Atto terzo

 

Quadro primo

La fucina a volte basse ed ampie nel Castello di Ekebù. Sui pilastri d'una vecchia slitta rovesciata, i Cavalieri hanno adagiato il fondo di una carretta, improvvisando così un desco, al quale ora siedono intorno irrequieti ed ubriachi. Una carrozza sgangherata e senza una ruota pencola a sinistra di fianco alla mensa: e a destra, quasi vicino al fondo, rosseggia un fornello acceso, a mantice: le fiamme fumose avvolgono una gran caldaia di rame che s'illumina di tanto in tanto alle vampe azzurre del ponce. Quasi sopra la mensa, pende un grosso maglio a corda che sembrerà un minaccioso pugno sospeso sopra i Cavalieri; due o tre incudini, infisse nei ceppi affumicati, spiccano qua e là; conficcate in terra, alcune lunghe tenaglie reggono nelle branche dei mozziconi di candela accesa che gettano strane ombre e bizzarre luci nell'ambiente grottesco e fantastico.
È quasi la mezzanotte di Natale. Il pranzo dei Cavalieri è terminato. Cristiano sta pomposamente sdraiato a cassetta della vecchia carrozza, ubriaco, tenendo in mano due boccali: Liecrona siede in disparte, sopra un'incudine, abbracciando il violino, come se cullasse un bambino, un terzo Cavaliere rimescola con una spatola nella caldaia traendo fiamme dal ponce e tirando di tanto in tanto il mantice che soffierà sui carboni rossi illuminandoli; gli altri Cavalieri in atteggiamenti grotteschi di ubriachi, sono raccolti intorno alla tavola davanti alle ciotole fumanti.
Qualcuno va e torna dalla caldaia per riempire la ciotola vuotata. La porta d'entrata è nel fondo vicino al fornello.

Immagine d'epoca ()

 Q 

cavalieri, Cristiano, Liecrona

 

CRISTIANO

(alzandosi da cassetta e barcollando)  

Bevo a Natale!

CAVALIERI

(vedendolo traballare)

Siedi!

CRISTIANO

(insistendo)

Bevo alla Comandante.

CAVALIERI

Non bere più, gigante!

CRISTIANO

(testardo)

Bevo e rimango in piedi.

 
(accosta l'uno e l'altro boccale alle labbra, si accorge che son vuoti e scende da cassetta pesantemente; due o tre cavalieri, ritornando allora dalla caldaia, si fermano ad osservare Liecrona che piange in silenzio, cullando il violino)
 

CRISTIANO

(tendendo i boccali)

Del ponce al Capitano! Anzi, due ponci!

CAVALIERI

(intorno a Liecrona)

- Olà! Liecrona!

- Perché piangi?...

- Ah! Ah!

LIECRONA

Ho male al cuore! Tanto male. Male!

CAVALIERI

- Suona il violino! Su!...

- Canta il Natale!

- Suonaci una canzone!

- Suona!

- Suona!

- Natal Natale!

- Su, Liecrona!

- Olà!

 
Gli sono intorno, insistenti, come fanciulloni. Liecrona imbraccia il violino in silenzio, traendone dei suoni bizzarri come a rievocare la canzone. Poi suona. I Cavalieri a poco a poco, presi da malinconia cantano sommessamente.
 

CAVALIERI

Natale! Natale! Natale!

Ora il piccino dorme entro il bel velo.

Nanna, oh! Nanna!

Gli angeli spiegan le grand'ali in cielo.

Cade la neve

sopra la capanna.

Natal! Natal! Natal! Nanna oh!... Nanna...

 
(Liecrona suona sempre come se rievocasse una visione lontana; i cavalieri gli si stringono ancora più vicino, vinti dalla dolcezza)
 

 

E la neve

scende candida. Natal!

Nanna! Nanna!

Scende lieve giù dal cielo

sulla rustica capanna.

Dorme il bimbo sotto il velo.

Nanna! Nanna!

