Atto terzo

 

Scena prima

Bipartita, che si forma dalle rovine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte d'edera, di spini e d'altre piante selvagge.
Megacle, trattenuto da Aminta per una parte, e dopo Aristea, trattenuta da Argene per l'altra: ma quelli non veggon queste.

Bozzetti

 Q 

Megacle, Aminta

 

MEGACLE

Lasciami. In van t'opponi.  

AMINTA

Ah torna, amico,

una volta in te stesso. In tuo soccorso

pronta sempre la mano

del pescator, ch'or ti salvò dall'onde,

credimi, non avrai. Si stanca il cielo

d'assister chi l'insulta.

MEGACLE

Empio soccorso,

inumana pietà! negar la morte

a chi vive morendo. Aminta, oh dio!

lasciami.

AMINTA

Non fia ver.

 

<- Aristea, Argene

ARISTEA

Lasciami, Argene.  

ARGENE

Non lo sperar.

 

MEGACLE

Senz'Aristea non posso,

non deggio viver più.

ARISTEA

Morir vogl'io

dove Megacle è morto.

 

AMINTA
(a Megacle)

Attendi.

ARGENE
(ad Aristea)

Ascolta.

 

MEGACLE

Che attender?

ARISTEA

Che ascoltar?

MEGACLE

Non si ritrova

più conforto per me.

ARISTEA

Per me nel mondo

non v'è più che sperar.

MEGACLE

Serbarmi in vita... -

ARISTEA

Impedirmi la morte... -

MEGACLE

- ...indarno tu pretendi.

ARISTEA

- ...in van presumi.

 

AMINTA

(volendo trattener Megacle che gli fugge)

Ferma.

ARGENE

(volendo trattener Aristea come sopra)

Senti, infelice.

(incontrandosi a mezzo il teatro)

ARISTEA

Oh stelle!  

MEGACLE

Oh numi!

ARISTEA

Megacle!

MEGACLE

Principessa!

ARISTEA

Ingrato! E tanto

m'odii dunque e mi fuggi,

che, per esserti unita

s'io m'affretto a morir, tu torni in vita?

MEGACLE

Vedi a qual segno è giunta,

adorata Aristea, la mia sventura;

io non posso morir: trovo impedite

tutte le vie, per cui si passa a Dite.

ARISTEA

Ma qual pietosa mano...

 

Scena seconda

Alcandro e detti.

<- Alcandro

 

ALCANDRO

Oh sacrilego! Oh insano!  

Oh scellerato ardir!

ARISTEA

Vi sono ancora

nuovi disastri, Alcandro?

ALCANDRO

In questo istante

rinasce il padre tuo.

ARISTEA

Come!

ALCANDRO

Che orrore,

che ruina, che lutto,

se 'l ciel non difendea, n'avrebbe involti!

ARISTEA

Perché?

ALCANDRO

Già sai che per costume antico

questo festivo dì con un solenne

sacrifizio si chiude. Or mentre al tempio

venìa fra' suoi custodi

la sacra pompa a celebrar Clistene,

perché non so, né da qual parte uscito,

Licida impetuoso

ci attraversa il cammin. Non vidi mai

più terribile aspetto. Armato il braccio,

nuda la fronte avea, lacero il manto,

scomposto il crin. Dalle pupille accese

uscia torbido il guardo; e per le gote,

d'inaridite lagrime segnate,

traspirava il furore. Urta, rovescia

i sorpresi custodi; al re s'avventa:

«Mori», grida fremendo, e gli alza in fronte

il sacrilego ferro.

ARISTEA

Oh dio!

ALCANDRO

Non cangia

il re sito o color. Severo il guardo

gli ferma in faccia; e in grave suon gli dice:

«Temerario, che fai?». (Vedi se il cielo

veglia in cura de' re!) Gela a que' detti

il giovane feroce. Il braccio in alto

sospende a mezzo il colpo. Il regio aspetto

attonito rimira: impallidisce;

incomincia a tremar: gli cade il ferro;

e dal ciglio, che tanto

minaccioso parea, prorompe il pianto.

ARISTEA

Respiro.

ALCANDRO

Oh folle!

AMINTA

Oh sconsigliato!

ARISTEA

Ed ora

il genitor che fa?

ALCANDRO

Di lacci avvolto

ha il colpevole innanzi.

AMINTA

(Ah! si procuri

di salvar l'infelice.)

(parte)

Aminta ->

 

MEGACLE

E Licida che dice?  

