Atto quinto

 

Scena prima

Villa deliziosa di Paride.
Ennone.

Bozzetti

 Q 

Ennone

 

O Paride amato,  

che lunghe dimore,

da me slontanato

per tante, e tant'ore,

io son tutto ardore,

né arrivo in che loco

mio foco

si sta,

e dove sarà;

ohimè

non so che

di mesto, e infelice

a quest'alma dolente il corpo predice.

Pur questo è il soggiorno

dell'idolo mio,

nemmeno qui intorno

vederlo poss'io,

né intender, oh dio,

pur dove si trova,

chi nuova

ne dà

e dove sarà;

ohimè

non so che

di mesto, e infelice

a quest'alma dolente il cor predice.

 

Scena seconda

Filaura, Ennone, Momo.

<- Filaura

<- Momo

 

FILAURA

O figlia o figlia mia.  

ENNONE

E che porti o nutrice?

FILAURA

Novella la più ria,

che ti possa arrivar; già s'è imbarcato

il tuo Paride amato.

ENNONE

Come? Quando? Perché?

MOMO

Per quello, che poc'anzi

(ma a tempo) io n'avvisai,

e voi non lo credeste,

perché a quei, che si vede

sotto povera veste,

non si dà molta fede.

ENNONE

Dunque è ver che mi sprezzi?

Mi fugga? E m'abbandoni?

Dove, dove, dov'è?

Voglio che senta almeno

i rimproveri miei.

FILAURA

Deh ferma il piè,

che a tempo più non sei.

ENNONE

Dunque è partito?

MOMO

È dal lido sparito in un momento,

che lo portava il vento.

ENNONE

Così tradisce ahimè

il mio amor, la mia fé?

 

MOMO

Imparate in avvenire  

a sentire,

ad a creder quel, ch'è detto

da chi schietto

è di lingua, e cor sincero;

io son Momo

galantuomo,

dico mal, ma dico il vero.

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ENNONE

O perfido, e ingrato,  

spergiuro, infedele,

spietato,

crudele,

rivolgiti in qua,

se a pieno contenta

vuoi pur, che si senta

la tua crudeltà.

Rivolgi la prora,

ritornane in Ida,

ch'io mora,

m'uccida,

tu brami, ch'io 'l fo;

tuo crudo desire

vedermi morire

altrove non può.

Ma l'anima stanca

nel lungo tormento

già sento,

che manca;

o morte soave

in pena sì grave

mio solo

ristoro,

già moro;

e dal duolo

a prender respiro

me n' volo

al tuo seno,

già vengomi meno,

già l'anima spiro.

 

FILAURA

Ohimè, che s'è svenuta.  

MOMO

Oh meschinella.

FILAURA

Presto Momo m'aiuta.

MOMO

Son pronto, oh com'è bella.

FILAURA

Andiamola a spruzzare

alla fonte vicina.

MOMO

Per farla ritornare

saria meglio condurla a una cantina.

Momo, Ennone, Filaura ->

 

Scena terza

Giunone in una nube oscurissima, Giove sopra l'aquila, che sopraggiunge.

<- Giunone

<- Giove

 

GIUNONE

E ancor invendicata  

per l'eterea campagna

Giunon tant'oltraggiata invan si lagna?

Che mi vale aver fratello,

e consorte il sommo Giove;

mentre il foco a me rubello

a' miei cenni non si muove?

Dunque Paride impunito

resterà d'opra sì ria?

E Nettuno è tanto ardito,

che l'invola all'ira mia?

GIOVE

Tempra gli sdegni omai,

e dell'arbitro d'Ida

t'acquieta alla sentenza.

GIUNONE

È troppo ingiusta.

GIOVE

A che tanta doglienza

sol per un pomo d'oro?

Mentre tutto possiedi

dell'empirea magion l'ampio tesoro?

 

GIUNONE

Il pregio di beltà  

col pomo anche si diè

e Venere di me

più bella si dirà?

Questo poi no,

giammai non soffrirò.

GIOVE

Abbia pur la pretensione

d'una simil vanità

chi non ha,

né può aver altr'ambizione,

ma Giunone

altri vanti aver ben déi,

mentre mia suora, e mia consorte sei.

GIUNONE

Tra le dive più sublimi

ben lo vedo,

ch'io possiedo

su nel cielo i posti primi,

ma che vale,

se rimessa

son io stessa

all'arbitrio d'un mortale?

