Atto primo

 

Scena prima

Città d'Anfa.
Ormindo.

 Q 

Ormindo

 

 

Ben fu per me felice  

l'influsso di quell'astro

sanguinoso, e guerriero,

che costrinse l'ibero

a coprirsi gl'ampi giri

degl'atlantici mari

di bellicosi legni,

per farsi tributari

di Marocco, e di Fessa scettri, i regni;

tra gl'incendi d'Aletto

un cieco pargoletto

nelle viscere mie vibrò la face,

e nella guerra ritrovai la pace.

Amoroso portento

vivo di vita spento,

con luci di zaffiro

immortali bellezze, ahi mi feriro!

 

Ma benedetto il dì,  

ch'un lor guardo di foco il sen m'aprì.

Idolatra adorato

vivo ognor fortunato,

ardo lieto amatore

da martiri lontano in dolce ardore:

o benedetto il dì,

ch'un raggio del mio sole il sen m'aprì.

 

Scena seconda

Amida, Ormindo, Nerillo.

<- Amida, Nerillo

 

AMIDA

Cari globi di fiamme  

occhi dell'idol mio,

deh perché non poss'io,

ah perché non mi lice,

s'ardo farfalla in voi, sorger fenice.

ORMINDO

Dello stesso mio duce

segue l'amico l'onorate insegne.

AMIDA

Ohimè troppo presumo,

ed Icaro novello

troppo innalzo le piume

verso l'amato lume,

che non m'assorba il mar del pentimento,

padre di precipizi è l'ardimento.

ORMINDO

Innamorato Amida

ti sia propizia la tua donna, e fida.

AMIDA

Da che affogò l'orgoglio, Ormindo invitto

nell'ocean vorace

l'ibera armata audace,

d'aurea saetta vincitor trafitto

elitropio d'un sol fatto son io,

che prende il moto dall'arbitrio mio:

ma bench'amante riamato, io temo,

qual Tantalo nell'onde

dover perir di sete,

o mia penosa quiete.

ORMINDO

Ardisci, ardisci, e spera,

sull'ali del coraggio

se n' vola amante saggio

di Venere alla sfera:

ardisci, ardisci, e spera.

Come i mirti alle palme ambo intrecciamo,

tra le vittorie abbiam perduto il core,

già compagni di Marte, ora d'Amore.

AMIDA

Ami tu ancora Ormindo?

ORMINDO

Amo, ed amo in un volto

l'esquisito del ciel chiuso, e raccolto.

AMIDA

E se della mia diva

tu vedessi l'imago,

che come sacra in questo seno io porto,

stupido rimarresti immoto, e morto.

ORMINDO

Se tu osassi mirare

del mio nume il ritratto,

ch'anch'io nel petto arreco a tutte l'ore

in difesa del core

da lampi suoi ferito,

cadresti qual Fetonte incenerito.

AMIDA

Di palesar concordi

le pregiate vaghezze

non si mostrino avari

amici così cari,

l'uno, all'altro scopriamo

i simulacri amati

delle dèe, ch'inchiniamo.

 

ORMINDO

Scopriamli sì, che l'amicizia il chiede,  

né permette il tacer la nostra fede.

 

AMIDA

Oh di colei per cui beato io moro  

immagine spirante

io ti rimiro, e ploro?

Ah la cagion comprendo,

non si vagheggia il sol se non piangendo,

ORMINDO

Oh del mio puro, ed umanato ardore

effigie esanimata,

al tuo vago splendore

la lor fede lasciata,

e giunti in sulle labbra

i miei spirti vitali,

tuoi devoti, e seguaci,

ti vogliono animar con dolci baci.

AMIDA

Prendi, prendi, dirai,

se l'ostinato, e cieco

amoroso interesse

la ragion non t'ingombra,

la mia bellezza è del tuo bello un'ombra.

ORMINDO

Togli, togli, vedrai

qual trionfo riporta

del tuo ben vivo, una pittura morta.

AMIDA

O tu scherzi, o tu errasti,

questo ritratto è il mio.

ORMINDO

È vero, errai, la mano

di sì lucida gemma, e preziosa

divenuta gelosa,

per non impoverire

anco per breve istante

del tesor, che possiede,

la volontà ingannando, il tuo ti diede.

