Atto secondo

 

Scena prima

Svanisce il giardino, ed appare l'atrio reale.
Erisbe, Mirinda.

 Q 

Erisbe, Mirinda

 

ERISBE E MIRINDA

Auree trecce inanellate  

che non fate?

Voi rendete concordi

con tenaci legami alme discordi.

Auree trecce inanellate,

che non fate?

Bella bocca con sue note

che non pote?

Con melata catena

sino i rivali unisce, e l'ire affrena.

Bella bocca con sue note

che non pote?

A trionfi è sempre avvezza

la bellezza.

Soave tirannetta

sforza allettando, e nel sforzar diletta.

A trionfi è sempre avvezza

la bellezza.

 

ERISBE

Di discordie gelose  

spensi gl'accesi sdegni,

e sotto duro giogo di diamante

accordai pure, e l'uno, e l'altro amante.

 

Scena seconda

Amida, Erisbe, Mirinda.

<- Amida

 

AMIDA

Dove mia bella aurora  

a scolorar te n' vai

con i begl'occhi arcieri,

che saette di luce

scoccano ad or, ad or dagl'archi neri.

Con quei begl'occhi ardenti,

del cui vivace ardore

pirausta alata è l'augellin d'amore.

ERISBE

Sulle riviere amene

dell'ocean m'invita

oggi solenne pompa

vita della mia vita?

Ma che ragioni tu degl'occhi miei?

Gl'encomi, ch'a lor dai sono de' tuoi

in cui l'anima mia, lassa, perdei.

AMIDA

Ne' miei tu la perdesti?

Oppure in quei d'Ormindo

ohimè la riponesti?

ERISBE

Ama, ch'amato sei,

né mescer con il nettare d'amore

l'amarissimo fele,

di gelosia crudele.

 

Scena terza

Erice, Sicle, Melide, Amida, Erisbe, Mirinda.

<- Erice, Sicle, Melide

 

ERICE

Vedi là l'infedele, e la sua vaga.  

AMIDA

Un duro freno al mio pensier tu poni.

SICLE

Oggetto doloroso,

vista funebre, ohimè, Melide.

MELIDE

Ardita

inoltrati, e discopri

al cospetto d'Erisbe

i tradimenti suoi.

SICLE

O neghittosi fulmini, che fate?

Lo spergiuro abbruciate.

De' tuoi dolci desiri

bellissima regina

ogni mente il suo cerchio amica giri,

non ti miri giammai

il lume invido, bieco

del maligno Saturno, il ciel sia teco.

ERISBE

Vo', che spieghino Amida i nostri casi

quest'egizie vaganti,

che di vere presaghe

si dan titolo, e vanti.

AMIDA

Consenti, che primiero

intenda mie venture,

s'a lor sia noto il vero,

udirai, che diranno,

tu vivi per amore in grave affanno.

SICLE

Perché di basilisco

non ho il guardo letale

per uccider l'indegno, il disleale?

AMIDA

Qual è di voi più dotta in sulla mano

di palesare le fortune altrui?

ERISBE

La più antica esser deve.

ERICE

Vaghezza mai d'indovinar non ebbi.

Altr'arti più profonde, e più nascoste

appresi da fanciulla, e in loro crebbi.

SICLE

Non solo della mano, e della fronte

i caratteri, i segni,

le linee, e i punti, io sono

a interpretare avvezza,

ma con maggior certezza

collocando i pianeti,

con l'immagini fisse

entro dodici case,

ch'il zodiaco comprendono, del nato

soglio predir l'inevitabil fato.

So con linee retrograde de' punti,

nell'arena con l'indice formate

in sembianza di fiamma,

come già usava il mio sapiente Egitto,

pure di punti fabbricar figure,

in cui chiare vegg'io le cose oscure.

MIRINDA

Come saggia discorre.

AMIDA

Eccoti qui la destra

a tuoi presagi esposta.

SICLE

Ah sconoscente.

La mensale, ch'al monte

dell'indice s'estende

non interrotta, e di color di foco,

tinta infin di livore

crudo guerriero t'addita. Oh traditore.

MELIDE

Il principio mi piace.

