Atto secondo

 

Scena prima

Cortile con colonnato all'intorno, ed una scalinata a due braccia nel mezzo, sotto alla quale un gran portone, da cui si scopre la campagna in lontananza, e per dove vengono Don Chisciotte, e Sancio: l'uno a cavallo, e l'altro nel giumento.
Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Alvaro, Don Chisciotte, e Sancio. Damigelle, che aspergono Don Chisciotte con acque odorifere, e Soldatesche schierate, che gli presentano l'armi; strepito di trombe, timpani, e tamburi, corni da caccia, etc.
Coro di Popolo.

 Q 

Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Alvaro, damigelle, soldati, popolo

<- Don Chisciotte, Sancio

 

CORO

Viva, viva Don Chisciotte,  

viva il fior d'ogni gagliardo,

grand'onor di nostra età.

 
(Don Chisciotte, e Sancio, nello smontar da cavallo cadono ambedue.)
 

(in parte)

Ecco il terribile

campion fortissimo,

che mostri annichila,

giganti stermina,

schiere sminuzzola,

per farsi merito

con quante femmine

il pregio vantano d'alta beltà.

Ecco il terribile

campion fortissimo,

che mostri annichila,

giganti stermina,

schiere sminuzzola,

per farsi merito

con quante femmine

il pregio vantano d'alta beltà.

(tutto)

Viva, viva Don Chisciotte,

viva il fior d'ogni gagliardo,

grand'onor di nostra età.

Viva, viva Don Chisciotte.

 
(Don Chisciotte fa l'atto d'inginocchiarsi al Duca, ed alla Duchessa)
 

IL DUCA

Non sia mai ver, che un cavalier sì degno  

debba inchinarsi a noi.

DON CHISCIOTTE

Questa è la legge,

che Amadis già fondò.

(s'inginocchia)

LA DUCHESSA

Sì, ma ti scusa,

l'accidental caduta,

di cui molto mi duol. Sorgi.

DON CHISCIOTTE

Se tratto

m'avesse sino ai tenebrosi abissi,

m'avrebbe tolto in quel medesimo istante

l'avventurosa gloria

d'aver veduto il tuo gentil sembiante.

IL DUCA

Ma in quest'età felice,

che può contar per dèa

del bello Dulcinea,

altra bellezza di lodar disdice.

SANCIO

È vero, sì signor, ma la natura

è simile a un vasaro,

che se fa un vaso veramente bello,

può farne poco dopo in un momento

de' belli come quello più di cento.

LA DUCHESSA

Ingegnoso scudier.

DON CHISCIOTTE

Veda signora:

Sancio ha buon fondo, e sto per dir, che forse

alcuno mai de' cavalieri erranti

scudiero ugual sortì. Le sue parole

talor son diamanti,

ma son per altro ascosi

in quella scabra, rozza, informe spoglia

del natural macigno.

LA DUCHESSA

Noi molto ne godrem.

IL DUCA

Passiamo intanto,

ove deposte l'armi

per breve spazio riposar con esse

faccia, signor, tuoi bellici pensieri.

DON CHISCIOTTE

Si adempia il tuo volere, a cui mi prostro,

ma in quanto al tor dell'armi,

convien pensare avanti,

se esempio abbiam tra i cavalieri erranti.

 

Sì l'abbiamo. Ricciardetto,    

senza usbergo, e senza elmetto

nella corte pellegrina

dell'amante Fiordispina

qualche tempo dimorò;

e mi par, che ancor Ruggiero,

benché fior d'ogni guerriero,

le lasciasse la mattina,

che nell'isola d'Alcina

l'ippogrifo lo balzò.

(partono)

Sì l'abbiamo. Ricciardetto,

senza usbergo, e senza elmetto

nella corte pellegrina

dell'amante Fiordispina

qualche tempo dimorò.

S

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Il duca, La duchessa, Don Chisciotte, Sancio, damigelle, soldati, popolo ->

 

Scena seconda

Altisidora, e Don Alvaro.

 

DON ALVARO

Per un momento sol, donna crudele,  

arresta il passo, e un infelice ascolta.

ALTISIDORA

(Oh che noioso incontro! Or me ne sciolgo.)