AMIDA

Ahi che veggio!

ORMINDO

Ahi che miro?

La mia donna comparte ad altri i rai?

AMIDA

Si divide in duo petti il mio sospiro?

ORMINDO

Ahi che veggio?

AMIDA

Ahi che miro?

ORMINDO

Erisbe ingannatrice.

AMIDA

Erisbe disleale.

ORMINDO

Pera l'emulo mio, mora il rivale.

Quanto mi spiace Amida

dover trarti dal seno

quel core, in cui s'annida,

ohimè, lo spirto mio,

lo sa il ciel, lo sa dio;

ma la spada mi regge amor guerriero,

egli adirato, e fiero,

contro di te co' dardi suoi mi sprona;

tu le sue violenze a me perdona.

AMIDA

Vibrerà questa destra

in riparo del core

strali di morte, e fulmini d'orrore.

Ma non consenta Giove,

che l'amicizia nostra

resti svenata in sanguinose prove:

delle nate contese,

facciam arbitre Erisbe,

e qual di noi sarà da lei gradito

perseveri in amarla, e l'altro ceda,

da sue speranze, e del suo amor schernito.

ORMINDO

Sconsigliato consiglio è per lui questo.

Perditor si dichiara.

A tuoi detti m'apprendo.

AMIDA

Ho vinto, o dèi.

ORMINDO

Saranno i scherni tuoi le mie venture.

AMIDA

Saranno i suoi disprezzi i miei trofei.

ORMINDO

Trabocchiam le dimore,

forse si troverà nel giardin regio

il contenduto, e riverito pregio.

AMIDA

Ti seguo. Ei non s'avvede,

che per giungere il male

l'incauto suo desio gl'affretta il piede.

Ormindo, Amida ->

 

Scena terza

Nerillo.

 

 

Quel che creduto io non avrei, pur vidi:  

per cagione d'amore

Ormindo, e il mio signore

si sono quasi uccisi:

sian maledetti i visi

del sesso femminile,

che con malvagi incanti

levano il senno agl'infelici amanti.

 

O sagace chi sa  

fuggir, come il suo peggio

la donnesca beltà.

 

 

Beltà mentita, e vana,  

che per far lacci a' cori

va rubando i capelli

a teschi infraciditi entro gl'avelli:

ma che parlo de' morti,

se con vezzi lascivi

pela spietatamente insino i vivi?

O sagace chi sa

fuggir come il suo peggio

la donnesca beltà.

Aprire scola io voglio

per dar a miserelli effeminati

utile documento,

perché sebbene il mento

ruvido ancor non ho,

più di quel ch'ognun crede in questo io so.

 

O sciocchi amanti, o sciocchi    

i vostri idoli belli

son fatture dell'arte, e de' pennelli,

e stimate un gran che, quando baciate

labbra di minio, e guance attossicate.

Aprite, aprite gl'occhi,

o sciocchi amanti, o sciocchi.

Credete a me credete,

che se non fate ingegno

beverete in penitenza acqua di legno,

e griderete invan stesi nel letto,

«perché non diedi fede al giovanetto».

Aprite, aprite gl'occhi,

o sciocchi amanti, o sciocchi.

S

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Ma vo' di qui partire  

perché rapide, e snelle

voleranno le sedie, e le pianelle.

 

Scena quarta

Melide, Erice, Sicle, Nerillo.

<- Melide, Erice, Sicle

 

MELIDE

Se non m'inganno egl'è Nerillo.  

ERICE

È desso.

SICLE

O bel giovane arresta

il frettoloso piede,

se per poca mercede

brami che ti palesi il tuo destino:

ogni cosa indovino.

NERILLO

Tu per poco guadagno

zingaretta gentil mostri il futuro?

Togli, lo vo' vedere

hai tu ricco mestiere,

per vincere il disagio, io t'assicuro.

ERICE

Come è fatto scaltrito.

MELIDE

E fra le corti avvezzo.

SICLE

Tu di Fessa non sei, e del nevoso Atlante

varcasti i gioghi garzoncello errante.

NERILLO

Come lo sa costei?

