Atto terzo

 

Scena prima

Anticamera con lumi.
Emilia e Ippolito.

 Q 

Emilia, Ippolito

 
[Duetto]

 N 

EMILIA

Spera, bell'idol mio:  

placida un dì la sorte

forse può divenir.

IPPOLITO

Come sperar poss'io.

Riparo alla mia sorte,

se tu mi fai morir?

EMILIA

Dunque crudel mi credi?

IPPOLITO

Dunque il mio duol non vedi?

EMILIA

Lo vedo sì, mio bene,

e mi si spezza il cor.

IPPOLITO

Ma intanto alle mie pene

non cede il tuo rigor.

EMILIA E IPPOLITO

Ah che mancar mi sento.

Che barbaro tormento!

Che barbaro dolor!

(partono)

Emilia, Ippolito ->

 
 

Scena seconda

Camera nobile.
Don Tammaro che dorme sopra un sofà con padiglioncino alla turca, donna Rosa, Lauretta e Calandrino.

 Q 

Tammaro, Rosa, Lauretta, Calandrino

 
Recitativo

ROSA

Che fa?  

CALANDRINO

Dorme, ma spesso dimenando si va.

ROSA

Quando si desta,

tu fa suonare in quella stanza. Io sento

che la musica sia

un antidoto ancor per la follia.

CALANDRINO

Vedremo.

TAMMARO

(sbadigliando)

Uhoa...

LAURETTA

Si sveglia.

ROSA

Sentiamo...

TAMMARO

Emilia... Rosa...

CALANDRINO

Come va questa cosa?

Non chiama più Sofrosine e Xantippe.

ROSA

Presto su: fa' suonare;

e stiamo noi da parte ad osservare.

 
[Notturno]

 N 

Si suona un flebile notturno e don Tammaro va cacciando a poco a poco la testa dalle cortine.
Recitativo

TAMMARO

Che musica superba! Che dolcezza!  

CALANDRINO

Che cos'è? Più non parla

della sua bella corda strappa-fegato.

LAURETTA

Ci è della mutazione!

TAMMARO

Chi è fuora...

ROSA

Eccomi, o caro,

con Simia, e Saffo.

TAMMARO

Scimia e Saffo? Oh bella!

Per dar de' soprannomi, moglie mia,

sei fatta a posta. Ti ricordi, quando

facevamo all'amore, che mi chiamavi

don Sanguinaccio? Ed io ridevo tanto.

ROSA

Me ne ricordo, sì.

TAMMARO

Rosina, dimmi un poco:

che musica era quella?

ROSA

Furono certi musici, venuti

per suonar questa sera

nella festa di ballo,

che dànno certi nostri pigionanti.

TAMMARO

Festa di ballo! Matti da catene!

Io quando sento ballo, sento il diavolo!

ROSA

E della sua ginnastica non si ricorda più?

TAMMARO

Una volta

per provarmi a ballare il cotiglione,

m'ebbi a rompere il collo:

d'allora in poi non ballo più.

CALANDRINO

Benissimo.

Un filosofo come siete voi,

così dovrebbe fare.

TAMMARO

Io filosofo? Oh senti!

Io che in quattordici anni

non passai alla scuola i deponenti.

ROSA

È guarito, è guarito!

LAURETTA

Ma come così presto?

CALANDRINO

Col dormire

spesso i matti si sogliono guarire.

TAMMARO

Sai, Rosa mia, la bella scorpacciata

di sonno, che mi ho fatta?

Una confusa idea

mi è restata di cose... Che so io...

V'è stato un sogno d'una confusione...

CALANDRINO

Viene Cilla e mastro Antonio...

ROSA

Son tornati! Maledetti!

CALANDRINO

Questi possono un'altra volta

risvegliarli nel capo la pazzia.

 

Scena terza

Cilla, mastro Antonio e detti.

<- Cilla, Antonio

 

ANTONIO

Socrete mio, si bivo, gioia mia,  

come te siente?

