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I CAVALIERI DI EKEBÙ
Dramma lirico in quattro atti.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Arturo ROSSATO.
Musica di Riccardo ZANDONAI.
Prima esecuzione: 7 marzo 1925, Milano.
Personaggi:
GIOSTA Berling |
tenore |
La COMANDANTE |
mezzosoprano |
ANNA |
soprano |
SINTRAM |
baritono |
CRISTIANO |
baritono |
SAMZELIUS |
basso |
LIECRONA |
tenore |
La MADRE di Anna |
mezzosoprano |
Un' OSTESSA |
mezzosoprano |
Cavalieri, Fanciulle, Folla.
In Ekebù, terra di Svezia.
Epoca lontana.
A destra, un interno d'osteria: stanza bassa, dalle pareti di legno, rossastro, con un gran focolare a cappa, una porta a destra ed una a sinistra. Dal soffitto pende una lampada. Sul focolare rosseggia un fuoco moribondo. Uscendo dalla porta di sinistra, si scende nello spiazzo, ampio e nevoso, che forma la seconda parte della scena. Spicca un gruppo di abeti, carichi di neve, sotto ai quali si vede il sentiero largo, che scende gradatamente verso la vallata. Oltre lo spiazzo, il sentiero riprende, salendo invece verso le officine ed il massiccio Castello di Ekebù, che dominano, lontani, la piccola altura.
È l'ultima ora del crepuscolo.
L'osteria è deserta. Soltanto, al focolare, sta seduta una donna. La lampada arde, velata. Fuori, l'ultimo melanconico sole illumina gli abeti e i comignoli di Ekebù fumanti contro un cielo grigio. Dal sentiero sale cantarellando un giovine che si appoggia agli abeti per reggersi; si avvicina ad un tavolo, che è appena fuori dall'osteria e si lascia cadere sopra una sedia, chiamando verso 1'interno. Alla prima voce, la donna si alza dal focolare e si affaccia sulla porta, guardando con diffidenza lo strano vagabondo.
GIOSTA
Ohè! Dell'acquavite! Ostessa! Oste! Megere!
Dell'acquavite! Presto. Voglio morire e bere.
OSTESSA
Chi sei? Che vuoi?
GIOSTA
Chi sono?... Un lupo vagabondo.
Che cosa voglio? Ridere col diavoletto biondo
che guizza in ogni gocciola, nel fondo d'un bicchiere.
Megera! Ostessa! Diavola! Voglio morire e bere.
OSTESSA
Vattene! È tardi. Chiudo.
GIOSTA
Non chiudere.
(battendo sul taschino e facendo suonare delle monete)
Le senti?
Da quattro dì cammino sotto la neve e i venti.
(ripicchiando sulle monete)
Sentite come ridono! Son l'ultime ciarliere.
Dicono: «Giosta Berling! Bevi. Godere è bere».
OSTESSA
O Giosta, o Giosta! Scende la notte di Natale.
I cherubini e l'anime batton pei cieli l'ale...
GIOSTA
(interrompendo sguaiato)
...ed io cammino in cerca del diavolo ribaldo
che l'anima mi sgeli col suo respiro caldo.
(sonagliere lontane)
GIOSTA
Odi le sonagliere? Odi le sonagliere?
Eccolo è lui. Lo senti? Viene per me. Da bere!
L'Ostessa entra, poi ritorna portando un boccaletto e raccogliendo le monete. Il crepuscolo s'inazzurra. Le sonagliere si avvicinano garrule e diaboliche. Poi tacciono d'improvviso. Giosta beve avidamente. Un uomo, magro, adunco, sale allora per il sentiero, si guarda intorno inquieto e si avvicina a Giosta, chiamandolo.
SINTRAM
GIOSTA
(senza guardarlo)
Altezza!
SINTRAM
GIOSTA
(fissandolo)
Ti credevo Belzebù.
SINTRAM
GIOSTA
Vuoi comprare la mia anima?
SINTRAM
GIOSTA
Non val nulla?
Prova, prova, a domandarlo, padre d'Anna, a una fanciulla...
Ah! Ah! Ah!
SINTRAM
GIOSTA
Maledetto? Ebbene? E tu?...
SINTRAM
GIOSTA
(alzandosi, barcollando)
No. Tu corri per le selve; no, tu vaghi pei sentieri
e mi segui da tre giorni con le rauche sonagliere.
Vuoi comprare la mia anima? Te la do per un bicchiere.
SINTRAM
GIOSTA
Stanotte morirò. La vuoi comprare?
SINTRAM
GIOSTA
T'inganni. È d'Anna!
SINTRAM
GIOSTA
D'Anna!...
(ricadendo e sghignazzando)
Osi negare?
SINTRAM
GIOSTA
Mi vedrai qui sulle nevi...
SINTRAM
GIOSTA
Morto...
SINTRAM
GIOSTA
Son tuo...
SINTRAM
Esce. Giosta batte un pugno sul tavolo. L'ostessa reca un altro boccale. La slitta e il cavallo di Sintram passano rapidi.
GIOSTA
(quasi vaneggiando)
Bevo! Bevo!
(alzando il boccale)
Ave, pia notte di Natale... Angeli! Stelle!
Feste, musiche... Fanciulle... tutte liete, tutte belle!...
OSTESSA
Giosta Berling! Chiudo. È tardi.
GIOSTA
Chiudi e vattene. Rimango.
...Là le danze allegre e garrule... Ed io qui che ghigno e piango.
Getta il capo sulle braccia. Il crepuscolo s'infosca. Silenzio. Ma dal sentiero, allora, sale un fresco cinguettio di voci femminili che si avvicina a poco a poco. Giosta alza il capo faticosamente e ascolta.
VOCI
O «limu», o «limu», o «lime»!...
Iddio d'azzurro veste
le tremule betulle
e le petrose cime.
Ma guarda alle fanciulle...
...o «limu», o «limu», o «lime»!...
che van per le foreste
sole, gaiette e grulle.
GIOSTA
O mormorio giocondo
di garrula zampogna!
Nel cuore moribondo
forse la vita sogna.
Sogna e si rinnovella
nell'ultimo bagliore
come una villanella
che canta al sol che muore.
Si alza, barcolla e cade bocconi sulla neve, pesantemente. In quella, sciami di Fanciulle giungono di corsa pe 'l sentiero, ridendo. Entrano a gruppi come se si inseguissero per gioco e si volgono poi a spiare l'altro gruppo che arriva.
FANCIULLE E ANNA
Prime! - Seconde!
ANNA
Ultima!
FANCIULLE
Osanna!
(intorno ad Anna)
- Osanna!
- O fiocco fresco d'argento!
- Sembri un balocco gaio del vento.
- Affretta! Affretta!
- Chi tarda irride!
- Su bamboletta!
- Chi ride inganna!
GIOSTA
(quasi in delirio)
La neve uccide!
Anna! Mia Anna!
Lo sciame garrulo si muove confusamente per il sentiero che sale a Ekebù. Ma Anna dà in un piccolo grido e zoppica, improvvisamente. Tutte allora si fermano e le cadono ai piedi con grazia giocosa.
FANCIULLE
Ahi! Che ti cruccia?
ANNA
(indicando la scarpetta)
Qui, qui!... Si slaccia!
FANCIULLE
Oh! La babbuccia!...
ANNA
(col piede sollevato)
La neve agghiaccia.
FANCIULLE
...Ai suoi ginocchi! Così fa il vento
che ammucchia i fiocchi sulla capanna...
GIOSTA
(alzando il volto e la voce, ricadendo subito)
Scherno! Tormento!
Anna! Mia Anna!
Le Fanciulle -alla voce di Giosta- si levano e si stringono intorno ad Anna che trasale e guarda verso l'ombra e la neve dove giace l'Uomo. Silenzio un attimo.
FANCIULLE
(sommessamente)
- Chi è là?
- Dove?
- Là in fondo!
- Dove?
- Laggiù! Laggiù!
ANNA
(si muove lenta verso l'uomo)
FANCIULLE
No. Non avvicinarti...
ANNA
(è già vicina: si curva: lo riconosce)
Tu, Giosta Berling, tu!
FANCIULLE
(allontanandola dolcemente)
Anna!
ANNA
(vicino all'uomo, tetra)
Ti sei perduto. Pace al tuo cuore e al mio.
Il cielo ti perdoni.
FANCIULLE
Lascialo. Vieni...
ANNA
(lasciandosi condurre)
Addio!...
Esce con le Compagne che riprendono il canto e scompare per il sentiero che sale a Ekebù. Giosta si trascina ancora sulle ginocchia fino a metà dello spiazzo, poi d'un tratto ride e ricade col viso sulla neve.
L'ombra scende più folta. Le finestre del castello e delle officine lontane tremolano di lumi. Rintoccano le melanconiche campane della sera. Sempre silenzio. D'un tratto pe 'l sentiero che sale dalla vallata, scoppia una voce irosa di donna. Poi appare un ragazzo con la lanterna. Dietro lui vengono la Comandante e Samzelius.