ALCANDRO

Alle richieste

nulla risponde. È reo di morte, e pare

che no 'l sappia, o no 'l curi. Ognor piangendo

il suo Megacle chiama: a tutti il chiede,

lo vuol da tutti; e fra' suoi labbri, come

altro non sappia dir, sempre ha quel nome.

MEGACLE

Più resister non posso. Al caro amico

per pietà chi mi guida?

ARISTEA

Incauto! E quale

sarebbe il tuo disegno? Il genitore

sa che tu l'ingannasti;

sa che Megacle sei. Perdi te stesso

presentandoti al re; non salvi altrui.

MEGACLE

Col mio principe insieme

almen mi perderò.

(vuol partire)

ARISTEA

Senti. E non stimi

consiglio assai miglior, che il padre offeso

vada a placare io stessa?

MEGACLE

Ah! che di tanto

lusingarmi non so.

ARISTEA

Sì, questo ancora

per te si faccia.

MEGACLE

Oh generosa, oh grande,

oh pietosa Aristea! Facciano i numi

quell'alma bella in questa bella spoglia

lungamente albergar. Ben lo diss'io,

quando pria ti mirai, che tu non eri

cosa mortal. Va, mio conforto...

ARISTEA

Ah basta;

non fa d'uopo di tanto.

Un sol de' guardi tuoi

mi costringe a voler ciò che tu vuoi.

 

Caro, son tua così,    

che per virtù d'amor

i moti del tuo cor

risento anch'io.

Mi dolgo al tuo dolor;

gioisco al tuo gioir;

ed ogni tuo desir

diventa il mio.

(parte)

S

Sfondo schermo () ()

Aristea ->

 

Scena terza

Megacle ed Argene.

 

MEGACLE

Deh secondate, o numi,  

la pietà d'Aristea. Chi sa se il padre

però si placherà. Troppa ragione

ha di punirlo, è ver; ma della figlia

lo vincerà l'amore. E se no 'l vince?

Oh dio! Potessi almeno

veder come l'ascolta. Argene, io voglio

seguitarla da lungi.

ARGENE

Ah tanta cura

non prender di costui. Vedi che 'l cielo

è stanco di soffrirlo. Al suo destino

lascialo in abbandono.

MEGACLE

Lasciar l'amico! Ah così vil non sono.

 

Lo seguitai felice  

quand'era il ciel sereno,

alle tempeste in seno

voglio seguirlo ancor.

Come dell'oro il fuoco

scopre le masse impure,

scoprono le sventure

de' falsi amici il cor.

(parte)

Megacle ->

 

Scena quarta

Argene, e poi Aminta.

 

ARGENE

E pure a mio dispetto  

sento pietade anch'io. Tento sdegnarmi,

ne ho ragion, lo vorrei; ma in mezzo all'ira,

mentre il labbro minaccia, il cor sospira.

Sarai debole, Argene,

dunque a tal segno? Ah no. Spergiuro! Ingrato!

non sarà ver. Detesto

la mia pietà. Mai più mirar non voglio

quel volto ingannator. L'odio: mi piace

di vederlo punir. Trafitto a morte

se mi cadesse accanto,

non verserei per lui stilla di pianto.

 

<- Aminta

AMINTA

Misero dove fuggo? Oh dì funesto!  

Oh Licida infelice!

ARGENE

È forse estinto

quel traditor?

AMINTA

No, ma il sarà fra poco.

ARGENE

Non lo credere, Aminta. Hanno i malvagi

molti compagni; onde giammai non sono

poveri di soccorso.

AMINTA

Or ti lusinghi:

non v'è più che sperar. Contro di lui

gridan le leggi, il popolo congiura,

fremono i sacerdoti. Un sangue chiede

l'offesa maestà. De' sacrifici,

che una colpa interrompe, è il delinquente

vittima necessaria. Ha già deciso

il pubblico consenso. Egli svenato

fia su l'ara di Giove. Esser vi deve

l'offeso re presente; e al sacerdote

porgere il sacro acciaro.

ARGENE

E non potrebbe

rivocarsi il decreto?

AMINTA

E come? Il reo

già in bianche spoglie è avvolto. Il crin di fiori

io coronar gli vidi; e 'l vidi, oh dio!

incamminarsi al tempio. Ah! fors'è giunto:

ah! forse adesso, Argene,

la bipenne fatal gli apre le vene.

ARGENE

Ah no, povero prence!

(piange)

AMINTA

Che giova il pianto?