 
(i cavalieri tacciono assorti; ma Liecrona, trascinato dalla sua pena, trae dal violino dei gridi di dolore; poi d'un tratto cade a sedere, disperato, piangendo ed implorando)
 

LIECRONA

Lasciatemi, lasciatemi andar via!

Laggiù, tra le foreste,

c'è la casetta mia

e il mio piccino, il mio piccino biondo.

La madre, ora, lo veste

ed egli attenderà, con il messia,

il ritorno del padre vagabondo.

Lasciatemi... lasciatemi andar via...

Voglio tornar laggiù...

CAVALIERI

(riprendendo il fare di ragazzacci ubriachi)

- Taci!

- Del ponce!

- To', il violino!

- Su!

- Suonaci -grillo- un trillo d'allegria!

- No! Suona la canzon di Belzebù!...

 
Liecrona non si scuote. Piange. Poi a poco a poco si calma come un bambino che si addormenta. Ma Cristiano, al nome di Belzebù, si picchierà una manata sul testone e accennerà ai Cavalieri di raccogliersi intorno a lui. Parlerà ad essi, misteriosamente -ubriaco e grottesco- accennando a Liecrona che ora non piange più, ma sta sempre raccolto e pensoso, in disparte.
 

CRISTIANO

Ah! Belzebù!... Sì! Udite! Come un battaglio nero

rintocca qui un pensiero, tra il ponce e l'acquavite.

(guardandosi intorno)

Ogni anno a mezzanotte - ecco, perdio... ricordo!...-

al primo rombo sordo delle dodici botte

un cavaliere piange... piange così... stramazza...

e allora uno sghignazza giù nell'abisso... e sale!

CAVALIERI

(intontiti, sottovoce)

- Chi?

- Veramente?

- Il diavolo?

- Perché? Perché?

CRISTIANO

(stupito anche lui)

Chissà!

 
Sul gruppo che si guarda intorno, in silenzio, quasi paurosamente, suona il primo tocco di mezzanotte. Ognuno trasale. Liecrona si leva e si unisce agli altri.
 

CAVALIERI

La mezzanotte!

SINTRAM
(voce)

Ah! Ah!

CAVALIERI

(volgendosi verso la caldaia fumante)

Eccolo! È qui!

SINTRAM

Ah! Ah!

 
Rumor di catene. Tra la caldaia e il fornello, illuminato dalle vampe, appare un diavolo che tiene sotto il braccio un rotolo di pergamena. Cornetti aguzzi, viso chiazzato di nero, bocca larga scarlatta, mantello rosso. I Cavalieri fissano un istante l'apparizione. Sintram, immobile, li numera da uno ad uno indicandoli col dito. Quando ha terminato, s'inchina malignamente.

<- Sintram

 

SINTRAM

Compari, riverenza!  

CAVALIERI

(prendendo coraggio)

- Altezza!

- Belzebù!

SINTRAM

Credevo, veramente, trovarne uno di più.

CRISTIANO

(rinfrancatissimo)

È allegro, l'animale!

CAVALIERI

Del ponce, altezza?

SINTRAM

Accetto.

UNO

(offrendo)

Scommetto che ha una sete d'inferno...

CAVALIERI

(in piena confidenza)

Ah! Ah!

SINTRAM

(bevendo nella ciotola)

Ben detto...

CRISTIANO

(allegro)

Del ponce ancora?

SINTRAM

Ho fretta.

CAVALIERI

Una canzone?

SINTRAM

Ho fretta.

CAVALIERI

Un ballo?

SINTRAM

No. Non posso. La Comandante aspetta.

 
(il nome fa effetto; i cavalieri si guardano in viso stupiti; Cristiano aggrotta le ciglia minacciosamente)
 

CAVALIERI

La Comandante?

SINTRAM

Non sapete? Ah! Ah!

Porto il contratto

da rinnovare.

Cedo, a baratto, fedeltà e potere

per l'anima soltanto

del cavaliere ch'entro l'anno cadrà

a dormire coi grilli in camposanto.