ERICE

Udrem ciò, ch'ei ci dirà.

MELIDE

Pensoso tace.

SICLE

Queste linee, che sono

qui nell'angolo destro

di croce in forma intersecate, e quelle,

che del medio vicine alla radice

verso il monte si mirano inclinate

mostrano, ch'infiammate

voglie d'onor guerriero,

pellegrin marziale,

remote region scorrer ti fero,

e ch'in steccato orribile, e mortale

rimanesti aspramente

impiagato nel petto. Ah miscredente.

ERISBE

Quanto ella espone, è vero, Amida?

AMIDA

È vero.

Di gloria alto desio

partir mi fe' da Tremisene, scorsi

i regni mori, e penetrai sin donde

i chiari fonti son delle negr'onde,

e quando in Torodenta

uccisi Asane il forte

il petto mio restò ferito a morte.

MIRINDA

Come chiude costei

sotto acerbetta età scienza verace?

SICLE

Cose vo' dirti più distinte, e chiare.

Dove Giove è locato

figuretta se n' giace a un «D» simile,

questa avvien che rivele

la tua natura perfida, e infedele.

ERISBE

Infedele?

SICLE

Infedele.

AMIDA

Ora tu menti.

SICLE

Malvagio, non rammenti

di quella principessa,

ch'appunto in Torodenta.

ERISBE

Ei si scolora?

SICLE

Cotanto amasti, e poi tradisti ingrato?

Ti punirà Nemesi, o scellerato.

MELIDE

Più placata ragiona.

ERISBE

Udisti?

MIRINDA

Udii.

AMIDA

L'erebo iniquo vomitò costei,

che dirà Erisbe? O dèi.

ERISBE

Vedi come svelate

ha questa egizia le tue frodi indegne,

giurasti pur di non aver l'insegne

seguite mai d'amore,

amante mentitore.

AMIDA

Qual martir cruccioso il cor mi preme?

È bugiarda colei,

non li creder mia speme.

SICLE

Quai note non intese

mormori, che ti dice

regina il fraudolente,

dell'atto empio, e villano

tenta scolparsi invano,

il ver diss'io, che l'arte mia non mente.

Ma, vorrei, se t'aggrada,

alquanto ragionarte

circa gl'affetti tuoi quivi in disparte.

ERISBE

D'udirti avida sono.

AMIDA

Ohimè, che dir le vole

la falsa maga, e ria?

Non l'udir alma mia.

ERISBE

Un tesoro darei

per ragionar con lei.

SICLE

Scostati, qual ardire

regi segreti a penetrar ti sprona,

perverso cavaliero?

Temerario tu sei quanto leggero.

AMIDA

Con qual audacia mi rampogna, e sgrida!

SICLE

S'io non erro, tu adori

quel principe incostante,

quale per ingannarti,

come l'altra già fe', finge d'amarti:

s'al suo mentito amor tu crederai,

senti i miei vaticini,

i precipizi tuoi sono vicini.

Se felice esser brami

opra, ch'Ormindo solo il tuo cor ami.

Al molto, ch'ho da dirti, ho detto poco,

chiede il discorso mio più cauto loco.

AMIDA

Cangiata è in volto Erisbe, e che gli disse?

ERISBE

Nella reggia t'attendo al novo sole,

premi di tue fatiche

sì preziosi avrai,

ch'agl'alberghi natii

ricca d'oro, e di gemme andar potrai.

SICLE

Povera son, ma in seno

brame non chiudo avare,

esser ricca mi pare,

quando tanto possiedo,

ch'alimentare io possa

l'affaticata vita

con le compagne mie.

Io sarò teco il rimanente die.

ERISBE

Partir di qui degg'io,

tu resta, e di colei,

che volubil schernisti abbia pietade,

disdice a nobil cor la crudeltade.

Erisbe, Mirinda ->

 

Scena quarta

Amida, Sicle, Erice, Melide.

 

AMIDA

Perfida maliarda,  

turbatrice crudel de' miei riposi

il tuo ramingo piè mai non si posi:

della patria le stelle

ti neghino il ritorno,

e possa il primo giorno,

che tu calchi deserti

sconvolgere, turbare

Africo irato gli arenosi flutti

per seppellirti entro quei mari asciutti.