La Comandante ha una pipa di terra in bocca, indossa una corta pelliccia di montone col vello in fuori ed una gonna rigata di bigello. Calza dei grossi stivali; il manico di un coltello le spunta fuori dal corpetto; i capelli bianchi coronano il suo volto di bella vecchia. Impugna un frustino. Samzelius, suo marito, le cammina al fianco, mutolo, tetro, indifferente.
COMANDANTE
(al ragazzo)
Mille diavoli! Marmotta! Su, la lampada...
(il ragazzo inciampa quasi su Giosta)
COMANDANTE
Che fu?
SAMZELIUS
(guardando l'uomo, indifferente)
È un briaco che borbotta...
COMANDANTE
(curvandosi)
Lui!... Pe 'l diavolo... Su! Su!
(scuotendolo)
Uomo insensato. Tizzo di carbone!
(al ragazzo che obbedisce)
Batti all'albergo e sali ad Ekebù
(indicando ironica Samzelius)
...col mio signore che non muove un dito
com'è suo vezzo...
(a Samzelius imperiosa)
Annunzierai lassù
che per la festa io giungerò tra poco.
SAMZELIUS
(indifferente)
Io?
COMANDANTE
Pe 'l demonio! E chi?... Tu! Mio marito!
Il Ragazzo ha già picchiato alla porta dell'osteria.
L'Ostessa è sull'uscio. La Comandante afferra Giosta e lo trae in piedi, rudemente, trascinandolo nell'interno, reggendolo, facendolo poi sedere sulla panchina del focolare.
COMANDANTE
(alle ragazze e a Samzelius)
Andate!...
(coloro escono)
(a Giosta)
Giosta! Ohè! Prete d'inferno!
(all'Ostessa)
Accendi il fuoco e lasciaci...
(accomodando Giosta sulla panchina)
Suvvia!...
GIOSTA
(vaneggiando)
Ave, Natale!... O mio tormento! O scherno...
COMANDANTE
Cianci di chiesa e puzzi d'osteria...
L'Ostessa è uscita. La fiammata del focolare balena alta. La lampada riattizzata brilla viva. Giosta si rianima. La Comandante lo guarda.
COMANDANTE
Poeta del Vermland, come sei qui?
GIOSTA
(fissandola, smarrito)
Voglio morire.
COMANDANTE
Ah, sì? Proprio? E tu credi
che Giosta Berling non sia già ben morto?
Guardati un poco, sciagurato. Vedi?
Soltanto gli occhi hai vivi ancora. E belli.
Vuoi morir?... Vuoi morir?...
GIOSTA
Voglio morire.
COMANDANTE
Ragazzo, ascolta. Son la Comandante
delle ferriere d'Ekebù. Se levo
un dito solo, il buon governatore
diventa una marmotta.
Se n'alzo due, il capitolo s'affaccia
sulla piazzetta e trotta.
Se n'alzo tre, a minaccia,
il tribunale, il vescovo e i più forti
uomini del Vermland ballan la polca.
Eppur, ragazzo, il diavolo mi porti
s'io non sono un cadavere...
GIOSTA
(balbettando)
No, no...
Tutto è finito. Lasciami morire!
(la Comandante sbatte il frustino sul tavolo, poi s'avvicina a Giosta, siede vicino a lui e gli parla con voce improvvisamente commossa e materna)
COMANDANTE
Come fu, come fu, che t'han cacciato
dalla chiesa di Bro?
GIOSTA
(levando il capo smarrito)
Non lo so più.
(rievocando a stento nella memoria)
Bro: la chiesetta triste. Bro, la mia triste vita.
Neve, silenzio, gelo, malinconia infinita.
Vivevo là, sperduto… là... tra un garrir di spole,
pastor di dio ignorato... Là...
...Ma non ride il sole?
Ma sulla terra tepida che odora
non fioriscono dunque, le viole?
L'estate, calda di frumenti d'oro,
lieta di vento, ebbra di stridi e d'ale,
non canta più coi miei vent'anni in coro,
non danza più per le sonanti sale
delle campagne, allegre di lavoro?...
Così gridavo a dio,
così chiedevo a dio tutte le sere.
E bevevo... bevevo...
La primavera era nel mio bicchiere.
E ad ogni stilla... ecco una rosa: ad ogni
sorso... ecco... un trillo e un cinguettio di nidi;
ecco... un fiorir di tepidi cotogni
e gridi e stridi,
e voli e sogni,
e dalla terra tutta quanta in fiore
e dall'anima mia tutta fiorita
un grido, un grido, un grido: «Ave al signore,
ave, alla vita!...»
...Non ricordo più.
Fui sconsacrato, fui cacciato. «Via
l'ubriacone! Dio gli neghi il pane!»
Cerco la morte da tre dì. Che dire?
Che fare ancora?
È giunta l'ora. Lasciami morire.
(singhiozza col volto tra le mani, come un fanciullo)
(la Comandante è commossa; gli pone una mano sul capo, maternamente; dopo un poco, gli parla con amarezza e con pietà)
COMANDANTE
No. Sei un fanciullo. Nel tuo triste pianto
forse io ricordo un dolce pianto mio.
Ascoltami. Ritorno
la vaga e bionda Margareta Celsig
ch'ero una volta... non so più in qual giorno.
Amavo, allora, e come lo sa dio,
in umiltà,
sognando l'uomo e il focolare mio
semplici e santi nella povertà.
Ma l'uomo un dì partì: «voglio tornare
ricco», mi disse, «prega sempre e aspetta...»
E aspetta e aspetta senza disperare
e aspetta e aspetta...
(e commossa s'interrompe)
Ascolti?...
GIOSTA
(senza levare il viso)
Sì.
COMANDANTE
Ma la mia gente, allora,
posò gli sguardi su Samzelio, il tetro
Samzelius. «To'! Ecco il tuo sposo!...» No!
«Prendilo!» - No! «Prendilo!» - No!... A nerbate
e a calci mi forzarono...
(fra i denti)
Gesù!
(con tristezza)
Ma da quel giorno, Margareta Celsig
non visse più.
(a Giosta, dopo un istante)
Mi ascolti ancora?...
GIOSTA
(guardandola)
Sì!...
COMANDANTE
Guardami. Allora
-non so più quando- ritornò colui
ch'era partito. Ritornò e fu mio.
Sì. Fu il mio amante. Mi donò Ekebù,
oro ed amore
ed io bevvi, ed io bevvi -arsa- al peccato
e fui la Comandante
dal pugno forte e dal selvaggio cuore.
(Giosta è in piedi percosso dal racconto)
COMANDANTE
E quando un giorno la mia vecchia madre,
che vive ancora, venne di lontano
per domandarmi in qual vergogna fosse
la sua figliola... io scatenai le braccia...
e questa mano... sì! sì!... la percosse
così!... così!... così!... sopra la faccia.
(ansa e tace; Giosta, pallido e smarrito, la fissa; la donna si calma)
Non m'ha più perdonato, ella, mai più.
E vive ancora.
Colui che amavo è morto. Io col marito
che tutto ignora
trascino il mio cadavere in peccato.
Tutto è passato
e vivo sempre. E spero in dio. Ho finito!
(ora è calma. Sorride; imbocca la pipa, e cammina verso Giosta)
Vivi anche tu, ragazzo. Raccolgo da quel giorno
i deboli e i perduti che iddio mi manda intorno.
Do loro la letizia, la fede ed i piaceri,
li chiamo i Cavalieri. Sono i miei Cavalieri.
Vuoi vivere?... Vuoi vivere?... Redimerti?
GIOSTA
No.
COMANDANTE
No?
Ebbene! Allora ammazzati...
(guardandolo negli occhi e alzando il dito)
Ma un'altra cosa so...
(una voce ancora lontana, suona allora dal sentiero; un lieve chiarore di fiaccole fumiga tra gli abeti)
CRISTIANO
CAVALIERI
La canzon del Cavaliere
sempre gaia e disperata.
Heissan!
Heissan!
COMANDANTE
(dopo aver ascoltato un istante, fissando sempre negli occhi Giosta)
Anna!
GIOSTA
(trasalendo)
Che dici?... Anna?...
COMANDANTE
Vuoi vivere?... Al castello
si danza questa notte ed Anna è là. Sei bello
ed ella t'ama. Accetti?...
(alle voci più vicine)
...Ascolta la canzone
dei Cavalieri...
Giosta rimane immobile e dubbioso. Ma pe 'l sentiero brillano allegramente le fiaccole e la frotta dei Cavalieri guidata da Cristiano, seguita dalla folla, irrompe cantando, suonando nei violini e soffiando nei corni. La canzone prorompe alta.
CAVALIERI
Vecchia terra d'Ekebù,
chi seduce le tue spose,
rubiconde primavere
dalla bocca imporporata?
La canzon del Cavaliere
sempre gaia e disperata.
Heissan!
Heissan!
(Giosta d'improvviso si scuote e tende la mano alla Comandante che gliela serra rudemente)
GIOSTA
Accetto!