SICLE

Tu nel regno di Susio in Torodenta

a principessa amante

fomentasti l'ardore,

mentre del tuo signore

semplice messaggero

gl'arrecavi, cosparse

di vive fiamme, l'amorose carte.

NERILLO

Meraviglie Nerillo,

nova Sibilla, o dotta maga è questa,

sì l'ignoto passato

ti espone, e manifesta.

SICLE

Or la misera crede

esser da lui delusa,

poiché è passato un lustro, e a lei non riede.

NERILLO

Tu devi ancor sapere,

poi che il tutto t'è noto,

che non sospira, del suo mal presaga,

invan quella meschina

Erisbe.

SICLE

Ohimè.

NERILLO

Di Fessa alta regina

il suo bramato vago avvince, e impiaga.

SICLE

Ah scellerato.

ERICE

Ah crudo.

MELIDE

Ah traditore.

NERILLO

Avete molto gl'altrui casi a cuore.

SICLE

Al ravvivarne nella memoria mia

dell'innocente i torti,

sciolsi, come d'amore anch'io seguace,

contro l'ingannator la lingua audace.

ERICE

È riamato?

SICLE

Che richiedi o sciocca?

NERILLO

Ella non è indovina.

SICLE

L'arte mai non apprese.

NERILLO

Io lo comprendo.

L'ama Erisbe, ma or ora

ei scoperto ha un rivale,

onde cred'io, che gelosia l'accori.

MELIDE

Merta maggior flagello.

SICLE

Ciò che narri io previdi,

ma dir non ti saprei

l'emulo suo, come s'appella.

NERILLO

Ormindo,

il più prode guerriero,

che sia dal Mauro, all'Indo,

di Cetige, regina

di Tunisi, gran figlio:

come Amida ei qui venne

in soccorso del re con molte antenne.

Ma con voi più dimora

far non poss'io, rimiro

chi con sferza inclemente

de' paggi tremiseni

i trascorsi castiga acerbamente.

SICLE

In tempo più opportuno

dell'avvenir ti predirò la sorte.

NERILLO

Oggi v'attendo in corte.

ERICE

Verremo sì, verremo.

Nerillo ->

 

Scena quinta

Sicle, Erice, Melide.

 

SICLE

Perfidissimo Amida  

il mio crudo martire

prese umane sembianze, empio, t'uccida.

Lascia, lascia di Susio il tuo bel regno

delicata donzella,

e per monti scoscesi,

e per deserte arene,

sotto spoglie mentite

gira le piante ardite,

per trovar il tuo bene,

e lieta dove sai,

ch'egli dimora, corri,

che lo ritroverai,

amante disprezzata,

principessa schernita,

pellegrina tradita

per novello desio,

languire, ohimè di te scordato. Oh dio.

Perfidissimo Amida

il mio crudo martire

prese umane sembianze, empio, t'uccida.

MELIDE

Frena il cordoglio, frena,

mercé d'amore ancora

vedrò cangiata in gioia ogni tua pena.

Frena il cordoglio, frena.

ERICE

Rasserena la fronte,

ancora Amida ancora

cancellerà co' baci i sprezzi, e l'onte.

Rasserena la fronte.

SICLE

Ammutite, tacete,

con sì vani conforti

consolarmi credete?

Ammutite, tacete.

 

Chi, chi mi toglie al die  

carnefice pietoso

delle sciagure mie,

chi, chi mi toglie al die.

Angosce aspre, ed acerbe,

se tanto fiere siete,

perché non m'uccidete?

Della sua vita priva

non viva più la misera, non viva.

Chi, chi mi toglie al die

carnefice pietoso

delle sciagure mie,

chi chi mi toglie al die.

 

SICLE

Ah, ch'alle mie querele  

ogni cosa è insensata, anzi crudele.

Trabocchi, ohimè trabocchi

in pianto liquefatto il cor per gl'occhi.

MELIDE

Odi Sicle. Sovente...

Sicle, Melide ->

 

Scena sesta

Erice.

 

 

Verginella infelice  

troppo credula, troppo

a scongiuri ingannevoli dell'uomo,

ch'ha del vetro più fragile la fede;

così va, ch'in lui spera, ed a lui crede.

Io, che fui più d'ogni altra

sempre avveduta, e scaltra,

in una forma amai,

ch'i tradimenti suoi poco curai.