ARGENE

Ed Aristea non giunse?

AMINTA

Giunse; ma nulla ottenne. Il re non vuole,

o non può compiacerla.

ARGENE

E Megacle?

AMINTA

Il meschino

ne' custodi s'avvenne,

che ne andavano in traccia. Or l'ascoltai

chieder fra le catene

di morir per l'amico: e, se non fosse

ancor ei delinquente,

ottenuto l'avria. Ma un reo per l'altro

morir non può.

ARGENE

L'ha procurato almeno.

Oh forte! Oh generoso! Ed io l'ascolto

senza arrossir? Dunque ha più saldi nodi

l'amistà che l'amore? Ah quali io sento

d'un'emula virtù stimoli al fianco!

Sì, rendiamoci illustri. In fin che dura,

parli il mondo di noi. Faccia il mio caso

meraviglia e pietà: né si ritrovi

nell'universo tutto

chi ripeta il mio nome a ciglio asciutto.

 

Fiamma ignota nell'alma mi scende:  

sento il nume; m'inspira, m'accende,

di me stessa mi rende maggior.

Ferri, bende, bipenni, ritorte,

pallid'ombre, compagne di morte,

già vi guardo, ma senza terror.

(parte)

Argene ->

 

Scena quinta

Aminta solo.

 

 

Fuggi, salvati, Aminta. In queste sponde  

tutto è orror, tutto è morte. E dove, oh dio!

senza Licida io vado? Io l'educai

con sì lungo sudore: a regie fasce

io l'innalzai da sconosciuta cuna;

ed or potrei senz'esso

partir così? No. Si ritorni al tempio:

si vada incontro all'ira

dell'oltraggiato re. Licida involva

me ancor ne falli sui:

si mora di dolor, ma accanto a lui.

 

Son qual per mare ignoto  

naufrago passeggiero,

già con la morte a nuoto

ridotto a contrastar.

Ora un sostegno ed ora

perde una stella; al fine

perde la speme ancora

e s'abbandona al mar.

(parte)

Aminta ->

 
 

Scena sesta

Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in vari piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all'intorno de' sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori.
Clistene che scende dal tempio, preceduto da un numeroso Popolo, da' suoi Custodi, da Licida in bianca veste coronato da fiori, da Alcandro e dal Coro de' Sacerdoti, de' quali alcuni portano sopra bacili d'oro gli stromenti del sacrificio.

 Q 

popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti

<- Clistene

 

CORO

I tuoi strali terror de' mortali  

ah! sospendi, gran padre de' numi,

ah! deponi, gran nume de' re.

 

PARTE DEL CORO

Fumi il tempio del sangue d'un empio,

che oltraggiò con insano furore,

sommo Giove, un'immago di te.

 

CORO

I tuoi strali terror de' mortali

ah! sospendi, gran padre de' numi,

ah! deponi, gran nume de' re.

 

PARTE DEL CORO

L'onde chete del pallido Lete

l'empio varchi; ma il nostro timore

ma il suo fallo portando con sé.

 

CORO

I tuoi strali terror de' mortali

ah! sospendi, gran padre de' numi,

ah! deponi, gran nume de' re.

 

CLISTENE

Giovane sventurato, ecco vicino  

de' tuoi miseri dì l'ultimo istante.

Tanta pietade (e mi punisca Giove

se adombro il ver) tanta pietà mi fai,

che non oso mirarti. Il ciel volesse

che potess'io dissimular l'errore:

ma non lo posso, o figlio. Io son custode

della ragion del trono. Al braccio mio

illesa altri la diede;

e renderla degg'io

illesa o vendicata a chi succede.

Obbligo di chi regna

necessario è così, come penoso,

il dover con misura esser pietoso.

Pur se nulla ti resta

a desiar, fuor che la vita, esponi

libero il tuo desire. Esserne io giuro

fedele esecutor. Quanto ti piace,

figlio, prescrivi; e chiudi i lumi in pace.

LICIDA

Padre, che ben di padre,

non di giudice e re, que' detti sono,

non merito perdono,

non lo spero, no 'l chiedo, e no 'l vorrei.

Afflisse i giorni miei

di tal modo la sorte,

ch'io la vita pavento, e non la morte.

L'unico de' miei voti

è il riveder l'amico

pria di spirar. Già ch'ei rimase in vita,

l'ultima grazia imploro

d'abbracciarlo una volta, e lieto io moro.

CLISTENE

T'appagherò.

(alle guardie)

Custodi,

Megacle a me.