Don Alvaro, che dici

di Laurindo mio? Presto rispondi!

DON ALVARO

Che quel titol di tuo nuovo mi giugne.

ALTISIDORA

Come! Un uom qual tu sei di tanto lume,

non ha capito ancor, che un punto solo

fu quello che mi vinse, allor che il vidi?

DON ALVARO

Tra speranza, e timor stetti perplesso.

ALTISIDORA

Ma non ti par, che veramente sia

oggetto in tutto degno

del più verace amor?

DON ALVARO

Merita il regno

tutto dell'alma tua.

ALTISIDORA

Già n'è sicuro.

Ma vedi con qual forza

d'amor Laurindo adoro...

DON ALVARO

Ti sei scordata il mio.

ALTISIDORA

L'error del labbro lo corresse il core.

Or che di lui ragioni,

mi par, che in te risplenda

un certo non so che, per cui mi piaci.

DON ALVARO

D'uopo sarà, che a lui grazie ne renda.

ALTISIDORA

Faresti il tuo dover.

DON ALVARO

Quanto è felice

il caro tuo Laurindo!

Sta lungi, e non vi pensa,

e no 'l sapendo ancor grazie dispensa.

 

Quando goder vorrò  

d'un raggio tuo seren,

di lui ti parlerò,

né mi vedrai nel sen

perdersi il core.

Senza cercar pietà

solo ti mirerò,

e intrepido sarò

nel mio dolore.

Quando goder vorrò

d'un raggio tuo seren,

di lui ti parlerò,

né mi vedrai nel sen

perdersi il core.

 
(nell'atto di partire viene arrestato da Laurindo)
 

Scena terza

Laurindo, e detti.

<- Laurindo

 

LAURINDO

Don Alvaro, t'arresta.  

DON ALVARO

Oh questo è troppo.

E non ti basta ancor d'avermi tolta

dal cor la bella pace,

senza voler questo trionfo vano,

ch'io mi distrugga al suon de' tuoi sospiri?

ALTISIDORA

Laurindo, è crudeltà; dovria bastarti

ch'ei ti cede il mio cor, benché ti ceda

cosa, che sua non fu giammai.

LAURINDO

Ti piaccia...

ALTISIDORA

Egli già vede,

che Amor forza non vuol, sa che t'adoro,

sa che già mio tu sei.

LAURINDO

Ma la mia fede...

ALTISIDORA

È quella, che già tengo, e che giurata

violar non si puote.

LAURINDO

(Oh dio che pena!)

DON ALVARO

E questa è l'amistà, di cui ti vanti?

LAURINDO

Il ciel...

ALTISIDORA

Vede il tuo core,

né ti chiamar l'ira di lui: se puoi,

nega per me di non sentire amore.

 

(a Laurindo)  

Penso di già, che appena

lungi sarò da te,

negar vorrai la fé,

che il labbro tuo giurò.

Dirai che amor non senti:

ma se cotanto ardisce

(a Don Alvaro)

tu digli, che mentisce,

poi digli, che paventi

l'ira del ciel, che folle

sopra di sé chiamò.

Penso di già, che appena

lungi sarò da te,

negar vorrai la fé,

che il labbro tuo giurò.

(parte)

Altisidora ->

 

Scena quarta

Laurindo, e Don Alvaro.

 

DON ALVARO

Negar no 'l so, Laurindo,  

sagra è per te la legge

di fedele amistà.

LAURINDO

Vivi in inganno,

né mi conosci ancor.

DON ALVARO

Questo è ben vero;

Altisidora col parlar confuso

luogo al dubbio lasciò. Vivi nel posto,

che il suo favor ti dà; ma sappi intanto,

che don Alvaro un cor serba nel petto,

cinto di tal virtù, che ancora ingrato

ti vuol esser cortese a tuo dispetto.

(parte)

Don Alvaro ->

 

LAURINDO

Laurindo, udisti? Cosa fai? Che pensi?

Don Alvaro ti crede

ingrato, e mancator. La sua nemica,

che il fier tumulto del suo cor ben vede,

ti vanta suo trofeo;

e la tua fé, come giurata fosse

a danno dell'amico

per sicura la dà, mentre t'annoda

col guardo feritor la lingua, e i sensi.

