Atto terzo

 

Scena prima

Spiaggia marittima con veduta della città di Tauri in lontananza: scogli da una parte che nascondono la nave d'Oreste.
I Marinai si trattengono ballando con alcune Donne scite venute alla pesca: sono interrotti da Oreste che consegna a' suoi seguaci il simulacro rapito.

 Q 

marinai, donne scite

<- Oreste

 

ORESTE

Prendete, amici, il sacro pegno è questo  

della salvezza mia. Compito è ormai

l'oracolo fatale.

Fuggiam: le vele ai venti...

(guardando intorno)

Ma Pilade non viene? Egli promise

di seguire i miei passi; ah col suo rischio

m'assicurò la fuga, e forse al fine

il numero l'oppresse,

ei si perde per me: si corra a lui

per salvarlo, o morir.

(si sente il suono)

Larve crudeli

invan fremete, e sollevate intorno

a funestare il giorno

le tenebre d'abisso; entro al mio seno

manca il vostro furor; dal cuore oppresso

ogni nube sparì, respiro adesso.

 

V'intendo, amici numi,  

il fausto augurio accetto;

sento, che riede in petto

l'antica calma al cor.

Non sia chi reo m'accusi

dell'amistà tradita;

s'io debbo a lui la vita

l'avrà dal mio valor.

(parte)

Oreste ->

 
 

Scena seconda

Atrio interno del tempio di Pallade.
Toante furioso, Ifigenia trattenendolo.

 Q 

(nessuno)

<- Toante, Ifigenia

 

TOANTE

Lasciami indegna.  

IFIGENIA

Ascolta. Io più non chiedo

pietà per gl'infelici;

la domando per me: scegli altro braccio

al barbaro costume:

manchi il ministro, allor che manca il nume.

TOANTE

No: non sperarlo.

IFIGENIA

E in seno

della più cara amica

ho da recar la morte! Oh dio! Signore

all'immagin funesta

regger non posso.

TOANTE

E la tua pena è questa.

S'io credessi al mio cor: se il volgo insano,

ch'hai saputo sedur, che i detti tuoi

come oracolo ascolta, io non temessi;

la mia giusta vendetta

comincerei da te. Per te rapito

il fatal simulacro, e per te vidi

tanta strage de' miei. Ma non t'inganni

del popolo il favore. Un colpo solo

basta a calmarlo, e nella furia estrema

tutto lice ad un re. Pensaci, e trema.

 

Vedi grave di nembi, e saette    

fosca nube, che intorbida il giorno;

senti il flutto, che mugge d'intorno

e non pensi a salvarti dal mar.

Già di quei, che son preda dell'onde

ti feriscon le strida, e i lamenti:

la pietà, che de' miseri or senti

del tuo rischio t'insegni a tremar.

(parte)

S

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Toante ->

 

Scena terza

Ifigenia; poi Dori, e le altre Vittime condotte al sacrificio dalle Guardie.

 

IFIGENIA

Misera! Che farò! Che giorno è questo  

di lagrime, e d'orror? D'uno straniero

m'opprime la pietà, del padre amato

mi spaventa il destin: cerco una morte,

e trovarla non so: la cara amica,

la compagna fedel de' pianti miei

deggio svenare io stessa... Eccola... Oh dèi!

 

<- vittime sacrificali, Dori, guardie

 

(alle guardie)  

Fermate, oh dio! Fermate: un sol momento

vi chiedo per pietà. Povera Dori,

vieni al mio sen: prendi l'amplesso estremo

dal carnefice tuo; l'empio tiranno

vuol punirmi così.

(partono le altre vittime)

vittime sacrificali, guardie ->

 

DORI

Mano più cara

scegliere ei non potea.

IFIGENIA

Deh perché mai

accusarti tu stessa?

DORI

In quel tumulto,

che risolver non seppi. Il fallo ascoso

dava contro noi tutte al re crudele

un pretesto di strage. Io limitai

le sue furie a me sola.

IFIGENIA

Ah ch'io non temo;

bramo la morte. E che non feci, amica,

per irritar quel crudo; ei che si mostra

tant'avido di sangue, ove si tratta

d'accordar colla morte il mio riposo,

sa sin per mia sventura esser pietoso.

DORI

No: vivi o principessa, e ti riserba

alla nostra vendetta,

a una sorte miglior. S'appaghi almeno

il tuo fiero destin del sangue mio.

IFIGENIA

Mi scoppia il cor.

DORI

Fedele amica...

IFIGENIA E DORI

Addio.

 

DORI

Il mio destin non piangere  

tratta a morir son io,

ma non è fallo il mio,

o colpa è la pietà.

IFIGENIA

Invan mi nega un barbaro,

che teco mora anch'io;

in quel funesto addio

il duol m'ucciderà.

DORI

No, resta in pace, e vivi.

IFIGENIA

Per chi restar dovrei?

IFIGENIA E DORI

Ah non vi placa o dèi,

sì tenera amistà?

DORI

Ah che crudel tormento!

IFIGENIA

Che divisione amara!