GIOVE

Ei da me fu deputato.

GIUNONE

Senza questo ei non ardiva.

GIOVE

A mio nome ha giudicato.

GIUNONE

L'ingiustizia a te s'ascriva.

Giudicar retto, e sincero

tu dovevi fra gli dèi,

né sgravarti del pensiero,

e dell'obbligo, in che sei.

È d'un grande un grand'errore

il rimettersi ad altrui

d'un affare, ch'è il maggiore

possa aver ne' regni sui.

 

GIOVE

Quando vedrò cessare  

nel turbato tuo sen sì gran tempesta

mi riserbo a parlare; intanto resta.

Giove ->

 

GIUNONE

Vanne pur, che se Giove  

oggi per me non sei,

poco grato riesci agl'occhi miei;

ma già che in ciel, né in terra

la giustizia per me non ha più loco,

poiché l'acqua, ed il foco

negan anche di far le mie vendette,

vo nell'etereo regno

oltraggiata deità sfogar lo sdegno.

 

D'un fosco velo  

l'aria s'ingombre,

di nubi, e d'ombre

coprasi il cielo...

(s'annuvola)

 

E 'l nume di Delo

i raggi più puri

oscuri

del giorno,

intorno

risuoni

il gemito,

e 'l fremito

d'orribil tuoni.

(si sentono tuoni)
 

Scena quarta

Momo, Giunone come sopra.

<- Momo

 

MOMO

Olà diva, che fai?  

Vuoi forse tempestar?

Adunque tu non sai

la tua rabbia sfogar in altra guisa?

Che gran vendetta; ah ah scoppio di risa.

 

GIUNONE

Dell'aria i campi  

già son in armi,

a vendicarmi

turbini e lampi...

(si vedono lampi e saette)

 

Il cielo s'avvampi

si porti alla terra

la guerra

su presti,

e resti

pur tutto

dal torrido,

ed orrido

mio sdegno distrutto.

Giunone ->

(comincia il temporale di pioggia e grandine)
 

MOMO

Venga pur fiera tempesta;  

che di questa

io non ho punto paura,

la mia lingua m'assicura;

che non dèi, se in zucca hai sale,

stuzzicarmi a dir del male.

 
(cresce il temporale)
 

Ma che fai rabbiosa diva?  

Già m'arriva

la tua pioggia tutta addosso,

e sebben scampar io posso

con salvarmi sotto un tetto,

qui vo stare a tuo dispetto.

Fa' pur su, fa' quanto sai,

che giammai

non vo' togliermi di qui,

quando bene tutto un dì

tu piovessi anche dei sassi,

non mi muovo di due passi.

Par che il ciel voglia cadere,

e le sfere

si disfaccian tutte in pioggia;

segui pure in questa foggia

o Giunone ad ammollarmi;

ch'ho ben io dove rifarmi.

A nessun io la perdono,

Momo sono,

il flagello dei più grandi;

sovra me pur l'acqua spandi,

che dopo i' con lo stil mio

saprò ben sciacquarti anch'io.

 

 

Il diluvio è cessato, ed io più duro  

di Giunone son stato;

pria che vedermi muovere,

è convenuto a lei restar di piovere;

ma quanto, oh quanto male

ha fatto il temporale; ecco caduta

di Paride la pena,

sovra il suo bel soggiorno, ecco abbattuta

la sua pompa sì amena, ecco distrutta

ogni delizia sua più vaga, e bella,

e così appunto va,

quei, che il mondo non ha

da batter il caval, batte la sella.

Momo ->

 

Scena quinta

Ennone sola.

<- Ennone

 

Amante disprezzata,  

ed offesa,

e schernita,

e tradita,

e abbandonata,

e che pensi, e che fai,

forse sperando vai,

che pentito anche un giorno

a te faccia ritorno

colui, che ti sprezzò,

ti schernì,

ti tradì

t'abbandonò?

Ah no, no, no, no,

altra speme non resta

in così dura sorte,

che finir

il martir

con la mia morte.

Lo strale pungente,

che cura sovente,

e dolce diporto

mi fu ne' primi anni,

il solo conforto

anch'oggi mi sia,

che quest'anima mia

levi d'affanni.

Se già tra le selve

feriva le belve,

più cruda è la fiera

che annido nel petto,

trafiggasi, e pera

con questo mio cor

quell'empio traditor,

che v'ha ricetto.