Laurindo, sogni? Cosa fai? Che pensi?

 

Se libero il freno  

io lascio al mio core,

quel bel, che m'accende

conquista lo rende

del nume d'amore,

e intanto all'amico

divengo infedel.

Se poi lo raffreno,

la pena molesta

fa nascer nel seno

più fiera tempesta;

e intanto a me stesso

divengo crudel.

Se libero il freno

io lascio al mio core,

quel bel, che m'accende

conquista lo rende

del nume d'amore,

e intanto all'amico

divengo infedel.

(parte)

Laurindo ->

 
 

Scena quinta

Sala con tavola apparecchiata.
Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Chisciotte, e Doralba, che non veduta da Don Chisciotte parla al duca.

 Q 

Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Chisciotte, Doralba

 

DORALBA

Signor...  

IL DUCA

Parti Doralba.

Tu ben sai quant'è d'uopo,

che don Chisciotte non ti veda.

DORALBA

Ai tuoi cenni ubbidisco.

(parte)

Doralba ->

 

IL DUCA

Come Altisidora!

De' Leoni al famoso cavaliero

l'armi deporre non facesti ancora?

ALTISIDORA

Perduto il guardo nel di lui bel volto

mi tolse un tal pensier.

LA DUCHESSA

Scusa dovuta

corregga il gran delitto.

DON CHISCIOTTE

(Dulcinea non temere: ho il cor guernito

di scoglio adamantin.)

ALTISIDORA

Signor, non vedi,

(s'inginocchia)

che ai piedi tuoi per implorar perdono...

DON CHISCIOTTE

Oh dio! Sorgi, che fai? Troppo disdice

a cavaliero errante.

(Perdona Dulcinea,

parlo per complimento.)

L'idea del garbo, e della gentilezza

in un atto simil vedersi avante.

IL DUCA

Olà paggi, e donzelle

servano il valoroso.

 
(vengono due paggi, e due damigelle con bacili, ove sia una spada con sua banda, ed un cappello per Don Chisciotte)

<- due paggi, due damigelle

 

ALTISIDORA

Dammi l'onor, che il militare usbergo  

ti slacci di mia man.

DON CHISCIOTTE

Ferma.

IL DUCA

È costume,

né tu lo puoi sdegnar.

DON CHISCIOTTE

Sì, ma l'usbergo

non son uso a deporre. Elmo, e bracciali

da per me stesso gli torrò. (Sovrana

incomparabil Dulcinea, se il fato

mi contende l'onor, che la tua destra

porger mi possa aita, almen sei certa,

(in atto che si toglie l'elmo, e i bracciali)

che ammetter non vogl'io destra profana.)

LA DUCHESSA

Una più lieve spada almen permetti,

ch'ella ti cinga.

DON CHISCIOTTE

Purché un dì la possa

maneggiar a tuo pro, di buona voglia

a tanto onor consento.

(Perdona Dulcinea, l'è complimento.)

ALTISIDORA

Oh quanto questa spada è meno acuta

di quei pungenti dardi,

che in questo punto Amore

(gli cinge la spada)

mi vibra in sen coi suoi sereni sguardi.

DON CHISCIOTTE

(Dulcinea non rispondo:

il complimento andrebbe troppo avanti.)

 

due paggi, due damigelle ->

 

Scena sesta

Sancio, Grullo, e detti.

<- Sancio, Grullo

 

GRULLO
(al Duca)

Signor, la mensa è pronta.  

IL DUCA

Al grand'eroe

si porga da lavar.

 
(le damigelle porgono da lavar a Don Chisciotte)
 

SANCIO

Vossignoria

si stropicci ben ben signor padrone;

le sue mani saranno quattro mesi,

che l'acqua non san dir che cosa sia.

DON CHISCIOTTE

(nel tempo stesso si lava, e si asciutta le mani)

Sancio, m'ascolta. Avverti

senno, e prudenza. Lo scudiero sciocco,

fa più sciocco il padron; basta, m'intendi.

Senno e poco parlar Sancio da bene.

 
(il Duca, la Duchessa, e Altisidora si accostano intanto alla tavola)
 

DON CHISCIOTTE

Non infilzar proverbi,

che per dire una cosa competente,

ne dichi cento poi delle scipite

Sancio, senno, e prudenza, tieni a mente.