IFIGENIA E DORI

Addio, tra poco, o cara,

l'eliso ci unirà.

(partono)

Ifigenia, Dori ->

 
 

Scena quarta

Veduta interna del tempio. Ara nel mezzo senza il simulacro.
Toante che va a sedere sul trono: Sacerdoti, Guardie, e Popolo. Pilade vicino all'ara per esser sacrificato; poi Dori e Ifigenia.

 Q 

Toante, sacerdoti, guardie, popolo, Pilade

 

TOANTE

Popoli, non temete. Al reo straniero  

chiuso è lo scampo. Intanto in cielo offeso

placar convien: si dia

di giustizia, e di fede un grande esempio

agli uomini, agli dèi

colla strage degli empi. Eccovi i rei. (va in trono)

peran gl'indegni, e tu del nume offeso (a Ifigenia)

debil ministra, ed infedel, che opponi

a' suoi giusti decreti

gl'importuni sospiri;

compisci il sacro rito: e fia la pena

dell'imbelle tuo cor nel van conflitto

l'orror di tanta strage al tuo delitto.

 

CORO DI VERGINI E SACERDOTI

Quante ombre meste  

scendono all'Erebo,

gran dèa, per te.

Ah, che sì barbara

in cor celeste

l'ira non è.

 

<- Dori, Ifigenia

IFIGENIA

(Ecco il punto fatal!)  

(avanzandosi all'ara, e da quella prendendo il sacro ferro)

Figlia di Giove,

vindice irata dèa; se vano è il pianto,

la tua giusta a placare ira funesta

questo sangue la plachi.

(in atto di ferir Pilade)

 

Scena quinta

Oreste affannato rompendo la folla, e Dori.

<- Oreste

 

ORESTE

Ahimè! T'arresta.  

(fermando il braccio a Ifigenia)

TOANTE

Che ardir!

PILADE

L'amico!

TOANTE

Il rapitore indegno!

IFIGENIA

L'infelice stranier!

TOANTE

Fremo di sdegno;

fermatelo, custodi.

(Oreste viene arrestato dalle guardie)

A tempo il cielo,

perfido, ti guidò di sua vendetta

la misura compir. Rendimi il nume,

che rapisti, o fellone; e ti prepara

a placarlo col sangue.

ORESTE

Allor, ch'io vengo

le tue furie a sfidar, vedi tiranno,

che tremar non mi fai. Per or la stolta

ira raffrena, e quel ch'io reco ascolta.

Chiedi il nume rapito;

il nume renderò; ma s'hai desio

di saziarlo di sangue, eccoti il mio.

Ma salvami l'amico: ei non è reo,

che di troppa virtù. Per mia difesa

s'oppose a' tuoi. Del meditato furto

io non lo volli a parte; anzi in quell'atto

dall'ardito pensiero

tentò invan di distormi.

PILADE

Ah! Non è vero.

Io sono il reo; io fui

che qui lo scorsi al periglioso eccesso;

io la fuga gli apersi; io la sua fuga

assicurai pugnando. Ah se disegni

un salvar, salva lui.

TOANTE

Tacete, indegni.

Questa gara di morte

vediam sin dove giungerà. Si tragga

all'ara il rapitore, e primo sia,

come al delitto, anche alla pena.

IFIGENIA

E il nume

chi ti rende, o signor! Salvagli entrambi

pria, che perder la dèa.

TOANTE

A che mi giova

un'impotente deità? Conosco

in quel tuo finto zelo

la ribelle pietà. Si perda il nume,

perisca il regno mio; subissi il mondo,

e Tauride con esso; ad onta ancora

degli uomini, e de' numi, io vo' che mora.

ORESTE

Fedele amico, addio.

(vien condotto all'altare)

PILADE

Fra pochi istanti

la morte ci unirà. Deh perché mai

non volesti salvarti?

ORESTE

Per morir teco.

PILADE

Prendi un bacio, e parti.

IFIGENIA

E non moio d'affanno!

TOANTE

Dividete quegli empi.

PILADE

Odi tiranno.

Sfoga pur la tua rabbia: insulta indegno

de' miseri al destin; ma sappi almeno

quel, che avrai da temer. Verran fra poco

di nostra morte al grido a queste arene

col ferro, e colle faci Argo, e Micene.

Sappi, ch'è regio sangue

quel, che pensi versar: del re de' regi

d'Agamennone invitto udisti il nome?

E sai ch'Ilio distrutto

del suo giusto furor conserva ancora

le reliquie funeste:

trema tiranno: ecco il suo figlio Oreste!

IFIGENIA

Onnipotenti dèi! Che ascolto! Oreste!

Il caro fratel mio? Vieni al mio seno:

ah dove! In qual momento

ti trova Ifigenia.

ORESTE

Numi! Che sento!

Tu Ifigenia?

IFIGENIA

Sì, l'infelice io sono,

destinata a morir. Misera! Ed io

ero presso a svenarti. Il cor mi trema

in pensar tanto orrore.

ORESTE

Ecco compito

l'oracolo fatal. Rapito è il nume;

ritrovo la germana.

