Atto secondo

 

Scena prima

Camera.
Lauretta, Cilla e Calandrino.

 Q 

Lauretta, Cilla, Calandrino

 
Recitativo

CALANDRINO

Lauretta: conduci pur costei  

da donna Rosa e dille

che la tenga in ostaggio

della mia fedeltà,

che io ravveduto mi fo

del suo partito, né aderente più son

di suo marito.

LAURETTA

Che mutazione è questa?

CALANDRINO

Non voglio, Laura mia, perder la testa.

Tra poco, mia Cilletta,

ci rivedrem: frattanto in compagnia

tu starai di Lauretta.

Subito sarò teco. Intanto, cara,

se Socrate venisse a parlarti un'altra volta

di marito non gli parlare.

CILLA

Avite da fa poco co nnuje femmene;

sa comme simmo maleziose? Caspita!

CALANDRINO

Oh si vede da te, che la malizia

ti arriva alle pianelle.

CILLA

Tu non saie come simmo bricconcelle.

 
[Terzetto]

 N 

 

 

Si na femmena ve dice:  

si' ber giovene bonnì

co lo core la schefice

fuss'acciso ve vo dì'.

CALANDRINO

Laura, Laura, va così?

LAURETTA

Con voi parla, mio signore;

ma così so che non è.

Son le donne tutto core,

e lo veggio ben da me.

CILLA

Maramé, vi' che buscia!

LAURETTA

Tu t'inganni, Cilla mia,

siamo pure colombine...

CILLA

Simmo tante marranchine.

LAURETTA

Siamo candide e sincere...

CILLA

Simmo fauze e 'ntapechàre.

LAURETTA

È per gli uomini la donna

tutt'amore e fedeltà...

CILLA

Vi', la scigna comm'attonna,

vi' si n'ommo vo' parlà.

(partono Lauretta e Cilla)

Lauretta, Cilla ->

CALANDRINO

Seguitate, ch'è la gara

troppo cara in verità.

 

Scena seconda

Calandrino solo, indi donna Rosa e Ippolito.

<- Rosa, Ippolito

 
Recitativo

ROSA

Signor bibliotecario  

senza la biblioteca, dunque lei

conobbe alfin, che mio marito è un matto?

CALANDRINO

E chi non lo conosce?

IPPOLITO

Troviamo insieme il modo

che alla fine di Emilia io sia il marito.

CALANDRINO

Non altro signore.

Eccomi qui. Serbatemi Cilletta

e di me disponete poi come volete.

Eccolo, arriva.

Ippolito ->

 

Scena terza

Donna Rosa, don Tammaro e Calandrino.

<- Tammaro

 

ROSA

Tammaro...  

TAMMARO

Tammaro!

Che Tammaro? Chi è Tammaro?

Dov'è più questo Tammaro?

Socrate solo in questa stanza io veggio.

CALANDRINO
(a donna Rosa)

Se lo fate adirar farete peggio.

ROSA

In somma noi staremo

sempre in discordia? Sempre?

TAMMARO

E chi ci colpà? Tu.

ROSA

Tu, tu ci colpi...

TAMMARO

E ti par poco avermi

profanata la scuola?

ROSA

E ti par poco avermi

rovinata la casa?

TAMMARO

Non ti par nulla avermi

rovinati i discepoli,

derisa la ginnastica?

ROSA

Non ti par nulla, avermi

proposto mastro Antonio

per marito di Emilia?

TAMMARO

Ti par cosa di niente, alla mia corda,

anteponete il suono

di chitarra proterva?

ROSA

Ti par cosa di niente, con tua moglie

dichiararti per Cilla?

TAMMARO

Cilla! Chi è Cilla?

Aspasia, Aspasia.

CALANDRINO

(Oh dio!)

ROSA

Lascialo delirare,

pensiamo per Ippolito.

CALANDRINO
(a Tammaro)

E ben, resti appagato il vostro genio;

vuol però la giustizia,

che compensata pure in qualche parte

la compiacenza sia di costra moglie.