GRULLO

Si aspetta sol vossignoria.

DON CHISCIOTTE

Son pronto.

(corre precipitoso a tavola)

IL DUCA

Siedi, siedi signor. Quello è il tuo loco.

DON CHISCIOTTE

A te piace così, saria delitto,

se mi volessi oppor.

 
(seggono tutti unitamente)
 

SANCIO

Signor padrone

mi dica un poco, gli scudieri erranti

hanno luogo distinto per mangiare,

oppure in comunanza

stanno a mangiar con tutta l'altra gente?

DON CHISCIOTTE

Sancio senno, e prudenza tieni a mente.

LA DUCHESSA

Quanto sarà felice

il nostro Sancio allora,

che il signor don Chisciotte

averà conquistato un qualche regno.

SANCIO

Già m'ha promessa un'isola

da governare a mia disposizione.

IL DUCA

Del tuo signore il merto

or vedi quanto è raro,

d'un'isola vacante, che mi trovo,

a sua contemplazione,

governatore adesso ti dichiaro.

DON CHISCIOTTE

Mettiti Sancio in ginocchion davanti

al signor Duca; e per sì gran favore

baciagli i piè. Parla aggiustato, intendi?

Pensa, che infin tu sei governatore.

SANCIO

Signor, dice il proverbio,

(bacia i piedi al Duca)

che ha bene chi fa ben. Parlo in tal forma

per non dir troppo, e mal.

DON CHISCIOTTE

Bravo.

ALTISIDORA

Frattanto

il nostro buon governator novello

al pranzo potrà gir.

LA DUCHESSA

Vada, e ben e tosto

sollecito ritorni.

SANCIO

In due bocconi

spedisco la faccenda. Con licenza.

DON CHISCIOTTE

Sancio governator! Senno, e prudenza.

 
(Sancio e Grullo partono)

Sancio, Grullo ->

 

IL DUCA

Inver, che un sì bel giorno  

con pietra bianca può segnarsi.

ALTISIDORA

O quanto

sarebbe più felice, e più sereno,

se Dulcinea la bella

fosse presente ancor.

DON CHISCIOTTE

S'ella vi fosse

per me renunzierei

l'ambrosia a Giove, e il nettare agli dèi.

LA DUCHESSA

Signor di sua bellezza adombra in parte

qualche più facil tratto.

DON CHISCIOTTE

A tanta impresa

bastevol non son io.

LA DUCHESSA

Pur non dispero,

che un dì veder la possa.

IL DUCA

Non bramar ciò, ben mio, ti pentiresti

del tropp'alto desire, e per vergogna

al comparir di lei t'asconderesti.

 

Vedesti mai le stelle  

fuggirsi vergognose

allor che gigli, e rose

s'intesse al crin l'Aurora,

e il nuovo dì colora

nello spuntar che fa?

Tal quando infra le belle

comparirà quel volto,

che i raggi al sole ha tolto,

ciascuna per vergogna

tosto s'asconderà.

Vedesti mai le stelle

fuggirsi vergognose

allor che gigli, e rose

s'intesse al crin l'Aurora,

e il nuovo dì colora

nello spuntar che fa?

 

ALTISIDORA

Ma dimmi Cavalier, quando mandasti  

Sancio con un tuo foglio al tuo bel nume,

m'è noto pur, che tal beltà non vide?

DON CHISCIOTTE

Ma tu però non sai

l'opra maligna de' crudeli incanti.

Anch'io son giorni, che la vidi, e pure

tanto diversa la trovai, che orrore

or mi fa tra me stesso il rammentare.

ALTISIDORA

Come?

DON CHISCIOTTE

Frestone incantator vigliacco

mio più crudel nemico

invidiosa la sua faccia bella

in orribil cambiò. Le trecce bionde,

ch'erano fila d'oro

son corde da chitarra. Il grato odore,

che traspirava dal suo piè leggero,

cinto di bel coturno,

e l'aure gareggianti

lo raccogliean sull'ali

per confortare i Cavalieri erranti

svenuti per amore,

or s'è fatta una cosa sì fetente

da far proprio venire un accidente.

