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Scena prima |
Fondo selvoso di cupa ed angusta valle, adombrata dall'alto da grandi alberi, che giungono ad intrecciare i rami dall'uno all'altro colle, fra' quali è chiusa. Licida e Aminta. |
Q
Licida, Aminta
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LICIDA |
Ho risoluto, Aminta;
più consiglio non vuò.
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AMINTA |
Licida, ascolta.
Deh modera una volta
questo tuo violento
spirito intollerante.
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LICIDA |
E in chi poss'io
fuor che in me più sperar? Megacle istesso,
Megacle m'abbandona
nel bisogno maggiore. Or va', riposa
su la fé d'un amico.
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AMINTA |
Ancor non déi
condannarlo però. Breve cammino
non è quel che divide
Elide, in cui noi siamo,
da Creta ov'ei restò. L'ali alle piante
non ha Megacle al fin. Forse il tuo servo
subito no 'l rinvenne. Il mar frapposto
forse ritarda il suo venir. T'accheta:
in tempo giungerà. Prescritta è l'ora
agli olimpici giuochi
oltre il meriggio, ed or non è l'aurora.
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LICIDA |
Sai pur che ognun, che aspiri
all'olimpica palma, or sul mattino
dée presentarsi al tempio; il grado, il nome,
la patria palesar; di Giove all'ara
giurar di non valersi
di frode nel cimento.
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AMINTA |
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LICIDA |
T'è noto
ch'escluso è dalla pugna
chi quest'atto solenne
giunge tardi a compir? Vedi la schiera
de' concorrenti atleti? Odi il festivo
tumulto pastoral? Dunque che deggio
attender più, che più sperar?
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AMINTA |
Ma quale
sarebbe il tuo disegno?
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LICIDA |
All'ara innanzi
presentarmi con gli altri.
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AMINTA |
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LICIDA |
Con gli altri
a suo tempo pugnar.
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AMINTA |
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LICIDA |
Sì. Non credi
in me valor che basti?
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AMINTA |
Eh qui non giova,
prence, il saper come si tratti il brando.
Altra specie di guerra, altr'armi ed altri
studi son questi. Ignoti nomi a noi
cesto, disco, palestra, a' tuoi rivali
per lung'uso son tutti
familiari esercizi. Al primo incontro
del giovanile ardire
ti potresti pentir.
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LICIDA |
Se fosse a tempo
Megacle giunto a tai contese esperto,
pugnato avria per me: ma, s'ei non viene,
che far degg'io? Non si contrasta, Aminta,
oggi in Olimpia del selvaggio ulivo
la solita corona. Al vincitore
sarà premio Aristea, figlia reale
dell'invitto Clistene, onor primiero
delle greche sembianze; unica e bella
fiamma di questo cor, benché novella.
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AMINTA |
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LICIDA |
Ed Argene
più riveder non spero. Amor non vive,
quando muor la speranza.
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AMINTA |
E pur giurasti
tante volte...
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LICIDA |
T'intendo. In queste fole,
finché l'ora trascorra,
trattener mi vorresti. Addio.
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AMINTA |
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LICIDA |
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AMINTA |
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LICIDA |
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AMINTA |
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LICIDA |
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AMINTA |
Fra quelle piante
parmi... No... non è desso.
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LICIDA |
Ah mi deridi,
e lo merito, Aminta. Io fui sì cieco,
che in Megacle sperai.
(volendo partire)
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Scena seconda |
Megacle e detti. |
<- Megacle
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MEGACLE |
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LICIDA |
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MEGACLE |
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LICIDA |
Amico.
Vieni, vieni al mio seno. Ecco risorta
la mia speme cadente.
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MEGACLE |
E sarà vero
che il ciel m'offra una volta
la via d'esserti grato?
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LICIDA |
E pace e vita
tu puoi darmi, se vuoi.
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MEGACLE |
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LICIDA |
Pugnando
nell'olimpico agone
per me, col nome mio.
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MEGACLE |
Ma tu non sei
noto in Elide ancor?
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LICIDA |
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MEGACLE |
Quale oggetto
ha questa trama?
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LICIDA |
Il mio riposo. Oh dio!
non perdiamo i momenti. Appunto è l'ora
che de' rivali atleti
si raccolgono i nomi. Ah vola al tempio;
di' che Licida sei. La tua venuta
inutile sarà, se più soggiorni.
