Lettore

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Eccoti un aborto della mia penna, arrischiatasi di nuovo a servirti, per l'aggradimento, che del mio Xerse mostrasti. In quel dramma ti recai qualche accidente tratto da famosissimo autore, che in altro idioma lo scrisse: in questo tutto ciò, ch'io t'apporto è di mia pura invenzione; onde tutta sarà mia delle debolezze la colpa, e tua del compatimento la gloria. Nello stile ho seguita la stessa maniera, sopra la fede del tuo giudizio, che me l'ha resa approvata; e però, lasciate le sublimità più erudite, altro non ho cercato, che rappresentarti con naturalezza la proprietà de gli affetti. Mi dichiaro però, che più bramo, che ne formi opinione vedendolo in scena, che leggendolo in fogli. Già stimo esserti palese, che a tali componimenti non ho altro motivo, che il mio capriccio, né altro scopo, che il tuo diletto; se però ho dato nel bianco gradisci; se mi sono allontanato compatiscimi. Protesto aver usate le solite parole di Fato, Destino, Sorte, e simili, per fregi della poesia, non per note della fede, che per divina grazia, come cristiano, professo. Ricevi ciò, che la mia debolezza può darti, e vivi felice.

Serenissima e reale altezza Lettore Argomento
Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

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