Mai volsi, ch'il mio core

mi volasse dal petto,

né feci mai ricetto,

per tema d'abbruciarlo, il cor d'ardore,

nell'incostanza mia sempre costante,

amai solo il diletto, e non l'amante.

 

L'amo di mille io fui,  

né preda d'un restai,

godei contenta, e mai

fei di mia libertà tiranno altrui;

era tra baci ogn'un l'anima mia,

ma svanito il piacer, dal sen m'uscia.

Chi è saggia ami in tal guisa,

da catene disciolta,

se non vuole esser colta

da feroci cordogli, e poi derisa;

se potete gioir senza penare

donne belle, è pazzia davvero amare.

 
 

Scena settima

Si tramuta la scena nel giardino regio.
Erisbe, Mirinda.

 Q 

Erisbe, Mirinda

 

ERISBE

Se nel sen di giovanetti  

l'alma mia

sol desia di trar diletti,

vecchio re

per marito il ciel mi diè.

Famelica, e digiuna

di dolcezze veraci,

con sospiri interrotti

passo le tristi notti,

sazia di freddi, e di sciapiti baci,

pasco sol di desio l'avide brame,

ed a mensa real moro di fame.

Se nel sen di giovanetti

l'alma mia

sol desia di trar diletti,

vecchio re

per marito il ciel mi diè.

 

MIRINDA

Mal si conviene invero  

congiunger treccia d'oro a crin d'argento:

nell'agone d'amore

povera di vigore

senza poter ferire

ha la pigra vecchiezza il solo ardire.

Ti compiango regina

costretta a passar gl'anni

del tuo aprile ridente

con un vecchio agghiacciato, ed impotente.

ERISBE

Ti giuro, io gelerei

fida Mirinda, a lato

del consorte gelato,

se doppiamente amore

non m'accendesse il core.

O principi diletti

egualmente voi siete

d'Erisbe innamorata

le delizie più rare,

le memorie più care,

i più ricchi tesori,

le speranze migliori.

MIRINDA

Ben Ormindo, ed Amida

a ragione tu adori,

sono i tuoi doppi amori esca gradita,

che l'alma ti nutrisce, e ti dà vita.

 

ERISBE

Il mio core  

fu d'amore

con un dardo in duo diviso,

e per fede

egli diede

a ciascuno un paradiso.

Se mi cinge,

se mi stringe

doppio laccio, e doppio nodo,

il contento

doppio sento,

doppia gioia io provo, e godo.

Luci amate,

che brillate

nella fronte de' miei cieli

voi, voi siete,

che struggete

di mia sorte i crudi geli.

 

Scena ottava

Amida, Ormindo, Erisbe, Mirinda.

<- Amida, Ormindo

 

AMIDA

Eccola appunto Ormindo,  

o vaghezza.

ORMINDO

O bellezza.

AMIDA

Per contemplarti un Argo esser vorrei

ORMINDO

Non han forme sì belle in cielo i dèi.

ERISBE

Vedi là quella rosa,

che negletta, ed incolta

infracidisce in sulla siepe ombrosa?

Al suo lo stato mio quasi è simile,

ella sfiorisce in sullo stelo, ed io

in talamo senile.

ORMINDO

Quivi chiuso, e celato

tra gli folti arboscelli, ed odorati

ora vedrai s'io son da Erisbe amato.

AMIDA

Scopriti pure, in breve

vedrò tarpati alla tua speme i vanni,

ed il tuo ciglio a lagrimar gl'affanni.

ORMINDO

Amor, vittorioso,

sotto gl'auspici tuoi

movo il piè baldanzoso.

MIRINDA

Ecco Ormindo regina.

ERISBE

Ormindo? O cielo.

ORMINDO

Fonte di pura luce,

sitibondo, languente

il mio nume clemente

a te mi riconduce,

acciò con gl'occhi io beva

tanto del tuo splendore,

sin che divenga ebbro di gioia il core.

AMIDA

Troppo ardito ei ragiona.

ERISBE

A te nulla si nega,

sazia pure i tuoi guardi,

guardi dell'alma mia

pungentissimi dardi,

purché tu miri, e goda,

esser da te ferita ogn'or son vaga,

mira pur, mira, e impiaga.

