Atto terzo

 
[Sinfonia]

 N 

 

Scena prima

Demonio, e coro di Demoni.
Il Demonio, avendo invano usato ogni opera contro il Santo, pieno di confusione precipita all'inferno.

Demonio, demoni

 

DEMONIO

Mal si resiste a fermo core, e male  

contra dio si contende.

Non può forza infernale

di un'alma trionfar

ch'il ciel difende.

Io, d'Alessio sperando aver la palma,

che non fei, che non dissi

perché de' ciechi abissi

fosse trofeo quell'alma?

E pur or veggio alfine

ogni speranza mia dispersa al vento.

Tornerò dunque ov'ogni lume è spento

all'orrido confine.

CORO DI DEMONI

Omai ritorno  

qui faccia il piè,

ove del giorno

luce non è.

Sotto i piedi del Demonio manca all'improvviso la terra, egli trabocca in una voragine di fuoco.

DEMONIO

Cedo fuggo, son vinto.  

Alessio, godi,

che solo in danno mio tornan le frodi.

Demonio ->

 

CORO DI DEMONI

Qui dove loco

non ha pietà,

seggio di foco

per te sarà.

demoni ->

 

Scena seconda

Adrasto, Coro, Nunzio
Adrasto, per aver veduto diverse genti incamminarsi alla casa d'Eufemiano va in compagnia di altri per certificarsi della ragione e, incontratosi in uno della stessa casa sente da lui la morte, la ricognizione di S. Alessio, e dal medesimo viene introdotto nella stanza dove giace il suo corpo.

<- Adrasto, Coro, Nunzio

 

ADRASTO

Dovunque io volgo il ciglio  

per la città tra il popolo commosso,

di mirar parmi un tacito bisbiglio,

né qual sia la cagion intender posso.

CORO

S'ode d'intorno tutto

risonar l'Aventino

di tristezza e di lutto.

Qual sia, ch'oggi ne turbi empio destino?

NUNZIO

Rifugge il piè dal lagrimoso albergo,

perché non soffre il core

omai di rimirar tanto dolore.

Forse ancor tu ne vieni, amico Adrasto,

perché a parte esser vuoi

del più strano spettacolo e dolente,

ch'esser mai possa oggetto agl'occhi tuoi.

ADRASTO

Sospesa è l'alma in tristi dubbi avvolta.

Né ben anco raccoglio,

amico, la cagion del tuo cordoglio.

Deh, narra il tutto.

NUNZIO

Eccomi pronto, ascolta.

Poiché s'udì dal ciel suono celeste,

che dalla mortal veste

richiamava alle stelle

chi per dio s'affatica,

s'udì nel tempio istesso

novella voce amica

in cotal suono espresso:

d'Eufemiano il tetto

l'umil servo n'accoglie a dio diletto.

A tai note Innocenzo, il gran pastore

che porta il crin di tre corone onusto,

e seco Onorio, il glorioso Augusto,

d'immobile stupore il core impresso

vennero a questo albergo,

e quivi in bassa stanza

uom trovar da gel di morte oppresso

che coperta tenea col manto istesso

la pallida sembianza.

CORO

Omai ciascuno attonito, smarrito,

dalla tua bocca pende e chi sia questo

cotanto nel morire al ciel gradito?

NUNZIO

Narrerò a pieno il tutto. Udite il resto.

Stretto avea nella man vergato foglio,

che, da Innocenzio aperto

ohimè, ben tosto certo

ne fe' col nome suo l'altrui cordoglio.

Questi era Alessio, il sospirato Alessio,

che tant'anni presente,

sott'abito mal noto,

pianto fu come assente.

Da sì nuovo accidente i cor delusi,

perdon, fatti di sasso, e voce e moto.

Per altro calle, attoniti e confusi,

alfin tutti partiro

et i parenti insieme

qui restar soli alle doglianze estreme.

ADRASTO

Misero padre, i casi tuoi sospiro,

non d'Alessio la morte,

ch'egli passò, morendo, a miglior sorte.

NUNZIO

Egli, poi ch'altro il suo dolor non puote,

disfoga in pianti acerbi i suoi tormenti.

E gl'occhi lassi a lagrimar intenti

par che trovin conforto,

in rileggendo le pietose note.

Ma se ti trae pur voglia

di veder la cagion di dolor tanto,

seguimi in questa soglia,

ond'esce un suono misto

di gridi e di femineo pianto.

 
 

Scena terza

Eufemiano, Sposa, Madre, Marzio, Curzio, Adrasto e Coro d'Angeli dentro la scena.
I Parenti acerbamente piangono la morte di Alessio. Si legge la lettera scritta da lui prima di morire.
Mutandosi la scena, appariscono le logge e il giardino del palazzo, nel quale, sotto alle scale, giace il corpo del Santo.

 Q 

Eufemiano, Sposa, Madre, Marzio, Curzio, Adrasto

 

SPOSA, MADRE E EUFEMIANO

Ohimè, ch'un'ora sola  

e lo rende e l'invola.