TAMMARO

E che ho da fare?

CALANDRINO

Date a vostra figlia Ippolito.

Che dite?

TAMMARO

Va' piano:

ho già pensato come

salvar la capra e i cavoli, Platone

non averà di che lagnarsi, e Ippolito

sposerà la mia figlia.

ROSA

Ah caro mio marito!

(l'abbraccia)

CALANDRINO

(baciandogli la mano)

Oh Socrate immortale!

ROSA

E si faran le nozze questa sera?

TAMMARO

Questa sera? Or, adesso, in questo istante,

chiamate don Ippolito, chiamate

la mia diletta figlia: nozze, nozze.

Io voglio al mio Laerzio

oggi somministrar novello inchiostro.

ROSA

Oh contento!

CALANDRINO

Oh piacere! (Il porco è nostro!)

 
[Aria]

 N 

Per quest'azione, così magnifica  

come un pallone, la fama garrula

per tutte l'orbite, vi balzerà.

Socrate, Socrate, diran gli antartici;

e fino il Diavolo, con voce chioccia,

Socrate, Socrate, risponderà.

(Ma verrà Cillide, nel mio cubicolo;

ma Cilla amabile, la mia sarà.)

(parte e s'incontra con Emilia e Lauretta)

Calandrino ->

 

Scena quarta

Donna Rosa, don Tammaro, indi Emilia, Lauretta e Calandrino che ritorna, Ippolito da una parte e mastro Antonio dall'altra.

<- Emilia, Lauretta, Calandrino

 
Recitativo

ROSA

Vieni, Ippolito, vieni, Emilia è tua.  

 

<- Ippolito

IPPOLITO

Signora. Ah l'alma mi manca!  

TAMMARO

Vieni, Platone.

 

<- Antonio

ANTONIO

Jammo mazza franca?  

CALANDRINO

Ecco qua vostra figlia.

EMILIA

Eccomi pronta al paterno volere.

LAURETTA

(Gran folla all'osteria! Stiamo a vedere.)

TAMMARO

Mia figlia, il mondo dice

che son io il tuo padre,

per la forte ragione

ch'io giammai non poteva esserti madre.

Ora, dando per vero

che mi sei figlia, voglio che distingui

qual differenza ci è tra padre e padre.

Molti fanno morire disperate le figlie

per non darle un marito: io per l'opposto,

con saggio avvedimento,

due mariti in un punto ti presento.

Sposali dunque entrambi, e il mondo impari

come i savi risolvono gli affari.

 
[Aria]

 N 

(a Ippolito e mastro Antonio)

Figli, ma non di padre,  

ecco la vostra moglie:

fatevi, o figli onor,

figlia, diventa madre,

anticipa le doglie,

consola il genitor,

ch'io dalle stelle gravide

già veggo in te discendere

filosofi, mitologi,

istorici, antiquari;

e tra medaglie e niccoli,

sarete voi, miei generi,

le due corniole celebri

della futura età.

Tanto prevede, e annunzia

la mia bestialità.

(parte)

Tammaro ->

 

Scena quinta

Donna Rosa, Emilia, Lauretta, Ippolito, mastro Antonio e Calandrino.

 
Recitativo

ANTONIO

Ora su, cammarata,  

giacché avimmo d'aprì ragion cantante,

vedimmoncella a cinco primerelle,

chi de nuje primmo l'ha da da' la mano.

(caccia dalla saccoccia un mazzo di carte)

IPPOLITO

(Io perdo pazienza.)

Se più parli di nozze:

se più ardisci di guardar l'Emilia in faccia,

io l'anima ti passo.

ANTONIO

Phje, perucchella,

non te credere asciare mastro Socrate,

ch'è no sacco de mazze ca la mia

è n'auta specia de felosochia.

Io zompo arreto e piglio vrecce.

IPPOLITO

Indegno...

(gli si avventa sopra, ma è trattenuto)

ROSA E EMILIA

Ippolito...

