigrane, è vero, e se a te fosse
della dama, che adoro
noto il nome, l'aspetto, e la costanza,
tu diresti, che in pregio ogn'altra avanza.
NIGRANE
Se a te fosse permesso
conoscer l'idol mio (scusami Brenno)
vedresti quel, ch'il pensier tuo non crede,
confesseresti, che la tua li cede.
BRENNO
Non contendiam di questo,
già ben tu sai, ch'ogni amator, ch'è scaltro
l'idol suo stima assai più bel dell'altro,
come hai sorte in amar?
NIGRANE
Felice io vivo,
oggi appunto al mio bene
questa lettera scrivo.
BRENNO
Vedi se andiam del pari, anch'io vergai
questa carta già poco,
dove al mio bene invio chiuso il mio foco.
NIGRANE
Amici così cari
non si mostrino avari
di palesar la soprascritta sola.
BRENNO
So, che tacer saprai, ciò mi consola.
Leggi.
NIGRANE
«A Rodope bella.»
Nel darmi il foglio errasti
il mio mi ritornasti.
Insieme
NIGRANE
È tua lettera quella.
BRENNO
È mia lettera quella.
NIGRANE, BRENNO
Leggi. «A Rodope bella.»
Creonte. Nigrane. Brenno.
CREONTE
Temerari impazziti,
folli, e ciechi amatori,
indegni pretensori,
e siete tanto arditi
di scriver a colei, che pur v'è noto
esser di questo cor dolce catena?
Non so, che mi raffrena,
che al mio giusto furore
or or sacrificati
non vi faccia cader ambi svenati.
(apre la lettera di Nigrane, e la legge)
«Mia fiamma.» Ah fellon rio,
tua fiamma il foco mio?
NIGRANE
Sire.
CREONTE
Sdegno ascoltarti.
NIGRANE
Scusami.
CREONTE
Taci.
NIGRANE
Amore.
CREONTE
Quietati traditore.
(legge la lettera di Brenno)
«Mia cara.» Ah ben vogl'io,
che questa voce ardita
cara ti costi con l'esborso intero
del sangue di tua vita.
BRENNO
Mio re.
CREONTE
Frena i tuoi detti.
BRENNO
Odi.
CREONTE
Non più.
NIGRANE E BRENNO
Signor.
CREONTE
Tacete: rei
di lesa maestade ambi voi sete,
troppo offeso m'avete:
al par di queste carte,
che cadono al mio piè lacere, e peste,
temerari dovreste
restar dall'ira mia disfatti, e infranti,
pretensori arroganti;
ma quel merto, che un tempo
v'acquistaste in servir la mia corona,
or la vita vi dona.
Siavi caparra intanto
di mia regia pietà l'irvene in bando,
con espresso comando
di lasciar questa reggia, itene altrove:
tanti fulmini Giove
non ha per saettar i rei viventi,
quanti fieri tormenti
saprò inventar per farvi dar la morte,
se il rinascente dì vi trovo in corte.
NIGRANE
Ah non sia ver già mai perfido fato,
ch'io parta dal mio bene amante amato.
BRENNO
Astri crudi, e fatali
consigliatemi voi ciò, che far deggio,
mai non soffrii nell'amor mio rivali
s'io parto è male, e se qui resto è peggio.
Piazza di Menfi con il corso delle maschere.
Damira.
Mura adorate, e care,
che foste già di mia grandezza il seggio
di mie sventure amare
tragica scena fatte or vi riveggio.
Pazienza, così va; sempre vicine
all'altezza d'un tron son le ruine.
Bato. Nerina. Damira.
BATO
Fidalba aspetta aspetta:
pur ti giungo alla fine,
d'arrivar alla corte hai la gran fretta.
DAMIRA
Scusami s'io m'avanzo,
tu sei di passo tardo,
tengo il mio più veloce, e più gagliardo.
NERINA
Eh Bato mio.
BATO
Che vuoi?
NERINA
Molto spesso da noi
costei fugge, e s'invola,
talor da sola a sola
a favellar la trovo,
or col cielo s'adira,
ora piange, or sospira,
dubito, che agitata
sia da qualche pazzia la sventurata.
BATO
La misera talora
a sue sventure andate
deve pensare, e lamentarsi ancora.
Deh mira alle finestre
di questa nobil piazza
quante dame affacciate,
turbe di mascherate
dall'una all'altra via fanno tragitto,
nel popolo d'Egitto
mai più non vidi un'allegrezza tale.
NERINA
Per quanto mi fu detto
oggi termina in Menfi il carnevale.
Sicandro. Damira. Bato. Nerina.
SICANDRO
Nozze, nozze, contenti, contenti,
la reggia
festeggia
per sì lieti eventi.
Nozze, nozze, contenti, contenti.
DAMIRA
Nozze dentro la reggia? E che fia mai?
Fermatevi o sospetti,
non m'uccidete o tormentosi guai.
Narrami in grazia o amico
la cagione a me ignota
di sì grande allegrezze?
SICANDRO
Che leggiadre vaghezze?
Tra Rodope, e Creonte
oggi in corte si spera
veder lieti sponsali,
nozze, e feste reali.
DAMIRA
Infelice che sento? Oh dio son morta:
il re vuole ammogliarsi?
BATO
A te ch'importa?
SICANDRO
Bato?
BATO
Sicandro?
SICANDRO
È questa
la tua famiglia?
BATO
Sì:
è mia moglie costei, l'altra mia figlia.
Che Fidalba s'appella.
SICANDRO
È assai vezzosa, e bella.
NERINA
Per mia fé, che l'ho detto, appena abbiamo
dentro di queste mura il piede mosso,
che subito troviamo
un cortigian, che ci fa i conti addosso.
SICANDRO
Seguitemi, di guida
vi servirò alla reggia, ove Creonte,
che grati accoglimenti a ciascun rende
godrà in vedervi, il vostro arrivo attende.
Nerina. Lerino.
NERINA
Invan tra questa gente
chiamo, ricerco, e chiedo
del consorte novelle, io non lo vedo.
Con Fidalba alla corte ito sarà,
senza punto curarsi,
ch'io smarrita mi sia
sulla pubblica via.
Se ritornar potessi
nel primiero mio fior di gioventù
so ben io, che l'ingrato
di me si prenderia cura assai più.
O di mia verde età gioie amorose.
Quanto spesso dolente or vi deploro,
quel crin ch'un tempo insuperbiva in oro,
or tra la neve ha le sue pompe ascose.
O di mia verde età gioie amorose.
LERINO
Mentre lieto ciascuno
del popolo festante
studia forme inventar per mascherarsi,
tra letizie cotante
sol te mesta qui trovo a lamentarsi.
NERINA
E non vuoi, che mi dolga,
se nell'andar a corte
ho perduto una figlia, ed il consorte?
LERINO
E di ciò ti lamenti? È poco male,
perdere l'una, e l'altro è capitale.
NERINA
Al trono di Creonte
guidami in grazia o amico.
LERINO
Ovunque vuoi
m'obbligo di condurti
sin che ritrovi li compagni tuoi.
Andiam: fermati, mira
mascherata gentil, ch'in piazza or giunge,
sotto delle finestre
di queste dame belle
facilmente fermandosi potria
qualche danza formar con leggiadria.
Ritiriamci a vederla.
NERINA
Andianne sì.
NERINA E LERINO
Al gioire, al godere, all'allegrezza
l'umano piacer.
Quasi alato, e presto va,
il passato
è un'ombra, un fu,
né ritorno a noi non fa più;
il venturo incerto sta,
il presente sol s'apprezza.
Al gioire, al godere, all'allegrezza.
Qui segue il ballo della mascherata.