TAMMARO

Io Socrate... Ah ah ah che caro

mastro Antonio!

ANTONIO

Comme mo mastro Antonio?

Sto schiaffone

non dovea dà Socrete a Pratone.

TAMMARO

A Pratone ah ah per Bacco,

sei un vero pulcinella.

ROSA

Mio caro, ti presento

questo gentiluomo onorato,

un cavalier di Bari. Ei di tua figlia

vorrebbe esser marito.

TAMMARO

Lei la sposi e in segno del mio affetto

io verrò di persona a fargli il letto.

ANTONIO

M'malora chisto ha perso lo cervello...

ROSA

Lascia marito mio questa canaglia

e vieni meco. Io tutto ti conterò.

Rosa, Tammaro ->

 

Scena quarta

Lauretta, Cilla, mastro Antonio e Calandrino.

 

ANTONIO

Eh dico, è pur ver, madama  

che Socrate era pazzo?

LAURETTA

Certamente e con quella bevanda

che gli portasse voi si è poi guarito.

CALANDRINO

Un sonnifero in vece di cicuta

ei tracannò, e volle il cielo poi,

ch'ei si svegliasse sano di cervello.

LAURETTA

Il fatto sta, che per la sua pazzia

perse la testa ancor vossignoria.

ANTONIO

La capa mia? Cioè...

LAURETTA

Dandoti a credere

che Socrate egli fosse, e tu Platone.

ANTONIO

E mme lo dice 'mo? Potta de nnico

mo' ch m'aggio vennuto le rasola?

LAURETTA

Non importa! Noi siamo quattro,

due belli matrimoni si potrebbero

fare così tra noi:

Calandrino con Cilla ed io con voi.

ANTONIO

Si' pazza.

LAURETTA

E giacché disprezzate l'amor mio, crudel,

qui almeno soffrite di vedermi

morire e poi partire.

 
[Quartetto]

 N 

 

Dunque morir degg'io  

senza trovar pietà?

CILLA

Eh bia, gnu patre mio

falle sta' carità.

ANTONIO

Mo mmo, quanto lo spio

a mamma, che sta cca'...

CALANDRINO

Ma che fierezza oh dio,

che nera crudeltà.

ANTONIO

Non serve che s'appretta

il mio signor don quello:

ca vidolo zetiello

volimmo nuje restà.

LAURETTA

Ah! Che mi manca il fiato...

ohimè gelar mi sento,

crudel sarai contento,

io cado io moro già.

CALANDRINO

Ah! Soccorretela la poveretta.

ANTONIO

Cattera! Un panico per me le venne...

CILLA

'Gnu pa', si è morta, fuimmoncenne.

ANTONIO

Figlia resòrzeta.

LAURETTA

Ahi.

CALANDRINO

Su coraggio che mastro Antonio ti sposerà.

ANTONIO

Gnorsì... te sposo... eccome ccà.

LAURETTA

Giacché sei mio son già sanata,

non ho più male vicino a te.

ANTONIO

Mmalora e pesta! Mme ll'haje sonata

bellezza, dance como gué gué.

CILLA

'Gnu pa' Na morta te sì sonata

non t'accostare chiù rente a mme.

CALANDRINO

A furbacchiona te l'ha ficcata

ah ah che ridere ci ho gusto affé.

Lauretta, Cilla, Antonio, Calandrino ->

 

Scena quinta

Tammaro e Rosa.

<- Tammaro, Rosa

 
Recitativo

TAMMARO

Dunque fui pazzo?  

ROSA

Che pazzo!... un poco immaginario...

via non pensarci più, marito mio,

lascia qualunque prevenzione per l'antica

filosofia, e siegui la moderna

ch'oggi il gran mondo così ben governa.

TAMMARO

Il cielo me ne liberi! Più presto

farci mozzarmi il naso,

che più parlare di filosofia.