AMIDA

Ohimè, che non è questo

semplice complimento:

o tormento, o tormento.

ORMINDO

Nel vagheggiarti, o bella

miro come ogni fiore,

che ti lambisce il piede

a fiori del tuo volto i pregi cede.

O delicati fiori

vidi sovente a voi

rapir i dolci umori

da torme lusinghiere

di lascivi amoretti,

che volarono poi

festosi, e lascivetti

nelle vicine labbra

rugiadose o soavi,

a fabbricarvi, come l'api, i favi.

ERISBE

Le dolcezze formaro

per te nella mia bocca i vaghi amori.

AMIDA

Foss'io sordo, oh martire,

dolor fammi morire.

ERISBE

Per te nelle mie gote

porporeggia la rosa, e ride il giglio,

per te, per te, che sei

meta de' miei desiri

centro de' miei sospiri.

AMIDA

Ah mia fede sprezzata.

 

ORMINDO

Piante fiorite  

meco gioite.

E se tra vostre fronde

qualche invido s'asconde,

invido del mio bene,

tra sue angosce si strugga, e tra sue pene.

Piante fiorite

meco gioite.

 

AMIDA

Di schernirmi ha ragione.  

ORMINDO

Io parto Erisbe, io parto,

troppe fiamme sorbiro

da tuoi lumi di foco i miei voraci,

incenerir tem'io fra tante faci.

Io parto Erisbe, io parto,

se n' va il piè, non già l'alma,

che vive, come sai, nella tua salma.

ERISBE

Rammentati mio bene,

che del tu' oggetto priva

convien, che mesta io viva,

tu prodigo, e cortese

della tua dolce vista,

scaccia da me sovente

col gemino oriente,

che nella fronte arrechi

della mia eclisse i tristi orrori, e ciechi.

ORMINDO

Indivisibilmente

esser teco vorrei, ch'altro ristoro

non ha l'anima amante,

che di mirare il tuo divin sembiante.

ERISBE

Fortunato mio cor,

con diluvi di gioie

tempra l'incendio tuo benigno amor.

Fortunato mio cor.

AMIDA

Che deggio far? Scoprirmi

oppur lasso, partirmi?

Che più ricerco? Spettatore io fui

dell'incostanza altrui:

ma qual nova speranza

grida con mute voci ardito avanza?

Voglio scoprirmi, almeno

udirà la sleale

nelle doglianze mie,

ne' rimproveri miei le sue bugie.

ORMINDO

Egli si scopre, è vinto, eppur non cede.

AMIDA

Erisbe? Erisbe? Non dirò più mia,

ch'esser tale non déi,

poiché d'Ormindo sei:

Erisbe? Erisbe? Oh nome anco soave

ne' tradimenti amari,

così, così tu impari

dalla frode a mentire,

dall'inganno a tradire?

Così d'amore imiti

l'incostanza del volo?

Ah che ramingo, e solo

tra i deserti di Barca

gir me ne voglio, almeno

non troverò per quelle immense arene

omicide sirene.

ORMINDO

Importuno, ostinato

cerca de' scorni suoi prove più chiare.

ERISBE

Vezzoso mentitore

non son tua? Tua non sono?

ORMINDO

Ohimè

ch'ascolto?

ERISBE

Così co' infausti accenti

mi tiranneggi, o caro, o crudo Amida?

ORMINDO

Senti Ormindo l'infida.

ERISBE

Io tradirti incostante?

T'amerò poca polve, ombra vagante.

ORMINDO

Ah bugiarda bellezza,

mendace lusinghiera

più dell'aura leggera:

se gl'amorini alati

per me formaro il mele

ne' labbri tuoi, crudele,

perché altri inviti, e alletti

a gustar le mie ambrosie, i miei diletti?

Ma che? Mal cauto io fui,

come trovar fedele

credei celeste viso,

se non entra la fede in paradiso.

ERISBE

Già che il ciel non consente,

che la doppia ferita

del mio fervido cor stia più segreta,

udite, udite mie pupille amate,

e i gelosi furori omai sedate.