LAURETTA E CALANDRINO

Che fate...

IPPOLITO

Oh dio! Lasciatemi!...

ANTONIO

No lo lassate, ca ne faccio agniento.

 
[Aria]

 N 

IPPOLITO

Voglio di quell'audace  

punir l'infame orgoglio.

Fu d'insultar capace!

No, che soffrir non voglio;

né lo permette Amor.

Nell'alma mia lo sdegno

non può calmarsi, indegno!

Né può frenarsi il cor.

(terminata l'aria prende a calci mastro Antonio e lo seguita così dentro la scena, andandogli appresso Calandrino e Lauretta)

Antonio, Ippolito, Calandrino, Lauretta ->

 

Scena sesta

Donna Rosa, Emilia e poi Ippolito che ritorna con Lauretta e Calandrino.

<- Ippolito, Calandrino, Lauretta

 
Recitativo

IPPOLITO

Ebbene Emilia mia, vorresti ancora  

dipender da tuo padre?

Risolviti una volta ad esser mia.

EMILIA

E ben: si trova modo

che ad Ippolito solo

oggi dal padre destinata io sia.

Ed Ippolito avrà la destra mia.

IPPOLITO

Ah Calandrino amato...

CALANDRINO

Non più, tacete. Il mondo è già trovato.

ROSA

E che pensi di fare?

CALANDRINO

Udite... Oh càttera!

Viene vostro marito.

Nascondetevi,

e date orecchio a tutto ciò ch'io dico:

ch'io, parlando con lui, farò comprendervi,

quel che dovete fare, Tu Lauretta,

qui meco resta. Andate.

Rosa, Ippolito, Emilia ->

 

Scena settima

Lauretta, Calandrino e subito don Tammaro e mastro Antonio.

<- Tammaro, Antonio

 

TAMMARO
(a mastro Antonio)

Ma veramente fosti bastonato?  

ANTONIO

Comm'a na bestia...

TAMMARO

La pazienza è strada

della virtù: le bastonate sono

strada della pazienza.

Il cielo dunque ti vuol perfezionare,

se già principia a farti bastonare.

CALANDRINO

Socrate,

dimmi un poco: di questo matrimonio

ti consigliasti mai col tuo demonio?

TAMMARO

No, Simia caro.

CALANDRINO

Ascolta, fa' na cosa:

andiamo nel grottone, ed ivi prega

supplice e penitente il tuo demonio,

che visibil si renda e guidi seco

l'ombra ancor di Cicilia,

la prima moglie tua, madre di Emilia.

Così almen stai sicuro

tra Ippolito e Platone

di non prendere qualche farfallone.

(parla sottovoce verso la scena, dove stanno celati Ippolito, donna Rosa ed Emilia)

Calandrino, Tammaro ->

 

Scena ottava

Lauretta e mastro Antonio.

 

ANTONIO

Addo' vaje, mastro Socrate...  

(si avvia per andare appresso a Socrate)

LAURETTA

Fermate:

egli ha da conferir col suo demonio,

e deve andarci solo.

ANTONIO

Buon viaggio.

Ed io mme ne jarraggio da mia figliema.

(si avvia come sopra)

LAURETTA

Ma piano, non fuggite.

ANTONIO

Io non fuggo da te,

fuggo da chillo.

LAURETTA

Eh, sì. Dite più presto

che per me non avete

più quell'amor di prima, crudelaccio!

ANTONIO

E chesto mo che nc'entra?

LAURETTA

Nella notte passata non vi ho detto

che Amor per voi mi allaccia

e voi mi avete sospirato in faccia?

ANTONIO

A mme?

LAURETTA

Sì voi: ché dico la bugia?

Poi ve m'andaste via,

e nel vostro partir mi posi a piangere:

la mano vi baciai:

e piangendo piangendo mi svegliai.

ANTONIO

E fuss'accisa: di', ch'è stato suonno!