ALCANDRO

Signor, tu piangi! E quale

eccessiva pietà l'alma t'ingombra?

CLISTENE

Alcandro, lo confesso,

stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio,

la voce di costui nel cor mi desta

un palpito improvviso,

che lo risente in ogni fibra il sangue.

Fra tutti i miei pensieri

la cagion ne ricerco, e non la trovo.

Che sarà, giusti dèi, questo ch'io provo?

 

Non so donde viene  

quel tenero affetto

quel moto, che ignoto

mi nasce nel petto;

quel gel, che le vene

scorrendo mi va.

Nel seno a destarmi

sì fieri contrasti

non parmi che basti

la sola pietà.

 
 

Scena settima

Megacle fra le Guardie e detti.

<- Megacle, guardie

 

LICIDA

Ah! vieni, illustre esempio  

di verace amistà: Megacle amato,

caro Megacle, vieni.

MEGACLE

Ah qual ti trovo,

povero prence!

LICIDA

Il rivederti in vita

mi fa dolce la morte.

MEGACLE

E che mi giova

una vita, che invano

voglio offrir per la tua? Ma molto innanzi,

Licida, non andrai. Noi passeremo

ombre amiche indivise il guado estremo.

LICIDA

O delle gioie mie, de' miei martiri,

finché piacque al destin, dolce compagno,

separarci convien. Poiché siam giunti

agli ultimi momenti,

quella destra fedel porgimi, e senti.

Sia preghiera, o comando

vivi; io bramo così. Pietoso amico

chiudimi tu di propria mano i lumi;

ricordati di me. Ritorna in Creta

al padre mio... (Povero padre! A questo

preparato non sei colpo crudele.)

Deh tu l'istoria amara

raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto

reggi, assisti, consola;

lo raccomando a te. Se piange, il pianto

tu gli asciuga sul ciglio;

e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.

MEGACLE

Taci: mi fai morir.

CLISTENE

Non posso, Alcandro,

resister più. Guarda que' volti: osserva

que' replicati amplessi,

que' teneri sospiri e que' confusi

fra le lagrime alterne ultimi baci.

Povera umanità!

ALCANDRO

Signor, trascorre

l'ora permessa al sacrifizio.

CLISTENE

È vero.

Olà, sacri ministri,

la vittima prendete. E voi, custodi,

dall'amico infelice

dividete colui.

(son divisi da' sacerdoti e da' custodi)

MEGACLE

Barbari! Ah voi

avete dal mio sen svelto il cor mio!

LICIDA

Ah dolce amico!

MEGACLE

Ah caro prence!

(guardandosi da lontano)

LICIDA E MEGACLE

Addio!

 

CORO

I tuoi strali terror de' mortali

ah! sospendi, gran padre de' numi,

ah! deponi, gran nume de' re.

 
Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a' piè dell'ara appresso al Sacerdote. Il Re prende la sacra scure, che gli vien presentata sopra un bacile da un de' Ministri del tempio; e, nel porgerla al Sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia.
 

CLISTENE

O degli uomini padre e degli dèi,  

onnipotente Giove,

al cui cenno si move

il mar, la terra, il ciel; di cui ripieno

è l'universo, e dalla man di cui

pende d'ogni cagione e d'ogni evento

la connessa catena;

questa, che a te si svena,

sacra vittima accogli. Essa i funesti,

che ti splendono in man, folgori arresti.

(nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene)
 

Scena ottava

Argene e detti.

<- Argene

 

ARGENE

Fermati, o re. Fermate,  

sacri ministri.

CLISTENE

Oh insano ardir! Non sai,

ninfa, qual opra turbi?

ARGENE

Anzi più grata

vengo a renderla a Giove. Una io vi reco

vittima volontaria ed innocente,

che ha valor, che ha desio

di morir per quel reo.

CLISTENE

Qual è?

ARGENE

Son io.

MEGACLE

(Oh bella fede!)

LICIDA

(Oh mio rossor!)

CLISTENE

Dovresti

saper che al debil sesso

pe 'l più forte morir non è permesso.

ARGENE

Ma il morir non si vieta

per lo sposo a una sposa. In questa guisa

so che al tessalo Admeto

serbò la vita Alceste; e so che poi

l'esempio suo divenne legge a noi.

CLISTENE

Che perciò? Sei tu forse

di Licida consorte?

ARGENE

Ei me ne diede

in pegno la sua destra e la sua fede.