SICLE

Ti possa empio.

ERICE

Deh taci.

MELIDE

Si tema il suo furor.

ERICE

Lascia a me dire.

Signor deponi l'ire,

s'innocente costei

ti colmò di cordoglio,

altrettanto giovarti amica io voglio.

Ami questa regina, io me n'avvidi:

farò, che l'otterrai,

nelle braccia l'avrai.

AMIDA

Ah se tanto talento

t'avesse il ciel concesso

di farmi possessore

di colei che possiede

il mio dolente core,

avresti per mercede

quant'oro desiare

può l'istessa avarizia, e satollare.

SICLE

Più soffrir no 'l poss'io, dunque.

MELIDE

Che tenti?

Ferma, che discoprirti or non è tempo.

Lascia ad Erice oprare.

ERICE

S'il mio carme è possente

d'impallidire il sole,

di trar la luna insanguinata a terra,

se le porte disserra

della perduta Dite,

e sforzando la parca

a rifilare i tronchi stami, adduce

ne' corpi i spirti a riveder la luce,

avrà virtude ancora

di porti in braccio il sospirato ardore:

può la magia violentare amore.

AMIDA

Tue promesse son piene

di pregiato ristoro,

speranza mi lusinga, e mi mantiene.

SICLE

È questo, è questo.

MELIDE

Acchetati.

SICLE

Malvagio.

ERICE

Odi, fra quei dirupi inabitati

vicini all'alte mura

che mirano la Libia, oggi verrai

pria, che nel mar Febo si corchi, intanto

io là me n' vado a preparar l'incanto.

AMIDA

Verrò, vanne felice.

Oggi la mia fortuna

mi fe' inciampare in quest'incantatrice.

Amida ->

 

SICLE

Ch'incantesimi, sognasti,  

che malie promettesti al lestrigone?

ERICE

Vien meco, le saprai. Vo', che tu finga.

Erice, Sicle ->

 

Scena quinta

Melide.

 

 

Volevo amare anch'io,  

ma vedo, che chi serve

Amore, ingiusto dio,

riceve in guiderdon doglie proterve,

onde il cor sbigottito

di non innamorarsi ha stabilito.

 

Tendi l'arco a tuo volere,  

scocca pure i strali tuoi,

feri amor quanto tu vuoi

non mi avrai fra le tue schiere.

Tuo poter non temo no,

credi a me non amerò.

Spiritello, del tuo foco

nulla stimo i globi accesi,

nulla curo i lacci tesi,

di te rido, e prendo gioco.

Tuo poter non temo no,

credi a me, non amerò.

L'esser tuo mi è troppo noto,

le tue reti occulte io veggio,

fammi pur, fammi ogni peggio,

le tue insidie andranno a voto.

Tuo poter non temo no,

credi a me, non amerò.

Melide ->

 

Scena sesta

Nerillo.

<- Nerillo

 

Che città, che città,    

che costumi, che gente

sfacciata, ed insolente:

ognun meco la vole

con fatti, e con parole.

Che città, che città,

che costumi, che gente

sfacciata, ed insolente.

Mille perigli, e mille

mi sovrastano al giorno,

ho cento insidiatori ognor d'intorno;

né so il perché capire,

chi me 'l saprebbe dire?

Tal le guance mi tocca,

che non conosco appena

seco cortese ognun m'invita a cena,

né so il perché capire,

chi me 'l saprebbe dire?

Chi mi saluta, e accenna

chi m'addimanda nove,

chi finge avermi conosciuto altrove,

né so il perché capire,

chi me 'l saprebbe dire?

Ognun tace, e lo sa,

che città, che città.

Non vedo l'ora, che ritorni Amida

in Tremisene per partir di qua.

Che città, che città,

che costumi, che gente

sfacciata, ed insolente.

S

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Scena settima

Si cangia il cortile in una dilettevole riviera dell'oceano, situata fuori delle mura d'Anfa.
Erisbe, Mirinda.