Ciechi e miseri noi,

s'una breve ora

con ombre tenebrose

mostra ciò che nascose

di mille giorni il lume.

Lassi noi, che, trovando il nostro bene,

di lui perdiam la speme.

ADRASTO

Ahi, fato acerbo, e triste,

dopo tant'anni io ti ritrovo a pena,

Alessio e ti riveggio, e non son visto.

Ma non si deve a te lamento, o pena,

ché di somma virtù vestigi lasci,

e se mori nel mondo, in ciel rinasci.

EUFEMIANO

Dunque, dunque, è pur vero,

che senza mai trovarti,

due volte t'ho perduto?

Ed è pur vero, e il provo

che mio tu fosti allor, ch'io ti perdei,

ed or ch'io ti ritrovo,

ohimè, più mio non sei?

SPOSA

Che pensieri furo i tuoi, Alessio?

e con quali lumi

mirasti i lumi altrui,

per te conversi in fiumi?

MADRE

Del mio fiero dolore

rigido spettatore,

tu pure, ohimè, distrutto,

mirasti il viver mio col ciglio asciutto?

EUFEMIANO

Ho visto, per pietà de' miei martiri,

risponder questi marmi ai tristi accenti.

Ho visto a' miei sospiri

spirar pietosi i venti.

Tu solo, o figlio,

all'or ch'in pianto sciolsi,

i miei dolor funesti,

tu solo, o figlio, avesti

chiuse l'orecchie al pianto, ond'io mi dolsi.

MARZIO

O mia cieca follia,

che trascorresti ad oltraggiar sovente

un giusto, un innocente!

Quanto fu grave, ohimè, la colpa mia.

Deh pria ch'in me l'ira del ciel discenda,

pietà di me ti prenda,

ché, se pentito or sono,

dalla tua gran pietà spero il perdono.

CURZIO

Troppo, ohimè, troppo errai,

e troppo ohimè, t'offesi.

Ma tu condona i falli,

alma clemente,

poiché spirto celeste ira non sente.

SPOSA, MADRE E EUFEMIANO

O luci, voi ch'erraste

col non conoscer mai l'amato pegno

piangete il fallir vostro,

ché di sua stirpe l'unico sostegno

mirar più non potrete in questo chiostro.

Ohimè ch'un'ora sola

e lo rende e l'invola.

EUFEMIANO

Foglio, ch'in te racchiudi

memoria che al mio cor sia sempre amara,

pur tua vista m'è cara.

E se capace è di conforto il duolo,

in udir le tue note io mi consolo.

Deh, leggi, amico, tu ciò ch'ei n'esprime.

UNO DEL CORO

(legge la lettera)

«Alla Sposa, alla madre, al genitore.

Dell'ultim'ore

al desiato punto

Alessio giunto,

sofferenza e pace

prega verace.»

EUFEMIANO

Come, pace a me preghi?

Se quando parti, o figlio, e quando torni,

con soverchio rigor pace mi nieghi?

UNO DEL CORO

«Prima ch'io chiuda i lumi

in breve foglio

noti far voglio

i casi miei diversi,

ciò che soffersi

e quali in vario corso

parti ho trascorso.

Io già d'essa alla remota sede

rivolsi il piede,

e d'adorar fui vago

celeste imago,

e poscia ad altre sponde

varcai per l'onde.

Ma da venti agitato, e sopra fatto,

qua fui ritratto,

e il genitor m'accoglie

in queste soglie,

ove gl'altrui lamenti

fur miei tormenti.»

EUFEMIANO

Oh, d'invitta fermezza esempio vero,

tra miserie cotante,

come potesti, o figlio, esser costante?

UNO DEL CORO

«Ora che l'alma in ciel torna e riposa,

o madre, o sposa,

o genitore, il duolo,

se n' fugga a volo,

e il cor prenda conforto,

ch'io giungo in porto.»

SPOSA, MADRE E EUFEMIANO

Pianti, o doglie estreme,

dal cui rigore ogn'altra doglia è vinta.

Non speri più da quella bocca estinta

udir d'Alessio i casi il cor che geme.

 

Scena quarta

Coro d'Angeli, dentro alla scena. Eufemiano, Madre, Sposa.
Gli Angeli, accompagnando l'anima del Santo persuadono i parenti, che a torto, si dolgono nel mondo per la morte di chi è ricevuto nel cielo con tanto giubilo.

<- angeli

 

CORO D'ANGELI

Lasciate il pianto,  

poi che dal ciel le schiere

con lieto canto

chiaman l'alma d'Alessio all'alte sfere,

ed ei festoso,

giunto al riposo,

di stelle ha la corona e d'oro il manto;

lasciate il pianto.

 

EUFEMIANO

O mia consorte, o figlia,  

se felice quell'alma

dopo tanti tormenti

gode corona e palma,

non offuschiam col duolo i suoi contenti.

MADRE

Poich'a lasciare il pianto il ciel n'invita,

abbia in me tregua il duolo.

SPOSA

Nel suo gioir, il mio dolor consolo.