CLISTENE

Licori, io, che t'ascolto,

son più folle di te. D'un regio erede

una vil pastorella

dunque...

ARGENE

Né vil son io,

né son Licori. Argene ho nome: in Creta

chiara è del sangue mio la gloria antica:

e, se giurommi fé, Licida il dica.

CLISTENE

Licida, parla.

LICIDA

(È l'esser menzognero

questa volta pietà.) No, non è vero.

ARGENE

Come! E negar lo puoi? Volgiti, ingrato;

riconosci i tuoi doni,

se me non vuoi. L'aureo monile è questo,

che nel punto funesto

di giurarmi tua sposa

ebbi da te. Ti risovvenga almeno

che di tua man me ne adornasti il seno.

LICIDA

(Pur troppo è ver.)

ARGENE

Guardalo, o re.

CLISTENE

(alle guardie che vogliono allontanarla a forza)

Dinanzi

mi si tolga costei.

ARGENE

Popoli, amici,

sacri ministri, eterni dèi, se pure

n'è alcun presente al sacrifizio ingiusto,

protesto innanzi a voi; giuro ch'io sono

sposa a Licida, e voglio

morir per lui: né... Principessa, ah! vieni;

soccorrimi: non vuole

udirmi il padre tuo.

 

Scena nona

Aristea e detti.

<- Aristea, seguito di Aristea

 

ARISTEA

Credimi, o padre,  

è degna di pietà.

CLISTENE

Dunque volete

ch'io mi riduca a delirar con voi?

Parla; ma siano brevi i detti tuoi.

ARGENE

Parlino queste gemme,

(porge il monile a Clistene)

io tacerò. Van di tai fregi adorne

in Elide le ninfe?

CLISTENE

(lo guarda e si turba)

Ahimè, che miro!

Alcandro riconosci

questo monil?

ALCANDRO

Se il riconosco? È quello

che al collo avea, quando l'esposi all'onde,

il tuo figlio bambin.

CLISTENE

Licida (oh dio!

tremo da capo a piè). Licida, sorgi,

guarda: è ver che costei

l'ebbe in dono da te?

LICIDA

Però non debbe

morir per me. Fu la promessa occulta,

non ebbe effetto; e col solenne rito

l'imeneo non si strinse.

CLISTENE

Io chiedo solo

se il dono è tuo.

LICIDA

Sì.

CLISTENE

Da qual man ti venne?

LICIDA

A me donollo Aminta.

CLISTENE

E questo Aminta

chi è?

LICIDA

Quello a cui diede

il genitor degli anni miei la cura.

CLISTENE

Dove sta?

LICIDA

Meco venne;

meco in Elide è giunto.

CLISTENE

Questo Aminta si cerchi.

ARGENE

Eccolo appunto.

 

Scena decima

Aminta e detti.

<- Aminta

 

AMINTA

(vuol abbracciarlo)

Ah, Licida...  

CLISTENE

T'accheta.

Rispondi, e non mentir. Questo monile

donde avesti?

AMINTA

Signor, da mano ignota,

già scorse il quinto lustro

ch'io l'ebbi in don.

CLISTENE

Dov'eri allor?

AMINTA

Là, dove

in mar presso a Corinto

sbocca il torbido Asopo.

ALCANDRO

(guardando attentamente Aminta)

(Ah! ch'io rinvengo

delle note sembianze

qualche traccia in quel volto. Io non m'inganno:

certo egli è desso.)

(inginocchiandosi)

Ah! d'un antico errore

mio re, son reo. Deh me 'l perdona: io tutto

fedelmente dirò.

CLISTENE

Sorgi, favella.

ALCANDRO

Al mar, come imponesti,

non esposi il bambin: pietà mi vinse.

Costui straniero, ignoto

mi venne innanzi, e gliel donai, sperando

che in rimote contrade

tratto l'avrebbe.

CLISTENE

E quel fanciullo, Aminta,

dov'è? Che ne facesti?

AMINTA

Io... (Quale arcano

ho da scoprir!)

CLISTENE

Tu impallidisci! Parla,

empio; di', che ne fu? Tacendo aggiungi

all'antico delitto error novello.

AMINTA

L'hai presente, o signor: Licida è quello.

CLISTENE

Come! non è di Creta

Licida il prence?

AMINTA

Il vero prence in fasce

finì la vita. Io, ritornato appunto

con lui bambino in Creta, al re dolente

l'offersi in dono: ei dell'estinto in vece

al trono l'educò per mio consiglio.