 Q 

Erisbe, Mirinda

 

ERISBE

Chi semina in un petto  

volubile, incostante

seme di caldo affetto

trista messe raccoglie

di disperate lagrime, e di doglie.

No no non vo' più amare

un core assuefatto ad ingannare.

MIRINDA

Legge l'occhio sagace

nel suo volto smarrito i tradimenti,

chi d'amor segue Ippocrito mendace

i suoi rifugi alfin sono i lamenti.

No no più non l'amare

un core assuefatto ad ingannare.

ERISBE

A te solo consacro

l'anima intera Ormindo,

l'altr'idolo rinnego,

con più forti catene a te mi lego.

No no non vo' più amare

un core assuefatto ad ingannare.

MIRINDA

No no più non l'amare.

 

Scena ottava

Ormindo, Erisbe, Mirinda.

<- Ormindo

 

ORMINDO

Erisbe amata, Erisbe,  

io deggio, ahi, che la voce

m'opprime il duolo atroce.

ERISBE

Lassa che fia? Quel pianto

da qual fonte ha l'origine mio bene?

ORMINDO

Deggio da queste rive

sciogliere, ohimè, l'armata,

deggio, deggio partire,

ma come partirò senza morire?

ERISBE

Oh dio partir tu déi?

Tu déi partir, partire?

Come potrai soffrire

lasciarmi in preda a dispietati omei?

Oh dio partir tu déi?

ORMINDO

Dura necessitade,

perversissimo fato

da questo suol mi spianta

il piede abbarbicato.

Senti di questo inchiostro

il lugubre tenore,

la genitrice mia scrive.

ERISBE

Oh dolore.

ORMINDO

D'Algeri il re superbo

dalla tua lontananza

preso ardire, e baldanza,

con oste numerosa

d'Arabi mercenari, e navi armate

ha le mura di Tunisi assediate;

onde se qui non volgi

ratto le vele, in breve

cadran prive d'aita, e di sostegno

e servi piangerai la madre, e il regno.

Giudica tu, se devo

queste sponde lasciar: colà mi chiama

della madre l'amore,

la libertà de' sudditi, l'onore.

ERISBE

Crudele dipartita,

che mi leva la speme,

che mi priva di luce,

ch'il mio ben seco adduce,

che mi ruba la vita,

crudele dipartita.

ORMINDO

Con vomere spalmato

arerò l'oceano,

e tra i liquidi solchi

di quei disciolti argenti

andrò disseminando i miei tormenti.

Di caldi umori amari

daran vasti tributi

al monarca de' mari

i miei piangenti lumi

cangiati in rivi, in fiumi,

e nutrirà il mio petto

mostri de' suoi maggiori,

figli de' miei dolori.

ERISBE

Se tu sei la mia stella,

s'io son tua calamita

esser da' moti tuoi deggio rapita.

Vo' venir teco.

ORMINDO

Me beato.

ERISBE

Ah no,

che parlo.

ORMINDO

Vieni sì, vieni.

ERISBE

Verrò.

S'abbandono il consorte

è scusabil l'errore,

sono le colpe mie colpe d'amore.

MIRINDA

Cieco fanciul come le menti acciechi.

ORMINDO

Stanno allestiti i pini,

né manca altro al partire,

che consegnar spiegati all'aure i lini.

ERISBE

Di gir Mirinda io calcitrar non posso

ove mi trae l'intelligenza mia,

a te restar conviene

per trattener le dame, acciò che, accorte

del mio fuggir, non diano avviso in corte.

MIRINDA

Poiché tu di seguire hai stabilito

il principe guerriero,

va' da Giove guidata.

Non venghi mai turbata

la calma a voi da' venti

orgogliosi, insolenti,

e Giuno, mentre lieti il mar solcate,

tenga le sue procelle incatenate.

ORMINDO

Per fuggir il concorso

di quei giochi festivi

di qui volgiamo ad imbarcar il piede.

Vero esempio di fede.

 

ERISBE E ORMINDO

De' nostri abeti amor sia Tifi accorto  

egli ci guidi fortunati in porto.

Erisbe, Ormindo ->

 

Scena nona

Mirinda.

 

 

Che dirà, che farà  

l'innamorato re

quando di questa fuga ei nova avrà?