Vanne. Tutto saprai quando ritorni.
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MEGACLE
Superbo di me stesso
andrò portando in fronte
quel caro nome impresso,
come mi sta nel cor.
Dirà la Grecia poi
che fur comuni a noi
l'opre, i pensier, gli affetti,
e al fine i nomi ancor.
(parte)
| Megacle ->
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Scena terza |
Licida e Aminta. |
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LICIDA |
Oh generoso amico!
Oh Megacle fedel!
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AMINTA |
Così di lui
non parlavi poc'anzi.
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LICIDA |
Eccomi al fine
possessor d'Aristea. Vanne, disponi
tutto, mio caro Aminta. Io con la sposa,
prima che il sol tramonti,
voglio quindi partir.
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AMINTA |
Più lento, o prence,
nel fingerti felice. Ancor vi resta
molto di che temer. Potria l'inganno
esser scoperto: al paragon potrebbe
Megacle soggiacer. So ch'altre volte
fu vincitor; ma un impensato evento
so che talor confonde il vile e 'l forte;
né sempre ha la virtù l'istessa sorte.
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LICIDA |
Oh sei pure importuno
con questo tuo noioso
perpetuo dubitar. Vicino al porto
vuoi ch'io tema il naufragio? A' dubbi tuoi
chi presta fede intera,
non sa mai quando è l'alba o quando è sera.
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Quel destrier, che all'albergo è vicino,
più veloce s'affretta nel corso;
non l'arresta l'angustia del morso,
non la voce, che legge gli dà.
Tal quest'alma, che piena è di speme,
nulla teme, consiglio non sente;
e si forma una gioia presente
del pensiero che lieta sarà.
| S
(♦)
(♦)
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| (partono) | Licida, Aminta ->
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Scena quarta |
Vasta campagna alle falde d'un monte, sparsa di capanne pastorali. Ponte rustico sul fiume Alfeo, composto di tronchi d'alberi rozzamente commessi. Veduta della città d'Olimpia in lontano, interrotta da poche piante, che adornano la pianura, ma non l'ingombrano. Argene in abito di pastorella tessendo ghirlande. Coro di Ninfe e Pastori tutti occupati in lavori pastorali. E poi Aristea con Séguito. |
Q
Argene, ninfe, pastori
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CORO |
Oh care selve, oh cara
felice libertà!
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ARGENE |
Qui se un piacer si gode,
parte non v'ha la frode
ma lo condisce a gara
amore e fedeltà.
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CORO |
Oh care selve, oh cara
felice libertà!
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ARGENE |
Qui poco ognun possiede,
e ricco ognun si crede:
né, più bramando, impara
che cosa è povertà.
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CORO |
Oh care selve, oh cara
felice libertà!
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ARGENE |
Senza custodi o mura
la pace è qui sicura,
ché l'altrui voglia avara
onde allettar non ha.
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CORO |
Oh care selve, oh cara
felice libertà!
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| pastori, ninfe ->
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ARGENE |
Qui gl'innocenti amori
di ninfe...
(s'alza da sedere)
Ecco Aristea.
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| <- Aristea, seguito di Aristea
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ARISTEA |
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ARGENE |
Già il rozzo mio soggiorno
torni a render felice, o principessa?
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ARISTEA |
Ah fuggir da me stessa
potessi ancor, come dagli altri! Amica
tu non sai qual funesto
giorno per me sia questo.
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ARGENE |
È questo un giorno
glorioso per te. Di tua bellezza
qual può l'età futura
prova aver più sicura? A conquistarti
nell'olimpico agone
tutto il fior della Grecia oggi s'espone.
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ARISTEA |
Ma chi bramo non v'è. Deh si proponga
men funesta materia
al nostro ragionar. Siedi, Licori:
(siede Aristea)
gl'interrotti lavori
riprendi, e parla. Incominciasti un giorno
a narrarmi i tuoi casi. Il tempo è questo
di proseguirli. Il mio dolor seduci;
raddolcisci, se puoi,
i miei tormenti in rammentando i tuoi.
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ARGENE |
Se avran tanta virtù, senza mercede
non va la mia costanza.
(siede)
A te già dissi
che Argene è il nome mio; che in Creta io nacqui
d'illustre sangue, e che gli affetti miei
fur più nobili ancor de' miei natali.