ROSA

Di quella antica sì, non della mia.

Ma la filosofia delli moderni

può apprenderla ogni testa;

perché, ben mio, consiste solamente

in mangiar, divertirsi e non far niente.

 
[Duetto]

 N 

 

Marituccio mio grazioso  

mangia mangia e lascia fare

pensa solo ad ingrassare

né la sbagli in verità.

Fogli partitura

TAMMARO

Non temer, ben mio vezzoso,

non temer, o moglie cara,

questa tua filosofia

tutta in testa mia starà.

ROSA

Vieni o caro in queste braccia

ah! qual miele in sen mi stilla

come il cor mi balla e brilla.

E quest'alma come pazza

balla e brilla guizza e guazza

che piacer che contentezza

che allegrezza è questa qua.

Insieme

TAMMARO

Vieni o cara in queste braccia

ah! qual miele in sen mi stilla

come il cor mi balla e brilla.

E quest'alma come pazza

balla e brilla guizza e guazza

che piacer che contentezza

che allegrezza è questa qua.

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Scena ultima

Tutti.

<- Ippolito, Antonio, Emilia, Calandrino, Cilla, Lauretta

 
Recitativo

IPPOLITO

Signor, benigno il cielo  

rese tutti felici in questo giorno

la casa è tutta nozze: Emilia è mia,

Calandrino sposo è di Cilla,

e Laura del barbiere.

TAMMARO

Davvero? Ci ho piacere.

Allegri dunque tutti ci daremo

ad un istesso studio.

ANTONIO

A felosochia?

ROSA

Eh via: non più

Tammaro mio, la vera

filosofia è quella di badare

alla propria famiglia; e se i doveri

di buon marito e di onorato uomo

adempiere saprai,

il filosofo vero, allor sarai.

 
[Finale III]

 N 

TUTTI

Quando si visse in pene  

tanto si gode adesso

sempre alle nubi appresso

va la serenità!

Sì, sì, va tutto bene

ma andiamo a riposar!

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Anticamera con lumi.

Emilia, Ippolito
 

[Duetto]

Emilia, Ippolito
Spera, bell'idol mio
Emilia, Ippolito ->

Camera nobile; sofà con padiglioncino alla turca.

Tammaro, Rosa, Lauretta, Calandrino
 

(Tammaro dorme sopra un sofà)

Che fa? / Dorme, ma spesso dimenando si va

[Notturno]

(si suona un flebile notturno)

Che musica superba! Che dolcezza!

Tammaro, Rosa, Lauretta, Calandrino
<- Cilla, Antonio

Socrete mio, si bivo, gioia mia

Lauretta, Calandrino, Cilla, Antonio
Rosa, Tammaro ->

Eh dico, è pur ver, madama

[Quartetto]

Lauretta, Cilla, Antonio e Calandrino
Dunque morir degg'io
Lauretta, Cilla, Antonio, Calandrino ->
<- Tammaro, Rosa

Dunque fui pazzo?

[Duetto]

Tammaro, Rosa
<- Ippolito, Antonio, Emilia, Calandrino, Cilla, Lauretta

Signor, benigno il cielo

[Finale III]

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena ultima
Cortile con una scala praticabile da un lato e dall'altro porta che introduce al giardino. Solitario ritiro con qualche fontana. Sotterraneo, o sia cantina, destinata per la scuola di Socrate; in fondo di essa, rustica scala per la quale... Camera. Orrida grotta, nella quale si introducono poche liste di luce da qualche apertura;... Anticamera con lumi. Camera nobile; sofà con padiglioncino alla turca.
[Sinfonia] [Sestetto] [Sestetto] [Aria] [Aria] [Aria] [Duetto] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Finale I] [Terzetto] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Coro] [Duetto] [Aria] [Aria] [Finale II] [Duetto] [Notturno] [Quartetto] [Duetto] [Finale III]
Atto primo Atto secondo

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