LAURETTA

Oh sogno, signor sì: ma è stato tale,

che parea naturale naturale.

ANTONIO

Ora vide Cupido

comme diavolo tenta li felòsoche!

Statte bona...

LAURETTA

Sentite: ma vi piace il mio sogno?

ANTONIO

Po' parlammo...

LAURETTA

Ma dite almen...

ANTONIO

Potta de craje matina!

Si' no 'nghiasto de pece e tremmentina,

t'aggio ditto, state bona?

 
[Aria]

 N 

T'aggio ditto, po' parlammo?  

E tu torna, canta e sona,

'ncoccia, zuca, dàlle, 'nfetta...

Cara figlia benedetta!

Non ha il regno zucatorio

zucatrice cchiù de te!

E tu saie ch'a ora a ora

po' veni' chillo mmalora,

c'ha l'artéteca co mme.

E finisci, col malanno

che ce vatta a tutte tre.

(fugge e lo segue Lauretta)

Antonio, Lauretta ->

 
 

Scena nona

Orrida grotta, nella quale si introducono poche liste di luce da qualche apertura fatta dal tempo nella volta di essa. Metà del suo prospetto contiene un rustico muro con gran porta di vecchie tavole, fermate da un chiavistello. L'altra metà del prospetto viene formata da archi tagliati dallo scalpello nel sasso.
Don Tammaro con arpa, Calandrino e coro di Furie.

 Q 

Tammaro, Calandrino, furie

 
[Aria]

 N 

TAMMARO

Calimera,  

calispera,

agatonion,

demonion,

pederation,

Socraticon.

 
[Coro]

 N 

CORO

Chi tra quest'orride    

caverne orribili

con greca musica,

che strappa l'anima,

ci empie di spasimo

dal capo al piè?

S

Sfondo schermo () ()

Fogli partitura

 
Le Furie ballano intorno a don Tammaro, scuotendo le loro faci in modo disdegnoso.
 

 

Nel cupo baratro

l'empio precipiti:

ed il suo cranio

serva a Proserpina

come di chiccera

per l'ebatè.

 

TAMMARO

(suona e canta tremando)

Simia... Simia... aiuto... ohimè!

Me ne torno, Furie care...

CORO

No.

TAMMARO

(come sopra)

Qui dunque ho da restare?

CORO

Sì.

TAMMARO

(come sopra)

Ma siate men rubelle,

furie belle, almen con me.

 

CORO

Misero bufalo,

almeno spiegati:

tra queste fetide

nere caligini

tremante e pallido

che vieni a far?

Qui solo albergano

sospiri flebili,

dolori colici,

affetti isterici,

e tu qui libero

ardisci entrar?

 

TAMMARO

(suonando e cantando come s'è detto)

Io son Socrate, e vorrei

il mio demone inchinar;

e coll'ombra mi dovrei

di Cicilia consigliar.

 

CORO

Oh degno Socrate,

entraci, entraci:

casa del diavolo

è al tuo servizio;

le porte ferree

s'apran per te.

furie, Calandrino ->

 

Scena decima

Scoppia un tuono preceduto da un lampo di bianchissima luce e si riempie la scena d'infinite stelle volanti: si spalanca la porta del prospetto e sopra piccola macchinetta, formata a guisa di un carro, si ritrovano seduti donna Rosa da ombra di Cicilia, adornata di fiori, e Ippolito bizzarramente vestito da demonio. Don Tammaro, all'improvviso spettacolo, colpito da forte timore, cade sulle ginocchia e trema.
Donna Rosa, Ippolito e detto.

<- Rosa, Ippolito

 
[Duetto]

 N 

ROSA

Il mio bene, il mio consorte  

oggi torno a riveder

troppo devo alla mia sorte

troppo devo al mio poter.

Insieme

IPPOLITO

Il tuo bene, il tuo consorte

oggi torni a riveder

troppo devi alla tua sorte

troppo devi al tuo poter.