 

Scena sesta

Aurindo, Ennone.

<- Aurindo

 

AURINDO

Ferma mia vita...  

ENNONE

Oh dio,

e che nel viver mio

mi prolunga il morire?

AURINDO

Un tuo costante

tanto fedel, quanto infelice amante.

ENNONE

Lasciami questo strale.

AURINDO

Io ben lo lascerò,

quando voglio però

il suo colpo mortale

volger contro di me.

ENNONE

Lascia, se m'ami,

lascialo, se tu brami

far pago il mio desire.

 

Scena settima

Filaura, Ennone, Aurindo.

<- Filaura

 

FILAURA

No, no, lasciala dire,  

tienlo Aurindo pur forte,

che non sia dia la morte,

sì sì tienlo pur stretto,

che tu sii benedetto, oh come appunto

a tempo qui sei giunto.

ENNONE

E tu ancor, o nutrice,

vieni d'un infelice

a disturbar la pace?

FILAURA

Anzi darla vorrei,

ma, come tu la cerchi, a me non piace,

già colui se n'è andato

a cercar altri amori,

né creder, che se mori,

ei ti resti obbligato.

ENNONE

Io più non curo

quel perfido spergiuro,

voglio solo finire

con una breve morte

un continuo morire.

FILAURA

Credimi figlia mia,

che quanto all'ammazzarsi è una pazzia.

Lascia andar chi se ne va,

ed attendi a quel che viene,

so che Aurindo ti vuol bene,

ed ancor te ne vorrà,

onde d'altro non sarà,

ma tuo sempre tutto, tutto;

tempo è di dargli del suo amore il frutto.

ENNONE

Ah Paride spietato, e ben si vede,

che da un'orsa crudel, fosti allevato.

FILAURA

Or pensar più non si dée

a quel Paride incostante,

ma trovarsi un altro amante,

che ti serbi amore, e fé;

tal Aurindo sai ch'egl'è,

onde tuo sempre sia tutto;

tempo è di dargli del suo amore il frutto.

AURINDO

Se gradire non vuoi

il mio sincero affetto,

eccomi a' piedi tuoi

per trapassarmi il petto,

la sentenza n'aspetto,

ch'o di morte, o di vita,

pur che venga da te, mi sia gradita.

 

ENNONE

Ti cedo.  

AURINDO

E che vedo?

ENNONE

M'arrendo.

AURINDO

Che sento?

Aurindo contento

o cieli, che intendo?

ENNONE E AURINDO

Un core

in amore

fedele,

costante

può rendersi amante

un'alma crudele.

 

Scena ottava

Momo, Ennone, Aurindo, Filaura.

<- Momo

 

MOMO

Buon pro vi faccia amici,  

Aurindo ora che dici?

E non ti sottoscrivi

alla sentenza mia,

che attendere si deve a star tra i vivi;

se dianzi t'affogavi,

a quel, che giunto sei, non arrivavi.

FILAURA

Dopo aver ben diluviato

piogge il ciel, e gl'occhi pianti,

ecco alfin pur'è arrivato

il seren de' nostri amanti.

 

ENNONE, FILAURA, AURINDO E MOMO

O voi che penate,  

o voi che languite,

soffrite,

sperate,

che alfin la mercede

riportano in amor costanza, e fede.

Ennone, Filaura, Aurindo, Momo ->

 
 

Scena nona

Piazza del castello di Marte col suo palazzo nel prospetto e nel mezzo una torre isolata. S'apre il cielo, ove nel suo trono si vede assiso maestosamente Giove con l'aquila ai piedi Giunone vicino a lui, Pallade ed un coro numeroso di varie Deità.
Giove, Giunone, Pallade, coro di Dèi.

Bozzetti

 Q 

<- Giove, Giunone, Pallade, varie deità

 

GIOVE

E per un pomo d'oro  

di così lieve pondo

andar dovrà tutto sossopra il mondo?

E Pallade, ch'è parto

della testa di Giove,

per sì debol cagion tant'armi muove?

PALLADE

L'ingiustizia evidente

oltraggiando la terra, offende il cielo,

onde di giusto zelo

s'armano contro lei

non meno de' mortali anco gli dèi.

GIUNONE

Se per zelo del giusto,

che chiede vendicarmi,

arma Pallade sol, giuste son l'armi.

PALLADE

Alla giustizia intendo

di servir ancor'io,

mentre quello, ch'è mio,

a chi, me l'usurpò, toglier pretendo.