Cortile del palazzo reale, sulla di cui prospettiva dipinto si vede l'accidente occorso a Damira nel Nilo.
Damira.
Dove mi conducete
astri fieri, e crudeli?
Sazi ancora non siete
d'affliggermi, e infestarmi,
che per più tormentarmi
qua mi guidate a contemplar dipinto
sovra muraglia altera
de' miei casi funesti
l'istoria miserabile, e severa:
ma, che mi lagno o stolta?
Morta ancor non son come ognun crede,
nella real mia sede
può tornarmi la sorte anco una volta.
La fortuna è cieca dèa,
che i suoi beni dispensa
quando meno si pensa.
Lei cangia quando vuole il pianto in riso,
e manda le sue sorti all'improvviso.
Cieca e finta per mostrarci,
che alla cieca al mortale
fa del bene, e del male,
presto vien, presto parte, e in varie forme
or veglia in favor nostro, or per noi dorme.
Sicandro. Damira.
SICANDRO
Fidalba tuo custode
a te Bato m'invia fin, ch'ei ritorna:
quanto è leggiadra, e di vaghezza adorna.
DAMIRA
Ov'è andato?
SICANDRO
Partì
a cercar di Nerina,
che per via si smarrì.
Puoi vagheggiar intanto
di queste mura l'opre industri, e l'arte;
mira colà in disparte
l'istoria figurata
di Damira, che un tempo
sposa fu di Creonte, e ch'infelice
ebbe per sua sventura
entro l'acque del Nilo
e morte, e sepoltura.
DAMIRA
Morì dunque Damira?
SICANDRO
S'affogò.
DAMIRA
O quanto s'ingannò
del fin de' casi miei lo scellerato.
SICANDRO
E per sì avverso fato
tutto mesto Creonte
trafitto dal dolore
la pianse amaramente.
DAMIRA
O traditore.
SICANDRO
Di traditor chi accusi!
DAMIRA
Quel destino,
ch'apportò alla meschina
l'ultima sua ruina.
Misera, sventurata,
sotto influssi maligni
lei ben fu generata.
Ah, che dell'infelice
sì mi pungono al vivo i casi rei,
che alli spiriti miei
per soverchia pietà manca la forza;
cader al suol mi sento
languida, e tramortita:
Sicandro manco, aita.
SICANDRO
Caro peso gradito,
soavissimo impaccio,
son tutto gelo, ed ho la fiamma in braccio.
Fortunata fatica,
felicissimo impiego,
stringo quel laccio in cui prigion mi lego.
Nerina. Lerino. Sicandro. Damira.
LERINO
Questa è la regia corte
dove giunto esser deve il tuo consorte.
NERINA
Quest'è il regio ricetto,
dove portar s'usa
alle figlie d'altrui poco rispetto.
Insolente Sicandro,
vedi se ancor la lascia?
Come la stringe, e abbraccia?
LERINO
Buon pro amico ti faccia.
SICANDRO
Amici v'ingannate,
opportuna ben fu vostra venuta,
che eguale pietate
quest'infelice soccorrete.
NERINA
Oh cieli!
È ferita?
LERINO
È spirata?
SICANDRO
Ell'è svenuta.
NERINA
I sospetti abbandono,
se ti te mormorai chiedo perdono.
Bato dove n'andò?
SICANDRO
Nella piazza a cercarti.
NERINA
Ella rinviene.
DAMIRA
Involatevi o pene
da questo cor, non più mi tormentate,
sensi miei respirate.
NERINA
Lieta, lieta Fidalba,
la tua mesta natura
troppo il seren dell'allegrezza oscura.
DAMIRA
Ognor, che tristi casi
a raccontare io sento,
per dolore improvviso
soglio cader soggetta al svenimento:
così finger mi giova.
NERINA
So ben io per rallegrarti
ciò, ch'a te potria giovar;
un marito
a te gradito
ti potrebbe il duol sanar.
LERINO
S'io buon sono in conto alcuno
m'offro tutto al tuo piacer,
dolce quiete,
e sorti liete
saprò anch'io farti goder.
SICANDRO
Se l'amor d'un fido sposo
soddisfar bella ti può,
d'un affetto
il più perfetto
contradote io ti farò.
DAMIRA
Ciascun di voi m'aggrada,
ma pria, ch'alcuno io sceglia,
e che di sposo ancor faccia l'eletta
vo', che aspettate; avete troppa fretta.
Rodope. Nigrane.
RODOPE
Tu parti, e altrove o caro
il passo tuo s'invia?
Insieme
NIGRANE
Teco resta, il mio cor anima mia.
RODOPE
Teco porti il mio cor anima mia.
NIGRANE
Tu piangi, e sul tuo volto
formi l'eclisse al sol?
Insieme
NIGRANE
Non lacrimar se vuoi ch'io tempri duol.
RODOPE
Non mi lasciar se vuoi ch'io sani duol.
NIGRANE
Un foglio benché muto
scoprì, come intendesti, gli amori nostri,
furon quei neri inchiostri
per me lingue fatali,
presaghe de' miei mali
fur quelle righe, onde vestiro a bruno
i lor vergati accenti
per la morte fatal de' miei contenti.
Del rege ingelosito
mi divide da te fiero comando,
devo lasciarti, e trasportarmi in bando.
RODOPE
Quanto hai tempo al partir?
NIGRANE
Tutt'oggi solo.
RODOPE
In questo giorno io spero
esser reina, e trarti fuor di duolo.
Lerino. Rodope. Nigrane.
LERINO
Nel giardino reale
da verde stelo or ora
questa rosa raccolsi,
indi il passo rivolsi
a trovarti signora
per farne a tua bellezza un don gentile.
NIGRANE
Quanto è 'l mio stato a sì bel fior simile.
Sono fiorite le mie gioie appena,
che fortuna crudel le strugge, e alfine
non restano al mio cor sol che le spine.
RODOPE
Consolati Nigrane,
ch'il tempo distruttore
non avrà contro me forze abbastanza
per struggermi nel core
l'affetto, ch'io ti porto, e la costanza.
NIGRANE
Bastano queste voci
per indolcirmi al cor l'aspre ferite,
e se voi non mentite
adorate bellezze
del mio lungo languire
care sono le pene:
miro Brenno, che viene,
finger vo' di partire,
e dietro questi marmi
da gelosi sospetti assicurarmi.
Rodope io parto, altrove
urgente affar mi chiama.
RODOPE
Va' felice mio caro, ama chi t'ama.
Rodope. Lerino. Brenno. Creonte. Nigrane.
RODOPE
Hai lo specchio Lerino?
LERINO
Io l'ho, non sai,
che senza quel teco non son giammai:
prendi; Brenno qua giunge.
RODOPE
Lascia, ch'ei giunga, intanto
mirerò nel cristallo
infiorandomi il crin se v'è alcun fallo.
BRENNO
Che miro? Oggi qui il sole
contro l'usanza sua solita, e vecchia,
l'acque abbandona, e in un cristal si specchia.
CREONTE
Rodope, e Brenno insieme?
In disparte celato
lor voci udirò,
se lei l'ama saprò.
RODOPE
Vidi abbastanza, intesi,
Creonte ingelosito
in disparte s'è tratto
ad osservarmi; o caro vetro a tempo
col tuo lume mi scopri un gentil fatto:
saprò con nova frode
deluder Brenno, ed ingannar chi m'ode.
BRENNO
Rodope, mio splendore
specchiati in questo core,
se di veder tu brami
l'imago tua scolpita
per man d'amor da suoi pungenti dardi,
egli, che da tuoi sguardi
di ferir l'arte apprese
impiagato mi rese,
onde complici poi
negli insulti d'amor son gli occhi tuoi!
CREONTE
Troppo ardito discorre.