CAVALIERI

(profondamente percossi)

L'anime nostre?

SINTRAM

Ecco perché vi aiuta,

prodigando ogni giorno oro e sollazzo...

CAVALIERI

(sdegnati e intontiti)

La fattucchiera! La ribalda astuta!

CRISTIANO

(afferrando un martello e urlando)

Comandante del diavolo! Ti ammazzo!

SINTRAM

(sbarrandogli il passo)

No. No. No. Gioco per gioco. Tutti qui. Patto per patto.

Se volete, sull'istante, or con voi faccio un contratto.

CAVALIERI

(tutti intorno a lui, ansiosi)

Come?

SINTRAM

Udite. Le miniere e il castello di Ekebù

sono il dono d'un amante. Ve lo giura Belzebù.

CAVALIERI

Quale amante?

SINTRAM

Altringher! Altringher! Le comprò da lui coi baci,

colle notti più dannate... Cogli amplessi più voraci...

CAVALIERI

(aizzandosi)

Maledetta! Strega! Diavola!

SINTRAM

Morto Altringher da vent'anni,

or le paga con le lagrime e coi vostri ultimi affanni...

CAVALIERI

Fattucchiera! Sconsacrata!

CRISTIANO

(muovendo ancora verso la porta agitando il martello)

Muoia!

SINTRAM

No! Cacciarla!... Via!...

Ed allora le miniere saran vostre...

CRISTIANO

(solennemente)

Così sia!

 
(va alla porta, seguito da tutti, alza il martello e si mette a urlare.
Sintram si nasconde, ghignando, dietro la caldaia)
 

CRISTIANO E CAVALIERI

- Margareta!

- Comandante!

- Dove sei?

- Vien qui, pendaglio!

- Margareta!

- Esci di tana!

- Sotto al maglio! - Sotto al maglio!

 
Tumulto. D'un tratto i Cavalieri si ritraggono quasi istintivamente dalla porta, raggruppandosi in silenzio in un angolo. Sulla soglia appare la Comandante, seguita da Samzelius tetro e muto. La donna ha il frustino in pugno e fissa aspra e minacciosa gli ubriachi.

<- Comandante, Samzelius

 

COMANDANTE

Briachi sconci! Sudicia canaglia!  

Basta! Silenzio! Via di qui!

CAVALIERI

(sordamente, sempre aggruppati)

Megera!

COMANDANTE

Una parola... Una parola sola,

e vi torco il frustino sulla faccia,

orsi da fiera!

 
(leva il frustino, inarcando il braccio ed avanzando; silenzio ma allora Cristiano esce barcollando e risoluto dal mucchio, tendendo le pugna)
 

CRISTIANO

Ucciderti bisogna!

Io parlo. Parlerò!

COMANDANTE

(imperiosa)

Taci!

CRISTIANO

Ch'io taccia?

(indicando Samzelius a ditate)

Ah! Vuoi ch'io taccia come fa costui,

tuo marito, che vive di vergogna...

COMANDANTE

(trasalendo, retrocedendo)

Che hai detto?

CRISTIANO

(continuando violento)

...e accatta le ricchezze altrui

ai piedi del tuo letto?

COMANDANTE

(con voce soffocata)

Esci!

CRISTIANO

(vedendo che la donna muove verso di lui)

No! No!

Se ti muovi... ti stritolo, perdio!

 
Silenzio un attimo. La Comandante si arresta. Samzelius si trae avanti arruffato come un orso, divorando con gli occhi Cristiano. Tra il fumo della caldaia Sintram appare ghignando di gioia diabolica.
 

CRISTIANO

(teso il dito, urlando)

Le tue ricchezze eran d'Altringher...

COMANDANTE

(perduta)

Taci!

CRISTIANO

Sì! Del tuo amante! Egli lo sa!

SAMZELIUS

(con un ringhio)

Io? No!...

Non so nulla!

CRISTIANO

Del tuo amante. Le hai pagate con i baci,

con le notti più dannate, con gli amplessi più voraci..

e or le paghi...