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ARISTEA |
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ARGENE |
De' miei mali
ecco il principio. Del cretense soglio
Licida il regio erede
fu la mia fiamma, ed io la sua. Celammo
prudenti un tempo il nostro amor; ma poi
l'amor s'accrebbe, e, come in tutti avviene,
la prudenza scemò. Comprese alcuno
il favellar de' nostri sguardi: ad altri
i sensi ne spiegò. Di voce in voce
tanto in breve si stese
il maligno romor, che 'l re l'intese:
se ne sdegnò, sgridonne il figlio; a lui
vietò di più vedermi, e col divieto
glien'accrebbe il desio; che aggiunge il vento
fiamme alle fiamme, e più superbo un fiume
fanno gli argini opposti. Ebro d'amore
freme Licida, e pensa
di rapirmi e fuggir. Tutto il disegno
spiega in un foglio: a me l'invia. Tradisce
la fede il messo, e al re lo reca. È chiuso
in custodito albergo
il mio povero amante. A me s'impone
che a straniero consorte
porga la destra. Io lo ricuso. Ognuno
contro me si dichiara. Il re minaccia;
mi condannan gli amici: il padre mio
vuol che al nodo acconsenta. Altro riparo
che la fuga o la morte
al mio caso non trovo. Il men funesto
credo il più saggio, e l'eseguisco. Ignota
in Elide pervenni. In queste selve
mi proposi abitar. Qui fra pastori
pastorella mi finsi, e or son Licori:
ma serbo al caro bene
fido in sen di Licori il cor d'Argene.
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ARISTEA |
In ver mi fai pietà. Ma la tua fuga
non approvo però. Donzella e sola
cercar contrade ignote,
abbandonar...
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ARGENE |
Dunque dovea la mano
a Megacle donar?
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ARISTEA |
Megacle? (Oh nome!)
Di qual Megacle parli?
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ARGENE |
Era lo sposo
questi, che il re mi destinò. Dovea
dunque obliar...
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ARISTEA |
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ARGENE |
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ARISTEA |
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ARGENE |
Amor ve 'l trasse,
com'ei stesso dicea, ramingo, afflitto.
Nel giungervi fu colto
da stuol di masnadieri; e oppresso ormai
la vita vi perdea. Licida a sorte
vi si avvenne, e il salvò. Quindi fra loro
fidi amici fur sempre. Amico al figlio,
fu noto al padre; e dal reale impero
destinato mi fu, perché straniero.
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ARISTEA |
Ma ti ricordi ancora
le sue sembianze?
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ARGENE |
Io l'ho presente. Avea
bionde le chiome, oscuro il ciglio, i labbri
vermigli sì, ma tumidetti, e forse
oltre il dover; gli sguardi
lenti e pietosi: un arrossir frequente,
un soave parlar... Ma... principessa,
tu cambi di color! Che avvenne?
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ARISTEA |
Oh dio!
Quel Megacle, che pingi, è l'idol mio.
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ARGENE |
| |
ARISTEA |
Il vero. A lui,
lunga stagion già mio segreto amante,
perché nato in Atene,
negommi il padre mio, né volle mai
conoscerlo, vederlo,
ascoltarlo una volta. Ei disperato
da me partì; più no 'l rividi: e in questo
punto da te so de' suoi casi il resto.
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ARGENE |
In ver sembrano i nostri
favolosi accidenti.
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ARISTEA |
Ah s'ei sapesse
ch'oggi per me qui si combatte!
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ARGENE |
In Creta
a lui voli un tuo servo; e tu procura
la pugna differir.
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ARISTEA |
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ARGENE |
Clistene
è pur tuo padre: ei qui presiede eletto
arbitro delle cose; ei può, se vuole...
| |
ARISTEA |
| |
ARGENE |
Che nuoce,
principessa, il tentarlo?
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ARISTEA |
E ben, Clistene
vadasi a ritrovar.
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| (s'alzano) | |
ARGENE |
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Scena quinta |
Clistene con Séguito e dette. |
<- Clistene, seguito di Clistene
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CLISTENE |
Figlia, tutto è compìto. I nomi accolti,
le vittime svenate, al gran cimento
l'ora è prescritta; e più la pugna ormai,
senza offesa de' numi,
della pubblica fé, dell'onor mio,
differir non si può.
| |
ARISTEA |
| |
CLISTENE |
Ragion d'esser superba
io ti darei, se ti dicessi tutti
quei, che a pugnar per te vengono a gara.