PILADE

È giunto, amico,

il fin de' nostri affanni:

non manca il ciel, quando parlò.

TOANTE

T'inganni.

Con sì strani prodigi il ciel dispone

servire al mio furor. La mia vendetta

più grave, più funesta

volle render così. Vedi a qual segno

temo gli Atridi. A vendicare Oreste

venga la Grecia: intanto

si vegga esangue a piè dell'ara, e sia

delle mie furie ultrici

ministra la germana.

IFIGENIA

Empio! Che dici!

Ah mi fulmini il cielo, il suol m'inghiotta

prima, che del german lavi nel sangue

la scellerata destra.

TOANTE

Ebbene io stesso,

perfida, compirò la mia vendetta;

l'indegno io svenerò.

(scendendo dal trono)

IFIGENIA

Fermati: aspetta.

Si serva al tuo furor; ma non profani

un empio il sacro rito. Un nume io sento,

che m'agita, che m'empie, e che mi rende

di me stessa maggior. Tremino i rei

dell'eterna vendetta al grand'esempio:

assistimi, gran dèa, vendico il tempio.

(ferisce Toante)

TOANTE

Ahimè!

(cade nella scena)

IFIGENIA

Cadi tiranno, e teco porta

fra le furie d'abisso il tosco, e l'ire.

ORESTE E PILADE

Oh fiero colpo!

CORO

Oh memorando ardire!

(si mettono in mezzo le guardie)

IFIGENIA

Fermatevi, custodi,

popoli, udite: è questo

un decreto del cielo. Oh! Come chiaro

si manifesta il suo furor. Sparite

ecco le nubi, ecco sereno il giorno;

torna l'usato lume;

della vittima sua contento è il nume.

Quel crudo mostro era il più grande oggetto

dell'ira degli dèi: con quanto sangue

il tempio profanò! Con quanta strage

funestò questa terra? Ah chi di voi

non piange estinto dal rapace artiglio

l'avo, la sposa, il genitore, o il figlio?

V'ho vendicato, amici; ecco purgata

del suo mostro la terra. Il santo nume

portiamo in altro suolo,

lungi da tanto orror. Venite: io v'offro

in più lievi contrade, e più feconde

dolce nido, e dolce esca: il suolo argivo

venite a popolar: lasciam per sempre

questi lidi funesti;

e in noi di tanto lutto orma non resti.

 
(Oreste, Pilade, e Dori alternativamente col Coro)
 

ORESTE, PILADE, DORI E CORO

Seguiam la donna forte    

che il mostro reo punì.

Ove tranquilla sorte

ci offre più lieti dì.

S

 

IFIGENIA E ORESTE

Più non pensiamo a' danni

di così lungo orror.

TUTTI

E tremino i tiranni

d'un nume punitor.

 
Si festeggia il trionfo d'Ifigenia, e l'acquisto del simulacro con lieto ballo di Sacerdoti, e de' Grandi, che si dispongono alla partenza.
 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Spiaggia marittima con veduta della città di Tauri in lontananza: scogli da una parte che nascondono la nave d'Oreste.

marinai, donne scite
 
marinai, donne scite
<- Oreste

Prendete, amici, il sacro pegno è questo

marinai, donne scite
Oreste ->

Atrio interno del tempio di Pallade.

 
<- Toante, Ifigenia

Lasciami indegna / Ascolta. Io più non chiedo

Ifigenia
Toante ->

Misera! Che farò! Che giorno è questo

Ifigenia
<- vittime sacrificali, Dori, guardie

Fermate, oh dio! Fermate: un sol momento

Ifigenia, Dori
vittime sacrificali, guardie ->

Ifigenia, Dori ->

Veduta interna del tempio; ara nel mezzo senza il simulacro.

Toante, sacerdoti, guardie, popolo, Pilade
 

Popoli, non temete. Al reo straniero

Toante, sacerdoti, guardie, popolo, Pilade
<- Dori, Ifigenia

Ecco il punto fatal! Figlia di Giove

Toante, sacerdoti, guardie, popolo, Pilade, Dori, Ifigenia
<- Oreste

Ahimè! T'arresta / Che ardir! / L'amico!

(si festeggia con lieto ballo di sacerdoti, e de' grandi)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta
Seno di mare ingombrato da scogli: veduta di campagne in lontananza. Piccola nave approdata. Atrio interno del tempio di Pallade corrispondente a un delizioso giardino, e a vari appartamenti. Tempio magnifico; trono da una parte; nel fondo del teatro l'altare, su del quale è il simulacro di Pallade Bosco sacro vicino al tempio di Pallade corrispondente agli appartamenti delle vergini a lei consacrate, e... Luogo sotterraneo ove si purgano le vittime: lavacro nel fondo; da una parte scala per cui si sale... Gran piazza superbamente addobbata; nel fondo atrio del tempio. Spiaggia marittima con veduta della città di Tauri in lontananza: scogli da una parte che nascondono la nave... Atrio interno del tempio di Pallade. Veduta interna del tempio; ara nel mezzo senza il simulacro.
Atto primo Atto secondo

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