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Scena prima |
Bipartita, che si forma dalle rovine di un antico ippodromo, già ricoperte in gran parte d'edera, di spini e d'altre piante selvagge. Megacle, trattenuto da Aminta per una parte, e dopo Aristea, trattenuta da Argene per l'altra: ma quelli non veggon queste. |
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Megacle, Aminta
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MEGACLE |
Lasciami. In van t'opponi.
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AMINTA |
Ah torna, amico,
una volta in te stesso. In tuo soccorso
pronta sempre la mano
del pescator, ch'or ti salvò dall'onde,
credimi, non avrai. Si stanca il cielo
d'assister chi l'insulta.
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MEGACLE |
Empio soccorso,
inumana pietà! negar la morte
a chi vive morendo. Aminta, oh dio!
lasciami.
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AMINTA |
| |
| <- Aristea, Argene
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ARISTEA |
| |
ARGENE |
| |
| |
MEGACLE |
Senz'Aristea non posso,
non deggio viver più.
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ARISTEA |
Morir vogl'io
dove Megacle è morto.
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| |
AMINTA (a Megacle) |
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ARGENE (ad Aristea) |
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MEGACLE |
| |
ARISTEA |
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MEGACLE |
Non si ritrova
più conforto per me.
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ARISTEA |
Per me nel mondo
non v'è più che sperar.
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MEGACLE |
| |
ARISTEA |
| |
MEGACLE |
- ...indarno tu pretendi.
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ARISTEA |
| |
| |
AMINTA |
(volendo trattener Megacle che gli fugge)
Ferma.
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ARGENE |
(volendo trattener Aristea come sopra)
Senti, infelice.
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| (incontrandosi a mezzo il teatro) | |
ARISTEA |
| |
MEGACLE |
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ARISTEA |
| |
MEGACLE |
| |
ARISTEA |
Ingrato! E tanto
m'odii dunque e mi fuggi,
che, per esserti unita
s'io m'affretto a morir, tu torni in vita?
| |
MEGACLE |
Vedi a qual segno è giunta,
adorata Aristea, la mia sventura;
io non posso morir: trovo impedite
tutte le vie, per cui si passa a Dite.
| |
ARISTEA |
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Scena seconda |
Alcandro e detti. |
<- Alcandro
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ALCANDRO |
Oh sacrilego! Oh insano!
Oh scellerato ardir!
| |
ARISTEA |
Vi sono ancora
nuovi disastri, Alcandro?
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ALCANDRO |
In questo istante
rinasce il padre tuo.
| |
ARISTEA |
| |
ALCANDRO |
Che orrore,
che ruina, che lutto,
se 'l ciel non difendea, n'avrebbe involti!
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ARISTEA |
| |
ALCANDRO |
Già sai che per costume antico
questo festivo dì con un solenne
sacrifizio si chiude. Or mentre al tempio
venìa fra' suoi custodi
la sacra pompa a celebrar Clistene,
perché non so, né da qual parte uscito,
Licida impetuoso
ci attraversa il cammin. Non vidi mai
più terribile aspetto. Armato il braccio,
nuda la fronte avea, lacero il manto,
scomposto il crin. Dalle pupille accese
uscia torbido il guardo; e per le gote,
d'inaridite lagrime segnate,
traspirava il furore. Urta, rovescia
i sorpresi custodi; al re s'avventa:
«Mori», grida fremendo, e gli alza in fronte
il sacrilego ferro.
| |
ARISTEA |
| |
ALCANDRO |
Non cangia
il re sito o color. Severo il guardo
gli ferma in faccia; e in grave suon gli dice:
«Temerario, che fai?». (Vedi se il cielo
veglia in cura de' re!) Gela a que' detti
il giovane feroce. Il braccio in alto
sospende a mezzo il colpo. Il regio aspetto
attonito rimira: impallidisce;
incomincia a tremar: gli cade il ferro;
e dal ciglio, che tanto
minaccioso parea, prorompe il pianto.
| |
ARISTEA |
| |
ALCANDRO |
| |
AMINTA |
| |
ARISTEA |
Ed ora
il genitor che fa?
| |
ALCANDRO |
Di lacci avvolto
ha il colpevole innanzi.
| |
AMINTA |
(Ah! si procuri
di salvar l'infelice.)