 

GIUNONE

Per propri interessi  

armata tu sei?

PALLADE

Astrea son gl'istessi

i dritti, che i miei.

GIUNONE

Il pomo è un tributo,

che venne a Giunone.

PALLADE

E solo dovuto

a me di ragione.

GIUNONE

Io sono regina.

PALLADE

Io Pallade armata.

GIUNONE

Il tutto m'inchina.

PALLADE

Io sono adorata.

GIUNONE

Chi meco contrasta?

PALLADE

Or or lo vedremo.

GIUNONE

Non stimo quell'asta.

PALLADE

Tuo scettro non temo.

 

GIOVE

Olà figlia, e consorte, olà che sento?  

Come tal ardimento

del gran tonante al riverito soglio?

Di sì fiera tenzon

la malnata cagion sopprimer voglio.

 
Giove fulmina la torre della fortezza, e la fa cadere.
 

 

L'erario ecco atterrato  

del vostro sì stimato

controverso tesoro;

vanne, o ministra mia,

ritrova il pomo d'oro, e a me si dia.

 
(l'aquila vola dal cielo tra le rovine della torre)
 

Quei che vuole in tempo breve  

risanar ogni gran male,

pria che rendasi mortale,

la cagion toglier ne deve.

 
(ritorna l'aquila a Giove col pomo nel rostro)
 

 

Così le vostre risse  

per tanta, e sì gran lite

emulatrici dèe saran finite.

 

GIUNONE

La lite finirà, se l'aureo pomo  

a Giunon si darà,

s'aspetta a me

d'altri certo non è.

Insieme

PALLADE

La lite finirà, se l'aureo pomo

a Palla si darà,

s'aspetta a me

d'altri certo non è.

 

PALLADE

Padre...

GIUNONE

Germano, e sposo...

GIUNONE

Questi son pregi miei;

fanne veder; che sei giusto, e amoroso.

Insieme

PALLADE

Questi son pregi miei;

fanne veder; che sei giusto, e pietoso.

 

PALLADE

Son tua figlia...

GIUNONE

Io sorella...

PALLADE

Del tuo ciel...

GIUNONE

Del tuo letto...

GIUNONE E PALLADE

La delizia più bella.

PALLADE

Mio caro...

GIUNONE

Mio diletto...

PALLADE

Padre...

GIUNONE

Germano, e sposo...

GIUNONE

Questi son pregi miei;

fanne veder; che sei giusto, e amoroso.

Insieme

PALLADE

Questi son pregi miei;

fanne veder; che sei giusto, e pietoso.

 

Scena decima

Venere sopra il suo carro salisce dalla fortezza al cielo.
Giove, Giunone, Pallade, Venere, coro di Dèi.

<- Venere

 

VENERE

O cielo ov'è la fede? E la sentenza,  

che giustamente diede

un Paride sì retto,

che per arbitro eletto

fu dall'alto tonante,

or ritrattar si deve?

Così dunque di lieve, ed incostante

(ah stravaganze nuove)

condanni il tuo giudizio, o sommo Giove?

GIOVE

Voglio rendervi tutte

soddisfatte egualmente,

vincitrici, e contente.

GIUNONE

E come?

PALLADE

Ed in che modo?

VENERE

Ed in che forma?

GIUNONE, PALLADE E VENERE

No, no, Giove no, no,

questo dar non si può.

GIOVE

Voglio, che si riserbi

il controverso pomo alla maggiore,

e più grande eroina,

che il grand'occhio del sole

sia per veder giammai; consorte, e prole

de' più chiari, e sublimi,

che devan sostenere

di due gran monarchie gli scettri primi;

in questa ammirerai

le tue glorie, o Giunone,

per le tante corone

che l'ingemmato crine, e nel suo spirto

le tue doti divine

o Pallade dal fato

contemplar ti sia dato;

e nella sua bellezza

goderai di vedere

bella madre d'Amore

le tue sembianze vere.

GIUNONE

E in questa uniti

si vedran tanti pregi?

GIOVE

A questa, che sarà d'invitti regi,

di monarchi, e d'augusti

augustissima sposa, e madre, e figlia,

sì saggia, e spiritosa,

e bella a meraviglia

serbando il pomo d'oro, alfine spente

saran tante contese,

e voi tutte contente

d'averne conseguite

le bramate vittorie,

che se le vostre glorie

in lei saranno unite,

può ciascuna di voi

dir, che coi pregi suoi vinse la lite.