NIGRANE
Rodope, che dirà? L'ama, o l'aborre?
RODOPE
Forsennato, arrogante
tu di Rodope amante?
Ammutisci, concentra
nel più cupo del seno
su temerario ardire,
cangia voci, o a partire
dal mio aspetto t'astringo.
(Taci cor mio, ch'io fingo,
perché in disparte il re ci ascolta ascoso.)
Del tuo stato penoso
poco, o nulla mi cale,
il tuo foco non vale
ad accendermi il cor, partiti audace,
vattene o Brenno in pace;
pubblica ad altra dama
le tue vane querele.
BRENNO
So che finge.
CREONTE
È costante.
NIGRANE
È a me fedele.
BRENNO
Non avrei mai creduto,
che tu annidassi in petto
un sì superbo core,
che negasse al mio affetto
cortese amor, ch'è premio pur d'amore.
Ma se amante inesperto
troppo folle lasciai
dal tuo bello impiagarmi,
fatto medico esperto
da me solo saprò l'alma sanarmi:
spegnerò le mie fiamme
entro l'onda d'oblio.
Taci, che fingo anch'io,
così godrà quest'alma
lieta, e tranquilla calma
dai legami d'amor libera, e sciolta:
come bene schermiam chi qui ci ascolta.
RODOPE
Parto per non più udirti: addio mia vita.
BRENNO
Partir ti lascio: o finzion gradita.
NIGRANE
Misero Brenno disprezzato ei parte;
gelosia t'abbandono, amor m'affida.
CREONTE
Non sospettar mio cor, Rodope è fida.
Lerino.
O quanti esploratori
ho scoperti qui intorno!
Giurerei, ch'in tal giorno
Brenno, Nigrane, e il re
credon d'esser amati,
e, che tutti ingannati
dalle astuzie di Rodope non sanno
conoscer l'arte del suo scaltro inganno.
Voglio un giorno innamorarmi
donne belle, ma però
con tal patto, che lasciarmi
lusingar da voi non vo'.
So, che amando tradite, e scaltre ognora
voi la fate sugli occhi a chi v'adora.
Far le morte, e spasimate
con me nulla gioverà,
perché l'arti vostre usate
mi son note un tempo fa.
So, che amando tradite, e scaltre ognora
voi la fate sugli occhi a chi v'adora.
Creonte. Bato. Nerina. Sicandro.
CREONTE
Grato m'è il vostro arrivo
bramati amici, in questa reggia accolti
ristorerete dopo lunghi affanni
di vostra povertà l'ingiurie, e i danni.
BATO
Teco o re mi rallegro
nel veder, che sei sano, e ch'il tuo piede
più non trema, o traballa,
né hai più bisogno, ch'io ti porti in spalla.
NERINA
Ti conservi signor Giove immortale.
CREONTE
Del giardino reale
voi custodi sarete.
BATO
Io ti ringrazio
di sì grande favore:
scusami vo' baciarti affé signore.
NERINA
Allontanati o stolto,
con il re così fai?
BATO
Siamo amici no 'l sai?
NERINA
Deh scusalo signor.
CREONTE
L'uso condono
di semplice bifolco: ov'è Fidalba?
BATO
Qui non la vedo.
NERINA
Ohimè,
ov'è andata? Dov'è?
SICANDRO
Per venirti a inchinar sire poc'anzi
movea con noi le piante,
ma qual fantasma errante
d'improvviso sparì dagli occhi miei.
BATO
Oh la vedo imbrogliata con costei.
CREONTE
Di conoscerla bramo.
Sia vostra cura il ritrovarla.
SICANDRO
Andiamo.
Rodope. Creonte.
RODOPE
O vita
gradita
mio nume adorato
o re idolatrato.
Il cor, che disgiunto
da te star non sa,
qual linea 'l suo punto
cercando ti va.
Non provo
non trovo
sol che nel tu' aspetto
conforto, e diletto,
afflitta, e dogliosa
sospiro ogni dì
per esser tua sposa
da tua bocca uscì.
CREONTE
Castigherei con fier morso le labbra,
se avessero ardimento
di proferir contrario a' tuoi voleri
un sol minimo accento.
RODOPE
Che più dunque si tarda?
Or, che fato maligno
le mie gioie non turba, e non contende,
dov'è quel sì che sposa tua mi rende?
CREONTE
Ho la destra qui pronta.
RODOPE
Io già l'attendo.
Damira. Sicandro. Rodope. Creonte.
DAMIRA
Sfortunata, che intendo?
SICANDRO
È qui Fidalba o sire.
CREONTE
Spettatrice sarà de' miei diletti.
DAMIRA
Furia piuttosto a te mi porto iniquo
per infestar i tuoi lascivi affetti.
D'umile pastorella
ricevi o re gli ossequi, a tuoi contenti
sempre benigno arrida
il sovrano monarca: empio t'uccidi.
CREONTE
Che miro?
RODOPE
Che ti turba?
CREONTE
Se non fosse del Nilo
entro i gorghi voraci
seppellita Damira,
or confuso direi
è mia moglie costei.
RODOPE
Spesso la simiglianza
le nostre luci inganna:
l'effige di costei l'occhi t'appanna.
Porgimi la tua destra
adorato mio re, non mi negare
quell'onor, che poc'anzi a me tu offrivi.
Lascia in pace i defunti, attendi a' vivi.
DAMIRA
Come ardita favella?
CREONTE
Eccomi pronto a soddisfarti o bella.
DAMIRA
No 'l permetterò mai
stolta mi fingerò,
così indegni imenei perturberò.
Ferma signor, che fai?
In qual legge d'Egitto
dimmi o re trovi scritto,
che ad un uomo lascivo
per poter satollar
l'ingorde voglie
sia concesso l'aver
più d'una moglie?
CREONTE
Che vaneggia costei?
RODOPE
Di capo è scema.
CREONTE
Non è prole di Bato?
SICANDRO
Ell'è sua figlia.
CREONTE
Miserella è impazzita.
SICANDRO
Stravaganza inaudita.
DAMIRA
Tra nozze sì liete
si suoni, si canti,
allegri, e festanti
o sposi godete.
RODOPE E CREONTE
Godiamo sì godiamo,
e le destre accoppiamo.
DAMIRA
Fermate,
che fate?
Fermate.
In onta di Damira
a nuove nozze aspiri o re crudele,
al suo bello infedele
tenti novi imenei?
Fulminatelo o dèi.
CREONTE
Obbligo di marito
io più non serbo a chi è ridotta in polve,
ogni legame alfin morte dissolve.
DAMIRA
Viva ancora è colei, che credi estinta,
è qui presente.
CREONTE
Ov'è?
DAMIRA
Colà dipinta.
SICANDRO
Con i casi di lei da me narrati
a questa delirante entro la reggia,
la misera, signor parla, e vaneggia.
CREONTE
Chi sei?
RODOPE
Ciò tu li chiedi?
È una pazza, non vedi?
DAMIRA
Chi son? Non mi conosci?
Son tua moglie, e regina
degli astri, che abbandoni
mio supremo tonante, io son Giunone
da te senza ragione
abbandonata per un Io lasciva:
non permetter, ch'io viva
sospirato mio nume
vedova de' tuoi baci entro le piume.
SICANDRO
In qual vano pensiero
con la mente s'aggira!
Ella è stolta davvero.
RODOPE
Con stravaganti forme
la fortuna di me prendesi gioco,
questa pazza importuna
in mal punto per me giunse in tal loco.
DAMIRA
Perché state a mirarmi
pallidi, e sbigottiti?
O poveri impazziti.
SICANDRO
Così appunto va detto.