(parte)
| Aminta ->
|
| |
MEGACLE |
| |
ALCANDRO |
Alle richieste
nulla risponde. È reo di morte, e pare
che no 'l sappia, o no 'l curi. Ognor piangendo
il suo Megacle chiama: a tutti il chiede,
lo vuol da tutti; e fra' suoi labbri, come
altro non sappia dir, sempre ha quel nome.
| |
MEGACLE |
Più resister non posso. Al caro amico
per pietà chi mi guida?
| |
ARISTEA |
Incauto! E quale
sarebbe il tuo disegno? Il genitore
sa che tu l'ingannasti;
sa che Megacle sei. Perdi te stesso
presentandoti al re; non salvi altrui.
| |
MEGACLE |
Col mio principe insieme
almen mi perderò.
(vuol partire)
| |
ARISTEA |
Senti. E non stimi
consiglio assai miglior, che il padre offeso
vada a placare io stessa?
| |
MEGACLE |
Ah! che di tanto
lusingarmi non so.
| |
ARISTEA |
Sì, questo ancora
per te si faccia.
| |
MEGACLE |
Oh generosa, oh grande,
oh pietosa Aristea! Facciano i numi
quell'alma bella in questa bella spoglia
lungamente albergar. Ben lo diss'io,
quando pria ti mirai, che tu non eri
cosa mortal. Va, mio conforto...
| |
ARISTEA |
Ah basta;
non fa d'uopo di tanto.
Un sol de' guardi tuoi
mi costringe a voler ciò che tu vuoi.
| |
| |
|
Caro, son tua così,
che per virtù d'amor
i moti del tuo cor
risento anch'io.
Mi dolgo al tuo dolor;
gioisco al tuo gioir;
ed ogni tuo desir
diventa il mio.
(parte)
| S
(♦)
(♦)
Aristea ->
|
|
|
Scena terza |
Megacle ed Argene. |
|
| |
MEGACLE |
Deh secondate, o numi,
la pietà d'Aristea. Chi sa se il padre
però si placherà. Troppa ragione
ha di punirlo, è ver; ma della figlia
lo vincerà l'amore. E se no 'l vince?
Oh dio! Potessi almeno
veder come l'ascolta. Argene, io voglio
seguitarla da lungi.
| |
ARGENE |
Ah tanta cura
non prender di costui. Vedi che 'l cielo
è stanco di soffrirlo. Al suo destino
lascialo in abbandono.
| |
MEGACLE |
Lasciar l'amico! Ah così vil non sono.
| |
| |
|
Lo seguitai felice
quand'era il ciel sereno,
alle tempeste in seno
voglio seguirlo ancor.
Come dell'oro il fuoco
scopre le masse impure,
scoprono le sventure
de' falsi amici il cor.
(parte)
| Megacle ->
|
|
|
Scena quarta |
Argene, e poi Aminta. |
|
| |
ARGENE |
E pure a mio dispetto
sento pietade anch'io. Tento sdegnarmi,
ne ho ragion, lo vorrei; ma in mezzo all'ira,
mentre il labbro minaccia, il cor sospira.
Sarai debole, Argene,
dunque a tal segno? Ah no. Spergiuro! Ingrato!
non sarà ver. Detesto
la mia pietà. Mai più mirar non voglio
quel volto ingannator. L'odio: mi piace
di vederlo punir. Trafitto a morte
se mi cadesse accanto,
non verserei per lui stilla di pianto.
| |
| <- Aminta
|
AMINTA |
Misero dove fuggo? Oh dì funesto!