(calano dal carro)
 
Recitativo

IPPOLITO

Socrate, è qui Cicilia;

il tuo Demone è qui. Parla, se vuoi.

TAMMARO

(vedendole un mascherino nero, che donna Rosa tiene sul volto per non farsi riconoscere)

Ma che cosa ella tiene

di nero in faccia?

IPPOLITO

Nel passar che fece

il fiume Acheronte,

una piccola goccia di quell'acqua

le andò sul volto e la scottò.

TAMMARO

Corbezzoli!

Ed or come ti senti, anima mia?

ROSA

Crudel, non dirmi tua!

Se tale io fossi ancora, con Emilia

tu non saresti un dispietato padre:

chi trafigge la figlia, odia la madre.

TAMMARO

Io trafigger la figlia!

ROSA

Sì, pazzo. Dimmi un poco:

egli è da savio proporre a donna Rosa

di volerti pigliare un'altra moglie?

Di offerire a tua figlia due mariti?

TAMMARO

Ma la popolazione...

ROSA

Sei un pazzo briccone.

IPPOLITO

Socrate, si concluda.

Sposi Ippolito Emilia; Calandrino

sia marito di Cilla; e un'altra volta

torni a fare il barbiere mastro Antonio.

TAMMARO

Veda, signor demonio...

ROSA

Di più, fa donazione a donna Rosa

di tutta la tua roba,

e applàttala che porti

le brache in casa e gitti la gonnella.

Ah tu non sai, che brava donna è quella.

Birbante, e difficulti ancora?

Perfido, ti abbandono;

fuggo; ti lascio; e al mio fatal soggiorno

disdegnosa ritorno.

Ma tornerò, vestita poi di lutto,

spirto peloso e brutto,

e ti tormenterò la notte e il giorno.

Socrate, trema. A lungo andar ti scorno.

 
[Aria]

 N 

Se mai vedi quegli occhi sul volto  

diventar due grossi palloni,

di': son questi gli estremi schiaffoni,

di Cicilia, che freme con me.

Ma la cosa finita non è!

Ce n'è per mastro Antonio,

per Cilla pur ce n'è.

Con calci, schiaffi e pizzichi

mi vendico per Bacco:

ne voglio far tabacco!

Li scortico, li sgozzo,

li strozzo, per mia fé.

Già so che l'ombra mia dentro la vicaria

ha da finir per te.

(parte)

Tammaro ->

 

Scena undicesima

Donna Rosa, Emilia, indi Lauretta e detto.

<- Emilia

 

IPPOLITO

Emilia, sei contenta?  

ROSA

Allegramente superato è l'impegno

EMILIA

E pure il cor sento tremarmi ancora.

 

<- Lauretta

LAURETTA

(affannata)

Guai co' la pala: poveretto noi!  

ROSA

Cos'è.

LAURETTA

Quella sciocchissima di Cilla

vi ha veduti dal buco della chiave

vestiti in questa foggia ed a suo padre

il tutto ha riferito.

 

Scena dodicesima

Calandrino e detti.

<- Calandrino

 

CALANDRINO

Salute a lor signori, è morto l'asino.  

ROSA

Maledetto destin!

EMILIA

Sorte spietata!

LAURETTA

Bisogna rimediar.

CALANDRINO

Bisogna dare or qui

un potente sonnifero al padrone,

più facilmente allora

io potrò Cilla avere;

e dormendo il padrone,

voi potrete di Emilia

meglio disporre e consolar Ippolito.

IPPOLITO

Tutto va bene; ma con quale industria

farai al tuo padrone

tracannar la bevanda?

CALANDRINO

Ho già pensato.

Socrate dal senato

fu condannato a bere

la cicuta spremuta in un bicchiere.

Noi lo stesso diremo al nostro Socrate,

anzi di più farò, che mastro Antonio

vada da certi miei fidati amici,

che travestir farò da Senatori,

come venuti dalla Grecia, e questi

gli daran la bevanda,

acciò Socrate nostro la riceva

per mano di Platone, e se la beva.