A vicenda io v'adoro,

ch'ambo v'ha nel mio seno

scolèpiti, effigiati

l'industre man d'amore

fatto d'arcier scultore

voi concordi rivali

di gentil foco accesi

non sdegnate, che sia

egualmente divisa

tra di voi l'alma mia;

sradicate dal petto

quel mordace sospetto,

che già d'acute spine avvelenate,

vi trafigge la pace, ambo sperate.

ORMINDO

O barbarica legge.

AMIDA

O crudo impero.

ORMINDO

Dividere lo scettro.

AMIDA

Acconsentir compagno.

ORMINDO

Del possesso del core.

AMIDA

Nell'amoroso seggio.

ORMINDO E AMIDA

Ahi lasso, ahi lasso io deggio?

Oh comando severo,

o barbarica legge, o crudo impero.

MIRINDA

Se n' viene il re, partite,

e non veduti ancora

per quel sentiero dal giardino uscite.

Se n' viene il re, partite.

ERISBE

Addio miei soli.

ORMINDO E AMIDA

Addio

o tiranna mia bella, o destin mio.

Ormindo, Amida ->

 

ERISBE

Sempre ho la noia accanto,  

con le fortune altrui modeste, e parche

cangerei la corona, e il regio manto.

Ohimè che pena avere

mai sempre un vecchio al fianco

domo dagl'anni, e stanco,

ch'appaga sol la moglie

d'ottima volontà:

chi lo provò, lo sa.

Pure convien tacere,

e far, che la prudenza

persuada la lingua a fabbricare

menzogne allettatrici, ed adulare.

 

Scena nona

Hariadeno, Erisbe, Mirinda.

<- Hariadeno

 

HARIADENO

O dell'anima mia  

anima sospirata,

regina idolatrata,

dal tuo volto diviso

il mio petto diviene

un inferno di pene.

ERISBE

Ed io da te lontana

signor di questo core

tra lagrime, e lamenti

traggo l'ore, e i momenti.

Talor la gelosia

l'interno mi percote,

e con sagaci note

mi dice iniqua, e ria,

forse il tuo re diletto,

amante d'altro oggetto,

pende da un crin novello

alla tua fé rubello:

e chissà, che tradita

non sia da te mia vita?

Ahi che d'esser sprezzata il pensier solo

dà l'armi in mano, acciò mi uccida, al duolo.

 

HARIADENO

Ohimè taci ben mio,  

o dio, che parli, o dio.

Pria produrranno l'ombre

il lume, ed il calore,

ch'io ti sia traditore:

scendano pur dal cielo

vestite d'uman velo

le sostanze più belle,

che non potranno mai

delle tue vaghe stelle

ritormi infido a rai.

Ohimè taci ben mio,

oh dio, che parli, oh dio.

 

MIRINDA

Con qual dolcezze ei beve  

le bugie della moglie.

ERISBE

Chi crederebbe amore,

che tra le nevi avesse

giovane donna seppellito il core?

Ch'il crederebbe amore?

Eppur è vero, è vero,

che tu sei giorno, e notte il mio pensiero.

HARIADENO

Oh quanti voti alla fortuna ho fatti

perché vittoriose,

decretasse le mie dell'armi ispane,

non per ambiziose

brame di glorie vane,

ma perché tu non fossi,

bella mia, per cui vivo,

preda real di vincitor lascivo.

ERISBE

Quando sopra l'armata

tu del vasto ocean solcavi il dorso,

qual deità non fu da me invocata

perché a te, speme mia, desse soccorso?

Lagrimosa sul lido

a voi consegno o cieli,

gridavo, il mio marito amato, e fido,

dall'ire ostili illeso

come me lo togliete

voi, voi me lo rendete.

HARIADENO

Chi nel seno chiudea

la più vezzosa dèa, che nel mar nacque,

non potea no perire in grembo all'acque.

Tu gli principi amici

che con più d'una prora,

da' loro genitori

furo inviati in nostra aita, onora,

dalle lor destre generose, e forti

nacquero le vittorie infra le morti.

ERISBE

Da tuoi voleri il mio voler dipende,

riceveran da me gl'ospiti egregi,

come di tua salute

invitti difensori,

onorati favori.

MIRINDA

Riverente consorte.

HARIADENO

Con i fiori scherzando

più de' fiori vermiglia

quivi rimanti, io sono

da' regi affari richiamato al trono.