V'è Olinto di Megara,
v'è Clearco di Sparta, Ati di Tebe,
Erilo di Corinto, e fin di Creta
Licida venne.
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ARISTEA |
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CLISTENE |
Licida, il figlio
del re cretense.
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ARISTEA |
| |
CLISTENE |
Ei viene
con gli altri a prova.
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ARISTEA |
| |
CLISTENE |
| |
ARISTEA |
Ah questa pugna, o padre,
si differisca.
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CLISTENE |
Un impossibil chiedi:
dissi perché. Ma la cagion non trovo
di tal richiesta.
| |
ARISTEA |
A divenir soggette
sempre v'è tempo. È d'Imeneo per noi
pesante il giogo; e già senz'esso abbiamo
che soffrire abbastanza
nella nostra servil sorte infelice.
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CLISTENE |
Dice ognuna così, ma il ver non dice.
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| |
|
Del destin non vi lagnate
se vi rese a noi soggette;
siete serve, ma regnate
nella vostra servitù.
Forti noi, voi belle siete,
e vincete in ogn'impresa,
quando vengono a contesa
la bellezza e la virtù.
(parte)
| Clistene, seguito di Clistene ->
|
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Scena sesta |
Aristea ed Argene. |
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ARGENE |
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ARISTEA |
Amica, addio:
convien ch'io siegua il padre. Ah tu, che puoi,
del mio Megacle amato,
se pietosa pur sei, come sei bella,
cerca, recami, oh dio, qualche novella.
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| |
|
Tu di saper procura
dove il mio ben s'aggira,
se più di me si cura,
se parla più di me.
Chiedi se mai sospira
quando il mio nome ascolta;
se 'l proferì tal volta
nel ragionar fra sé.
(parte)
| Aristea, seguito di Aristea ->
|
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Scena settima |
Argene sola. |
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Dunque Licida ingrato
già di me si scordò! Povera Argene,
a che mai ti serbar le stelle irate!
Imparate, imparate,
inesperte donzelle. Ecco lo stile
de' lusinghieri amanti. Ognun vi chiama
suo ben, sua vita e suo tesoro: ognuno
giura che, a voi pensando,
vaneggia il dì, veglia le notti. Han l'arte
di lagrimar, d'impallidir. Tal volta
par che su gli occhi vostri
voglian morir fra gli amorosi affanni:
guardatevi da lor, son tutti inganni.
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|
Più non si trovano
fra mille amanti
sol due bell'anime,
che sian costanti
e tutti parlano
di fedeltà.
E il reo costume
tanto s'avanza,
che la costanza
di chi ben ama
ormai si chiama
semplicità.
(parte)
| Argene ->
|
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Scena ottava |
Licida e Megacle da diverse parti. |
<- Licida
<- Megacle
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MEGACLE |
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LICIDA |
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MEGACLE |
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LICIDA |
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MEGACLE |
Tutto, o signor. Già col tuo nome al tempio
per te mi presentai. Per te fra poco
vado al cimento. Or, fin che il noto segno
della pugna si dia, spiegar mi puoi
la cagion della trama.
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LICIDA |
Oh, se tu vinci,
non ha di me più fortunato amante
tutto il regno d'Amor.
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MEGACLE |
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LICIDA |
Promessa
in premio al vincitore
è una real beltà. La vidi appena,
che n'arsi e la bramai. Ma poco esperto
negli atletici studi...
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MEGACLE |
Intendo. Io deggio
conquistarla per te.
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LICIDA |
Sì. Chiedi poi
la mia vita, il mio sangue, il regno mio;
tutto, o Megacle amato, io t'offro, e tutto
scarso premio sarà.
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MEGACLE |
Di tanti, o prence,
stimoli non fa d'uopo
al grato servo, al fido amico. Io sono
memore assai de' doni tuoi: rammento
la vita che mi desti. Avrai la sposa;
speralo pur. Nella palestra elèa
non entro pellegrin. Bevve altre volte
i miei sudori: ed il silvestre ulivo
non è per la mia fronte
un insolito fregio. Io più sicuro
mai di vincer non fui. Desio d'onore,
stimoli d'amistà mi fan più forte.