ROSA

Purché riesca, la pensata è buona.

LAURETTA

Signorina, cos'è? Non vi movete?

Andiamo da papà.

EMILIA

E con qual volto

posso a lui presentarmi? egli la trama

tutta scovrì.

LAURETTA

Ma nulla sa di voi.

EMILIA

Se no 'l sa, lo saprebbe:

l'istesso mio rossor mi accuserebbe.

 
[Aria]

 N 

Dal mio rimorso atroce  

con barbaro tormento

tutta nel sen mi sento

l'anima lacerar.

Tu l'innocenza mia,

crudel tiranno Amore

volesti nel mio core,

perfido, avvelenar.

 
(parte con Lauretta)

Emilia, Lauretta ->

 

Scena tredicesima

Donna Rosa, Lauretta, Emilia che resta indietro, Ippolito e poi Calandrino, detti.

<- Tammaro

 
Recitativo

ROSA

Ah, ferma... dove vai, marito mio?  

TAMMARO
(a donna Rosa e Ippolito)

Longe, longe da me. Profanatori

d'ombre vaganti e di demoni illustri.

ROSA

Ah cuor mio, non ti sdegni

un picciol scherzo che da noi si fece.

Un colpo più funesto

ti prepara a soffrir.

IPPOLITO

Che giorno è questo!

TAMMARO

Ma che cos'è? Parlate.

ROSA

Ecco Simina che vien: parla con esso.

CALANDRINO

Prendi, maestro mio, l'ultimo amplesso.

TAMMARO

Ultimo amplesso! Come?

CALANDRINO

Oh dio! Si tratta della tua salute,

per decreto degli undici di Atene.

TAMMARO

E questo è il male?

CALANDRINO

Sì, per certe accuse

che dalli sacerdoti e dalli musici

in Atena tu avesti:

e come commerciante col demonio,

e com'empio omicida del buon gusto

e della dolce musica,

ti condannò l'Aeropago a morte.

Socrate, impallidisci?

TAMMARO

Oh! Che sproposito!

Noi socrati la morte

ce la mangiamo appunto

come pizze e ricotta.

CALANDRINO

Oh filosofo eccelso!

TAMMARO

Che cosa è questa vita?

È quel che non ci è più, quando è finita.

IPPOLITO

D'animo grande!

TAMMARO

E tu, Xantippe, giacché non volesti

bagnarmi mai in vita,

in quest'ora funesta

versami almen quell'orinale in testa.

CALANDRINO

Non è più tempo. Mira

quei giudici di Atene con Platone,

che già portan la tazza col veleno.

 

<- Lauretta, Emilia, Cilla

ROSA, IPPOLITO, LAURETTA E EMILIA

Ahi, vista atroce! Più soffrir non posso!  

(alzando la voce, fingendo dare in un pianto dirotto)

CILLA

Ch'è stato? Maramene! e che bolite farme

afferrà la vermenara?

TAMMARO

Oh dèi!

CALANDRINO

Coraggio. Il vecchio Socrate

sai che morì ridendo e la sua gloria

maggior divenne allora.

TAMMARO

E bene: rideremo noi ancora.

 

Scena quattordicesima

Mastro Antonio, che con passo grave porta la coppa col veleno, accompagnato da due vestiti da Giudici di Atene e detti, che restano in diverse situazioni tragiche.

<- Antonio, due finti giudici

 
[Finale II]

 N 

 

ANTONIO

Maestro, a te la Grecia  

manna sta paparotta:

che pozza fa' na botta

chi l'ha mannata ccà.

CALANDRINO

Ridete...

TAMMARO

(ridendo sforzatamente)

Ah ah ah...

La Grecia assai mi onora,

son grazie che mi fa.

CALANDRINO

Via: non ti muovi ancora?

Non ti mostrar codardo.

ANTONIO

Via zuca mio ch'è tardo:

già, figlio, haje da schiattà.

TAMMARO

Son pronto... eccomi qua.