COMANDANTE
Vieni. È la redenzione.
Spalanca la porta, tenendo sempre per mano Giosta. Sullo spiazzo la folla agita le fiaccole, i Cavalieri cantano e ballano allegramente.
COMANDANTE
Cavalieri!
CAVALIERI
(volgendosi, festosamente)
Comandante!...
COMANDANTE
(presentando)
Giosta Berling, cavaliere!
CAVALIERI
(sventolando i cappelli, agitando le braccia festosamente)
- O fratello!...
Heissan! Heissan!
- Gloria!
- Gloria!
D'improvviso, strepito di sonagli. I Cavalieri e la folla s'interrompono, si volgono e ascoltano. Sintram appare tra gli abeti.
CAVALIERI
Sonagliere?
(segnando a dito)
- Sintram! Guardalo!...
- Ci segue!...
FOLLA
(volgendosi)
Sintram! Sintram!...
CRISTIANO
CAVALIERI
O ti scoppia una gragnuola di motteggi sulle corna.
CRISTIANO
CAVALIERI
Tu sei un tristo. Noi gli eletti...
COMANDANTE
(imperiosa, ai Cavalieri e alla folla)
Via!... Lasciatelo!... Al castello!
TUTTI
Sia! Al castello...
SINTRAM
Sintram spinge la slitta verso Ekebù precedendo i Cavalieri. I Cavalieri e la folla circondano allegramente Giosta e la Comandante. Imboccano i corni, impugnano i violini. E la baraonda allegra si avvia rapida e confusa verso il castello, al chiarore delle fiaccole e al canto della canzone.
TUTTI
Vecchia terra d'Ekebù,
chi ti dà la giovinezza,
chi ti dà le sonagliere
dalla garrula risata?...
La canzon del Cavaliere
sempre gaia e disperata.
Heissan!
Heissan!
Si muovono confusamente. Fumi di fiaccole, tumulto allegro, voci festose.
Un'ampia sala nel Castello di Ekebù. A destra quasi vicino al proscenio un'arcata, chiusa da una tenda di velluto e una finestra a vetri colorati; nel fondo una gran porta d'entrata.
A sinistra, un largo focolare a cappa ed un'altra porta. Dal focolare pende una grossa catena che sfiora i ciocchi appena accesi. Sedie, sgabelli, cassapanche. Candelabri accesi sopra le mensole; uno, grande, pendente dal soffitto. Alla parete, uno specchio.
Anna è nel mezzo della sala, attorniata dalle sciame delle Fanciulle che stanno abbigliandola per la recita della commedia. Un altro gruppo di Fanciulle è inginocchiato intorno ad una cassapanca aperta, dalla quale traggono alla rinfusa delle robe; un altro gruppo sta addossato alla porta di destra, dialogando con la folla che vocia da fuori, per entrare. I tre gruppi muovendosi e rispondendosi, si mutano, si confondono, si ricompongono. Anna è grave e triste.
FOLLA
(di fuori)
Ohè! Ohè! La neve fiocca in cielo!
Aprite! Aprite!
ANNA
Quel vociar mi tedia.
FANCIULLE
(sull'uscio -alla folla-)
- Non siam pronte!
Anna si adorna ancora
per la commedia!
- Non è l'ora!
(intorno ad Anna -a quelle della cassapanca-)
Il velo!
(alla cassapanca -vuotando alla rinfusa-)
- Un cappuccio di bigello!
- Un rosario!
- Una cuffietta!
- Fruga, fruga; affretta, affretta...
- Una tonaca, un mantello...
(accorrendo verso Anna)
- Ecco il velo... Tra là là...
FOLLA
(di fuori)
Ohè! Ohè! La notte è fredda. Aprite!...
FANCIULLE
(sull'uscio, beffando)
Ritornate più tardi. Orsù, obbedite!...
(le altre fanciulle, intanto avranno accomodato il velo intorno ad Anna ed ammirandola la condurranno a forza davanti allo specchio)
FANCIULLE
- Or sei pronta. - Apri le braccia
come un candido rosaio.
- Gira, gira... Allaccia, allaccia...
- Gira come un arcolaio...
- Tra là là - là là - là là...
FOLLA
(di fuori, allontanandosi)
Ohè!...
FANCIULLE
(sull'uscio)
Silenzio! Appena giungeranno
i Cavalieri, vi apriremo...
(ascoltando)
Vanno...
(unendosi alle compagne)
Vanno, vanno, tra là là...
(ma Anna ad un tratto ha un gesto di paura, getta un piccolo strido, si curva come per ascoltare e indica il camino. Silenzio improvviso)
ANNA
Zitte!
FANCIULLE
(sottovoce)
Perché?...
ANNA
(con ansia)
Là... Nel camino... Là...
FANCIULLE
(retrocedendo)
No!... Ci spauri...
ANNA
Odo dei tonfi cupi...
FANCIULLE
I lupi! I lupi!
- Fuggi! Fuggi!
VOCE
(dalla cappa)
Olà!
Scivolando lungo la catena, un uomo cade ritto sul focolare. Anna trasale. Le Fanciulle si addossano spaurite conro la finestra.
FANCIULLE
(riconoscendo l'uomo)
- Sintram! Tuo padre!
SINTRAM
FANCIULLE
- Una novella?
- Quale?
SINTRAM
ANNA
(con un piccolo grido soffocato)
Giosta?
SINTRAM
Suoni e voci lontani. Le Fanciulle si volgono tutte verso la finestra gioiosamente, lasciando soli Sintram e Anna. Bagliori rossastri sulle vetrate. Le voci si avvicinano. Sintram muta volto ed aspetto, afferra Anna per un braccio e la trae verso la porticina del focolare.
FANCIULLE
(aprendo la finestra)
I Cavalieri... Giungono!...
SINTRAM
CAVALIERI
(sempre più vicini)
Vecchia terra d'Ekebù,
chi fa crescere le rose
sulle squallide miniere
dalla bocca sgangherata?
La canzon del Cavaliere
sempre gaia e disperata.
Heissan!
Heissan!
Le Fanciulle spalancano la porta, alla brigata, alle voci ed al chiaror di fiaccole che si avvicina; poi corrono festosamente addosso a Sintram, spingendolo verso la porticina, facendolo uscire e togliendogli di mano Anna.
FANCIULLE
Giungono! Se ti colgono, sei morto.
SINTRAM
FANCIULLE
- Lasciala qui!
- Vattene!
- Bada!
(spingendolo fuori allegramente)
- Scendi!
- Fa' presto!
- Tornerai!
- Che attendi?
(chiudono la porticina dietro lui; poi prendono per mano Anna e la trascinano dietro la tenda, festosamente)
FANCIULLE
- Tu, qui, orsacchiotta!
- Corri!
- Trotta!
- Su!
Scompaiono. Allora irrompe festosamente la brigata dei Cavalieri e la Folla che li segue agitando le fiaccole e danzando grottescamente al suono della canzone. Lieta baraonda. Ma Cristiano si pianta subito in mezzo alla sala pomposamente e traccia un gran gesto di comando.
CRISTIANO
CAVALIERI
(guardando intorno comicamente)
Non c'è!
CRISTIANO
CRISTIANO
CAVALIERI
- Tutti!
- Presente!
CRISTIANO
CAVALIERI
- Tutti! Presente!
I Cavalieri si adunano rapidamente davanti alla porta. Entra allora la Comandante, al braccio di Giosta pomposamente vestito da cavaliere. Acclamazioni vive e gioiose.
VOCI
- Heissan! Heissan! A Giosta cavaliere!
- Heissan! Heissan! A Margareta!
- Heissan! Heissan! Heissan!
- Gloria al poeta!
CRISTIANO
FOLLA
Vecchia terra d'Ekebù,
chi ti dona l'allegrezza
e inghirlanda le ferriere
dalla chioma affumicata?
La canzon del cavaliere
sempre gaia e disperata.
Heissan!
Heissan!
Tutti sventolano i cappelli. Giosta e la Comandante passano lentamente e trionfalmente in mezzo alla Folla.
COMANDANTE
(indicando la tenda, per tagliar corto)
Ragazzi...
CRISTIANO
COMANDANTE
(sorridendo)
E il ballo?
CRISTIANO
COMANDANTE
E la commedia?
CAVALIERI
Muoia.
CRISTIANO
La Comandante fa una spallata, siede sul tavolo, imboccando la pipa, e segue con rozza compiacenza il gioco dei suoi fanciulloni. La Folla si ritrae nel fondo. I Cavalieri si schierano dietro al tavolo. Cristiano mette Giosta nel mezzo della sala quasi davanti alla Comandante.
CRISTIANO
GIOSTA
Giuro!
CRISTIANO
COMANDANTE
(intervenendo)
...e disprezzare l'oro?
GIOSTA
Giuro!
CRISTIANO
COMANDANTE
...e puro...
CRISTIANO
GIOSTA
Giuro!