 
(Sintram sghignazza ed esce dalla porta, di corsa)

Sintram ->

 

SAMZELIUS

Io non so nulla!... No!... Sull'anima ch'è mia!...  

 
Avanza a braccia alzate, ringhiando: rimane così un attimo, poi lascia cader le braccia, e si copre il viso, quasi ululando fra la collera e il pianto. Cristiano, allora, tace, palpandosi la fronte, tornando in sé, spaurito di quanto ha compiuto. La Comandante, tragica ed immobile, non batte ciglio.
 

CRISTIANO

Ecco. È finita...

COMANDANTE
(triste)

Sì. Per me è finita.

 
(Silenzio. Ma Samzelius serra i pugni e muove due passi di belva verso la donna poi si ferma di botto, indica la porta ed urla a voce strozzata.)
 

SAMZELIUS

Via! Via! Via!

 

COMANDANTE

(tragica, calma)  

Andrò ma non per te. Non per minaccia.

Andrò. Conosco il mio destino. «Un giorno

-così mi disse la mia vecchia madre-

farai ritorno

portandomi il tuo cuor nella bisaccia

del mendicante. Ti sarà giaciglio

un mucchio di carbone

e implorerai con lagrimoso ciglio

il mio perdono...»

 

CRISTIANO

(cadendo in ginocchio, come un fanciullone, baciandole le veste)

Che ho detto?... No!... Perdonami!... Perdona!

 

COMANDANTE

(senza guardarlo, assorta)

È giunta l'ora dell'espiazione!

(chinando il capo)

Vado. Vi lascio le fucine in dono...

(reggendosi nobilmente, e con voce gonfia di pianto dominato)

Ma qui, ascoltate, qui sarà finita

senza di me. Non cadrà più rugiada

sull'erba inaridita,

l'arsura e il vento mieteranno il grano,

e per ogni contrada

invocherete il mio ritorno invano.

(fiera e calma)

Ecco. Ora vado. Apritemi la porta!

Inchinatevi ancora al cenno mio.

Presto! Obbedite!

 
(alcuni cavalieri umilmente vanno ad aprire la porta; folata di neve; ella si avvia; sul limitare si volge)
 

COMANDANTE

Cavalieri! Addio!

 
Esce. Silenzio profondo. I Cavalieri mutoli e stupiti si guardano. Samzelius si abbatte col capo sulla tavola ringhiando sordamente e soffocando i singulti.

Comandante ->

 
 

Quadro secondo

Notte limpida. Una luna pallidissima tramonta sul lago lontano. Non nevica più.
Si vede, a sinistra, la facciata buia e tozza della casa di Sintram. A destra, di fronte alla casa, nereggia un gruppo di pini sotto ai quali serpeggia un sentiero che scomparirà come se discendesse in una valle. Una strada più larga nel fondo, oltre la quale -in basso- spiccano le pallide acque del Lewen specchianti la luna biancastra di fumi e le stelle luminose. Neve sugli alberi, sulla strada, e sulla spianata.
Silenzio profondo.
Seduta sui gradini della porta, illuminata da una lampada rossiccia che pende da una tettoia di legno, sta la Madre di Anna nell'atteggiamento quieto e doloroso di chi aspetta senza disperare, rassegnatamente. Tutta la casa è buia, all'infuori di una finestra a pianterreno, sbarrata e illuminata dall'interno da una lampada. Silenzio sempre. D'un tratto un suono fioco di sonagliere tremula nella notte, si avvicina rapido, squilla vivo e si allontana veloce. Al primo tocco la Madre leva il capo e ripete con dolcezza -senza muoversi- la domanda di tutta la notte.

 Q 

Madre

 

MADRE

Sei tu, figliola mia? Anna! Sei tu?  

 
(le sonagliere si allontanano veloci; la donna si alza, si avvicina alla strada, spiando quieta. Le sonagliere tacciono)
 

 

Nessuno ancora.

(ritorna a sedere sulla porta)

E aspetta, aspetta, aspetta,

seduta sulla porta.