Oh Licida infelice!
| |
ARGENE |
È forse estinto
quel traditor?
| |
AMINTA |
| |
ARGENE |
Non lo credere, Aminta. Hanno i malvagi
molti compagni; onde giammai non sono
poveri di soccorso.
| |
AMINTA |
Or ti lusinghi:
non v'è più che sperar. Contro di lui
gridan le leggi, il popolo congiura,
fremono i sacerdoti. Un sangue chiede
l'offesa maestà. De' sacrifici,
che una colpa interrompe, è il delinquente
vittima necessaria. Ha già deciso
il pubblico consenso. Egli svenato
fia su l'ara di Giove. Esser vi deve
l'offeso re presente; e al sacerdote
porgere il sacro acciaro.
| |
ARGENE |
E non potrebbe
rivocarsi il decreto?
| |
AMINTA |
E come? Il reo
già in bianche spoglie è avvolto. Il crin di fiori
io coronar gli vidi; e 'l vidi, oh dio!
incamminarsi al tempio. Ah! fors'è giunto:
ah! forse adesso, Argene,
la bipenne fatal gli apre le vene.
| |
ARGENE |
Ah no, povero prence!
(piange)
| |
AMINTA |
| |
ARGENE |
| |
AMINTA |
Giunse; ma nulla ottenne. Il re non vuole,
o non può compiacerla.
| |
ARGENE |
| |
AMINTA |
Il meschino
ne' custodi s'avvenne,
che ne andavano in traccia. Or l'ascoltai
chieder fra le catene
di morir per l'amico: e, se non fosse
ancor ei delinquente,
ottenuto l'avria. Ma un reo per l'altro
morir non può.
| |
ARGENE |
L'ha procurato almeno.
Oh forte! Oh generoso! Ed io l'ascolto
senza arrossir? Dunque ha più saldi nodi
l'amistà che l'amore? Ah quali io sento
d'un'emula virtù stimoli al fianco!
Sì, rendiamoci illustri. In fin che dura,
parli il mondo di noi. Faccia il mio caso
meraviglia e pietà: né si ritrovi
nell'universo tutto
chi ripeta il mio nome a ciglio asciutto.
| |
| |
|
Fiamma ignota nell'alma mi scende:
sento il nume; m'inspira, m'accende,
di me stessa mi rende maggior.
Ferri, bende, bipenni, ritorte,
pallid'ombre, compagne di morte,
già vi guardo, ma senza terror.
(parte)
| Argene ->
|
|
|
Scena quinta |
Aminta solo. |
|
| |
|
Fuggi, salvati, Aminta. In queste sponde
tutto è orror, tutto è morte. E dove, oh dio!
senza Licida io vado? Io l'educai
con sì lungo sudore: a regie fasce
io l'innalzai da sconosciuta cuna;
ed or potrei senz'esso
partir così? No. Si ritorni al tempio:
si vada incontro all'ira
dell'oltraggiato re. Licida involva
me ancor ne falli sui:
si mora di dolor, ma accanto a lui.
| |
| |
|
Son qual per mare ignoto
naufrago passeggiero,
già con la morte a nuoto
ridotto a contrastar.
Ora un sostegno ed ora
perde una stella; al fine
perde la speme ancora
e s'abbandona al mar.
(parte)
| Aminta ->
|
| |
| | |
|
|
Scena sesta |
Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in vari piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all'intorno de' sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori. Clistene che scende dal tempio, preceduto da un numeroso Popolo, da' suoi Custodi, da Licida in bianca veste coronato da fiori, da Alcandro e dal Coro de' Sacerdoti, de' quali alcuni portano sopra bacili d'oro gli stromenti del sacrificio. |
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popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti
<- Clistene
|
| |
|
CORO
I tuoi strali terror de' mortali
ah! sospendi, gran padre de' numi,
ah! deponi, gran nume de' re.
| |
| |
|
PARTE DEL CORO
Fumi il tempio del sangue d'un empio,
che oltraggiò con insano furore,
sommo Giove, un'immago di te.
| |
| |
|
CORO
I tuoi strali terror de' mortali
ah! sospendi, gran padre de' numi,
ah! deponi, gran nume de' re.
| |
| |
|
PARTE DEL CORO
L'onde chete del pallido Lete
l'empio varchi; ma il nostro timore
ma il suo fallo portando con sé.
| |
| |
|
CORO
I tuoi strali terror de' mortali
ah! sospendi, gran padre de' numi,
ah! deponi, gran nume de' re.
| |
| |
CLISTENE |
Giovane sventurato, ecco vicino
de' tuoi miseri dì l'ultimo istante.