CRISTIANO
CAVALIERI
(a gran voce)
È degno!
CRISTIANO
(si pone da un lato e chiama; il chiamato esce di fila con i passi e il movimento caratteristici al proprio personaggio, s'inchina alla Comandante, abbraccia Giosta e si ritrae dal lato opposto; Cristiano è solenne ed eroico)
(muove a gran passi verso la schiera che s'irrigidisce pomposamente, in atto di saluto. La Comandante balza dal tavolo, si leva la pipa di bocca ed agitando il frustino parla rude ed imperiosa)
COMANDANTE
Ora basta! Alla recita! Ma presto!
(avviandosi verso la porta)
Giosta farà il donzello!
GIOSTA
(stupito)
Che donzello?
COMANDANTE
(sulla porta, uscendo)
Spicciatevi!... A fra poco!
GIOSTA
Che donzello?
CRISTIANO
Le Fanciulle sbucano dalla tenda, trascinando Anna per le braccia e ridendo.
FANCIULLE
- Anna è in vergogna. Ah! Ah!
- O «limu»...
- Ah! Ah!
- O «limu», o «limu», o «lime»!...
ANNA
(schernendosi con voce di pianto)
Lasciatemi! Lasciatemi!
Sfugge al cerchio delle Compagne e si rifugia in un angolo piangendo. I Cavalieri e la Folla rimangono stupiti.
Giosta, immobile e pallido, fissa la Fanciulla.
CAVALIERI
(sottovoce, stupiti)
Perché?
(Cristiano tace; ma, d'un tratto, fissa Giosta, poi la fanciulla; si dà una manata sulla fronte come se avesse capito, e si trae nel mezzo dei suoi ammiccando d'occhio)
CRISTIANO
CRISTIANO
Cristiano esce. Silenzio. I due giovani sono soli. Anna è scossa ancora da qualche singhiozzo represso.
Giosta le si avvicina. Parla triste e commosso. Ella non volgerà il capo.
GIOSTA
Non piangere, non piangere. Perché?
Forse era meglio giacer là, sepolto
sotto la neve,
simile a un ramo d'albero caduto
e smemorare nella notte pia
come un tuo sogno di bontà perduto
od un mio sogno di malinconia.
Non piangere, non piangere. Perché?...
(è vicinissimo a lei; triste, quasi timido)
(Anna, allora, si volge; lo fissa, ostile; quindi parla d'impeto)
ANNA
Vattene! Se una lagrima soltanto
dovesse rimaner dentro il tuo cuore,
vorrei non aver pianto.
Piango per me...
Vivevo umile e sola
nella casa, laggiù, buia e severa
ascoltando tinnir lievi le nevi
al sole allegro della primavera.
Ogni mattino raccoglievo un fiore
caduto sul guanciale
forse dall'ale
d'un sogno vagabondo e sconosciuto,
ed ogni sera l'umili campane
parevano un saluto
d'erranti carovane
che cantassero all'anima: «Verrà
il tuo signore!
Verrà l'amore! Attendi e spera!...»
(ridendo amaramente, aspra)
Ah! Ah!
Ed è venuto. Lo sai tu chi sia?
Guarda!... Un briaco lacero e tremante,
sconsacrato da dio, folle d'orgoglio.
E sa che l'amo! E sa che l'amo!... Via!
Vattene via! Vattene via!... Non voglio!
GIOSTA
(che ha seguito il racconto, palpitando)
No! Così no! Ti cado ai piedi e aspetto,
come aspetta il perdono uno che muore.
Sì, sono un vile, sono un maledetto,
ma redimermi può, Anna, l'amore...
ANNA
(fredda, amara, indicando la tenda)
La commedia è lassù, bel cavaliere.
Recitar senza maschera che giova?...
GIOSTA
(balzando in piedi)
Recitar senza maschera?... Ed allora
sia come vuoi. Continuerò lassù.
Ma ti dirò
parole vere,
nuove... sincere...
Risponderai? Risponderai?
ANNA
Non so.
GIOSTA
(appassionato)
Risponderai?
ANNA
(risoluta)
Reciterò.
GIOSTA
Alla prova!
Cristiano riapre adagio la porta, mette fuori il testone ed entra rassicurato.
CRISTIANO
CRISTIANO
La Folla ed i Cavalieri entrano rumorosamente nella sala occupando sedie, tavoli, scanni, focolare, pittorescamente. I Cavalieri si dispongono presso la tenda come un'orchestra, impugnando corni e violini. Anche Cristiano si fa dare un corno. La fiamma del focolare vien riattizzata. Tumulto allegro e breve.
FOLLA
- Ah! Ah! Ah!
- Presto si gela!
- Qua la panca! Qua la sedia!
- Ah! Ah! Ah!
- Comincian subito!
- Sarà bella la commedia!
CRISTIANO
Siede presso l'orchestrina dei Cavalieri. Silenzio profondo. Si alza la tenda. Si vede la facciata d'un palazzetto con una finestra illuminata. È notte. Nel cielo color blu vivo, ride una luna tonda, con occhi, naso e bocca. Alla finestra si affaccia Anna -la sposa-: dopo un poco, ai piedi della finestra, compare Giosta, il frate. L'orchestrina dei Cavalieri attacca una musica gaia e grottesca.
ANNA
(dalla finestra)
Notte serena!
Notte d'argento!
Chi è là?...
GIOSTA
Una pena!
ANNA
(sporgendosi)
Chi è là?...
GIOSTA
Un tormento.
ANNA
Restate, allora,
fino all'aurora.
(ritornello dell'orchestrina; Giosta siede sopra una panchina che è sotto alla finestra; Anna si sporge di più)
GIOSTA
Dormon le fate?
ANNA
Sì, fraticello.
GIOSTA
Voi chi aspettate?
ANNA
Frate, un donzello...
GIOSTA
Restate, allora,
fino all'aurora.
Ritornello dell'orchestrina. Ma Giosta, invece di riprendere la commedia, riprende il dialogo d'amore dianzi interrotto. Lo inizia dapprima sullo stesso tono, ma poi continua con foga ognora crescente senza più badare agli astanti. L'orchestrina dei Cavalieri, disorientata, smette a poco a poco di suonare. Tutti guardano stupiti, e commentano. Sulla porta dopo un poco si affaccia la Comandante.
GIOSTA
Fino all'aurora. Ma mi toglierò,
donzelletta, il mantel ch'ebbi da dio
per apparirti, in umiltà, qual sono:
io, che vivo di te, come non so,
io, che invoco l'amor come un perdono,
io, che tutto per te mi rinnovello.
Fino all'aurora. E piangerò pian piano
come un fanciullo che si desti solo
in una notte piena d'uragano
e ascolta, nel clamor buio e lontano,
cinguettar smarrito un usignolo.
ANNA
(commossa, vedendolo inginocchiarsi)
Giosta! No. No. Che fai?...
GIOSTA
Guardami! Guarda!
T'imploro come implora uno che muore,
non sono più una maschera bugiarda.
Sono l'aurora tua! Sono l'amore!
ANNA
Com'è bello il tuo volto e come splende!
Puro e ardente così
l'anima mia, l'anima mia ti attende
e ti sogna, struggendosi, ogni dì.
FOLLA
- Fan dassenno veramente!
CRISTIANO
FOLLA
- Com'è bello!
- Com'è ardente!
CRISTIANO
GIOSTA
(con impeto, improvvisando)
...Sì! Son l'aurora tua... Apro le braccia
e spando rose
meravigliose sovra i tuoi capelli.
Dal cuore mi traboccano zampilli
ilari, come un riso di fontane;
salgono a te dall'anima gli squilli
mattutini di tutte le campane:
trilli d'augelli,
voli e fulgori per l'azzurro immenso...
ANNA
(inebriata)
... Canta, poeta! Ancora! Ancora! Ancora!
Di te, di te, ecco m'inebrio ed ardo.
GIOSTA
(con più impeto)
...e per l'azzurro -grande onda d'incenso-
un canto solo
puro ed immenso come il sol di dio,
e in questo canto
il tuo bel nome, il tuo lontano pianto,
il nome il pianto ed il delirio mio.
CRISTIANO
CAVALIERI
Vero colpo da maestro!
FOLLA
- È un poeta!
- È un cavaliere!
- Dentro in cuor gli canta l'estro!
ANNA
(vinta, commossa)
Una prova per te, una da dio
e sarò la tua gioia ed il tuo pianto...
GIOSTA
L'avrai, l'avrai, l'avrai. Giuro. Ma intanto
posa il tuo capo sovra il petto mio.
ANNA
(aprendo le braccia)
Vieni fanciullo. Iddio ti ascolta e vede.
Sintram appare, non visto, dalla porticina e si ferma guardando in silenzio la scena del teatrino.
CRISTIANO
GIOSTA
Sii benedetta, o dolce anima mia!
CRISTIANO
ANNA
(stendendo le braccia)
Vieni fanciullo!
GIOSTA
(salendo sulla panchetta per giungere fino a lei)
Mia per sempre...