CALANDRINO

Ridete...

TAMMARO

Ah ah ah...

prendo la tazza, Atene,

si serva il tuo desìo...

Femine... amici... addio...

Asino nacque Socrate,

asino morirà.

(beve con vari torcimenti di bocca)

ROSA, EMILIA, LAURETTA, IPPOLITO, CALANDRINO E ANTONIO

Ah! Fiera vista orribile!

Il caso è fatto già!

CILLA

E zitti: ca li sùrece

farissevo schiantà.

TAMMARO

Asino nacque Socrate,

asino morrà.

(rimette la tazza sulla sottocoppa e si abbandona sopra una sedia, coprendosi il volto con un panno; tutti restano afflitti e immobili nelle diverse loro situazioni tragiche)

ROSA, EMILIA, LAURETTA, IPPOLITO, CALANDRINO E ANTONIO

Che nero giorno è questo!

Che caso disperato!

Che rio destin funesto!

Che doloroso fato!

Tutto è spavento e tutto

lutto, mestizia e orror!

TAMMARO

Uh! Che caldo io sento in petto...

CALANDRINO

Via, portatelo sul letto...

(vengono due servitori)

<- due servitori

TAMMARO

Già la testa... mi si aggrava...

ANTONIO

Ca la zosa è stata brava.

TAMMARO

Simia mio, ti lascio un bacio,

per conferma... del mio amor.

CALANDRINO

(fingendo di piangere)

Ah che un pane senza cacio

oggi resto... mio signor.

TAMMARO

Questo amplesso... e questo addio...

mio Platon... ricevi tu.

ANTONIO

Muore priesto, mastro mio...

Non nce affriggere de chiù.

(si addormenta ed è condotto via dai servi, accompagnato anche da due finti giudici)

TAMMARO

Donne... amici... a rivederci.

Mio Xantippe, al tuo comando...

L'orinal ti raccomando

che sia pieno... fino su...

(tutto questo restante di finale con voce dimessa, ma spinta e menata fuori da tutta la rabbia)

 

Tammaro, due servitori, due finti giudici ->

ANTONIO

Via mo: quetatevi: salute a buje.  

Si è muorto Socrate, nce stammo nuje,

che ghiammo a barra co la virtù.

ROSA

(piangendo)

Birbante succido, vanne in malora!

IPPOLITO

Adesso sfratta...

EMILIA

Cammina fuora...

ROSA

Zitto...

IPPOLITO

Ammutisci...

EMILIA

Va' via di qua...

LAURETTA E CALANDRINO

Ballate topi, che dorme il gatto.

CILLA

'Gnu pa', ch'è stato?

ANTONIO

Che v'aggio fatto?

EMILIA

Delle mie pene tu sei cagione:

né più il mio core soffrir ti sa.

IPPOLITO

Tu il mio tormento fosti, briccone:

t'odia quest'anima e ti odierà.

ANTONIO

'Gnor sine: avite vuje mo ragione!

È muorto Socrate: che nc'haje da fa'?

CILLA

'Gnu patre, e sònale no scoppolone.

Sto si' don Cuorno che bo' da ccà?

ROSA

Olà, Lauretta, dammi un bastone:

vo' terminarla, non ci è pietà.

LAURETTA E CALANDRINO

(a donna Rosa)

Non fate strepito per il padrone.

(a mastro Antonio e a Cilla, che altri non sentano)

Non dubitate: per voi son qua.

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Camera.

Lauretta, Cilla, Calandrino
 

Lauretta: conduci pur costei

[Terzetto]

Cilla, Calandrino e Lauretta
Si na femmena ve dice
Calandrino
Lauretta, Cilla ->
 
Calandrino
<- Rosa, Ippolito

Signor bibliotecario

Calandrino, Rosa
Ippolito ->
Calandrino, Rosa
<- Tammaro

Tammaro... / Tammaro! Che Tammaro?

