Dio voglia, benigno lettore, che questo dramma composto nello spazio d'un lustro, ancorché concepito da elefante, non sortisca una vita da effimera. Confesso di non temere il livore degl'aristarchi, ancorché si verifichi pur troppo in quelli, che calcano la strada poetica, l'avviso che il sole diede a Fetonte
per insidias iter est formasq; ferarum.
Ma inorridito al riflesso del mio debile ingegno, che facendo i voli d'Icaro
Coeliq; cupidine tactu
altius egit iter.
Chi non ha l'idea di Stasicrate, o gli scalpelli di Fidia mal può intraprender di formar gl'Alessandri: tuttavolta non so come tollimus ingentes animos, ed ho stimato minor male il compiacere al genio, ch'il far da Saturno, o rinnovare l'azione dell'esecrata Medea sbranando un parto ormai fatto adulto già qualche tempo. Or seguane che può: potrò almeno inscrivere a piedi di questa composizione ciò che per elogio scrissero le piangenti Eliadi sul tumulo del precipitato fratello
Quod si non tenuit
Magnis tamen cecidit ausis.
È vero, che per non moverti maggiormente a compassione delle mie inezie, ho fatto da Timante col velarti il mio nome; l'averti però altre volte veduto con occhio benigno a blandire il mio Annibale, mi fa crederti altrettanto gentile nell'accoglier il Tito; il quale recitato da primi cantanti d'Europa, e animato dalla musica impareggiabile del sig. cavalier Antonio Cesti, ora, per lo mezzo della splendidezza di chi lo fa rappresentare rinasce alle scene, leggi, vedi, e gioisci.