CLISTENE

(abbracciandolo)

Oh numi! ecco Filinto, ecco il mio figlio.

ARISTEA

Stelle!

LICIDA

Io tuo figlio?

CLISTENE

Sì. Tu mi nascesti

gemello ad Aristea. Delfo m'impose

d'esporti al mar bambino, un parricida

minacciandomi in te.

LICIDA

Comprendo adesso

l'orror che mi gelò, quando la mano

sollevai per ferirti.

CLISTENE

Adesso intendo

l'eccessiva pietà, che nel mirarti

mi sentivo nel cor.

AMINTA

Felice padre!

ALCANDRO

Oggi molti in un punto

puoi render lieti.

CLISTENE

E lo desio. D'Argene

Filinto il figlio mio,

Megacle d'Aristea vorrei consorte;

ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte.

MEGACLE

Non è più reo, quando è tuo figlio.

CLISTENE

È forse

la libertà de' falli

permessa al sangue mio? Qui viene ogni altro

valore a dimostrar, l'unico esempio

esser degg'io di debolezza? Ah questo

di me non oda il mondo. Olà, ministri,

risvegliate su l'ara il sacro fuoco.

Va, figlio, e mori. Anch'io morrò fra poco.

AMINTA

Che giustizia inumana!

ALCANDRO

Che barbara virtù!

MEGACLE

Signor, t'arresta.

Tu non puoi condannarlo. In Sicione

sei re, non in Olimpia. È scorso il giorno,

a cui tu presiedesti. Il reo dipende

dal pubblico giudizio.

CLISTENE

E ben s'ascolti

dunque il pubblico voto. A pro del reo

non prego, non comando, e non consiglio.

 

CORO DI SACERDOTI E POPOLO

Viva il figlio delinquente,  

perché in lui non sia punito

l'innocente genitor.

Né funesti il dì presente,

né disturbi il sacro rito

un'idea di tanto orror.

 

popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti, Clistene, Megacle, guardie, Argene, Aristea, Aminta ->

 
Segue il ballo di Dame greche del Séguito d'Aristea e di Atleti olimpici.

<- atleti

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Rovine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte d'edera, di spini e d'altre piante selvagge.

Megacle, Aminta
 

(Megacle trattenuto da Aminta; poi Aristea trattenuta da Argene: quelli non veggon queste)

Lasciami, invan t'opponi

Megacle, Aminta
<- Aristea, Argene

Lasciami Argene

(Megacle sfugge ad Aminta, Aristea ad Argene; s'incontrano a mezzo il teatro)

Oh stelle! / Oh numi!

Megacle, Aminta, Aristea, Argene
<- Alcandro

Oh sacrilego! Oh insano!

Megacle, Aristea, Argene, Alcandro
Aminta ->

E Licida che dice?

Megacle, Argene, Alcandro
Aristea ->

Deh secondate, o numi

Argene, Alcandro
Megacle ->

E pure a mio dispetto

Argene, Alcandro
<- Aminta

Misero dove fuggo? Oh dì funesto!

Alcandro, Aminta
Argene ->

Fuggi, salvati, Aminta

Alcandro
Aminta ->

Esterno del tempio di Giove olimpico; piazza innanzi al medesimo con ara ardente; bosco all'intorno de' sacri ulivi.

popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti
 
popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti
<- Clistene

Giovane sventurato, ecco vicino

popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti, Clistene
<- Megacle, guardie

Ah! vieni, illustre esempio

 

(Clistene prende la sacra scure)

popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti, Clistene, Megacle, guardie
<- Argene

Fermati, o re. Fermate

popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti, Clistene, Megacle, guardie, Argene
<- Aristea, seguito di Aristea

Credimi o padre

popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti, Clistene, Megacle, guardie, Argene, Aristea, seguito di Aristea
<- Aminta

Ah Licida... / T'accheta

seguito di Aristea
popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti, Clistene, Megacle, guardie, Argene, Aristea, Aminta ->
seguito di Aristea
<- atleti

(ballo di dame greche e di atleti olimpici)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima
Fondo selvoso di cupa ed angusta valle, adombrata da grandi alberi, che giungono ad intrecciare i rami... Vasta campagna alle falde d'un monte, sparsa di capanne; ponte rustico sul fiume, composto... Rovine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte d'edera, di spini e d'altre piante selvagge. Esterno del tempio di Giove olimpico; piazza innanzi al medesimo con ara...
Atto primo Atto secondo

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