Or sì, misero core,
or sì lumi dolenti,
di lagrimar, di sospirare è tempo.
Parta da me ciò che non è dolore,
se non han chi gl' avanzi i miei tormenti
non abbian chi gl'agguagli i mei lamenti.
Troppo, lassa, fu vero il mio sospetto.
Ben sentiv'io nel petto
battermi ogn'or de le sciagure mie,
il timor messaggero;
questo è quel, ch'il pensiero
mi predicea con non inteso affanno.
Or, che palese è il danno,
chi mi soccorre, ohimè? Chi mi conforta?
Se Ruggiero è partito, Alcina è morta.
Dove volger debb'io,
per ritrovarlo, il piè, chi me l'addita?
Dove va la mia vita?
Dove fugge il cor mio?
Chi ritarda, chi tiene,
chi mi torna il mio bene?
E se fero, e crudele,
se ingrato, ed infedele
tornar non vuol chi dietro a lui mi porta?
Se Ruggiero è partito, Alcina è morta.
Ah, che nessun m'ascolta;
i zefiri volanti
si portan le mie pene,
e le deserte arene
si bevono i miei pianti.
Ei con fuga felice
di vestigia infedeli imprime il lido,
io d'un amante infido
miserabil rifiuto, ed infelice,
ne le lagrime mie rimango assorta:
se Ruggiero è partito, Alcina è morta.
Ma, che morta dic'io? Stelle perverse
voi per maggiore affanno
mi faceste immortale: il vostro dono
fu la mia sciagura, e danno,
iniquissima legge: io dunque sono
egualmente sbandita
dal regno de la morte, e de la vita?
Ritoglietemi o stelle, i vostri doni;
che se viver degg'io sol per languire,
meglio sarà morire.
E tu Ruggier (che ti dirò pur mio)
se ben più mio non sei deh ferma i passi.
Crudel perché mi lasci?
In che t'offesi mai? Che t'ho fatt'io?
Resta Ruggier, deh resta:
così la fé s'osserva?
Così tratti tu questa,
dilla qual più t'aggrada, amante, o serva?
Or va tradita Alcina
va', credi a i giuramenti:
lascia mesti, e dolenti
mille antichi amatori, et accomuna
il tuo letto, il tuo regno
a un pellegrino indegno
che non so donde, qua cacciò fortuna.
Ma dei fulmini vostri,
o spergiurate deità del cielo,
che fate voi? Se de gl'empirei chiostri
non s'ha giustizia, invano
ben v'accende gl'altari il mondo insano,
punite con memorando esempio
quel traditor, quell'empio,
e se tardo è il castigo, almen sia fiero,
muora, muora Ruggiero.
Ovunque l'infedel volgerà i passi,
li nieghi il sol la luce, il fiume l'onda,
la terra, gl'alimenti:
e, se spiegando audace vela a i venti,
solcar vorrà la region profonda
scatenato dal claustro
esca Aquilone, ed Austro;
caggia l'iniquo, e per l'arene incolte
le nud'ossa insepolte
biancheggiar di lontan miri il nocchiero;
muora, muora Ruggiero.
Misera, e che più spargo
inutilmente le querele, e i gridi?
Tempo è di vendicarmi
su, su correte a l'armi,
o vilipesi popoli d'Alcina,
altri cingano i lidi,
altri per la marina
battan l'ale de' remi. Ove può mai
quell'ingrato fuggir, che non gli sia
intercetta ogni via,
serrato ogni sentiero?
Muora, muora Ruggiero.
Folle, ma che vaneggio?
Forsennata, che chieggio?
No, no, viva Ruggier, viva, e ritorni
con mille morti mie, con mille scorni
comprerei la sua vita:
itene, miei fedeli, interrompete
la cruda dipartita;
ma pregate, e piangete.
Non sia tra voi sì temeraria destra,
che per troncare al cavalier la strada,
arco ardisca allentare, o stringer spada:
e tu, ben mio, perdona
questa lingua, e de' mal saggi accenti
dal nobil sen la rimembranza spoglia
sconsigliato il mio cor ne' suoi tormenti
delirò per la doglia:
arresta, arresta il piede,
ch'altro Alcina non chiede;
e pur, che tu ritorni, o Ruggier mio,
ogn'altra colpa i' spargerò d'oblio.