DAMIRA
Confusi nell'aspetto
siete del mio scherzar, né v'accorgete,
che non mi conoscete:
vi dirò chi son io,
son de' sponsali il dio
sceso in terra dal ciel per consolarvi,
voglio or ora sposarvi.
Porgetemi le destre.
RODOPE
Saggia per me s'adopra.
CREONTE
Lei darà fine all'opra.
DAMIRA
Temeraria, sfacciata,
quai meriti possiedi
per accoppiarti in matrimonio a un re?
Così stolta mi credi
ch'io sia per darti ciò, che fa per me?
Andiam mio sposo andiam.
CREONTE
Lasciami.
DAMIRA
Uniti
ascenderem su questa nube al cielo
tra stellati zaffiri.
SICANDRO
Stravaganti deliri.
CREONTE
Se più qui dimoriamo,
dubito, ch'ancor noi seco impazziamo.
RODOPE
O stolta maledetta!
CREONTE
Rodope non temer, sarai mia sposa.
DAMIRA
O quanto io rido.
CREONTE
Soffri in pace, aspetta.
RODOPE
L'aspettar è un cibo amaro,
che 'l desio sol di speranza
di nutrire ha per usanza:
l'aver subito è più caro.
L'aspettar è un cibo amaro
che 'l desio sol di speranza
di nutrire ha per usanza.
Son più care, e più gradite
le fortune inaspettate
delle gioie sospirate:
tarde giungono le ambite.
Son più care, e più gradite
le fortune inaspettate.
Bato. Nerina. Sicandro.
BATO
Sicandro, qual avviso
di Fidalba ci dai?
SICANDRO
Pessimo.
NERINA
Che sia mai?
SICANDRO
Fuori di sentimento
la miserella uscita
s'è scoperta impazzita.
Inanti 'l re parlando,
per questa reggia errando
forsennata trascorre,
mille pazzie discorre,
or si stima Giunone, ora Damira,
e con i loro casi
mentecatta delira.
NERINA
Bato non te 'l diss'io?
BATO
Un pensier troppo fisso, ed incessante
nelle sventure sue,
avrà dell'infelice
l'intelletto travolto in uno istante.
NERINA
Eh per altra cagione
penso, ch'abbi perduto
l'uso della ragione.
Qualche fumo al cervello
asceso li sarà,
bisognava al suo bello
un marito trovar per carità.
Sono alcune ragazze,
che non ponno durar,
perciò diventan pazze
perché troppo li nuoce l'aspettar.
SICANDRO
Il pensiero sagace
di Nerina mi piace.
NERINA, BATO E SICANDRO
Citella
ch'è bella
marito
gradito
si trovi sì sì.
L'umano appetito
non può in modo alcuno
con lungo digiuno
passar i suoi dì.
Citella
ch'è bella
marito gradito
si trovi sì sì.
Tumulo eretto in memoria di Damira creduta affogata nel Nilo.
Creonte.
Da una pazza furente
non so come sottratta
a voi piante funeste il piè raggiri,
quei suoi vani deliri
mi sforzano sovente
a pensar a Damira, e più ch'io penso
d'una coscienza impura
la sinderesi in me destarsi io sento.
Troppo errai lo confesso,
e del mio error commesso
la memoria m'induce al pentimento.
Ah qual provo nel cor fiera tenzone!
Il senso, e la ragione
mi combattono l'alma,
e in pugna sì feroce
non so come schermirmi,
l'un m'invita a goder, l'altra a pentirmi.
Lerino. Creonte.
LERINO
Signor la tua diletta
Rodope addolorata
sospirando t'aspetta
a ravvivar le morte sue speranza.
CREONTE
Dov'è?
LERINO
Nelle sue stanze.
Damira. Creonte. Lerino.
DAMIRA
Ecco qui il disleale:
deh quanto volentier mi scoprirei
se credessi dall'empio esser accolta,
tralascerei di finger più la stolta.
LERINO
Sire la pazza è qui,
concedimi, ch'io parta,
e che a Rodope io torni.
CREONTE
Vanne sì.
DAMIRA
Ah Mercurio assassino
del mio gran Giove messagger lascivo,
dall'infido consorte
per tua cagione maltrattata io vivo.
Non partirai, se prima
di quel tumulo eretto
non mi narri l'istoria.
LERINO
Di Damira in memoria
dentro il Nilo affogata eretto fu.
Ah, ah intesi, non più.
DAMIRA
Fate tutti allegrezza
è viva Damira,
quest'aura respira.
Son vane le doglie,
è pazzo chi accoglie
nel cor la tristezza,
fate tutti allegrezza.
LERINO
Quante sciocchezze, o quante?
CREONTE
Povera delirante.
DAMIRA
Resta o mio nume ingrato
marito traditore;
m'avrai negl'occhi, se non m'hai nel core.
CREONTE
Resto sì, ma confuso
da queste voci, o cieli,
per far noto l'eccesso
del mio errore commesso
a mia confusion credo, che abbiate
in questa pazza infusa
lo spirito, e l'effige di Damira,
mentre parla, e delira
i miei falli riprende, e per sua bocca
della moglie defunta a torto offesa
giuste querele ad ascoltar mi tocca.
Ovunque il passo io movo
ho quell'orrido spettro avante gli occhi
pare, che mi trabocchi.
Rodope dalla mente,
e quell'ombra innocente
al cor mi sgridi ogn'ora,
se Damira morì, Rodope mora.
Rodope.
Se Damira morì, Rodope mora?
Ah perfido t'intendo,
sazio di me già reso
d'altra beltade acceso
forse al par di Damira
macchinarmi la morte empio tu pensi:
questi sono gl'incensi,
le faci d'Imeneo,
ch'arder dovean sull'ara di Cupido?
Ah traditore, infido,
ti pria di me cadrai
morto, e sacrificato
al mio giusto furore,
amante mentitore,
perfidissimo, indegno:
dal foco del mio sdegno
a distrugger vedrai
le tue barbare trame, e inceneriti
precipitar i tuoi disegni arditi.
Brenno. Rodope.
BRENNO
Ferma Rodope, ferma
le fuggitive piante,
prima del mio partire
consola o bella un moribondo amante.
Ma che dico partire? Invan Creonte
fulmina contro me sentenze irate,
perché da te lontano esule io vada;
pur che appresso a te cada
vittima innamorata, o cara vita,
sarà la morte mia dolce, e gradita.
RODOPE
L'affetto di costui forse nel sangue
dell'odiato nemico
spegner potrebbe i miei sdegnosi incendi:
ira sta' cheta, e a vendicarmi attendi.
Brenno felice i' son, s'è ver, che porti
per me l'alma in catene.
BRENNO
Chiedilo alle mie pene,
a' miei cocenti ardori,
e da quelli saprai quant'io ti adori.
RODOPE
Se per renderti certo
della corrispondenza
delle mie fiamme al tuo penoso stato
fossi tua sposa, e che diresti tu?
BRENNO
Per viver fortunato
in amor non saprei bramar di più.
RODOPE
Uccidi 'l re se m'ami,
se in tua sposa mi brami.
BRENNO
Il re?
RODOPE
Sì d'uopo sia
l'ostacolo levar, che a te mi toglie,
se hai tu desio di conseguirmi in moglie.
BRENNO
Vedi s'io t'amo o bella,
per tua cagion la fedeltà trascuro.
Sprezzo i perigli, e l'onor mio non curo.
Per compiacerti, in breve
armerò questa destra alla vendetta
contro di chi spietato
dal tuo volto adorato
esule mi mandò,
Creonte ucciderò,
e con un colpo solo, acciò tu vegga
quanto cara mi sei,
renderò paghi i tuoi desiri, e i miei.
Nigrane. Rodope.
NIGRANE
Rodope cade il sole,
già questo giorno s'avvicina al fine,
e dal suo fin mi duole,
che avran principio l'alte mie ruine.
