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Scena unica |
Amore, con la sua facella accesa, nell'apparir della scena si mostra in una nuvoletta in cima ad un monte: espone come per aver le feste della sua madre, viene per ritrovare lo scherzo e il riso e, uscendo dalla nuvola, cala nei boschi della scena. È visto da Diana, che lo sgrida, poi per schernirlo lo guida nell'antro d'Egeria, indi si parte per ritrovar le sue ninfe. |
Q
Amore
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AMORE
Mentre l'alba n'imbianca
il già imbrunito mondo
e fa ch'impallidisca
ogni notturna stella,
non fia mai che languisca
l'ardente mia facella:
io vibrerolla invece
della face che suole vibrar l'aurora
anzi che naschi il sole.
Della bella mia madre,
che nacque già dal mare,
anch'io vo' celebrare
il sovruman natale.
Però qui fermo l'ale
e vo vercando intorno
lo scherzo e 'l riso, i vezzosetti amori,
miei fratelli minori,
per far più lieto e più festoso il giorno.
Già tra gl'ostri e tra l'oro
delle superbe corti
invan cercai saper di lor novella,
poiché tra cure e sempiterni lai
sempre v'alberga ambizion rubella.
Qui certo, ove ne scherza e l'aria e l'onda
e ride il lieto prato,
nella fiorita sponda,
ritrovar spero il bel drappello amato.
| (♦)
(♦)
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| <- Diana
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DIANA |
Vidi (né punto errai)
da lungi un strano augello
di miniate piume
adombrate le terga
ed or da presso scorgo
ch'è 'l ribaldello
d'amor, ch'al cieco volgo è cieco nume.
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AMORE |
Ohimè, che duro intoppo!
Questa è la mia nemica,
che finge la pudica,
ripudiando in ciel il dio ch'è zoppo.
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DIANA |
Che vai facendo tu
per questi boschi a me
sacrati? Colà su
non ti basta che se' disturbatore,
d'ogni dio, d'ogni core
senza che turbi queste
semplici e dilettissime foreste?
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AMORE |
Io cercando me n' vo
di qua, di su, di là,
né dove gir più so,
ché mi son stanco già,
i miei sì vari
a me fratelli cari,
riso e scherzo nomati,
né so in qual parte lor si sian celati.
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DIANA |
Tu, maestro di pianto
e fabbro di dolore,
vai ricercando i lieti pargoletti
per infiammar d'amore
di queste ninfe semplicette i petti?
Orsù, dammi la mano e vienne meco
là dentro in quello speco.
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AMORE |
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DIANA |
Là nel più cupo centro
è il fonte del diletto,
ove godé già in pace
il suo vago Salmace.
Quivi arsi i fanciulli
per dianzi entrorno
ai pueril trastulli.
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AMORE |
Guidami dunque solo,
tu dell'antro alla bocca.
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DIANA |
Ecco ti guido,
entra pur né spiegar tropp'alto il volo.
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| Amore ->
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(Quanto di lui mi rido.
Fa il sagace e l'astuto
e 'l veglio fanciullin pur v'è caduto.
Questo è l'antro d'Egeria,
nume di Numa,
ov'ella ognora versa
lagrime in abbondanza,
già in fontana conversa,
dove il pianto e il dolor hanno la stanza.)
Ma troppo qui dimora
col folle dio mi feci.
Io vonne or ora a trovar le mie seguaci
che fuggono d'amor l'ardenti faci.
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| Diana ->
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