Tanta pietade (e mi punisca Giove
se adombro il ver) tanta pietà mi fai,
che non oso mirarti. Il ciel volesse
che potess'io dissimular l'errore:
ma non lo posso, o figlio. Io son custode
della ragion del trono. Al braccio mio
illesa altri la diede;
e renderla degg'io
illesa o vendicata a chi succede.
Obbligo di chi regna
necessario è così, come penoso,
il dover con misura esser pietoso.
Pur se nulla ti resta
a desiar, fuor che la vita, esponi
libero il tuo desire. Esserne io giuro
fedele esecutor. Quanto ti piace,
figlio, prescrivi; e chiudi i lumi in pace.
| |
LICIDA |
Padre, che ben di padre,
non di giudice e re, que' detti sono,
non merito perdono,
non lo spero, no 'l chiedo, e no 'l vorrei.
Afflisse i giorni miei
di tal modo la sorte,
ch'io la vita pavento, e non la morte.
L'unico de' miei voti
è il riveder l'amico
pria di spirar. Già ch'ei rimase in vita,
l'ultima grazia imploro
d'abbracciarlo una volta, e lieto io moro.
| |
CLISTENE |
T'appagherò.
(alle guardie)
Custodi,
Megacle a me.
| |
ALCANDRO |
Signor, tu piangi! E quale
eccessiva pietà l'alma t'ingombra?
| |
CLISTENE |
Alcandro, lo confesso,
stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio,
la voce di costui nel cor mi desta
un palpito improvviso,
che lo risente in ogni fibra il sangue.
Fra tutti i miei pensieri
la cagion ne ricerco, e non la trovo.
Che sarà, giusti dèi, questo ch'io provo?
| |
| |
|
Non so donde viene
quel tenero affetto
quel moto, che ignoto
mi nasce nel petto;
quel gel, che le vene
scorrendo mi va.
Nel seno a destarmi
sì fieri contrasti
non parmi che basti
la sola pietà.
| |
| |
|
|
Scena settima |
Megacle fra le Guardie e detti. |
<- Megacle, guardie
|
| |
LICIDA |
Ah! vieni, illustre esempio
di verace amistà: Megacle amato,
caro Megacle, vieni.
| |
MEGACLE |
Ah qual ti trovo,
povero prence!
| |
LICIDA |
Il rivederti in vita
mi fa dolce la morte.
| |
MEGACLE |
E che mi giova
una vita, che invano
voglio offrir per la tua? Ma molto innanzi,
Licida, non andrai. Noi passeremo
ombre amiche indivise il guado estremo.
| |
LICIDA |
O delle gioie mie, de' miei martiri,
finché piacque al destin, dolce compagno,
separarci convien. Poiché siam giunti
agli ultimi momenti,
quella destra fedel porgimi, e senti.
Sia preghiera, o comando
vivi; io bramo così. Pietoso amico
chiudimi tu di propria mano i lumi;
ricordati di me. Ritorna in Creta
al padre mio... (Povero padre! A questo
preparato non sei colpo crudele.)
Deh tu l'istoria amara
raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto
reggi, assisti, consola;
lo raccomando a te. Se piange, il pianto
tu gli asciuga sul ciglio;
e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
| |
MEGACLE |
| |
CLISTENE |
Non posso, Alcandro,
resister più. Guarda que' volti: osserva
que' replicati amplessi,
que' teneri sospiri e que' confusi
fra le lagrime alterne ultimi baci.
Povera umanità!
| |
ALCANDRO |
Signor, trascorre
l'ora permessa al sacrifizio.
| |
CLISTENE |
È vero.
Olà, sacri ministri,
la vittima prendete. E voi, custodi,
dall'amico infelice
dividete colui.
| |
| (son divisi da' sacerdoti e da' custodi) | |
MEGACLE |
Barbari! Ah voi
avete dal mio sen svelto il cor mio!
| |
LICIDA |
| |
MEGACLE |
| |
| (guardandosi da lontano) | |
LICIDA E MEGACLE |
| |
| |
|
CORO
I tuoi strali terror de' mortali
ah! sospendi, gran padre de' numi,
ah! deponi, gran nume de' re.