GIUNONE, PALLADE E VENERE

E come esser potrà, che mai si veda?

GIUNONE

Tal grandezza?

PALLADE

Tal senno?

VENERE

E tal beltà?

GIOVE

Or tu de' miei decreti

alata esecutrice

conserva l'aureo pomo

a quell'età felice,

in cui per secondar d'augusti, e regi

una stirpe immortale

l'aquila imperiale ai dolci rai

di sì gran eroina arder vedrai;

ch'è sol dovuto a lei

questo premio divino;

s'apran pur del destino

ne' celesti musei gl'occulti arcani,

che d'ammirar son vago

prima dell'avvenir sì bella imago.

 
Giove ritrattosi a destra, e Giunone a sinistra s'aprono le stanze del fato, che dilatandosi in una gran lontananza vi si vedono l'effige di s. m. c. e dell'imperatrice con numerosa prole ed all'intorno tutte l'immagini degl'imperatori, re, ed altri principi dell'augustissima casa d'Austria.
 

GIUNONE

E che veggio?  

PALLADE

E che miro?

VENERE

E che stupida ammiro?

GIOVE

Ecco là tra l'idee

degl'austriaci regnanti

quella, che deve, o emulatrici dèe,

tutte nelle sue glorie

unire i vostri vanti; oh come godo

vederla in santo nodo

congiunta al gran Leopoldo

per arricchir l'Europa

de' più famosi eroi,

che si pregi la fama

portar dai lidi esperii ai regni eoi,

contemplate, e stupite,

e insieme riverite

la cagione verace,

che unir sola vi può con dolce pace.

 

GIUNONE

Che maestà?  

PALLADE

Che spirto?

VENERE

E che vaghezza?

GIUNONE, PALLADE E VENERE

Magnanima eroina...

GIUNONE

Riverente Giunone a te s'inchina,

ed il pomo ti cede.

Che di te non si vede

né giammai si vedrà...

VENERE

E Venere devota a te s'inchina,

ed il pomo ti cede.

Che di te non si vede

né giammai si vedrà...

Insieme

PALLADE

Pallade ossequiosa a te s'inchina,

ed il pomo ti cede.

Che di te non si vede

né giammai si vedrà...

 

GIUNONE

Di stirpe, e di grandezza...

VENERE

Di grazia, e di beltà...

PALLADE

Di senno, e di valore...

GIUNONE, PALLADE E VENERE

Meraviglia maggiore.

GIUNONE, PALLADE, VENERE E GIOVE

Non può sott'uman velo...

GIOVE

La più...

GIUNONE

Grande...

VENERE

Bella...

Insieme

PALLADE

Saggia...

 

GIOVE

Di te formare il cielo.

 

GIUNONE, PALLADE E VENERE

Onde non si discordi,  

ma nelle glorie tue siamo concordi.

GIOVE

Dée ben sperar il mondo

il tranquillo seren d'un secolo d'oro

da quei benigni lumi,

se può l'immagin loro

placar il cielo, e concordare i numi.

GIUNONE, PALLADE E VENERE

Gioiscan dunque a queste nostre paci

de' rai di sì bel sol chiari trofei.

GIUNONE

Gl'aerei spirti miei.

PALLADE

Di Pallade i seguaci.

VENERE

E di quell'acque,

ove Venere nacque,

i più leggiadri mostri.

GIUNONE, PALLADE E VENERE

Così ai giubili nostri

si vedran festeggiare

l'aria, la terra, e 'l mare.

 

GIOVE

Per sì lieto accidente  

come tutte contente

belle dive voi sete,

del secolo felice,

che il destin ne predice,

anche godete.

Ecco tutto svelato

quest'arcano del fato,

di sì lieti imenei

ecco i bramati frutti;

ne festeggino tutti

oggi gli dèi.

 

UNO DEL CORO

Sì, sì giubiliamo

godiamo,

è ben giusto,

che ognor più vivace

di germi ferace

sia l'albero augusto

su l'Istro regnante,

che Atlante

più degno

esser deve del ciel l'alto sostegno.

PALLADE E VENERE

O bell'età, che da quel sen fecondo

propagata vedrà l'austriaca prole.

GIUNONE

Onde delle sue glorie al più bel sole.

CORO DI DÈI

Si rassereni il ciel, s'illustri il mondo.