[Aria]

Rosa, Tammaro
Calandrino ->
Rosa, Tammaro
<- Emilia, Lauretta, Calandrino

Vieni, Ippolito, vieni, Emilia è tua

Rosa, Tammaro, Emilia, Lauretta, Calandrino
<- Ippolito

Signora. Ah l'alma mi manca!

Rosa, Tammaro, Emilia, Lauretta, Calandrino, Ippolito
<- Antonio

Jammo mazza franca?

[Aria]

Rosa, Emilia, Lauretta, Calandrino, Ippolito, Antonio
Tammaro ->

Ora su, cammarata

[Aria]

(Ippolito prende a calci mastro Antonio e lo seguita dentro la scena)

Rosa, Emilia
Antonio, Ippolito, Calandrino, Lauretta ->
Rosa, Emilia
<- Ippolito, Calandrino, Lauretta

Ebbene Emilia mia

Calandrino, Lauretta
Rosa, Ippolito, Emilia ->
Calandrino, Lauretta
<- Tammaro, Antonio

Ma veramente fosti bastonato?

Lauretta, Antonio
Calandrino, Tammaro ->

Addo' vaje, mastro Socrate

[Aria]

Antonio, Lauretta ->

Orrida grotta, nella quale si introducono poche liste di luce da qualche apertura; metà del prospetto contiene un rustico muro con gran porta di vecchie tavole, fermate da un chiavistello; l'altra metà del prospetto viene formata da archi tagliati nel sasso.

Tammaro, Calandrino, furie
 

[Aria]

[Coro]

Coro di Furie, poi Tammaro
Chi tra quest'orride

(le furie ballano intorno a don Tammaro, scuotendo le loro faci)

 
Tammaro
furie, Calandrino ->

(scoppia un tuono preceduto da un lampo e si riempie la scena d'infinite stelle volanti: si spalanca la porta del prospetto e sopra piccola macchinetta, formata a guisa di un carro, si ritrovano donna Rosa da ombra di Cicilia, adornata di fiori, e Ippolito bizzarramente vestito da demonio)

Tammaro
<- Rosa, Ippolito

[Duetto]

[Aria]

Rosa, Ippolito
Tammaro ->
Rosa, Ippolito
<- Emilia

Emilia, sei contenta?

Rosa, Ippolito, Emilia
<- Lauretta

Guai colla pala: poveretto noi!

Rosa, Ippolito, Emilia, Lauretta
<- Calandrino

Salute a lor signori, è morto l'asino

[Aria]

Rosa, Ippolito, Calandrino
Emilia, Lauretta ->
Rosa, Ippolito, Calandrino
<- Tammaro

Ah, ferma... dove vai, marito mio?

Rosa, Ippolito, Calandrino, Tammaro
<- Lauretta, Emilia, Cilla

Ahi, vista atroce! Più soffrir non posso!

Rosa, Ippolito, Calandrino, Tammaro, Lauretta, Emilia, Cilla
<- Antonio, due finti giudici

[Finale II]

Rosa, Ippolito, Calandrino, Tammaro, Lauretta, Emilia, Cilla, Antonio, due finti giudici
<- due servitori
 
Rosa, Ippolito, Calandrino, Lauretta, Emilia, Cilla, Antonio
Tammaro, due servitori, due finti giudici ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima
Cortile con una scala praticabile da un lato e dall'altro porta che introduce al giardino. Solitario ritiro con qualche fontana. Sotterraneo, o sia cantina, destinata per la scuola di Socrate; in fondo di essa, rustica scala per la quale... Camera. Orrida grotta, nella quale si introducono poche liste di luce da qualche apertura;... Anticamera con lumi. Camera nobile; sofà con padiglioncino alla turca.
[Sinfonia] [Sestetto] [Sestetto] [Aria] [Aria] [Aria] [Duetto] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Finale I] [Terzetto] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Aria] [Coro] [Duetto] [Aria] [Aria] [Finale II] [Duetto] [Notturno] [Quartetto] [Duetto] [Finale III]
Atto primo Atto terzo

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