Che dirà, che farà

s'avvedrà tardi, che le mogli belle

stima non fan d'insipide carezze,

e ch'imprudente è la vecchiezza imbelle

se ripone il su' onore

in un brillante, e giovinetto core.

Col nerboruto amante

fuggì Erisbe, fuggì,

s'avessi un vecchio anch'io farei così.

 

Non vorrei no morire  

di rabbia, e di dispetto,

moglie del curvo tempo, e del difetto.

Renderei paga la mia fresca età.

Scusami l'onestà.

Chioma di brine aspersa

volto asciutto, e rugoso

nulla no turberebbe il mio riposo.

D'amanti arricchirei la mia beltà.

Scusami l'onestà.

Bocca gentile, e vaga,

che dolci ridonare

sapesse i baci miei vorrei baciare,

troverei ben chi avria di me pietà.

Scusami l'onestà.

Mirinda ->

 

Scena decima

Fortuna.

<- Fortuna

 

Io, che dell'aere, più del turbo lieve,  

scorro le vie sovra corsiero alato

son la Fortuna, il cui poter riceve

inviolabil legge ognor dal fato.

A mio talento non dispenso imperi,

né di scettro assoluto orno la mano,

anch'io dipendo dagl'altrui voleri,

ministra, e serva del destin sovrano.

Ei d'Ormindo, e d'Erisbe alle ruine

quivi mi volge, acciò ch'appelli i venti,

vuol, che destando lor nembi, e pruine,

rigettino nel porto i pin fuggenti.

Udite, udite o voi,

che riempite inquieti

di procellosa guerra

l'aere, l'acqua, e la terra;

qui qui venite o venti,

furie di tre elementi.

 

Scena undicesima

Coro di Venti, Fortuna.

<- I venti

 

I VENTI

D'Astreo dai fieri eredi  

che brami olà, che chiedi di', che chiedi?

Vuoi subissato il cielo,

vuoi ch'innalziamo i mari

per sommerger le stelle, e il dio di Delo?

D'Astreo dai fieri eredi

che brami olà, che chiedi di', che chiedi?

 

FORTUNA

Non vo' da voi sì faticose imprese,  

dimori il ciel nel loco suo supremo,

splendan le stelle eternamente accese.

Spiri contrario a Ormindo il vostro fiato,

riconducete le sue navi in Anfa,

così v'impone per mia bocca il fato.

Fortuna ->

 

I VENTI

Su su terribili  

ingombriam l'etera

di soffi, e sibili;

l'onde sconvolgansi,

e ritornati al lido i drudi dolgansi.

Su su terribili

ingombriam l'etera di soffi, e sibili.

I venti ->

 

Fine (Atto secondo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Atrio reale

Erisbe, Mirinda
 
Erisbe e Mirinda
Auree trecce inanellate

Di discordie gelose

Erisbe, Mirinda
<- Amida

Dove mia bella aurora

Erisbe, Mirinda, Amida
<- Erice, Sicle, Melide

Vedi là l'infedele, e la sua vaga

Amida, Erice, Sicle, Melide
Erisbe, Mirinda ->

Perfida maliarda

Erice, Sicle, Melide
Amida ->

Ch'incantesimi, sognasti

Melide
Erice, Sicle ->

Volevo amare anch'io

Melide ->
<- Nerillo

Dilettevole riviera dell'oceano, situata fuori delle mura d'Ansa.

Erisbe, Mirinda
 
Erisbe e Mirinda
Chi semina in un petto
Erisbe, Mirinda
<- Ormindo

Erisbe amata, Erisbe

Mirinda
Erisbe, Ormindo ->

Che dirà, che farà

Mirinda ->
<- Fortuna
Fortuna
<- I venti

Non vo' da voi sì faticose imprese

I venti
Fortuna ->
I venti ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima
Piazza di San Marco, della città di Venezia. Città d'Ansa. Giardino regio. Atrio reale Dilettevole riviera dell'oceano, situata fuori delle mura d'Ansa. Parte delle mura di dentro della città, loco solitario, e inabitato. Arsenale. Cortile.
Prologo Atto primo Atto terzo

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