ANNA
Amata!
Si baciano. Ma allora scoppia un urlo terribile. Sintram balza sopra un tavolo, livido, ed urla. La tenda del teatrino cala rapida.
SINTRAM
FOLLA
Sintram!
SINTRAM
FOLLA
Sintram!
SINTRAM
FOLLA
Sintram!
SINTRAM
FOLLA E CAVALIERI
(inseguendolo)
- Maledetto!
- Uccidi! Prendilo!
- Serra! Inseguilo!
- Dai! Dai!
Tumulto rapidissimo. Tutti escono. L'urlo si spegne a poco a poco. La Comandante è rimasta sola e pensosa. Sul focolare la fiamma arde altissima.
COMANDANTE
(ascoltando l'urlo che si spegne)
Pe 'l cielo e per i diavoli! Stanotte
ci porterà sciagura.
Giosta e Anna escono dalla tenda.
COMANDANTE
(a Giosta imperiosa)
Conducila tu stesso da suo padre!
(commossa)
Giura che l'ami e non la perderai!
GIOSTA
S'io non l'amassi che per tristo gioco,
questa mano codarda...
...Guarda!... - È la prova! - La divori il fuoco.
Si precipita verso la fiamma e vi stende sopra la mano. Ma Anna getta un grido. Trae Giosta a sé. Gli serra la mano ancora calda e con fanciullesca dolcezza se la stringe al cuore.
ANNA
Perché?... Perché?... Perché, Giosta?...
(con un tremito di pianto)
Sei mio!
(Giosta la guarda; la Comandante li fissa, cercando di vincere la commozione)
La fucina a volte basse ed ampie nel Castello di Ekebù. Sui pilastri d'una vecchia slitta rovesciata, i Cavalieri hanno adagiato il fondo di una carretta, improvvisando così un desco, al quale ora siedono intorno irrequieti ed ubriachi. Una carrozza sgangherata e senza una ruota pencola a sinistra di fianco alla mensa: e a destra, quasi vicino al fondo, rosseggia un fornello acceso, a mantice: le fiamme fumose avvolgono una gran caldaia di rame che s'illumina di tanto in tanto alle vampe azzurre del ponce. Quasi sopra la mensa, pende un grosso maglio a corda che sembrerà un minaccioso pugno sospeso sopra i Cavalieri; due o tre incudini, infisse nei ceppi affumicati, spiccano qua e là; conficcate in terra, alcune lunghe tenaglie reggono nelle branche dei mozziconi di candela accesa che gettano strane ombre e bizzarre luci nell'ambiente grottesco e fantastico.
È quasi la mezzanotte di Natale. Il pranzo dei Cavalieri è terminato. Cristiano sta pomposamente sdraiato a cassetta della vecchia carrozza, ubriaco, tenendo in mano due boccali: Liecrona siede in disparte, sopra un'incudine, abbracciando il violino, come se cullasse un bambino, un terzo Cavaliere rimescola con una spatola nella caldaia traendo fiamme dal ponce e tirando di tanto in tanto il mantice che soffierà sui carboni rossi illuminandoli; gli altri Cavalieri in atteggiamenti grotteschi di ubriachi, sono raccolti intorno alla tavola davanti alle ciotole fumanti.
Qualcuno va e torna dalla caldaia per riempire la ciotola vuotata. La porta d'entrata è nel fondo vicino al fornello.
CRISTIANO
CAVALIERI
(vedendolo traballare)
Siedi!
CRISTIANO
CAVALIERI
Non bere più, gigante!
CRISTIANO
(accosta l'uno e l'altro boccale alle labbra, si accorge che son vuoti e scende da cassetta pesantemente; due o tre cavalieri, ritornando allora dalla caldaia, si fermano ad osservare Liecrona che piange in silenzio, cullando il violino)
CRISTIANO
CAVALIERI
(intorno a Liecrona)
- Olà! Liecrona!
- Perché piangi?...
- Ah! Ah!
LIECRONA
Ho male al cuore! Tanto male. Male!
CAVALIERI
- Suona il violino! Su!...
- Canta il Natale!
- Suonaci una canzone!
- Suona!
- Suona!
- Natal Natale!
- Su, Liecrona!
- Olà!
Gli sono intorno, insistenti, come fanciulloni. Liecrona imbraccia il violino in silenzio, traendone dei suoni bizzarri come a rievocare la canzone. Poi suona. I Cavalieri a poco a poco, presi da malinconia cantano sommessamente.
CAVALIERI
Natale! Natale! Natale!
Ora il piccino dorme entro il bel velo.
Nanna, oh! Nanna!
Gli angeli spiegan le grand'ali in cielo.
Cade la neve
sopra la capanna.
Natal! Natal! Natal! Nanna oh!... Nanna...
(Liecrona suona sempre come se rievocasse una visione lontana; i cavalieri gli si stringono ancora più vicino, vinti dalla dolcezza)
E la neve
scende candida. Natal!
Nanna! Nanna!
Scende lieve giù dal cielo
sulla rustica capanna.
Dorme il bimbo sotto il velo.
Nanna! Nanna!
(i cavalieri tacciono assorti; ma Liecrona, trascinato dalla sua pena, trae dal violino dei gridi di dolore; poi d'un tratto cade a sedere, disperato, piangendo ed implorando)
LIECRONA
Lasciatemi, lasciatemi andar via!
Laggiù, tra le foreste,
c'è la casetta mia
e il mio piccino, il mio piccino biondo.
La madre, ora, lo veste
ed egli attenderà, con il messia,
il ritorno del padre vagabondo.
Lasciatemi... lasciatemi andar via...
Voglio tornar laggiù...
CAVALIERI
(riprendendo il fare di ragazzacci ubriachi)
- Taci!
- Del ponce!
- To', il violino!
- Su!
- Suonaci -grillo- un trillo d'allegria!
- No! Suona la canzon di Belzebù!...
Liecrona non si scuote. Piange. Poi a poco a poco si calma come un bambino che si addormenta. Ma Cristiano, al nome di Belzebù, si picchierà una manata sul testone e accennerà ai Cavalieri di raccogliersi intorno a lui. Parlerà ad essi, misteriosamente -ubriaco e grottesco- accennando a Liecrona che ora non piange più, ma sta sempre raccolto e pensoso, in disparte.
CRISTIANO
CAVALIERI
(intontiti, sottovoce)
- Chi?
- Veramente?
- Il diavolo?
- Perché? Perché?
CRISTIANO
Sul gruppo che si guarda intorno, in silenzio, quasi paurosamente, suona il primo tocco di mezzanotte. Ognuno trasale. Liecrona si leva e si unisce agli altri.
CAVALIERI
La mezzanotte!
SINTRAM
CAVALIERI
(volgendosi verso la caldaia fumante)
Eccolo! È qui!
SINTRAM
Rumor di catene. Tra la caldaia e il fornello, illuminato dalle vampe, appare un diavolo che tiene sotto il braccio un rotolo di pergamena. Cornetti aguzzi, viso chiazzato di nero, bocca larga scarlatta, mantello rosso. I Cavalieri fissano un istante l'apparizione. Sintram, immobile, li numera da uno ad uno indicandoli col dito. Quando ha terminato, s'inchina malignamente.
SINTRAM
CAVALIERI
(prendendo coraggio)
- Altezza!
- Belzebù!
SINTRAM
CRISTIANO
CAVALIERI
Del ponce, altezza?
SINTRAM
UNO
(offrendo)
Scommetto che ha una sete d'inferno...
CAVALIERI
(in piena confidenza)
Ah! Ah!
SINTRAM
CRISTIANO
SINTRAM
CAVALIERI
Una canzone?
SINTRAM
CAVALIERI
Un ballo?
SINTRAM
(il nome fa effetto; i cavalieri si guardano in viso stupiti; Cristiano aggrotta le ciglia minacciosamente)
CAVALIERI
La Comandante?
SINTRAM
CAVALIERI
(profondamente percossi)
L'anime nostre?
SINTRAM
CAVALIERI
(sdegnati e intontiti)
La fattucchiera! La ribalda astuta!
CRISTIANO
SINTRAM
CAVALIERI
(tutti intorno a lui, ansiosi)
Come?
SINTRAM
CAVALIERI
Quale amante?
SINTRAM
CAVALIERI
(aizzandosi)
Maledetta! Strega! Diavola!
SINTRAM
CAVALIERI
Fattucchiera! Sconsacrata!
CRISTIANO
SINTRAM
CRISTIANO
(va alla porta, seguito da tutti, alza il martello e si mette a urlare.
Sintram si nasconde, ghignando, dietro la caldaia)
CRISTIANO E CAVALIERI
- Margareta!
- Comandante!
- Dove sei?
- Vien qui, pendaglio!
- Margareta!
- Esci di tana!
- Sotto al maglio! - Sotto al maglio!
Tumulto. D'un tratto i Cavalieri si ritraggono quasi istintivamente dalla porta, raggruppandosi in silenzio in un angolo. Sulla soglia appare la Comandante, seguita da Samzelius tetro e muto. La donna ha il frustino in pugno e fissa aspra e minacciosa gli ubriachi.