Ella non torna più,

come se fosse già lontana o morta.

 
La luna tramonta. Le stelle impallidiscono.
 
Strillo di sonagliere vicinissime e sulla via, di corsa ansando, balza Sintram, che si guarderà affannato alle spalle.

<- Sintram

 

SINTRAM

I lupi! I lupi!  

MADRE

(levandosi)

Sintram!

SINTRAM

Urlano a branchi. Su!

Chiudi la porta. Seguimi. Anna non torna più.

MADRE

(con dolcezza spaurita)

Non torna più?

SINTRAM

(aspro, affannoso)

È con Giosta!

(indicando oltre la via)

Là, in quella slitta!... I lupi

la inseguono sbalzando dai covi e dai dirupi.

Non può tornare. È morta. Piangila pure. È morta.

Demonio e inferno, aiutami! Entra. Chiudi la porta.

MADRE

(gemendo, sospinta in casa)

Anna!

SINTRAM

Obbedisci. Muoviti. Entra. Rinserra. Spranga.

E s'ella giunge... pianga. Nessun risponda. Pianga.

 
Trascina la Donna in casa. Tonfo della porta chiusa. Stridor di serrami. Si spegne la luce della finestra. La casa rimane buia. Il cielo e il lago schiariscono ai primi albori. Fioco rintoccar di sonagli e dal sentiero, sotto i pini, salgono in fretta Giosta ed Anna. Si tengono tutti e due alla vita. Si volgono indietro, spauriti.

Sintram, Madre ->

<- Giosta, Anna

 

GIOSTA

Non ci seguono più.  

ANNA

Taci. Ho paura.

 

GIOSTA

(serrandola forte, folle di felicità)  

Ah! Non avrò mai più nella mia vita

una notte così bella d'amore.

Stelle lassù! Stelle su stelle! Stelle,

squillanti al vento come sonagliere

per la volta infinita.

Quaggiù la notte, il ringhio della morte,

le belve, il tempestar delle criniere

ed io, signore

della tua sorte,

con te, con te, con te, sopra il mio cuore.

 

ANNA

(con accorata dolcezza)

Giosta, ho paura...

GIOSTA

(ebbro di gioia)

Benedico iddio!

ANNA

(con tenerezza smarrita)

Che farai? Che farai?

GIOSTA

(impetuoso)

Ritornerò

al vento d'ogni strada

come la foglia

che non sa dove cada e dove muore.

Batti alla porta!... Va'! Varca la soglia!

E sia di me quel che vorrà il signore...

 

ANNA

(con tenerezza di fanciulla triste)

Addio! Vorrei tornar dolce e bambina

come quando sostavo alla fontana

nell'ora mattutina.

Invece è l'alba e sono presso a te.

...Son tutta piena del tuo folle canto,

trabocco, viva, del tuo puro amore,

ma la dolcezza che mi strugge il cuore

è una dolcezza che somiglia al pianto.

Addio! Che in ogni buia ora di pena

ti sia vicina,

dolce e bambina,

come quando sostavo alla fontana

nel silenzio dell'ora mattutina.

Io me ne andrò chissà quanto lontana!

Ma porterò con me, viva nel cuore,

sempre quest'ora di soavità

e di dolore...

Addio!

 

GIOSTA

(abbracciandola)

No! Un bacio... Un bacio!... Un bacio!

(staccandosene con dolcezza)

Va'!

 
Si allontana. Il cielo schiarisce sempre più. Anna si avvicina lentamente alla casa. Giosta, allora, risale cauto il sentiero e si nasconde sotto i pini, come se volesse vedere la Fanciulla entrare. Anna sale i gradini e ristà un attimo, sotto alla luce della lampada; si volge verso la strada come se pensasse a Giosta, poi batte sulla porta, piano, con le nocche. Silenzio. Batte ancora. Silenzio. Batte nuovamente col picchiotto di ferro. Silenzio profondo. Un pensiero, il pensiero di essere cacciata, le balena nella mente. Scende i gradini, guarda alla finestra, un nodo di pianto e di disperazione le chiude la gola; risale i gradini e picchia, affannata, implorando, gemendo e cadendo poi ginocchioni contro l'uscio.
 