RODOPE
Timido, che paventi?
NIGRANE
I perigli imminenti,
tu ancor per mia sciagura
non sei reina, ed io
veggio da tua sventura
aprirsi il varco al precipizio mio.
RODOPE
Sarò reina, e ancor tu re sarai,
se all'uccisor del re morte darai.
Nigrane.
«Sarò regina, e ancor tu re sarai
se all'uccisor del re morte darai?»
Come esser può, ch'io sveni
l'omicida real, se nella reggia
vivo è Creonte, e questo suol passeggia?
Enigma sì confuso
scioglier non so, né intendo;
misero intanto ardendo
dubito ogni momento
di perder il mio bene, ahi che tormento.
Amar per dovere
un giorno lasciare
l'amato suo bene,
se son doglie amare
fierissime pene
lo dica chi amò,
che questo mio core
per troppo dolore
esprimer no 'l può.
Servir, né potere
il bel conseguire,
che s'ama, e desia,
quant'aspro martire
all'anima sia
chi 'l prova 'l dirà,
che l'alma, ch'ho in seno
nel duol fatta meno
spiegare no 'l sa.
Nerina. Bato.
NERINA
Discortese marito
par che in vivermi appresso
tu provi il foco istesso.
BATO
Non ti basta, ch'io stia
prigione incatenato
tutta la notte tra gli amplessi tuoi,
ch'anco il giorno soggetto a te mi vuoi.
NERINA
Vivo di te gelosa
perché t'amo, e m'è noto
l'uso di voi mariti:
so, ch'ingordi appetiti
v'assaliscono il cor di quando in quando,
d che 'l cibo domestico lasciate
per gir quello d'altrui scaltri cercando.
BATO
Troppo importuna sei.
NERINA
Tu poco amante.
BATO
T'amo quanto si deve.
NERINA
Ma non quanto vorrei.
BATO
Insaziabile sei.
NERINA
Menti; sol dell'onesto
il mio genio si cura.
BATO
Impossibile è questo;
per prova io so la femminil natura.
Damira. Nerina. Bato.
DAMIRA
Per colorir l'inganno
di mie finte pazzie
con questi pur conviemmi
scherzi inventar, e finger frenesie.
NERINA
Fidalba? Ah miserella
come immobile sta?
BATO
Non intende, né sa
ciò, che a lei si favella.
Figlia.
DAMIRA
Mio bene.
BATO
A chi?
DAMIRA
Mio Teseo, idolo amato.
BATO
Che Teseo? Eh, ch'io son Bato.
DAMIRA
Curioso Atheone
te 'l meritasti a fé: non è da credere
quanto mi fai tu ridere
solo in mirarti; ah ah.
BATO
Il mio volto cos'ha?
DAMIRA
Non dovevi spiar i fatti altrui,
ch'ora tu non avresti
di cervo il capo, e la tua fronte adorna
d'un par di lunghe, e pullulanti corna.
BATO
Misero mai non seppi
d'esser d'aspetto tal qualor mi sono,
s'è così moglie mia te lo perdono.
NERINA
Scusa la sua pazzia,
t'è nota ben la pudicizia mia.
Sicandro. Damira. Bato. Nerina.
SICANDRO
Fuggite rapidi
lunge di qui.
Diversi stolidi,
che l'orme seguono
di questa misera
qua se ne vengono:
se qui vi trovano
darvi potrebbono
le loro insanie
qualche molestia
in questo dì.
Fuggite rapidi
lunge di qui.
DAMIRA
D'improvviso m'involo.
SICANDRO
Qui vi lascio.
NERINA
Anch'io fuggo.
BATO
E come presto?
stolto son io, se solo qui m'arresto.
Son giungi i pazzi: ohimè
partir voglio di qua,
o bell'imbroglio affé,
tornerò per di là.
Anco quivi occupata
è da un pazzo la via:
che pazienza è la mia?
Di su, di giù, di qua di là. Ch'io vada
in ogni parte io trovo
occupata la strada: o bel sollazzo,
ogni sentiero ha partorito un pazzo.
(quivi i pazzi tolgono Bato nel mezzo)
BATO
Qual uccello voi m'avete
nella rete
preso intorno col danzar;
ma a scappar
dalla vostra gran pazzia
questo legno
m'aprirà presto la via.
Scendi di là discendi,
non vo', che quella pianta a me sì grata
dalle sciocchezze tue sia molestata.
Non vuoi discender, no?
Che sì stolto, che sì,
ch'io scender ti farò?
Ah ah scendesti pure: io son già stanco,
imparasti a volar senz'ale al fianco.
Qui segue il ballo dei Pazzi.
Cortile di Erpago pittor di corte.
Erpago. Rodope. Lerino col ritratto di Damira.
ERPAGO
Rodope a' cenni tuoi
eccomi pronto, imponi,
i tuoi desiri esponi.
RODOPE
Bramo, che tu cancelli
da questa tela o Erpago
quest'aborrita, e a me contraria imago.
Non vo' nelle mie stanze
più tal effigie agli occhi miei soggetta.
LERINO
Siane pur maledetta
ancora mi rammento
quand'ella d'improvviso
dentro l'appartamento
di te signora al suol precipitò,
e di tue gioie il bel seren turbò.
RODOPE
Di quest'effigie invece
formar dovrai col tuo pennello industre
una vendetta irata,
che nella destra armata
animosa impugnando un ferro ignudo
morte minacci a un cor bugiardo, e crudo.
ERPAGO
È bizzarro il pensiero,
in pochi giorni soddisfarti spero.
Il ritratto deponi.
LERINO
Eccolo.
ERPAGO
Intendo,
sei dall'ira alterata
perché forse il tuo vago
deve averti tradita, o disprezzata.
ERPAGO
Scaccia chi ti disprezza
dalla tua fantasia,
che in languir per chi fugge è frenesia,
donna, che di beltà vive provvista.
RODOPE
Si vedrà,
che sa far donna adirata.
È implacabile,
nello sdegno formidabile
se qual angue è stuzzicata
ad usar la crudeltà.
Si vedrà,
che sa far donna adirata.
ERPAGO
Lascia di più nutrire
così vani dolori,
che penuria non fu mai d'amatori.
Donna, che di beltà vive provvista.
RODOPE
Non è no
sì crudel mostro d'Aletto,
né s'equipara
il fier tosco di rea vipera
al velen, che donna ha in petto
quando l'ira l'infiammò,
non è no
sì crudel mostro d'Aletto.
Creonte.
Pensieri molesti
quest'alma lasciate,
sparite,
fuggite
non più m'infestate.
Stelle, che miro? Ovunque il piè rivolgo
e l'arte, e la natura
offrono a queste luci in vari oggetti
l'effigie di Damira, e benché estinta
par, che s'opponga a' miei lascivi affetti.
Come qui tal imago?
Ritratto miserabile, e funesto.
Damira. Creonte.
DAMIRA
Cielo, che sempre infesto
al viver mio t'aggiri, e quando: ohimè!
Ecco l'empio, che fo?
Deggio scoprirmi, o no?
CREONTE
Sventurata Damira,
lacrimevole oggetto.
DAMIRA
De' suoi falli pentito
or mi piange, chissà?
Forse m'ama.
CREONTE
T'adoro
morta in pittura.
DAMIRA
E viva?
CREONTE
Viva sempre t'odiai.
DAMIRA
Crudel.
CREONTE
Che dico?
Parlo ai colori, e son dell'ombre amico?
Rodope a te ne vengo.
DAMIRA
Fermati.
CREONTE
Chi mi tiene?
DAMIRA
Io ti trattengo.