Non vi dirò delle regali spoglie

di stelle trapuntate in campo azzurro,

in bel gruppo raccolte al molle fianco

davanti, e sciolte maestose a tergo,

ch'or son ridotte ad uso

di vesti d'una succida villana,

perché in asina nera convertita

vidi persino la sua bianca Alfana.

 

Scena settima

Grullo, e detti.

<- Grullo

 

GRULLO

Presto, signori, presto, al vicin bosco  

v'è un orso di statura gigantesca,

che manda fiamme dalla bocca, e gli urli,

che mette, son sì fieri, e spaventosi,

che si senton di qua.

 
(si alzano tutti dalla tavola)
 

ALTISIDORA

Che orrore.

LA DUCHESSA

Oh dio.

DON CHISCIOTTE

Non temano, che questo

è quel maligno mio persecutore.

Oh se del mago Atlante

avessi adesso l'incantato scudo,

o l'anel, che Melissa

fece torre a Brunel da Bradamante.

IL DUCA

Avea dell'Argalia

la celebrata lancia,

ma non è troppo, che ne feci dono

a un certo nuovo paladin di Francia.

 

DON CHISCIOTTE

Corpo di Florismarte.  

Valeva almeno un regno,

e in così duro impegno,

se la tenevi appresso,

facevi da te stesso

in quattro o cinque botte,

quello, che Don Chisciotte

con una or or farà.

Vieni: starai da parte

sol tanto spettatore

dell'alto mio valore,

e a comparire, e vincere

vedrai come si fa.

Corpo di Florismarte.

Valeva almeno un regno,

e in così duro impegno,

se la tenevi appresso,

facevi da te stesso

in quattro o cinque botte,

quello, che Don Chisciotte

con una or or farà.

(parte)

Don Chisciotte ->

 

IL DUCA
(alla Duchessa)

Ti seguo. Molto riderem.  

(parte)

Il duca ->

 

LA DUCHESSA

Se il fine

al principio risponde, ho gran timore

di potermi frenar. Si chiami Sancio,

e si appressin quei seggi.

GRULLO

Adesso.

(tira le sedie, e parte)

Grullo ->

 

ALTISIDORA

È molto strana

la di costui follia.

LA DUCHESSA

Ma non è nuova.

Don Alvaro, e Laurindo

nel delicato lor vano puntiglio

n'han qualche specie anch'essi, e tu lo sai,

che ne sei la radice.

ALTISIDORA

Ambi son folli, ed io sono infelice.

 

LA DUCHESSA

La benda agli occhi  

t'ha posta Amore,

ed il tuo core

penando va;

ma ride il nume

del tuo dolore,

che senza lume

stimi un rigore

la sua pietà.

La benda agli occhi

t'ha posta Amore,

ed il tuo core

penando va.

 

Scena ottava

Sancio, e dette.

<- Sancio

 

SANCIO

Signora eccomi qua.  

LA DUCHESSA

Vieni, che teco

ho ben, che favellar.

SANCIO

Come volete,

se quell'orso gigante

dà una scappata all'isola vacante

caro governo ce ne andiamo in fumo.

LA DUCHESSA

Siedi.

SANCIO

E via, non facciamo cerimonie.

ALTISIDORA

Ubbidisci.

SANCIO

Ubbidisco. Si suol dire

che povertà non guasta gentilezza.

 
(si pongono a sedere)
 

LA DUCHESSA

Or che siamo qui soli, e niun ci sente,

voglio, che il mio signor governatore

vari dubbi mi scioglia.

SANCIO

Volentieri.

LA DUCHESSA

La storia, che va attorno

del signor don Chisciotte

dice, che Sancio non ha mai veduta

la bella Dulcinea.

SANCIO

Ma come c'entra

questa storia a sapere i fatti altrui?

ALTISIDORA

Anzi dice di più, che un certo foglio

ch'ebbe in Sierra Morena dal padrone

per consegnarsi a lei,

Sancio non lo portò, perché rimase

nel libro di memorie.

SANCIO

Andiamo avanti.

LA DUCHESSA

Or come adunque egli ebbe tanto ardire

di finger la risposta

ingannando il padrone, e mensognero

tradir la fedeltà di buon scudiero?