Eufemiano, Madre, Sposa ->

 

Scena quinta

Religione, Coro di Virtù, Coro d'Angeli.
Comparisce dalla casa del Santo la Religione e seco viene un coro di Virtù figurate per l'otto beatitudini, quali furono mezzi ad Alessio per ottenere la gloria. La Religione rallegrandosi dell'acquisto fatto dal cielo in S. Alessio gli destina il tempio, che dagli antichi Romani fu dedicato a Ercole. Partesi poi la Religione, incamminandosi a consacrare il tempio a S. Alessio e mentre dagli Angeli si continuano i canti, festeggiano le Virtù coi balli.

<- Religione, le virtù

 

RELIGIONE

Vive Alessio, che morto al mondo visse,  

vive colui, che più d'Alcide invitto

fu gli ampi abissi a superar potente.

Ora vogl'io che della nobil alma

si riponga la salma

nel vicin tempio,

ove pietade insana

d'Ercole venerar fece i trionfi.

Vera pietà romana

qui sciolga i preghi

e quindi grazie attenda.

Qui concorra devoto

fin dal Istro remoto

il popol fido.

Giunger a questo lido

veggio poscia Adalberto,

quel, ch'all'Europa estrema

con la voce e con l'opre

n'additerà del cielo il cammin certo.

Ei ne' vicini chiostri

il piè ritirerà.

E mentre al cielo il suo cammino intende

lui piange e sospirerà,

lui d'Alessio l'inulta fuga apprende.

Or voi felici ancelle

che rendete soave anco il dolore,

e in mezzo anco alle spine

fate spuntar delle virtudi il fiore;

voi che alle stelle alfine

conduceste l'eroe per erti calli

or con festosi balli

gioite a' suoi trionfi,

celebrate i suoi casi, e, poich'il cielo

gradì d'Alessio il pianto,

di letizia or s'oda il canto.

 
Spariscono alcune nuvole e vedesi nel paradiso il Santo, circondato da molti Angeli, che con suoni e canti l'accompagnano.
 
Liuti, tiorbe, arpe, 3 violini suonino sopra i soprani che cantano, e tutti stanno nelle nuvole
 

CORO D'ANGELI

Il ciel vagheggia    

alma beata omai,

e l'alta reggia

rimira, adorna di lucenti rai.

Dei sommi giri

godi i zaffiri

ove senza accidente il sol lampeggia.

S

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[Balletto delle Virtù]

 N 

 

Godi pur alma gradita

presso i rai d'eterno re,

che nel regno della vita

avrà premio la tua fé.

Qui fé durabile

mai sempre stabile

trova mercé.

Balletto delle Virtù

 

Tanto già fatto giocondo

quanto il cor prima soffrì,

che fuggendo il cieco mondo

al ristoro in ciel salì,

dove risplendon lumi,

che rendono eterno il dì.

Balletto delle Virtù

 

Delle stelle il nobil trono

vagheggiare oggi puoi tu,

e provar quai seggi sono

preparati a gran virtù.

Per te festeggiano,

per te lampeggiano

le stelle or più.

Balletto delle Virtù

 

Felice Roma,

che grazie impetrar puoi

da lui, ch'or noma

festoso il ciel in fra gli eletti suoi.

Con pregi tanti

cresci i tuoi vanti,

e di pietoso allor

cingi la chioma,

felice Roma.

 

Fine (Atto terzo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

[Sinfonia]

Demonio, demoni
 

Mal si resiste a fermo core

Coro di Demoni
Omai ritorno

Cedo fuggo, son vinto

(sotto i piedi del Demonio manca all'improvviso la terra, egli trabocca in una voragine di fuoco)

demoni
Demonio ->
 
demoni ->
<- Adrasto, Coro, Nunzio

Dovunque io volgo il ciglio

Logge e giardino del palazzo.

Eufemiano, Sposa, Madre, Marzio, Curzio, Adrasto
 

(sotto alle scale giace il corpo del Santo)

Ohimè, ch'un'ora sola

Eufemiano, Sposa, Madre, Marzio, Curzio, Adrasto
<- angeli
Coro interno d'Angeli
Lasciate il pianto

O mia consorte, o figlia

Marzio, Curzio, Adrasto, angeli
Eufemiano, Madre, Sposa ->
Marzio, Curzio, Adrasto, angeli
<- Religione, le virtù

Vive Alessio, che morto al mondo visse

Coro d'angeli
Il ciel vagheggia

[Balletto delle Virtù]

 
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta
Roma in teatro sopra un trofeo di spoglie circondata da diversi schiavi. Inferno. Selva. Logge e giardino del palazzo.
[Sinfonia per introduzione del Prologo] [Ritornello strumentale] [Arietta ad una voce] [Sinfonia] [Arietta a due voci] [Aria] [Moresca e Coro di Demoni] [Coro di Domestici] [Ballo] [Sinfonia] [Ritornello per l'aria di «Questo Egeo»] [Ritornello strumentale] [Sinfonia] [Balletto delle Virtù]
Prologo Atto primo Atto secondo

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