CREONTE
Ecco l'alta cagion de' miei stupori:
oh presenza fatale!
Oh copia! Oh naturale!
DAMIRA
Punto non erri.
CREONTE
In che?
DAMIRA
In dir che t'assomigli
di naturale a un re.
CREONTE
Pazzarella che fai?
DAMIRA
Dimmi ti prego
caro Apelle gentil, che dama è questa?
CREONTE
Secondarla conviene:
dell'estinta mia sposa
quest'è il ritratto.
DAMIRA
Affé,
che nell'aspetto s'assomiglia a me.
CREONTE
Parla il ver delirando.
Misera.
DAMIRA
La piangeste?
CREONTE
Curiose richieste:
non la piansi.
DAMIRA
Perché?
CREONTE
Novello oggetto
allor m'ardeva il core.
DAMIRA
Ah traditor.
CREONTE
A chi?
DAMIRA
Olimpia al suo Bireno
vedendolo fuggir sgridò così.
CREONTE
Ridicole sciocchezze.
DAMIRA
Al tuo dispetto,
benché da te tradita,
sarò tua moglie, fin ch'ho spirto, e vita.
CREONTE
Che vaneggi?
DAMIRA
Infedel.
CREONTE
A chi?
DAMIRA
Lascivo:
così Olimpia sgridava al fuggitivo.
CREONTE
Stravagante pazzia.
DAMIRA
L'abbandonata
dalle piume risorta
sopra un sasso arrivata
dietro 'l fellon dicea
con lamentarsi della rotta fé,
no, no, che non sarai
sposo d'altre o crudel fuor, che di me.
Brenno. Creonte. Nigrane.
BRENNO
Sito opportuno a' miei disegni è questo.
CREONTE
S'alternan le potenze
a così strani oggetti,
e in me stesso confuso
Rodope ho a sdegno, e le mie colpe accuso.
BRENNO
Che più tardi o mia destra, e che s'aspetta?
Armati coraggiosa alla vendetta.
NIGRANE
Ah traditor sei morto.
CREONTE
Aita o amici.
BRENNO
Arrestate l'iniquo.
NIGRANE
Iniquo a me?
(qui fugge)
CREONTE
Empio contro il tuo re
eccesso così enorme oprar tentasti?
NIGRANE
Che eccesso?
CREONTE
Ancor contrasti?
E reo convinto con il ferro in mano
tenti scuse inventar per discolparti
sacrilego, inumano.
NIGRANE
Odi.
CREONTE
Sordo son reso.
NIGRANE
Cielo.
CREONTE
Ei fulmina i rei.
NIGRANE
Pietà.
CREONTE
Castigo.
NIGRANE
A chi?
CREONTE
Alla tua fellonia, che tanto ardì.
NIGRANE
Io fellone?
CREONTE
Tu reo.
NIGRANE
Senti signor.
CREONTE
Non più, temo, che spiri
contro me avvelenati
favellando i tuoi fiati.
Sia 'l perfido condotto
dentro oscura prigione, e pria, che sorga
ad illustrar il ciel la nova aurora
resti il fellon decapitato, e mora.
Nigrane.
Rodope dove sei?
Pria, che alla morte io vada,
e svenato al suol cada,
almen quest'occhi miei
ti potessero dar l'ultimo sguardo
per bearmi nel foco in cui tutt'ardo,
che contento o mia vita allor morrei.
Rodope dove sei?
Bato. Nigrane.
BATO
Che brami tu da Rodope? Poc'anzi
l'incontrai nell'uscir fuor del giardino.
NIGRANE
Già che amico destino
qua ti condusse a tempo
di consolar il mio gran duolo amaro,
deh non esser ti prego
d'un tal favore a chi te 'l chiede avaro.
BATO
Comanda.
NIGRANE
Troverai
Rodope, e tali detti
a lei riporterai.
Innocente Nigrane
alla mente se 'n va per destin rio,
e alle tue luci belle
pria di morir invia l'ultimo addio.
BATO
Buon viaggio signor, sarai servito.
Che meno si può fare,
che due parole dire,
per dover soddisfare
un, che deve morire.
Rodope. Bato.
RODOPE
Già vicino a tuffarsi in seno all'onde
è il luminoso dio, ch'in ciel risplende,
né Brenno ancor le sue promesse attende.
BATO
Rodope a tempo affé
qua giunta sei.
RODOPE
Che brami tu da me?
BATO
Odimi, e lo saprai.
Innocente Nigrane
alla morte se n' va per destin rio,
e alle tue luci belle
pria di morir invia l'ultimo addio.
L'ho servito, mi parto.
RODOPE
Fermati; Come? Senti,
parla, replica, dì ciò che hai narrato.
BATO
Piano, m'hai tu imbrogliato.
RODOPE
Alla morte Nigrane? E chi te 'l disse?
BATO
Egli stesso infelice
da satelliti preso, e circondato
in questo sito appunto
pregommi a ritrovarti
e tai detti apportarti.
RODOPE
Partì?
BATO
Prigion n'andò.
RODOPE
Di che è reo?
BATO
Non lo so.
RODOPE
Forse perch'ei fedel segue ad amarmi,
Creonte inviperito
contro il suo amor barbari sdegni aduna,
e vuol dell'innocente
con la vita troncar ogni fortuna;
alma disumanata
contro rege sì fier nutrirò in petto,
non morrà no l'idolo mio diletto.
Stelle v'accuserò di reità
se voi non influite
nelle viscere mie la crudeltà.
Dell'avviso opportuno
obbligata ti sono,
e quest'aurea catena
in ricompensa amico mio ti dono.
BATO
Rodope ti ringrazio. (Oh come è bella!)
Benedette le corti
nelle selve giammai
da che nacqui incontrai sì buone sorti.
Nerina. Bato.
NERINA
«Buone sorti» eh crudele?
T'ho pur colto sul fatto
traditor infedele
ti corrompono i doni, e vieni a patto.
BATO
Che doni? Che pazzie?
Di già sazio m'han reso
queste tue gelosie.
NERINA
La catena, che avesti?
BATO
Eccola qui.
NERINA
E sostentar vorrai,
che la tua infedeltà non mi tradì?
BATO
Ah, ah rider mi fai.
NERINA
Senti l'ingrato!
Non ti basta di fede empio mancarmi,
ch'anco vuoi beffeggiarmi?
BATO
E non vuoi tu, ch'io rida
mentre d'ira t'accendi?
Più, che saper tu credi.
Nulla sai, poco vedi, e meno intendi.
NERINA
Forse nell'osservarti
pensi, che cieca io sia!
Cent'occhi ha per mirar la gelosia.
BATO
Maledetto sia qual sì,
che a te in sposo mi legò,
avrei profferto un no,
se m'avessi allor pensato
d'esser sempre molestato
dal tuo pazzo umor così.
Maledetto sia qual sì.
NERINA
Maledetti ognor pur siate
voi mariti, che portate
alle mogli poco affetto;
quando crespo abbian l'aspetto
ci aborrite, e disprezzate.
Maledetti ognor pur siate.
BATO
Lagnati.
NERINA
Sprezzami.
BATO
Arrabbiati.
NERINA
Sgridami.
BATO
Annegati.
NERINA
Impiccati.
NERINA E BATO
Fa' che vuoi tu.
Insieme
BATO
Folle son, se di te mi curo più.
NERINA
Stolta son, se di te mi curo più.
Brenno.
Perfido fato,
che i miei disegni
non secondasti,
se forse irato
lassù nel cielo
con me sei tu,
a placar basti
gli aspri tuoi sdegni
la sorte varia,
che si contraria
oggi a me fu.
Ferro indulgente,
che a vendicarmi
atto non fosti,
se si impotente
tua nuda tempra
esser suol,
invan t'accosti
presso a quest'armi,
per farti ingiuria
tutt'ira, e furia
ti getto al suol.