ANNA

Mamma! Perché? Perché non apri? Sono  

Anna. La tua figliola.

Ho tanto freddo! Sono tanto sola!

Aprimi, mamma! Mamma mia! Perdono!

Come hai pietà d'un augelletto morto

che raccogli nel fango,

abbi pietà di me. Aprimi! Piango!

O mamma... piango... e non mi dai conforto.

Odi. Mi piegherò sopra il tuo cuore

conme un giorno lontano,

camminerò tenendoti per mano,

sorridendo, in dolcezza, anche al dolore;

ma non lasciarmi, non lasciarmi qui

a pianger sulla porta,

a struggermi e ad attendere così

come se fossi già lontana o morta.

Disperata

o mamma, piango! O mamma, muoio! Ascolta!

Mamma! Perché? Perché?

Abbi pietà di me l'ultima volta!

Lasciami entrare per morir con te!

(si abbatte contro l'uscio singhiozzando. Giosta, sotto i pini, si preme le mani sul cuore e balbetta)

 

GIOSTA

Non aprono! Non aprono! È la prova,  

invocata, di dio.

Non tremar così... Pace, cuor mio!

 
(la finestra a pianterreno si illumina e si schiude; Anna balza in piedi)
 

 

Aprono? No. Sì! Aprono!

(muovendosi, fermandosi, quasi rispondendo al desiderio di fermarsi ancora)

Che giova?

 
Si allontana: ma, al dialogo che suona nel silenzio mattutino, si arresta ed ascolta. Il cielo rosseggia fioco. La Madre appare alle sbarre della finestra.

<- Madre

 

MADRE

Anna! Figliuola mia!  

ANNA

Mamma, pietà di me.

MADRE

Sintram non vuol che t'apra... Senti...

ANNA

(impetuosa col pianto alla gola)

Perché? Perché?

MADRE

Ti uccide, se ti vede.

ANNA

(gridando)

Morrò qui sulla porta...

MADRE

Domani...

ANNA

No. Domani mi troverete morta.

 
D'improvviso, nella stanza illuminata, Sintram appare alle spalle della madre. L'afferra. Alza le mani per batterla. La toglie violentemente dalle sbarre. La finestra si abbuia. Si ode il tonfo di una percossa. Un grido. Anna balza.

<- Sintram

Sintram, Madre ->

 

ANNA

Non batterla! È mia madre! Sintram! Una parola.  

Non batterla! Non batterla... Ascolta...

 
(silenzio; cade in ginocchio; la finestra rimane buia; il cielo schiarisce sempre più)
 

ANNA

Sola! Sola!  

 
Cade col volto in giù, distesa, senza più piangere. Giosta allora si spicca d'impeto dal nascondiglio... poi si domina... e si avvicina a lei, piano, dolcemente, quasi fraternamente. L'alba è più chiara.
 

GIOSTA

Anna!

ANNA

(smarrita)

Giosta! Sei tu?

GIOSTA

(sollevandola con gran dolcezza)

Io! Sono io!

 

GIOSTA

Apri i begli occhi ancora,  

o della vita mia piccolo fiore.

È la grande ora

invocata da dio.

E dio ti dona a me. Guarda. È l'aurora.

 
(la cinge alla vita, ella gli posa il capo sulla spalla; si avviano così, piano, piano verso il sentiero)
 

 

Cammineremo incontro al nuovo sole

sempre così, tenendoci per mano...

...lontan lontano... e spunteran viole

su dalla terra tepida che odora.

Sei la mia aurora, la mia dolce aurora

ch'io porterò così sempre nel cuore.

(con gran tenerezza)

Ave al dolore,

che ti ha donata a me, pura e soave!

Ave all'amore!

Ed al tuo pianto sconsolato, ave!