COMANDANTE
Briachi sconci! Sudicia canaglia!
Basta! Silenzio! Via di qui!
CAVALIERI
(sordamente, sempre aggruppati)
Megera!
COMANDANTE
Una parola... Una parola sola,
e vi torco il frustino sulla faccia,
orsi da fiera!
(leva il frustino, inarcando il braccio ed avanzando; silenzio ma allora Cristiano esce barcollando e risoluto dal mucchio, tendendo le pugna)
CRISTIANO
COMANDANTE
(imperiosa)
Taci!
CRISTIANO
COMANDANTE
(trasalendo, retrocedendo)
Che hai detto?
CRISTIANO
COMANDANTE
(con voce soffocata)
Esci!
CRISTIANO
Silenzio un attimo. La Comandante si arresta. Samzelius si trae avanti arruffato come un orso, divorando con gli occhi Cristiano. Tra il fumo della caldaia Sintram appare ghignando di gioia diabolica.
CRISTIANO
COMANDANTE
(perduta)
Taci!
CRISTIANO
SAMZELIUS
(con un ringhio)
Io? No!...
Non so nulla!
CRISTIANO
(Sintram sghignazza ed esce dalla porta, di corsa)
SAMZELIUS
Io non so nulla!... No!... Sull'anima ch'è mia!...
Avanza a braccia alzate, ringhiando: rimane così un attimo, poi lascia cader le braccia, e si copre il viso, quasi ululando fra la collera e il pianto. Cristiano, allora, tace, palpandosi la fronte, tornando in sé, spaurito di quanto ha compiuto. La Comandante, tragica ed immobile, non batte ciglio.
CRISTIANO
COMANDANTE
(triste)
Sì. Per me è finita.
(Silenzio. Ma Samzelius serra i pugni e muove due passi di belva verso la donna poi si ferma di botto, indica la porta ed urla a voce strozzata.)
SAMZELIUS
Via! Via! Via!
COMANDANTE
(tragica, calma)
Andrò ma non per te. Non per minaccia.
Andrò. Conosco il mio destino. «Un giorno
-così mi disse la mia vecchia madre-
farai ritorno
portandomi il tuo cuor nella bisaccia
del mendicante. Ti sarà giaciglio
un mucchio di carbone
e implorerai con lagrimoso ciglio
il mio perdono...»
CRISTIANO
COMANDANTE
(senza guardarlo, assorta)
È giunta l'ora dell'espiazione!
(chinando il capo)
Vado. Vi lascio le fucine in dono...
(reggendosi nobilmente, e con voce gonfia di pianto dominato)
Ma qui, ascoltate, qui sarà finita
senza di me. Non cadrà più rugiada
sull'erba inaridita,
l'arsura e il vento mieteranno il grano,
e per ogni contrada
invocherete il mio ritorno invano.
(fiera e calma)
Ecco. Ora vado. Apritemi la porta!
Inchinatevi ancora al cenno mio.
Presto! Obbedite!
(alcuni cavalieri umilmente vanno ad aprire la porta; folata di neve; ella si avvia; sul limitare si volge)
COMANDANTE
Cavalieri! Addio!
Esce. Silenzio profondo. I Cavalieri mutoli e stupiti si guardano. Samzelius si abbatte col capo sulla tavola ringhiando sordamente e soffocando i singulti.
Notte limpida. Una luna pallidissima tramonta sul lago lontano. Non nevica più.
Si vede, a sinistra, la facciata buia e tozza della casa di Sintram. A destra, di fronte alla casa, nereggia un gruppo di pini sotto ai quali serpeggia un sentiero che scomparirà come se discendesse in una valle. Una strada più larga nel fondo, oltre la quale -in basso- spiccano le pallide acque del Lewen specchianti la luna biancastra di fumi e le stelle luminose. Neve sugli alberi, sulla strada, e sulla spianata.
Silenzio profondo.
Seduta sui gradini della porta, illuminata da una lampada rossiccia che pende da una tettoia di legno, sta la Madre di Anna nell'atteggiamento quieto e doloroso di chi aspetta senza disperare, rassegnatamente. Tutta la casa è buia, all'infuori di una finestra a pianterreno, sbarrata e illuminata dall'interno da una lampada. Silenzio sempre. D'un tratto un suono fioco di sonagliere tremula nella notte, si avvicina rapido, squilla vivo e si allontana veloce. Al primo tocco la Madre leva il capo e ripete con dolcezza -senza muoversi- la domanda di tutta la notte.
MADRE
Sei tu, figliola mia? Anna! Sei tu?
(le sonagliere si allontanano veloci; la donna si alza, si avvicina alla strada, spiando quieta. Le sonagliere tacciono)
Nessuno ancora.
(ritorna a sedere sulla porta)
E aspetta, aspetta, aspetta,
seduta sulla porta.
Ella non torna più,
come se fosse già lontana o morta.
La luna tramonta. Le stelle impallidiscono.
Strillo di sonagliere vicinissime e sulla via, di corsa ansando, balza Sintram, che si guarderà affannato alle spalle.
SINTRAM
MADRE
(levandosi)
Sintram!
SINTRAM
MADRE
(con dolcezza spaurita)
Non torna più?
SINTRAM
MADRE
(gemendo, sospinta in casa)
Anna!
SINTRAM
Trascina la Donna in casa. Tonfo della porta chiusa. Stridor di serrami. Si spegne la luce della finestra. La casa rimane buia. Il cielo e il lago schiariscono ai primi albori. Fioco rintoccar di sonagli e dal sentiero, sotto i pini, salgono in fretta Giosta ed Anna. Si tengono tutti e due alla vita. Si volgono indietro, spauriti.
GIOSTA
Non ci seguono più.
ANNA
Taci. Ho paura.
GIOSTA
(serrandola forte, folle di felicità)
Ah! Non avrò mai più nella mia vita
una notte così bella d'amore.
Stelle lassù! Stelle su stelle! Stelle,
squillanti al vento come sonagliere
per la volta infinita.
Quaggiù la notte, il ringhio della morte,
le belve, il tempestar delle criniere
ed io, signore
della tua sorte,
con te, con te, con te, sopra il mio cuore.
ANNA
(con accorata dolcezza)
Giosta, ho paura...
GIOSTA
(ebbro di gioia)
Benedico iddio!
ANNA
(con tenerezza smarrita)
Che farai? Che farai?
GIOSTA
(impetuoso)
Ritornerò
al vento d'ogni strada
come la foglia
che non sa dove cada e dove muore.
Batti alla porta!... Va'! Varca la soglia!
E sia di me quel che vorrà il signore...
ANNA
(con tenerezza di fanciulla triste)
Addio! Vorrei tornar dolce e bambina
come quando sostavo alla fontana
nell'ora mattutina.
Invece è l'alba e sono presso a te.
...Son tutta piena del tuo folle canto,
trabocco, viva, del tuo puro amore,
ma la dolcezza che mi strugge il cuore
è una dolcezza che somiglia al pianto.
Addio! Che in ogni buia ora di pena
ti sia vicina,
dolce e bambina,
come quando sostavo alla fontana
nel silenzio dell'ora mattutina.
Io me ne andrò chissà quanto lontana!
Ma porterò con me, viva nel cuore,
sempre quest'ora di soavità
e di dolore...
Addio!
GIOSTA
(abbracciandola)
No! Un bacio... Un bacio!... Un bacio!
(staccandosene con dolcezza)
Va'!
Si allontana. Il cielo schiarisce sempre più. Anna si avvicina lentamente alla casa. Giosta, allora, risale cauto il sentiero e si nasconde sotto i pini, come se volesse vedere la Fanciulla entrare. Anna sale i gradini e ristà un attimo, sotto alla luce della lampada; si volge verso la strada come se pensasse a Giosta, poi batte sulla porta, piano, con le nocche. Silenzio. Batte ancora. Silenzio. Batte nuovamente col picchiotto di ferro. Silenzio profondo. Un pensiero, il pensiero di essere cacciata, le balena nella mente. Scende i gradini, guarda alla finestra, un nodo di pianto e di disperazione le chiude la gola; risale i gradini e picchia, affannata, implorando, gemendo e cadendo poi ginocchioni contro l'uscio.
ANNA
Mamma! Perché? Perché non apri? Sono
Anna. La tua figliola.
Ho tanto freddo! Sono tanto sola!
Aprimi, mamma! Mamma mia! Perdono!
Come hai pietà d'un augelletto morto
che raccogli nel fango,
abbi pietà di me. Aprimi! Piango!
O mamma... piango... e non mi dai conforto.
Odi. Mi piegherò sopra il tuo cuore
conme un giorno lontano,
camminerò tenendoti per mano,
sorridendo, in dolcezza, anche al dolore;
ma non lasciarmi, non lasciarmi qui
a pianger sulla porta,
a struggermi e ad attendere così
come se fossi già lontana o morta.