 

Giove, Giunone, Pallade, varie deità, Venere ->

 
Si cangia la scena inferiore in una gran piazza di ricchi e superbi edifici col mare nel prospetto. Seguendo nel medesimo tempo tre balli differenti:

Bozzetti

 Q 

spiritelli, cavalieri, sirene, tritoni

di Spiritelli in aria
di Cavalieri in terra
di Sirene e Tritoni in mare.
 

Fine (Atto quinto)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto Atto quinto

Villa deliziosa di Paride.

Ennone
 
Ennone
<- Filaura
Ennone, Filaura
<- Momo

O figlia o figlia mia

(Ennone sviene)

Ohimè, che s'è svenuta

Momo, Ennone, Filaura ->

(Giunone in una nube oscurissima)

<- Giunone

(Giove sopra l'aquila)

Giunone
<- Giove

E ancor invendicata

Giunone e Giove
Il pregio di beltà

Quando vedrò cessare

Giunone
Giove ->

Vanne pur, che se Giove

(s'annuvola)

 

(si sentono tuoni)

Giunone
<- Momo

Olà diva, che fai?

(si vedono lampi e saette)

 
Momo
Giunone ->

(comincia il temporale di pioggia e grandine)

Venga pur fiera tempesta

(cresce il temporale)

(il temporale cessa)

Il diluvio è cessato, ed io più duro

Momo ->
<- Ennone
Ennone
<- Aurindo

Ferma mia vita / Oh dio

Ennone, Aurindo
<- Filaura

No, no, lasciala dire

Ennone e Aurindo
Ti cedo / E che vedo?
Ennone, Aurindo, Filaura
<- Momo

Buon pro vi faccia amici

Ennone, Filaura, Aurindo e Momo
O voi che penate
Ennone, Filaura, Aurindo, Momo ->

Piazza del castello di Marte col suo palazzo nel prospetto e nel mezzo una torre isolata

(s'apre il cielo, con trono si vede assiso maestosamente Giove con l'aquila ai piedi Giunone vicino a lui, Pallade ed un coro numeroso di varie deità)

<- Giove, Giunone, Pallade, varie deità

E per un pomo d'oro

Giunone e Pallade
Per propri interessi

Olà figlia, e consorte, olà che sento?

(Giove fulmina la torre della fortezza, e la fa cadere)

L'erario ecco atterrato

(ritorna l'aquila a Giove col pomo nel rostro)

Così le vostre risse

(Venere sopra il suo carro salisce dalla fortezza al cielo)

Giove, Giunone, Pallade, varie deità
<- Venere

O cielo ov'è la fede? E la sentenza

(s'aprono le stanze del fato, che dilatandosi in una gran lontananza si vedono l'effige di s. m. c. e dell'imperatrice con numerosa prole ed all'intorno tutte l'immagini degl'imperatori, re, ed altri principi dell'augustissima casa d'Austria)

E che veggio? / E che miro?

Giunone, Pallade e Venere, Giove
Che maestà? / Che spirto?

Onde non si discordi

Giove, Coro, Pallade, Venere, Giunone
Per sì lieto accidente
Giove, Giunone, Pallade, varie deità, Venere ->

Si cangia la scena inferiore in una gran piazza di ricchi e superbi edifici col mare nel prospetto

spiritelli, cavalieri, sirene, tritoni
 

(nel medesimo tempo si eseguono tre balli: di spiritelli in aria, di cavalieri in terra e di sirene e tritoni in mare)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima
Teatro della Gloria austriaca, in cui si vedono dipinte, e scolpite l'imprese sue intrecciate con vari... Reggia di Plutone. Reggia di Giove con convito. Selva d'Ida. Cortile del palazzo di Paride. Giardino del piacere. Porto di mare. Bocca d'inferno. Porto di mare con un vascello alla vela. Piazza d'armi. Palude tritonia. Caverna d'Eolo. Valle col fiume Xanto. Arsenale di Marte. Mare. Antiteatro. Cedrara. Tempio di Pallade in Atene. Aerea con la via lattea, e sopra la sfera del foco. Atrio del palazzo di Venere. Fortezza di Marte. Villa deliziosa di Paride. Piazza del castello di Marte col suo palazzo nel prospetto e nel mezzo una torre isolata Si cangia la scena inferiore in una gran piazza di ricchi e superbi edifici col mare nel prospetto
Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo Atto quarto

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