Senza aver nulla oprato
amante sventurato
inanti al mio bel sole
comparir non oso,
sdegno precipitoso
accusar mi potrebbe in un sol guardo
di poco affettuoso, o di codardo.
Supplirà questa spada
alle mancanze mie, trarrò col sangue
al nemico rival l'alma dal petto,
di fortuna al dispetto
Rodope sarà mia, perirà 'l rege:
animoso mio cor svegliati all'onte,
o non son Brenno, o ucciderò Creonte.
Damira.
Suol de' pazzi la fortuna
cura prendersi talor,
ma con me sempre importuna
mai non cangia il rio tenor.
Stolta fingermi non giova,
chi nasce pazzo sol fortuna trova.
Prego invano, e tento a vuoto
quell'instabile placar,
ha per me perduto il moto
la sua ruota nel girar.
Stolta fingermi non giova,
chi nasce pazzo sol fortuna trova.
Un ferro nudo a terra?
Da qual seno cadé? Par, che la sorte
a' miei disegni arrida
somministrando a questa destra l'armi
acciò l'empia dal mondo io tolga, e uccida.
Vendicar spero
l'offese mie,
non più pazzie.
Sdegno guerriero
vieni, e ricetto
fa' nel mio petto
ardito, e fiero.
Vendicar spero
l'offese mie,
non più pazzie.
Prigione orrida.
Nigrane.
Marmi spietati, e tenebrosi orrori,
che un innocente imprigionate a torto,
dopo che al suolo agonizzante, e morto
caduto io sia tra gelidi pallori,
deh per pietade allor fate, che sia
nota a Creonte l'innocenza mia.
Stelle maligne, imperversati giri,
che senza colpa reo mi condannate,
dopo, che appieno le mie sorti irate
saziate avrò negl'ultimi respiri,
deh per pietade allor fate, che sia
nota a Creonte l'innocenza mia.
Nigrane. Rodope, e Lerino mascherati.
NIGRANE
Maschere in questo loco!
Qual deità pietosa
da due luci velate a questo core
vibra rai di conforto?
RODOPE
Amico amore.
NIGRANE
Mio spirto.
RODOPE
Mio conforto.
NIGRANE
Che grazie?
RODOPE
Che sventure?
LERINO
Che brutte stanze oscure!
NIGRANE
Per dar la vita al re prigion son reso:
da Brenno lo salvai.
RODOPE
Empia sorte non più, già 'l tutto ho inteso.
NIGRANE
Come t'introducesti
amoroso mio sol co' tuoi splendori
a illustrar questi orrori?
RODOPE
Sai, che l'ultimo giorno
di carnevale è questo,
ond'io sotto pretesto
di voler mascherata
queste prigion vedere
con aureo dono indussi
ad aprirmi la porta il carceriere.
LERINO
Ed io per complimento
di momento in momento
aspetto innanzi sera
quattro palmi di corda, o una galera.
NIGRANE
Or venga quando vuole
carnefice spietato a esanimarmi,
ch'altro più non desio;
un vostro sguardo pio
care bellezze amate
può le ceneri mie render beate.
RODOPE
Non si parli di morte alma gradita,
mentr'io qui son per dare a te la vita.
NIGRANE
E come?
RODOPE
Queste spoglie
nel carcere vicino
vestiti, e nell'uscire
da quest'orride soglie
rappresentando tu la vece mia
facilmente potrai con questa frode
ingannar il custode.
NIGRANE
E te restar qui vuoi?
RODOPE
Deh pensa a' casi tuoi,
lascia di me la cura
alla fortuna, e te salvar procura.
NIGRANE
Non di morte il timore
m'induce a compiacerti.
RODOPE
Nuocerti potrebbe il trattenerti:
vattene.
LERINO
Un bell'imbroglio
ordite voi qui dentro,
s'io n'esco fuor, affé mai più non v'entro.
RODOPE
Uscito, che sarai
con Lerino entrerai
nella sala d'arazzi, ov'io lontana
dalla gente di corte abitar soglio,
innanzi il regio soglio
io condurmi sarò presa, e legata,
e in libertà tornata
ben io saprò con mie maniere accorte
mezzo trovar per teco uscir di corte.
LERINO
E di me niun sento,
che per pietade alcun pensier si toglia;
vorrò seguirlo anch'io voglia, o non voglia.
NIGRANE
Ti lascio cara.
RODOPE
Vanne,
t'accompagni la sorte.
LERINO
In grazia andiamo
per me non veggo l'ora
di lasciar questo albergo, e uscirne fuora.
Rodope.
O fortuna severa,
a Brenno t'opponesti,
in vita 'l re serbasti,
le mie trame troncasti,
salvasti il re per far, ch'il giusto pera,
o fortuna severa!
Opri il fato quanto sa,
che amar voglio fin, ch'in petto
avrò core, e mio diletto
il languir sempre farà,
opri il fato quanto sa.
Il penar doglia non è
quando un core è amante amato,
star non sdegna incatenato,
chi in amor trova mercé
il penar doglia non è.
Cortile di Erpago.
Creonte. Sicandro.
CREONTE
Sian di Menfi le dame
più vezzose, e leggiadre
nella sala di Rodope invitate
questa sera a danzar: le feste usate
nel fin di Carnevale,
come lieto far soglio
con la mia bella celebrar io voglio.
SICANDRO
Sarà il tutto eseguito
invitto sire.
CREONTE
Al mio bel sol gradito
rivolgo il passo; intanto
preparatevi al ballo, al suono, al canto.
SICANDRO
Deh come ad ogni detto
spira fiamme d'amor l'acceso re?
Prigioniero cadé
per vezzosa bellezza
nella rete d'amor, né mai la spezza.
È pur dolce il non amare,
né provare
strali al cor, fiamme nel petto,
sol mi piace quel diletto,
che non fa l'alme penare,
è pur dolce il non amare.
È pur caro il non languire,
né sentire
gelosia, che roda il core,
troppo acerbo è quel dolore,
che non può l'alme soffrire,
è pur caro il non languire.
Brenno.
Danze il re prepara
nella sala di Rodope! Deh come
opportuno arrivato
tra quest'ombre notturne il tutto intesi.
Ti ringrazio o fortuna,
le tue trecce mi porgi,
e per la via de' miei desir mi scorgi.
Nella sala medesma
mascherata io n'andrò, con questo brando
eseguirò di Rodope il comando.
È sì bello il crine amato,
che quest'alma incatenò,
ch'il mio cor, che sta legato
non vuole, non tenta, né scioglier si può.
Son sì care le catene,
che m'han posto in servitù,
che adorando le mie pene
non chiedo, non cerco, né bramo di più.
Lerino. Nigrane mascherato, che dorme.
LERINO
Per dar tregua al suo duolo
l'infelice cred'io
di sue triste sventure
la memoria ha sepolta in dolce oblio.
Smascherarsi non volle; ei dorme, e intanto
io veglio, e fo' la guardia:
affé sento, ch'il sonno
comincia a molestarmi,
che natura codarda!
Le luci mie più vigilar non ponno:
m'è forza alfin corcarmi.
Nigrane scusami
se appresso te
qui m'addormento,
d'oblio soave
già le palpebre
sparger mi sento.
Nerina. Creonte. Nigrane, Lerino addormentati.
NERINA
Mira signor, s'io mento.
CREONTE
Mascherata lei dorme
col suo Lerino appresso.
NERINA
In quell'abito stesso
dal tristarel seguita uscir la vidi
fuori di queste stanze
e per meglio accertarmi,
ch'ella Rodope fosse
io volsi qui d'intorno
la partenza spiare, e 'l suo ritorno.