Disperata
o mamma, piango! O mamma, muoio! Ascolta!
Mamma! Perché? Perché?
Abbi pietà di me l'ultima volta!
Lasciami entrare per morir con te!
(si abbatte contro l'uscio singhiozzando. Giosta, sotto i pini, si preme le mani sul cuore e balbetta)
GIOSTA
Non aprono! Non aprono! È la prova,
invocata, di dio.
Non tremar così... Pace, cuor mio!
(la finestra a pianterreno si illumina e si schiude; Anna balza in piedi)
Aprono? No. Sì! Aprono!
(muovendosi, fermandosi, quasi rispondendo al desiderio di fermarsi ancora)
Che giova?
Si allontana: ma, al dialogo che suona nel silenzio mattutino, si arresta ed ascolta. Il cielo rosseggia fioco. La Madre appare alle sbarre della finestra.
MADRE
Anna! Figliuola mia!
ANNA
Mamma, pietà di me.
MADRE
Sintram non vuol che t'apra... Senti...
ANNA
(impetuosa col pianto alla gola)
Perché? Perché?
MADRE
Ti uccide, se ti vede.
ANNA
(gridando)
Morrò qui sulla porta...
MADRE
Domani...
ANNA
No. Domani mi troverete morta.
D'improvviso, nella stanza illuminata, Sintram appare alle spalle della madre. L'afferra. Alza le mani per batterla. La toglie violentemente dalle sbarre. La finestra si abbuia. Si ode il tonfo di una percossa. Un grido. Anna balza.
ANNA
Non batterla! È mia madre! Sintram! Una parola.
Non batterla! Non batterla... Ascolta...
(silenzio; cade in ginocchio; la finestra rimane buia; il cielo schiarisce sempre più)
ANNA
Sola! Sola!
Cade col volto in giù, distesa, senza più piangere. Giosta allora si spicca d'impeto dal nascondiglio... poi si domina... e si avvicina a lei, piano, dolcemente, quasi fraternamente. L'alba è più chiara.
GIOSTA
Anna!
ANNA
(smarrita)
Giosta! Sei tu?
GIOSTA
(sollevandola con gran dolcezza)
Io! Sono io!
GIOSTA
Apri i begli occhi ancora,
o della vita mia piccolo fiore.
È la grande ora
invocata da dio.
E dio ti dona a me. Guarda. È l'aurora.
(la cinge alla vita, ella gli posa il capo sulla spalla; si avviano così, piano, piano verso il sentiero)
Cammineremo incontro al nuovo sole
sempre così, tenendoci per mano...
...lontan lontano... e spunteran viole
su dalla terra tepida che odora.
Sei la mia aurora, la mia dolce aurora
ch'io porterò così sempre nel cuore.
(con gran tenerezza)
Ave al dolore,
che ti ha donata a me, pura e soave!
Ave all'amore!
Ed al tuo pianto sconsolato, ave!
Scendono lentamente pe 'l sentiero, allacciati alla vita, nel chiarore dell'alba: ed egli mormorando l'ultima parola, poserà la sua bocca sulla bocca di lei ancora fredda di pianto.
Un cortile nell'interno del castello di Ekebù. A sinistra, un porticato di legno annerito dal fumo, che si stende in volte larghe, salendo dal proscenio, fino al fondo. Ad ogni arcata corrisponde -a regolare distanza- una porta che lascerà intravvedere l'interno della fucina, il grosso maglio appeso al soffitto, il fornello a mantice, le incudini e le bocche lontane dai forni. La fucina è deserta. A destra, invece, si vede la facciata interna del castello, in pietre ruvide e bigie. Ciuffi d'erbe appassite penzolano dagli spigoli e dai cornicioni; qualche pianta giallastra e moribonda è sulla piccola porta d'entrata, poco lontano dalla quale c'è una bassa e lunga panchina di pietra, che fronteggia la prima arcata del portico. Presso a questa, spicca un rozzo sedile di pietra. Nel fondo, una cancellata di legno divide il cortile della strada, oltre la quale si distende la campagna arsa dalla siccità. Silenzio.
Anna è seduta sul rozzo sasso vicino al portico, con un libriccino aperto sulle ginocchia. Ma non legge. È assorta e dolorosa ed ascolta le voci lontane che si avvicinano. Quando la Folla sarà alla cancellata, ella nasconderà il volto fra le mani senza guardare e senza volgersi.
La casa è serrata. Gli Uomini, le Donne e i Fanciulli, avvicinandosi lentamente, sostando al cancello, entrando nel cortile a gruppi -sempre calmi e composti nel loro dolore- terranno in pugno brancate di foglie secche, fuscelli aridi, brandelli cenciosi che tenderanno verso la casa, ostilmente, e qualche volta verso Anna, che è sempre col volto sulle mani, immobile e dolorosa.
FOLLA
(lontana)
- Cavalieri della morte!
- Cavalieri del dolore!
- Dove siete?
- Non udite?
- Siano il popolo che muore.
UOMINI
- Le fucine sono spente!
- La miseria è già alle porte.
DONNE
Non udite, non udite, Cavalieri della morte?
UOMINI
- Strugge il vento il nostro grano!
- Strugge il pianto il nostro cuore!
DONNE
Non udite, non udite, cavalieri del dolore?
FOLLA
Come voi sperdete i giorni, dio vi sperda sull'istante.
Torni qui la Comandante! Torni qui la Comandante!
(la casa rimane chiusa; non una voce o un volto; allora sono le donne che implorano, rivolgendosi ad Anna)
DONNE
- Anna, ascoltaci!
- Il signore danna noi pe 'l tuo peccato.
- Lascia Giosta!
UOMINI
- È maledetto.
DONNE
- Lascia Giosta!
UOMINI
- È sconsacrato.
DONNE
Pei fanciulli che ci muoiono sulle braccia disperate...
...per le angosce che ci struggono...
...per le lacrime versate...
...Anna, ascoltaci!
- Anna, salvaci!
- Lascia l'uomo che ci danna.
UOMINI
- Torni qui la Comandante!
DONNE
Anna, aiutaci! Anna! Anna!
La porta del castello si schiude e appare Giosta, pallido e grave. Un impeto di furore agita allora la Folla: i fuscelli, i rami secchi, le foglie aride, vengono scagliati ai piedi dell'Uomo che rimane immobile.
FOLLA
- Eccolo!...
- È Giosta!
- To'!
- Sterpi!
- Fuscelli!
- To', la ricchezza che ancor ci rimane!
- To', e gozzoviglia insieme ai tuoi fratelli!
- Rami!
- Brandelli!
- Briciole di pane!
- Per Anna, to'!
- Pei cavalieri... to'!
- Distruggi ancora! Ridi ancora!
GIOSTA
No!...
Ah!... Questo no!... Perché?
(la folla dominata dal grido, tace; allora egli s'avanza, lento e religioso, alzando le braccia al cielo)
GIOSTA
Giusto signore,
se ho peccato, colpiscimi. Son io
che imploro di soffrir. Ma non colpire
gl'innocenti che vivono d'amore
e quelli che ti chiedono ogni giorno
pietà per non morire.
(alla folla)
Udite. Giuro. Qui farà ritorno
la Comandante; canterà il lavoro
ancor nella fucina,
e se ho peccato, io solo, torrò
la giusta pena.
Ma lasciate che lei viva serena,
viva serena e sempre a me vicina...
(tace commosso; la folla si placa, dominata; esita; si muove)
FOLLA
- Giura!
GIOSTA
Lo giuro. Ritornate in pace
ai casolari.
FOLLA
(allontanandosi)
- Così sia...
GIOSTA
Così!...
Piega il volto nelle mani sedendo sulla panchina. Adesso, dalla porta, fa capolino Cristiano. Esce cauto, seguito dai Cavalieri. Tutti sembrano inquieti, come se nascondessero un rimorso. Guardano la Folla in silenzio. Cristiano si avvicina a Giosta. Anna rimane sempre immobile e dolorosa, sul sedile.
CRISTIANO
GIOSTA
(senza levare il volto)
Se ne vanno.
CRISTIANO
LIECRONA
(accennando al mucchio)
E, da un mese, di fuscelli...
CAVALIERI
Tetro mucchio!
CRISTIANO
GIOSTA
(quasi vincendo il pianto)
Lasciami!
CRISTIANO
(un attimo di silenzio; i cavalieri rimangono pensosi a capo chino)
UNO
(grave)
Veramente abbiamo ucciso il lavoro e le fucine...
UN ALTRO
Qui non batte più un martello...
UN ALTRO ANCORA
...Qui si vuotan le cantine...
CRISTIANO
UNO
Forse troppo...
UN ALTRO
Forse... tutto.
CRISTIANO
LIECRONA
(rompendo in pianto)
Ieri è morta una bambina... La sua madre era in gramaglie...
(vorrebbe continuare, ma non può; tutti si commuovono; Cristiano scrolla allora il testone, per vincere il pianto, e grida soldatescamente:)
CRISTIANO
CAVALIERI
Capitano!