| |
| |
Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a' piè dell'ara appresso al Sacerdote. Il Re prende la sacra scure, che gli vien presentata sopra un bacile da un de' Ministri del tempio; e, nel porgerla al Sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia. | |
| |
|
CLISTENE
O degli uomini padre e degli dèi,
onnipotente Giove,
al cui cenno si move
il mar, la terra, il ciel; di cui ripieno
è l'universo, e dalla man di cui
pende d'ogni cagione e d'ogni evento
la connessa catena;
questa, che a te si svena,
sacra vittima accogli. Essa i funesti,
che ti splendono in man, folgori arresti.
| |
| (nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene) | |
|
|
Scena ottava |
Argene e detti. |
<- Argene
|
| |
ARGENE |
Fermati, o re. Fermate,
sacri ministri.
| |
CLISTENE |
Oh insano ardir! Non sai,
ninfa, qual opra turbi?
| |
ARGENE |
Anzi più grata
vengo a renderla a Giove. Una io vi reco
vittima volontaria ed innocente,
che ha valor, che ha desio
di morir per quel reo.
| |
CLISTENE |
| |
ARGENE |
| |
MEGACLE |
| |
LICIDA |
| |
CLISTENE |
Dovresti
saper che al debil sesso
pe 'l più forte morir non è permesso.
| |
ARGENE |
Ma il morir non si vieta
per lo sposo a una sposa. In questa guisa
so che al tessalo Admeto
serbò la vita Alceste; e so che poi
l'esempio suo divenne legge a noi.
| |
CLISTENE |
Che perciò? Sei tu forse
di Licida consorte?
| |
ARGENE |
Ei me ne diede
in pegno la sua destra e la sua fede.
| |
CLISTENE |
Licori, io, che t'ascolto,
son più folle di te. D'un regio erede
una vil pastorella
dunque...
| |
ARGENE |
Né vil son io,
né son Licori. Argene ho nome: in Creta
chiara è del sangue mio la gloria antica:
e, se giurommi fé, Licida il dica.
| |
CLISTENE |
| |
LICIDA |
(È l'esser menzognero
questa volta pietà.) No, non è vero.
| |
ARGENE |
Come! E negar lo puoi? Volgiti, ingrato;
riconosci i tuoi doni,
se me non vuoi. L'aureo monile è questo,
che nel punto funesto
di giurarmi tua sposa
ebbi da te. Ti risovvenga almeno
che di tua man me ne adornasti il seno.
| |
LICIDA |
| |
ARGENE |
| |
CLISTENE |
(alle guardie che vogliono allontanarla a forza)
Dinanzi
mi si tolga costei.
| |
ARGENE |
Popoli, amici,
sacri ministri, eterni dèi, se pure
n'è alcun presente al sacrifizio ingiusto,
protesto innanzi a voi; giuro ch'io sono
sposa a Licida, e voglio
morir per lui: né... Principessa, ah! vieni;
soccorrimi: non vuole
udirmi il padre tuo.
| |
|
|
Scena nona |
Aristea e detti. |
<- Aristea, seguito di Aristea
|
| |
ARISTEA |
Credimi, o padre,
è degna di pietà.
| |
CLISTENE |
Dunque volete
ch'io mi riduca a delirar con voi?
Parla; ma siano brevi i detti tuoi.
| |
ARGENE |
Parlino queste gemme,
(porge il monile a Clistene)
io tacerò. Van di tai fregi adorne
in Elide le ninfe?
| |
CLISTENE |
(lo guarda e si turba)
Ahimè, che miro!
Alcandro riconosci
questo monil?
| |
ALCANDRO |
Se il riconosco? È quello
che al collo avea, quando l'esposi all'onde,
il tuo figlio bambin.
| |
CLISTENE |
Licida (oh dio!
tremo da capo a piè). Licida, sorgi,
guarda: è ver che costei
l'ebbe in dono da te?
| |
LICIDA |
Però non debbe
morir per me. Fu la promessa occulta,
non ebbe effetto; e col solenne rito
l'imeneo non si strinse.
| |
CLISTENE |
Io chiedo solo
se il dono è tuo.
| |
LICIDA |
| |
CLISTENE |
| |
LICIDA |
| |
CLISTENE |
| |
LICIDA |
Quello a cui diede
il genitor degli anni miei la cura.
| |
CLISTENE |
| |
LICIDA |
Meco venne;
meco in Elide è giunto.
| |
CLISTENE |
| |
ARGENE |
| |
|
|
Scena decima |
Aminta e detti. |
<- Aminta
|
| |
AMINTA |
(vuol abbracciarlo)
Ah, Licida...
| |
CLISTENE |
T'accheta.