Anelo, anzi mi sembra
d'esser già nell'agon. Gli emuli al fianco
mi sento già; già li precorro: e, asperso
dell'olimpica polve il crine, il volto,
del volgo spettator gli applausi ascolto.
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LICIDA |
Oh dolce amico! Oh cara
sospirata Aristea!
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MEGACLE |
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LICIDA |
Chiamo a nome
il mio tesoro.
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MEGACLE |
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LICIDA |
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MEGACLE |
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LICIDA |
Presso a Corinto
nacque in riva all'Asopo, al re Clistene
unica prole.
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MEGACLE |
(Ahimè! Questa è il mio bene.)
E per lei si combatte?
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LICIDA |
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MEGACLE |
Questa degg'io
conquistarti pugnando?
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LICIDA |
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MEGACLE |
Ed è tua speranza e tuo conforto
sola Aristea?
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LICIDA |
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MEGACLE |
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LICIDA |
Non ti stupir. Quando vedrai quel volto,
forse mi scuserai. D'esserne amanti
non avrebbon rossore i numi istessi.
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MEGACLE |
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LICIDA |
Oh, se tu vinci,
chi più lieto di me! Megacle istesso
quanto mai ne godrà! Di'; non avrai
piacer del piacer mio?
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MEGACLE |
| |
LICIDA |
Il momento,
che ad Aristea m'annodi,
Megacle, di', non ti parrà felice?
| |
MEGACLE |
| |
LICIDA |
Tu non vorrai
pronubo accompagnarmi
al talamo nuzial?
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MEGACLE |
| |
LICIDA |
| |
MEGACLE |
Sì; come vuoi. (Qual nuova specie è questa
di martirio e d'inferno!)
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LICIDA |
Oh quanto il giorno
lungo è per me! Che l'aspettare uccida
nel caso, in cui mi vedo,
tu non credi, o non sai.
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MEGACLE |
| |
LICIDA |
Senti, amico. Io mi fingo
già l'avvenir: già col desio possiedo
la dolce sposa.
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MEGACLE |
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LICIDA |
| |
MEGACLE |
Ma taci: assai dicesti. Amico io sono;
il mio dover comprendo;
ma poi...
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LICIDA |
Perché ti sdegni? In che t'offendo?
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MEGACLE |
(Imprudente, che feci!) Il mio trasporto
è desio di servirti. Io stanco arrivo
da cammin lungo; ho da pugnar: mi resta
picciol tempo al riposo, e tu me 'l togli.
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LICIDA |
E chi mai ti ritenne
di spiegarti finora?
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MEGACLE |
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LICIDA |
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MEGACLE |
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LICIDA |
Brami altrove
meco venir?
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MEGACLE |
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LICIDA |
Rimaner ti piace
qui fra quest'ombre?
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MEGACLE |
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LICIDA |
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MEGACLE |
No.
(e si getta a sedere)
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LICIDA |
(Strana voglia!) E ben, riposa: addio.
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| |
|
Mentre dormi, Amor fomenti
il piacer de' sonni tuoi
con l'idea del mio piacer.
Abbia il rio passi più lenti;
e sospenda i moti suoi
ogni zeffiro leggier.
(parte)
| Licida ->
|
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Scena nona |
Megacle solo. |
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| |
|
Che intesi, eterni dèi! Quale improvviso
fulmine mi colpì! L'anima mia
dunque fia d'altri! E ho da condurla io stesso
in braccio al mio rival! Ma quel rivale
è il caro amico. Ah quali nomi unisce
per mio strazio la sorte! Eh che non sono
rigide a questo segno
le leggi d'amistà. Perdoni il prence,
ancor io sono amante. Il domandarmi
ch'io gli ceda Aristea non è diverso
dal chiedermi la vita. E questa vita
di Licida non è? Non fu suo dono?
Non respiro per lui? Megacle ingrato,
e dubitar potresti? Ah! se ti vede
con questa in volto infame macchia e rea,
ha ragion d'aborrirti anche Aristea.