 
Scendono lentamente pe 'l sentiero, allacciati alla vita, nel chiarore dell'alba: ed egli mormorando l'ultima parola, poserà la sua bocca sulla bocca di lei ancora fredda di pianto.
 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

La fucina a volte basse ed ampie nel Castello di Ekebù; sui pilastri d'una vecchia slitta rovesciata, è adagiato il fondo di una carretta, improvvisando così un desco; una carrozza sgangherata e senza una ruota pencola a sinistra di fianco alla mensa: e a destra, quasi vicino al fondo, rosseggia un fornello acceso, a mantice: le fiamme fumose avvolgono una gran caldaia di rame che s'illumina di tanto in tanto alle vampe azzurre del ponce; quasi sopra la mensa, pende un grosso maglio a corda che sembrerà un minaccioso pugno sospeso; due o tre incudini, infisse nei ceppi affumicati, spiccano qua e là; conficcate in terra, alcune lunghe tenaglie reggono nelle branche dei mozziconi di candela accesa che gettano strane ombre e bizzarre luci nell'ambiente grottesco e fantastico.

cavalieri, Cristiano, Liecrona
 

(Liecrona trae dal violino dei gridi di dolore)

 

(suona il primo tocco di mezzanotte)

 
cavalieri, Cristiano, Liecrona
<- Sintram

(Sintram vestito da diavolo)

Sintram, Cavalieri, Cristiano
Compari, riverenza! / Altezza! / Belzebù!

(Sintram si nasconde)

 
cavalieri, Cristiano, Liecrona, Sintram
<- Comandante, Samzelius

Briachi sconci! Sudicia canaglia!

(silenzio)

(silenzio)

cavalieri, Cristiano, Liecrona, Comandante, Samzelius
Sintram ->

Io non so nulla! No! Sull'anima ch'è mia!

cavalieri, Cristiano, Liecrona, Samzelius
Comandante ->

Notte limpida; una luna pallidissima tramonta sul lago lontano; si vede, a sinistra, la facciata buia e tozza della casa di Sintram; a destra, di fronte alla casa, nereggia un gruppo di pini sotto ai quali serpeggia un sentiero che scomparirà come se discendesse in una valle; una strada più larga nel fondo, oltre la quale, in basso, spiccano le pallide acque del Lewen specchianti la luna biancastra di fumi e le stelle luminose; neve sugli alberi, sulla strada, e sulla spianata.

Madre
 

(suono fioco di sonagliere)

Sei tu, figliola mia? Anna! Sei tu?

(La luna tramonta; le stelle impallidiscono.)

Madre
<- Sintram

I lupi! I lupi! / Sintram! / Urlano a branchi. Su!

Sintram, Madre ->

(la casa rimane buia; il cielo e il lago schiariscono ai primi albori)

<- Giosta, Anna

Non ci seguono più. / Taci. Ho paura

(Giosta si nasconde; Anna batte alla porta)

Non aprono! Non aprono! È la prova

Giosta, Anna
<- Madre

Anna! Figliuola mia! / Mamma, pietà di me

Giosta, Anna, Madre
<- Sintram
Giosta, Anna
Sintram, Madre ->

(si ode il tonfo di una percossa; un grido)

Non batterla! È mia madre! Sintram! Una parola

(silenzio; cade in ginocchio; il cielo schiarisce sempre più)

Sola! Sola!

 
Quadro primo Quadro secondo
A destra, un interno d'osteria: stanza bassa, dalle pareti di legno, rossastro, con un gran focolare a... Un'ampia sala nel Castello di Ekebù; a destra quasi vicino al proscenio un'arcata, chiusa da una tenda... La fucina a volte basse ed ampie nel Castello di Ekebù; sui pilastri d'una vecchia... Notte limpida; una luna pallidissima tramonta sul lago lontano; si vede, a sinistra, la facciata... Un cortile nell'interno del castello di Ekebù; a sinistra, un porticato di legno annerito dal fumo, che si...
Atto primo Atto secondo Atto quarto

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