Rispondi, e non mentir. Questo monile
donde avesti?
| |
AMINTA |
Signor, da mano ignota,
già scorse il quinto lustro
ch'io l'ebbi in don.
| |
CLISTENE |
| |
AMINTA |
Là, dove
in mar presso a Corinto
sbocca il torbido Asopo.
| |
ALCANDRO |
(guardando attentamente Aminta)
(Ah! ch'io rinvengo
delle note sembianze
qualche traccia in quel volto. Io non m'inganno:
certo egli è desso.)
(inginocchiandosi)
Ah! d'un antico errore
mio re, son reo. Deh me 'l perdona: io tutto
fedelmente dirò.
| |
CLISTENE |
| |
ALCANDRO |
Al mar, come imponesti,
non esposi il bambin: pietà mi vinse.
Costui straniero, ignoto
mi venne innanzi, e gliel donai, sperando
che in rimote contrade
tratto l'avrebbe.
| |
CLISTENE |
E quel fanciullo, Aminta,
dov'è? Che ne facesti?
| |
AMINTA |
Io... (Quale arcano
ho da scoprir!)
| |
CLISTENE |
Tu impallidisci! Parla,
empio; di', che ne fu? Tacendo aggiungi
all'antico delitto error novello.
| |
AMINTA |
L'hai presente, o signor: Licida è quello.
| |
CLISTENE |
Come! non è di Creta
Licida il prence?
| |
AMINTA |
Il vero prence in fasce
finì la vita. Io, ritornato appunto
con lui bambino in Creta, al re dolente
l'offersi in dono: ei dell'estinto in vece
al trono l'educò per mio consiglio.
| |
CLISTENE |
(abbracciandolo)
Oh numi! ecco Filinto, ecco il mio figlio.
| |
ARISTEA |
| |
LICIDA |
| |
CLISTENE |
Sì. Tu mi nascesti
gemello ad Aristea. Delfo m'impose
d'esporti al mar bambino, un parricida
minacciandomi in te.
| |
LICIDA |
Comprendo adesso
l'orror che mi gelò, quando la mano
sollevai per ferirti.
| |
CLISTENE |
Adesso intendo
l'eccessiva pietà, che nel mirarti
mi sentivo nel cor.
| |
AMINTA |
| |
ALCANDRO |
Oggi molti in un punto
puoi render lieti.
| |
CLISTENE |
E lo desio. D'Argene
Filinto il figlio mio,
Megacle d'Aristea vorrei consorte;
ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte.
| |
MEGACLE |
Non è più reo, quando è tuo figlio.
| |
CLISTENE |
È forse
la libertà de' falli
permessa al sangue mio? Qui viene ogni altro
valore a dimostrar, l'unico esempio
esser degg'io di debolezza? Ah questo
di me non oda il mondo. Olà, ministri,
risvegliate su l'ara il sacro fuoco.
Va, figlio, e mori. Anch'io morrò fra poco.
| |
AMINTA |
| |
ALCANDRO |
| |
MEGACLE |
Signor, t'arresta.
Tu non puoi condannarlo. In Sicione
sei re, non in Olimpia. È scorso il giorno,
a cui tu presiedesti. Il reo dipende
dal pubblico giudizio.
| |
CLISTENE |
E ben s'ascolti
dunque il pubblico voto. A pro del reo
non prego, non comando, e non consiglio.
| |
| |
|
CORO DI SACERDOTI E POPOLO
Viva il figlio delinquente,
perché in lui non sia punito
l'innocente genitor.
Né funesti il dì presente,
né disturbi il sacro rito
un'idea di tanto orror.
| |
| popolo, custodi, Licida, Alcandro, sacerdoti, Clistene, Megacle, guardie, Argene, Aristea, Aminta ->
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| | |
| |
Segue il ballo di Dame greche del Séguito d'Aristea e di Atleti olimpici. | <- atleti
|
| |