SANCIO

Pazienza adesso adesso.

(osserva attorno la sala se alcuno l'ascolta)

Gia che siamo sicuri,

risponderò con libertà; si dice:

chi l'ha fatta, si guardi, e buona cura

caccia la ria ventura,

ch'un disordin, che nasca ne fa cento.

Sappiate adunque in primo, ed antimonio,

ch'io penso, e penso il vero,

che il signor don Chisciotte mio padrone,

sebben talvolta dice

di molte cose buone,

tanto abbia il poverello

spedito per le poste il suo cervello.

ALTISIDORA

E di quel, che lo serve, cosa pensi?

SANCIO

Di grazia non saltiam di palo in frasca.

Stabilito, che sia matto spacciato,

io gli fo creder cose,

che in sé stesse non han capo né coda,

perché saran sei giorni,

(e questa cosa non la sa la storia)

ch'io gli feci pigliar per Dulcinea

una villana, che incontrai per via,

ed egli se la bevve, e la credette

convertita in villana per magia.

LA DUCHESSA

Per quel che tu m'hai detto,

un scrupolo or mi vien. Se don Chisciotte

privo è di senno, e Sancio lo conosce,

e nonostante ancor lo serve, e il segue,

senza dubbio di lui sarà più matto;

e mal farebbe il mio signore adesso,

se l'isola ti dasse a governare,

quando non sai ben governar te stesso.

SANCIO

Perdinci, che lo scrupolo è venuto

con parto dritto, e qui non v'è risposta.

Seguendo il mio padrone

son più matto di lui, questo è verissimo;

ma non saprei, non posso far di meno.

Gli voglio troppo bene;

siam d'un paese stesso,

ho mangiato il suo pane,

m'ha dato tre polledri; mi capite?

Son tutte cose... Vo' dir io, che il miele

si fa giusto leccar, perché l'è dolce.

Circa il governo poi me ne rimetto;

e sebben son balordo

io so, che per suo male,

alla formica vil nacquero l'ale.

LA DUCHESSA

No, non temer, che il Duca

la promessa terrà; ma per tornare

al discorso primier. Son ben sicura,

che quel che si credeva ingannatore

nell'inganno restò.

SANCIO

Ma come a dire?

LA DUCHESSA

Quella bifolca, che pigliar facesti

al tuo caro signor per Dulcinea,

era ella stessa, e per maligno incanto

ancor tu la vedesti

orrida in volto, e in così rozzo ammanto.

SANCIO

O diavol maledetto! O questa è bella!

Mi fai trasecolar!

ALTISIDORA

La cosa è certa.

SANCIO

Io lo credo d'avanzo. Questi maghi

sanno far di gran cose; e pur da prima

non ci credevo troppo, perché intende...

(incomincia a pigliar sonno)

Ma come l'hai saputo?

ALTISIDORA

Lo stesso incantatore, or son due giorni,

capitò nel castello, e un pieno conto

ci diè di tua follia.

Ma non dormir!

SANCIO

Sì... Eh?... Dite, v'ascolto.

 

Scena nona

Donna Rodrigues, e detti.

<- Rodrigues

 

RODRIGUES

E ben, signora, v'è risposta alcuna?  

Vorrei scrivere un verso a mia figliuola

con qualche buona nuova. Ti rammenta,

che qui si tratta di promessa.

LA DUCHESSA

Taci.

Di poi ci parleremo.

SANCIO

È vero. Incanti... Perché no...

(dormendo)

ALTISIDORA

Signora.

Fa' che Rodrigues venga

dove a seder tu sei. Quando si sveglia

costui n'avrem piacer.

LA DUCHESSA

Venga: sol tanto

nascose osserverem. Senti Rodrigues

presso a quest'uom t'assidi

finché si vegli, mentre

son lungi, alcun de' servi

potrebbe fargli ingiuria, ed io non voglio.

RODRIGUES

Son timori fallaci.

LA DUCHESSA

D'altro non cerca, m'ubbidisci, e taci.

 
(partono la Duchessa e Altisidora)

La duchessa, Altisidora ->

 

RODRIGUES

Questo vuol dir la corte:

bisogna negar sempre

tutto quel che si vuol; se avete un'ora

di bene a vostro modo

fra l'anno, avete molto.