ERISBE

Non sia ver, che tu parta, ed io qui resti

da te disgiunta, io sono

vite senza sostegno.

HARIADENO

Vieni, vieni d'amor caro il mio pegno.

Hariadeno, Erisbe ->

 

Scena decima

Mirinda.

 

 

Se del Perù le vene d'oro ricche, e feconde,  

d'immense verghe, e bionde,

mi dessero tributo

non torrei per marito un uom canuto.

 

Oh colei sfortunata,  

un gelido vecchio è maritata.

Con amare bevande

l'arida sete accresce,

e con acqua di pianto

convien, ch'ognor si lave

l'immonda faccia sua di sozze bave.

Oh colei sfortunata,

ch'ad un gelido vecchio è maritata.

Vecchi voi, che nutrite

sotto la neve il foco

dite, ditemi un poco

semplicetti che siete

voi voi d'essere amati, ah, ah, credete?

Il ghiaccio non accende

né torbida pupilla

destò giammai d'amor picciol favilla.

Di lascivi pensier l'alma spogliate,

che tosto diverrà

la vostra pigra età preda del fu,

se ne ride di voi la gioventù.

Giovanette leggiadre,

s'a insterilir dolenti

presso vecchi impotenti

il fato vi destina,

vi sia salubre esempio una regina.

Mirinda ->

 

Scena undicesima

Il Destino.

<- Destino

 

Di quell'eterna, ed increata mente,  

che dal ventre del niente

trasse del tutto la pomposa mole,

io son la prole.

Per ministre ho le stelle, e la natura,

e invan fuggir procura

la prudenza mortal da' miei fatali

rapidi strali.

Il Destino son io, re degl'eventi,

signor degl'elementi,

ch'incatenai con poderosa mano

l'arbitrio umano.

 

Scena dodicesima

Amore, il Destino.

<- Amore

 

AMORE

Inevitabil nume,  

che con decreti eterni

reggi il mondo, e governi,

Amor, ch'impera all'alme a te soggiace;

imponi, è tuo quest'arco, e questa face.

DESTINO

Della vergine errante

ritorni Amida amante,

abbiano fine ormai

gl'amorosi suoi guai:

venga solo da Erisbe Ormindo amato,

stupida l'opre eccelse

vo', che l'Africa ammiri oggi del fato:

per funesto cammino

la coppia innamorata

sarà da me guidata

a fruire, a godere,

indicibile piacere.

AMORE

Ad obbedir tu' imperi

velocissimo io volo.

DESTINO

Ed io fendo le nubi, e vado al polo.

Amore, Destino ->

 

Fine (Atto primo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo

Città d'Ansa.

Ormindo
 

Ben fu per me felice

Ormindo
<- Amida, Nerillo

Cari globi di fiamme

Oh di colei per cui beato io moro

Nerillo
Ormindo, Amida ->

Quel che creduto io non avrei, pur vidi

Beltà mentita, e vana

Ma vo' di qui partire

Nerillo
<- Melide, Erice, Sicle

Se non m'inganno egl'è Nerillo / È desso

Melide, Erice, Sicle
Nerillo ->

Perfidissimo Amida

Ah, ch'alle mie querele

Erice
Sicle, Melide ->

Verginella infelice

Giardino regio.

Erisbe, Mirinda
 

Mal si conviene invero

Erisbe, Mirinda
<- Amida, Ormindo

Eccola appunto Ormindo

Di schernirmi ha ragione

Erisbe, Mirinda
Ormindo, Amida ->

Sempre ho la noia accanto

Erisbe, Mirinda
<- Hariadeno

O dell'anima mia

Con qual dolcezze ei beve

Mirinda
Hariadeno, Erisbe ->

Se del Perù le vene d'oro ricche, e feconde

Mirinda ->
<- Destino
Destino
<- Amore

Inevitabil nume

Amore, Destino ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima
Piazza di San Marco, della città di Venezia. Città d'Ansa. Giardino regio. Atrio reale Dilettevole riviera dell'oceano, situata fuori delle mura d'Ansa. Parte delle mura di dentro della città, loco solitario, e inabitato. Arsenale. Cortile.
Prologo Atto secondo Atto terzo

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