CREONTE
Mirasti ov'ella andò?
NERINA
Non l'osservai.
CREONTE
Vedesti
con chi almeno favellò?
NERINA
Nemmeno: ma il cangiare
abito, e forme per uscir di corte
mi dà, che sospettare.
CREONTE
Perfida gelosia
l'anima m'avvelena,
temo d'esser tradito
dal suo bello, e schernito.
Vo' in disparte celato a' miei sospetti
trarne dell'opre sue chiari argomenti;
lasciam, che da sé stessi
si destino i dormienti.
NERINA
Rodope se in error colta sul fatto
la tua accortezza or viene,
vo', che impari a donare
ai mariti dell'altre auree catene.
Damira.
Muti silenzi voi,
che taciturni sete
deh perché non potete
animarvi al mio duolo,
e voci articolando
discoprirmi colei, ch'io vo cercando.
Ove posa, dov'è,
da che lei mascherata
quivi risolse il piè?
O fortuna, che miro?
Eccola addormentata.
Ah femmina impudente,
in un letargo eterno
soavemente assorta,
pria sepolta, che morta.
Il fato ti destina,
onorata morrai
per man d'una reina.
Sappi, che chi t'uccide
è l'offesa Damira, e non Fidalba,
pazza villana finta,
vendicata sarò, perfida è tempo,
che cada omai per questa destra estinta.
Creonte. Damira. Nerina.
CREONTE
Fermati qual tu sei
o Fidalba, o Damira,
o pur l'ombra di lei,
da me a torto tradita.
NERINA
Io resto sbalordita.
DAMIRA
Ombra non son, nemmeno
Fidalba di costei figlia supposta,
son Damira, che vive
per clemenza di stelle
dalla barbarie tua cruda, e spietata
in vita riserbata.
Se ancor sazio non sei
di renderti al mio onore
per un seno impudico
implacabile nemico,
eccoti il ferro, prendi,
traffiggi questo petto,
estingui nel mio sangue
le fiamme dell'affetto,
che a te fedel portai,
svena o pigro, che fai?
Ma per non farti al mondo
mostro di crudeltà,
pregoti per pietà
prima a scordarti d'essermi consorte,
e poi dammi la morte.
CREONTE
Non più Damira, o dèi!
Vinto già mi confesso,
conosco i falli miei, torno in me stesso.
Perdonami s'errai,
tanto t'adorerò, quanto t'odiai:
ma come ti salvasti
entro l'acque del Nilo?
NERINA
Io te 'l dirò;
Bato a caso pescando
sulle rive del fiume
la vide, e l'aiutò.
DAMIRA
Io Fidalba mi finsi
pastorella d'Egitto
priva de' genitori, e disperata.
NERINA
Indi per nostra figlia
noi l'adottammo, e come tal fu amata.
DAMIRA
Se ritorni pentito
mio consorte gradito
a unir nel primo nodo i nostri cori
condonar voglio a Rodope gli errori.
CREONTE
I tuoi trascorsi oblia, mitiga l'ira
Rodope d'altri sia, torno a Damira.
Lerino. Nigrane. Brenno. Creonte. Damira. Nerina.
LERINO
Signor destati, ohimè!
Quanta gente! Ecco il re.
(qui entra in sala Brenno mascherato, e sfodera la spada contro Creonte)
LERINO
Fermati.
CREONTE
A mio cospetto
tanto ardire si prende?
Con l'armi si contende?
Soldati olà arrestate
quel temerario.
LERINO
S'io qui mi fermo
mostrerò poco ingegno,
piedi a voi mi consegno.
CREONTE
Rodope?
NIGRANE
Son Nigrane.
CREONTE
Tu Nigrane?
NIGRANE
Io quel sono,
che dal caso guidato in tua difesa
in questa reggia o sire
con opportuna aita
a te due volte preservò la vita.
CREONTE
Tu sprigionato? E dove
quelle spoglie involasti?
Come introdurti osasti
in queste stanze, ed in qual guisa dimmi
due volte preservasti
a me la vita infido,
se tormela tentasti?
Dov'è Rodope o amici?
NERINA
Ell'è in prigione.
CREONTE
Rodope carcerata! O cieli, e quando?
Chi senza il mio comando
in prigione condusse?
NIGRANE
Forza d'amore o sire
a imprigionarsi in vece mia l'indusse.
CREONTE
Sia tosto a me condotta.
Cos' strano inviluppo
tra tanti casi involto
dalla bocca di lei
vo' che resti disciolto.
Smascheresi il prigione.
O stupore, che miro?
Brenno è questi il bandito?
BRENNO
Fortuna m'hai tradito.
NIGRANE
Il traditor tu sei.
BRENNO
Cieco, e possente amore
la guida fu de' precipizi miei.
CREONTE
Confuso più che mai
tra tante stravaganze io qui mi rendo,
né l'origine occulta
di questi casi intendo.
NERINA
Curiosi accidenti.
DAMIRA
Stravaganti successi.
CREONTE
Temo d'occulti eccessi.
Rodope. Creonte. Damira. Nerina. Brenno. Nigrane.
RODOPE
Che eccessi? Pari ai tuoi
qui scoprirne non puoi.
Se Damira morì, Rodope mora?
In onta tua crudele
vive Rodope ancora.
CREONTE
Io crudele? Giammai
la tua morte bramai.
Tu nell'udirmi errasti,
delle mie voci il senso equivocasti.
Viva è Damira.
DAMIRA
E al suo consorte unita
a Rodope concede
cui già morte bramò, perdono, e vita.
RODOPE
Meraviglie, che sento?
BRENNO
Signor, il ferro è questo,
che ministro mi fu di tradimento:
ecco ai tuoi piedi un reo
mostro d'infedeltà,
castigami, ch'indegno
son di regia pietà.
Quell'io son
ch'invaghito
di Rodope, per brama
di possederla ucciderti tentai.
RODOPE
Io glielo comandai,
da tuoi detti delusa;
ciec'ira femminil degna è di scusa.
CREONTE
Perfido.
NIGRANE
Dal tuo ferro
io due volte signor salvo ti resi.
CREONTE
Ingannato t'offesi.
RODOPE
Io di Nigrane accesa
di quelle spoglie mascherata uscii
fuori di corte, e in carcere introdotta
da pensieri amorosi
cambiai le vesti, e in libertà lo posi.
CREONTE
Con quai mezzi possenti,
per quali occulte vie cielo sciogliesti
sì confusi accidenti.
DAMIRA
Mio re, deh non volere
tra le nostre allegrezze
i castighi introdurre, e le tristezze.
Pregoti a condonare
a Brenno i suoi trascorsi,
violenza d'amor lo fece errare.
CREONTE
A te nulla si neghi.
Per sua pena sol basti
torli Rodope, e unirla
in presenza del reo
al suo fido Nigrane in imeneo.
BRENNO
Grazie ti rendo o sire
del concesso perdon, ma quella morte,
che data non mi fu da tua clemenza,
mi darà il duolo in breve
sforzandomi di corte a far partenza.
RODOPE
Nigrane?
NIGRANE
Anima mia.
RODOPE
Son pur tua.
NIGRANE
Sì sei mia.
CREONTE
Innocente mia bella
mi rilego al tuo seno.
DAMIRA
Sorte nemica, e fella
i turbini cangiati ha in ciel sereno.
RODOPE
Per mezzo de' miei casi
dopo un mar di tempeste
lieti approdate, e fortunati a riva.
DAMIRA
Viva Rodope.
RODOPE
Piano:
aura troppo seconda
o rinata reina
in mio favor dalla tua bocca spira.
RODOPE, NIGRANE, CREONTE E NERINA
Viva viva Damira.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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