CRISTIANO
CAVALIERI
Vero!...
CRISTIANO
CAVALIERI
...E cercar la Comandante...
CRISTIANO
CAVALIERI
Dai segni
si direbbe che siam degni!
- Tutti degni!
- Degni! Degni!
CRISTIANO
CAVALIERI
Abbracciamoci!...
CRISTIANO
(si abbracciano, avviandosi poi verso il cancello)
CAVALIERI
...L'ora è giunta. Addio per sempre...
(in gruppo, alla cancellata)
Giosta, addio!
- Per sempre addio!
(escono; ma Cristiano con una piroetta ritorna, tocca Giosta sulle spalle, e gli indica Anna)
CRISTIANO
GIOSTA
Ebbene?
CRISTIANO
GIOSTA
Ed allora?
CRISTIANO
(soddisfatto del pensiero gentile, esce senza più volgersi; Giosta si avvicina ad Anna)
GIOSTA
Anna! Pregavi?
ANNA
(levando il capo)
Sì.
GIOSTA
Piangi?... Perché?
ANNA
Per te! Per te! Non posso più soffrire
e morire così... L'anima mia
è disperata.
GIOSTA
Anna! Perché? Perché?
ANNA
Giosta!... laggiù
mia madre attende ancora.
Sintram... mio padre... dalla triste aurora
di quel natale
non s'è veduto più... Giosta, amor mio,
Giosta, che vivi tra l'amore e il male,
iddio ha risposto alle mie preci. Torno
alla casa natale.
Addio.
GIOSTA
Lasciarmi? Tu? Se dio non vuol che muoia
disperato di me,
tutto, mi chieda, tutto, anche la gioia,
ma non mi tolga, non mi tolga te.
Ti cado ai piedi, come un giorno. Guarda!
T'imploro come implora uno che muore.
Anna! Mia vita! Anna! Mio santo amore!
Guarda! Son io! Guardami! Piango. Guarda!
ANNA
(presso al cancello)
Non piangere, non pianger... È il destino.
(ritornando a lui, d'impeto)
Apri le braccia... Stringimi sul cuore...
Stringimi sul tuo cuor l'ultima volta...
Fa' che muoia, così, fra le tue braccia.
Non reggo più! Non reggo più...
GIOSTA
(tenendola sul cuore)
Signore!
Signore! Ascolta! Toglimi la vita,
o dammi un segno della tua bontà...
ANNA
Non invocare più, Giosta. È finita!
Lasciami!
GIOSTA
(tentando trattenerla)
No...
ANNA
Lasciami!
GIOSTA
Un bacio...
(la tiene fra le braccia: la bacia: poi, vincendosi, con un singhiozzo, le indica il cancello)
Va'!...
(Anna si avvicina al cancello; ma si ferma come se non reggesse; grida festose lontane)
ANNA
Gridano ancora... Senti? Addio.
GIOSTA
(sobbalzando per una folle speranza)
Anna! Un istante...
Odi?
VOCI
(confuse e liete)
La Comandante!...
GIOSTA
Odi?
VOCI
(più vicine)
La Comandante!...
GIOSTA
(traboccante di gioia)
Il ciel risponde al mio grido d'amore...
ANNA
(abbandonandosi a lui)
O Giosta! O Giosta!
GIOSTA
Qui! Qui! Sopra il cuore!
Le voci si avvicinano. Cristiano irrompe affannato.
CRISTIANO
ANNA
(entrando in casa, ritornando coi guanciali, e accomodandoli sulla panchina)
Così?
CRISTIANO
GIOSTA
Muore?
CRISTIANO
(alla folla che entra, commuovendosi e confondendosi)
CRISTIANO
La Comandante entra sorretta dai Cavalieri e seguita dalla folla. Viene adagiata sulla panchina. Tutti si scoprono commossi. Silenzio profondo. La Comandante, dopo un attimo, apre gli occhi smarriti e balbetta.
COMANDANTE
Ragazzi! Mille diavoli! Marmotte!
Perché tacete?
GIOSTA
(avvicinandosi)
Comandante!
COMANDANTE
Giosta!
(cercando cogli occhi)
Anna, dov'è?
ANNA
(cadendo in ginocchio vicino a lei)
Son qui.
COMANDANTE
Dolce bambina!
...Sei Margareta, Margareta, tu!
(smarrendosi)
COMANDANTE
E cammina e cammina
da quella notte! Ahi! Quanto pianto costa
un peccato d'amore.
(a Giosta che cade in ginocchio vicino ad Anna)
Amala, Giosta! Amala, Giosta!
(commossa, vincendosi)
Su!
Perché piangete?
GIOSTA
(con un singhiozzo)
Comandante!
COMANDANTE
Taci!
Come mia madre, la mia vecchia madre
posò la mano
su questo capo, ecco la poso anch'io
sul capo vostro. Benedetti i baci
nell'amore di dio. Amala! Amate!
(rimane un attimo assorta, poi si scuote e guarda intorno)
Cristiano! Ti perdono. Ecco la mano!
(Cristiano gliela bacia e cade in ginocchio, piangendo)
Lo so. Sei buono.
(agli altri, chiamando con un cenno)
Ed anche tu, anche tu...
Miei Cavalieri! Gaia e disperata
canzon di gioventù...
muoio tra voi... ma consolata e in pace...
CAVALIERI
(intorno a lei, commossi, forzandosi di sorridere)
Non morirai! Non morirai...
COMANDANTE
(serena)
Fra poco.
Solo vorrei...
(rizzandosi ancora accennando alla fucina)
Perché non brilla il fuoco?
Perché, laggiù, quella fucina tace?
(con un filo di voce ma imperiosa)
Mille diavoli! Su! Presto! Al lavoro!
Sola preghiera, per la morte mia,
siano il bel canto ed il festoso coro
delle fucine... Su! Uomini! Via!
Al lavoro! Al lavoro!
(ad Anna)
Anna! Tu no!
Stammi vicina...
I Cavalieri si guardano negli occhi. Giosta ha un gesto risoluto. Cristiano lo imita. Accennano alla Folla, che si riversa nella fucina.
GIOSTA
Alla fucina!
CRISTIANO
CAVALIERI
Accendi i fuochi!
FOLLA
- Al mantice! Ai martelli!
(muovendosi, operosi, infervorati, traendo incudini, martelli, etc.)
- L'incudine sia un limpido sonaglio!
- E i nostri cuori, lieti ritornelli!
- Accendi! Accendi!
- Sfolgori in barbaglio
la preghiera che il cuore rinnovelli!
- Canti il lavoro!
- Squilli!
- Brilli!
- Su!
Al maglio! Al maglio!
- Tuoni forte!
- Giù!
Il maglio cade e tuona. I forni avvampano. Fiamme calde balenano nella fucina e illuminano gli uomini intenti all'opera. Squillano i martelli. Il lavoro festoso canta. La Comandante, immobile, fissa la fucina. Anna è inginocchiata vicino a lei. Il canto sale.
CAVALIERI
- Vecchia terra d'Ekebù...
FOLLA
- Il lavoro sia canzone...
CAVALIERI
- ...chi fa crescere le rose...
FOLLA
- ...fede pia e benedizione...
CAVALIERI
...sulle squallide miniere dalla bocca sgangherata?
FOLLA
...e l'amore, redenzione della terra affaticata...
CAVALIERI
La canzon del cavaliere
dal lavoro illuminata...
FOLLA
...Brilli e sfolgori Ekebù...
sciogli il maglio!
- Tuoni!
- Giù!
Il maglio tuona. La Comandante chiude gli occhi, serena. La lucina brilla di fuochi. La folla, Giosta, i Cavalieri tempestano più gioiosi.
CAVALIERI
...Vecchia terra d'Ekebù...
FOLLA
- Nel lavoro sia giustizia...
CAVALIERI
...Chi ti dà la giovinezza...
FOLLA
- Nel lavoro sia letizia.
CAVALIERI
...Chi ti dà le sonagliere dalla garrula risata?
FOLLA
...Nel lavoro ogni tristizia venga in pace consolata.
CAVALIERI
La canzon del Cavaliere
dal lavoro illuminata.
FOLLA
Brilli e sfolgori Ekebù...
Sciogli il maglio!
- Tuoni!
- Giù!
Un tonfo. Ma Anna, che avrà spiato il viso pallido della Comandante, balza in piedi, si curva, la scuote e getta un grido acuto. Silenzio profondo. Tutti rimangono, percossi, presso le incudini. Solo Giosta accorre.
ANNA
Giosta! È morta!
GIOSTA
(curvandosi)
Morta!
CAVALIERI E FOLLA
(sommessamente)
Morta!
GIOSTA
(solenne, con voce squillante come in un rito)
Cavalieri di Ekebù!
Per la nostra Comandante... Tuoni il maglio... Sciogli! Giù!
Il maglio cade nel silenzio. Tutti s'inginocchiano e piegano il capo.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 28/10/2018
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)
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