SANCIO

Dite, dite, signora, che v'ascolto.

RODRIGUES

Io so, che i cortigiani tutti quanti

son macinati in un mulin da vento.

SANCIO

Non erano mulini, eran giganti.

RODRIGUES

Ma come! una mia pari

ha da servir per guardia ad un villano,

che tal costui qui mi rassembra al volto?

SANCIO

Dite, dite, signora, che v'ascolto.

RODRIGUES

M'ascolti villanaccio: e che ti pensi,

ch'io sia la tua buffona?

Fuora di qui.

SANCIO

Signora?

RODRIGUES

Fuora di qui, dico.

SANCIO

Ade... Ma come?

RODRIGUES

Questo qui non è luogo da birbanti.

SANCIO

O ancora dormo, o questi sono incanti.

 

RODRIGUES

Fuora, ti dico, fuora.  

SANCIO

Adesso, sì signora.

RODRIGUES

Adesso, presto, presto.

SANCIO

Ma diavol son pur desto?

RODRIGUES

Presto, ti dico, avanti.

SANCIO

Ah maledetti incanti,

né manco a una duchessa

la voglion perdonar.

RODRIGUES

Duchessa, o non duchessa,

il porco hai da pigliar.

Vattene in buona pace

facciamola finita,

che tu non la sai tutta.

SANCIO

Quanto me ne dispiace

vederti convertita

in una vecchia brutta.

RODRIGUES

Presto, ti dico, avanti,

ti costerà salata

s'io l'ho da replicar.

SANCIO

Ah maledetti incanti,

né manco a una duchessa

la voglion perdonar.

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Cortile con colonnato all'intorno, ed una scalinata a due braccia nel mezzo, sotto alla quale un gran portone, da cui si scopre la campagna in lontananza

Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Alvaro, damigelle, soldati, popolo
 
Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Alvaro, damigelle, soldati, popolo
<- Don Chisciotte, Sancio

Non sia mai ver, che un cavalier sì degno

Altisidora, Don Alvaro
Il duca, La duchessa, Don Chisciotte, Sancio, damigelle, soldati, popolo ->

Per un momento sol, donna crudele

Altisidora, Don Alvaro
<- Laurindo

Don Alvaro, t'arresta. / Oh questo è troppo.

Don Alvaro, Laurindo
Altisidora ->

Negar no 'l so, Laurindo

Laurindo
Don Alvaro ->

Laurindo ->

Sala con tavola apparecchiata.

Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Chisciotte, Doralba
 

Signor... / Parti Doralba

Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Chisciotte
Doralba ->

Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Chisciotte
<- due paggi, due damigelle

Dammi l'onor, che il militare usbergo

Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Chisciotte
due paggi, due damigelle ->
Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Chisciotte
<- Sancio, Grullo

Signor, la mensa è pronta

Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Chisciotte
Sancio, Grullo ->

Inver, che un sì bel giorno

Ma dimmi Cavalier, quando mandasti

Il duca, La duchessa, Altisidora, Don Chisciotte
<- Grullo

Presto, signori, presto, al vicin bosco

Don Chisciotte
Corpo di Florismarte
Il duca, La duchessa, Altisidora, Grullo
Don Chisciotte ->

Ti seguo. Molto riderem.

La duchessa, Altisidora, Grullo
Il duca ->

La duchessa, Altisidora
Grullo ->

La duchessa, Altisidora
<- Sancio

Signora eccomi qua / Vieni, che teco

La duchessa, Altisidora, Sancio
<- Rodrigues

Ebben, signora, v'è risposta alcuna?

Sancio, Rodrigues
La duchessa, Altisidora ->

Rodrigues, Sancio
Fuora, ti dico, fuora.
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona
Campagna aperta con casino da una parte, e dall'altra una collina Cortile con colonnato all'intorno, ed una scalinata a due braccia nel mezzo, sotto alla quale un... Sala con tavola apparecchiata. Bosco Sala. Camera interna di don Chisciotte Campagna aperta con veduta del castello da una parte, e dall'altra un fosso, che corrisponde in una grotta. Cortile ad uso di steccato per la pugna e ringhiere all'intorno magnificamente adornate.
Atto primo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

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