No, tal non mi vedrà. Voi soli ascolto
obblighi d'amistà, pegni di fede,
gratitudine, onore. Altro non temo
che 'l volto del mio ben. Questo s'evìti
formidabile incontro. In faccia a lei,
misero, che farei! Palpito e sudo
solo in pensarlo, e parmi
istupidir, gelarmi,
confondermi, tremar... No, non potrei...
| |
|
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Scena decima |
Aristea e detto, poi Alcandro. |
<- Aristea
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ARISTEA |
(senza vederlo in viso)
Stranier.
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MEGACLE |
(rivoltandosi)
Chi mi sorprende?
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| (riconoscendosi) | |
ARISTEA |
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MEGACLE |
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ARISTEA |
Megacle! mia speranza!
Ah sei pur tu? Pur ti riveggo? Oh dio!
di gioia io moro; ed il mio petto appena
può alternare i respiri. Oh caro! Oh tanto
e sospirato e pianto
e richiamato invano! Udisti al fine
la povera Aristea. Tornasti: e come
opportuno tornasti! Oh Amor pietoso!
Oh felici martìri!
Oh ben sparsi fin or pianti e sospiri!
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MEGACLE |
(Che fiero caso è il mio!)
| |
ARISTEA |
Megacle amato,
e tu nulla rispondi?
E taci ancor? Che mai vuol dir quel tanto
cambiarti di color? Quel non mirarmi
che timido e confuso? E quelle a forza
lagrime trattenute? Ah! più non sono
forse la fiamma tua? Forse...
| |
MEGACLE |
Che dici!
Sempre... Sappi... Son io...
Parlar non so. (Che fiero caso è il mio!)
| |
ARISTEA |
Ma tu mi fai gelar. Dimmi: non sai
che per me qui si pugna?
| |
MEGACLE |
| |
ARISTEA |
Non vieni
ad esporti per me?
| |
MEGACLE |
| |
ARISTEA |
Perché mai
dunque sei così mesto?
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MEGACLE |
Perché... (Barbari dèi, che inferno è questo!)
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ARISTEA |
Intendo: alcun ti fece
dubitar di mia fé. Se ciò t'affanna,
ingiusto sei. Da che partisti, o caro,
non son rea d'un pensier. Sempre m'intesi
la tua voce nell'alma: ho sempre avuto
il tuo nome fra' labbri,
il tuo volto nel cor. Mai d'altri accesa
non fui, non sono, e non sarò. Vorrei...
| |
MEGACLE |
| |
ARISTEA |
Vorrei morir più tosto
che mancarti di fede un sol momento.
| |
MEGACLE |
(Oh tormento maggior d'ogni tormento!)
| |
ARISTEA |
Ma guardami, ma parla,
ma di'...
| |
MEGACLE |
| |
| <- Alcandro
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ALCANDRO |
(esce frettoloso)
Signor, t'affretta,
se a combatter venisti. Il segno è dato,
che al gran cimento i concorrenti invita.
(parte)
| |
| Alcandro ->
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MEGACLE |
Assistetemi, o numi. Addio, mia vita.
| |
ARISTEA |
E mi lasci così? Va'; ti perdono,
pur che torni mio sposo.
| |
MEGACLE |
(in atto di partire)
Ah sì gran sorte
non è per me!
| |
ARISTEA |
| |
MEGACLE |
| |
ARISTEA |
| |
MEGACLE |
| |
ARISTEA |
| |
MEGACLE |
| |
ARISTEA |
Il tuo valor primiero
hai pur?
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MEGACLE |
| |
ARISTEA |
| |
MEGACLE |
| |
ARISTEA |
Dunque allor non son io,
caro, la sposa tua?
| |
MEGACLE |
| |
| |
MEGACLE |
Ne' giorni tuoi felici
ricordati di me.
| |
ARISTEA |
Perché così mi dici,
anima mia, perché?
| |
MEGACLE |
| |
ARISTEA |
| |
MEGACLE
Ah che parlando, oh dio!
tu mi trafiggi il cor.
|
Insieme
ARISTEA
Ah che tacendo, oh dio!
tu mi trafiggi il cor.
|
| |
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ARISTEA |
(Veggio languir chi adoro,
né intendo il suo languir.)
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MEGACLE |
(Di gelosia mi moro,
e non lo posso dir.)
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ARISTEA E MEGACLE |
Chi mai provò di questo
affanno più funesto,
più barbaro dolor!
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Segue il ballo di Ninfe insidiate da Satiri e difese da Pastori. | <- ninfe, satiri, pastori
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